Leda Rita Corrado
29 Giugno 2021

L'impugnazione della cartella di pagamento, con la quale l'Amministrazione finanziaria liquida, in sede di controllo automatizzato, ex art. 36 bis, d.p.r. n. 600/1973, le imposte calcolate sui dati forniti dallo stesso contribuente, dà origine a controversia definibile in forma agevolata, ai sensi dell'art. 6, d.l. n. 119/2018, come convertito, con modificazioni, dalla l. n. 136/2018, quando detta cartella rappresenti il primo ed unico atto col quale la pretesa fiscale è comunicata al contribuente, essendo, come tale, impugnabile, ai sensi dell'art. 19, d.lgs. n. 546/1992, non solo per vizi propri, ma anche per motivi attinenti al merito della pretesa impositiva.

«L'impugnazione della cartella di pagamento, con la quale l'Amministrazione finanziaria liquida, in sede di controllo automatizzato, ex art. 36-bis, d.p.r. n. 600/1973, le imposte calcolate sui dati forniti dallo stesso contribuente, dà origine a controversia definibile in forma agevolata, ai sensi dell'art. 6, d.l. n. 119/2018, come convertito, con modificazioni, dalla l. n. 136/2018, quando detta cartella rappresenti il primo ed unico atto col quale la pretesa fiscale è comunicata al contribuente, essendo, come tale, impugnabile, ai sensi dell'art. 19, d.lgs. n. 546/1992, non solo per vizi propri, ma anche per motivi attinenti al merito della pretesa impositiva».

È quanto stabilito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18298/21, depositata il 25 giugno.

Nel caso di specie, una società di capitali impugna la cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato ex art. 36-bis, d.P.R. n. 600/1973 per il recupero di sanzioni e interessi asseritamente dovuti per ritardato versamento di IRES ed IRAP nel periodo di imposta 2006. Le doglianze della società contribuente vengono accolte dai giudici di merito, i quali ritengono che il versamento sia stato tempestivo, avendo la società un esercizio sociale non coincidente con l'anno solare e il bilancio essendo stato approvato con la proroga di cui all'art. 17, d.P.R. n. 435/2001.

Nelle more del giudizio di legittimità, la società contribuente presenta istanza di definizione agevolata della lite ex art. 6, d.l. n. 119/2018, convertito con modificazioni dalla l. n. 136/2018 e, preso atto del diniego di condono oppostole dall'Agenzia delle Entrate, propone ricorso contro detto provvedimento.

Con l'ordinanza interlocutoria n. 1913/21, la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione ha rilevato la necessità di acclarare se l'impugnazione della cartella di pagamento scaturente dal cd. “controllo automatizzato” di cui all'art. 36-bis, d.P.R. n. 600/1973, con cui l'Amministrazione liquida le imposte calcolate sui dati forniti dallo stesso contribuente, dia origine oppure no ad una controversia definibile in forma agevolata.

Nella sentenza in rassegna, il Collegio, in applicazione del principio di diritto sopra riportato, ha accolto il ricorso proposto dal una società contribuente contro il diniego opposto dall'Agenzia delle Entrate all'istanza di definizione agevolata della lite relativa ad una cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato ex art. 36-bis, d.P.R. n. 600/1973 e ha dichiarato l'estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere.

La tesi difensiva dell'Agenzia delle Entrate poggia sulla interpretazione già formulata nella circolare del 1° aprile 2019, n. 6/E, secondo cui il condono de quo è attivabile soltanto per agli atti impositivi, mentre resterebbero esclusi gli atti di mera riscossione, come ruolo, cartella di pagamento e avviso di liquidazione. A sua volta la società contribuente sostiene che, nel caso di specie, la lite non ha ad oggetto un atto di mera riscossione, ma un atto con il quale per la prima volta è stata richiesta una nuova pretesa impositiva, la cui fondatezza è stata oggetto di contestazione giudiziale.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione aderiscono alla esegesi della società contribuente e si pongono in linea di continuità con quello che nell'ordinanza interlocutoria n. 1913/21 è definito “orientamento mediano”, secondo cui quale la controversia è condonabile sempreché la cartella costituisca primo atto impositivo e vi sia controversia effettiva, e non apparente, sulla legittimità, sotto qualsiasi profilo della pretesa medesima, tranne che su aspetti relativi a meri errori di calcolo (Cass., 29 novembre 2017, n. 28611; Cass., 27 febbraio 2017, n. 4967; Cass., 24 giugno 2016, n. 13136; Cass., 8 luglio 2015, n. 14196; Cass., 22 gennaio 2014, n. 1263; Cass., 10 febbraio 2014, n. 2986; Cass., 8 marzo 2013, n. 5879; Cass., 27 settembre 2013, n. 22158; Cass., 6 ottobre 2010, n. 20731).

Richiamate le discipline relative a precedenti condoni e i correlati indirizzi giurisprudenziali, il Collegio sintetizza le posizioni assunte dalla Corte di Cassazione per la definizione agevolata di cui all'art. 6, d.l. n. 119/2018.

La Cassazione con l'ordinanza n. 29522/2020 afferma che «la natura impositiva dell'atto è correlata alla determinazione e alla pretesa di un'imposta maggiore di quella liquidata e dichiarata dal contribuente o dal sostituto d'imposta, e presuppone, perciò, una rettifica dei dati e degli elementi indicati nelle dichiarazioni». A differenza di altre ipotesi contemplate dall'art. 36-bis, d.P.R. n. 600/1973 e dall'art. 54-bis, d.P.R. n. 633/1972 - come, ad esempio, quelle dell'esclusione o della riduzione di detrazioni o deduzioni in tutto in parte non spettanti, ipotesi in cui la possibilità di definire la lite avente a oggetto il ruolo e/o la cartella di pagamento è stata affermata anche dalle circolari dell'Agenzia delle entrate 21 febbraio 2003, n. 12/E, 24 ottobre 2011, n. 48/E e 1 aprile 2019, n. 6/E -, «nei casi […] di imposte dichiarate e non versate, o versate tardivamente, l'iscrizione a ruolo delle stesse imposte e/o degli interessi non presuppone alcuna rettifica dei dati e degli elementi indicati nelle dichiarazioni, ma opera il mero recupero dell'imposta dichiarata dal contribuente e da lui non versata (con i relativi interessi) o dei soli interessi sulla stessa imposta tardivamente versata; da ciò discende che tali ruoli e le pedisseque cartelle di pagamento costituiscono atti di mera riscossione, privi di natura anche impositiva, con la conseguenza che gli stessi ruoli, così come le cartelle che li recano, non possono ritenersi suscettibili di definizione agevolata».

Nell'ordinanza n. 1590/21 si sostiene invece che «l'impugnazione della cartella di pagamento, con cui l'Amministrazione liquida le imposte calcolate sui dati forniti dallo stesso contribuente, dà origine ad una controversia definibile in forma agevolata[...] in quanto detta cartella, essendo l'unico atto portato a conoscenza del contribuente con cui si rende nota la pretesa fiscale e non essendo preceduta da avviso di accertamento, è impugnabile non solo per vizi propri della stessa, ma anche per questioni che attengono direttamente al merito della pretesa fiscale ed ha, quindi, natura di atto impositivo».

Tanto premesso, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione osservano che «l'iscrizione a ruolo, esattamente come gli avvisi di accertamento, svolge la duplice funzione di pretendere l'imposta dovuta e di irrogare la sanzione, ai sensi dell'art. 17, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, tanto da essere invalsa la nozione di “atto contestuale”, per evidenziare la natura polifunzionale dei provvedimenti impositivi». Ne deriva che, «quando la cartella […], pur resa nell'ambito di procedura di controllo cartolare su dichiarazione del contribuente, si ponga come atto di irrogazione della sanzione, essa configuri un atto impositivo, non diversamente da come sarebbe accaduto se fosse stato impugnato un avviso di accertamento, unicamente nel suo contenuto sanzionatorio, o un atto di contestazione e, pertanto, può costituire oggetto di definizione agevolata».

Per corroborare la propria soluzione esegetica il Collegio richiama la disciplina degli atti impugnabili di cui all'art. 19, d.lgs. n. 546/1992 e ne valorizza il collegamento ai principi costituzionali di buon andamento della Pubblica Amministrazione ex art. 97 Cost., di difesa ex art. 24 Cost. e di capacità contributiva ex art. 53 Cost..

Il Collegio nega inoltre che la natura impositiva dell'atto possa stabilirsi a posteriori in considerazione dei motivi di ricorso proposti con riferimento o meno al merito della pretesa impositiva e ritiene che, quando la cartella di pagamento costituisca il primo atto con il quale il contribuente sia posto a conoscenza dell'esistenza di una pretesa tributaria, tale impostazione sia coerente con il principio di emendabilità della dichiarazione dei redditi in sede contenziosa.

Fonte: www.dirittoegiustizia.it