Le modifiche introdotte dal Decreto Sostegni all'obbligo di segnalazione da parte di creditori qualificati e in tema di accordi di ristrutturazione dei debiti

Sergio Sisia
30 Giugno 2021

In sede di conversione del c.d. Decreto Sostegni sono stati differiti, con la modifica dell'ultimo co. dell'art. 15 CCI, di un anno dall'entrata in vigore del Codice della crisi gli obblighi di segnalazione al debitore da parte dell'INPS e dell'agente della riscossione ed è stata semplificata, con la modifica dell'art. 182-bis L.F., la disciplina delle modifiche al piano per un accordo di ristrutturazione dei debiti già omologato.
Premessa

In sede di conversione del D.L. 22 marzo 2021, n. 41 (c.d. “Decreto Sostegni” recante “Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all'emergenza da COVID-19”) nella L. 21 maggio 2021, n. 69 (pubblicata in G.U. n. 120 del 21 maggio 2021) (i) con la modifica dell'ultimo comma dell'art 15 CCI sono stati differiti di un anno dall'entrata in vigore del Codice della Crisi e dell'insolvenza, gli obblighi di segnalazione al debitore da parte dell'INPS e dell'agente della riscossione, (ii) e con la modifica dell'art. 182-bis l.fall. (intitolato “Accordi di ristrutturazione dei debiti”) è stata semplificata la disciplina delle modifiche al piano per un accordo di ristrutturazione dei debiti già omologato.

Gli obblighi di segnalazione

Quanto alla modifica sub (i), l'obbligo dell'INPS di segnalare il ritardo di oltre sei mesi nel versamento da parte del debitore dei contributi previdenziali sopra la soglia di euro 50.000 e sopra la soglia della metà di quelli dovuti nell'anno precedente, decorrerà dal 1° settembre 2022, anziché dal 1° settembre 2021. Analogo rinvio è disposto per l'obbligo dell'agente della riscossione di segnalare al debitore che la sommatoria dei crediti affidati per la riscossione dopo la data di entrata in vigore del CCI, autodichiarati o definitivamente accertati, scaduti da oltre novanta giorni, supera, per le imprese individuali, la soglia di euro 500.000 e, per le imprese collettive, la soglia di euro 1.000.000. Peraltro, già con l'art. 5 comma 14 (“Ulteriori interventi fiscali di agevolazione e razionalizzazione connessi all'emergenza COVID-19”) del “Decreto Sostegni” l'obbligo di segnalazione in capo all'Agenzia delle Entrate del debito Iva scaduto e non versato del 24 marzo 2021 era già stato rinviato al 2023, modificando l'ultimo comma dell'art. 15 CCI. In tal modo l'obbligo dell'Agenzia delle Entrate di segnalare al debitore il superamento delle soglie di debito Iva, rilevanti ai fini dell'allerta, decorrerà a partire dalle comunicazioni della liquidazione periodica Iva relative al secondo anno di imposta, anziché al primo, successivo all'entrata in vigore del CCI, attualmente fissata al 1° settembre 2021 (in sostanza, per effetto dello slittamento, i primi inadempimenti che verranno segnalati all'OCRI da parte dell'Agenzia delle Entrate non saranno più quelli relativi alle comunicazioni delle liquidazioni periodiche Iva del primo trimestre 2022, ma quelli relativi al 2023).

In verità, l'art. 15 CCI non è nuovo alle modifiche legislative, perché aveva già subito un profondo cambiamento rispetto alla formula originaria recata dal D.Lgs. n. 14/2019.

Con l'art. 3 D.Lgs. n. 147/2020 (c.d. “Decreto Correttivo”) l'obbligo di segnalazione all'OCRI da parte del Fisco è stato infatti collegato a parametri differenti, non più secondo un criterio percentuale/proporzionale, ma sulla base di valori assoluti da applicare a fasce di fatturato. In particolare, mentre l'originaria previsione collegava l'obbligo di segnalazione da parte dell'Agenzia delle Entrate alla presenza di due condizioni concorrenti (ossia quando i debiti IVA scaduti e non versati erano complessivamente pari ad almeno il 30% del volume d'affari risultante dalle comunicazioni della liquidazione periodica effettuata dallo stesso contribuente e sempre che l'ammontare del debito scaduto: non fosse inferiore a euro 25.000 se il volume d'affari risultante dalla dichiarazione Iva relativa all'anno precedente non avesse superato euro 2.000.000; non fosse inferiore a euro 50.000 quando il volume d'affari risultante dalla dichiarazione Iva relativa all'anno precedente non avesse superato euro 10.000.000; non fosse inferiore a euro 100.000 in caso di superamento del volume d'affari dell'importo di euro 10.000.000), con il Decreto Correttivo si sono ulteriormente ridotti i casi di intervento dell'Agenzia delle Entrate.

Così, la soglia originaria di euro 25.000 è stata sostituita dalla soglia di euro 100.000, quella di euro 50.000 dalla soglia di euro 500.000 e quella di euro 100.000 dalla soglia di euro 1.000.000. In altre parole, il Decreto Correttivo, adottando criteri diversi dai precedenti, ha reso l'allerta fiscale una procedura di natura residuale, destinata ad essere utilizzata nei casi di evasione palese.

Ora, con il Decreto Sostegni, differendo il termine di decorrenza dell'obbligo di segnalazione a carico dell'Agenzia delle Entrate, è stato ulteriormente ridimensionato il sistema dell'allerta, l'istituto che rappresenta la maggiore novità del CCI.

In ogni caso, tale misura, secondo la Relazione illustrativa, è destinata ad evitare un numero eccessivo di segnalazioni nei confronti di soggetti che potranno essere beneficiari di interventi di sostegno a causa dell'emergenza COVID, creando, tuttavia, un disallineamento degli adempimenti a carico dei creditori pubblici qualificati e degli organi di controllo della società previsti dal CCI.

In sintesi, per effetto delle predette modifiche apportate dal Decreto Sostegni, il quadro delle procedure di allerta prevede differenti regimi temporali di efficacia: (a) quanto agli obblighi di segnalazione in capo all'organo di controllo, al revisore e alla società di revisione (c.d. “allerta interna”) dal 1° settembre 2021, data di entrata in vigore del CCI, così come differita dall'art. 5 del Decreto Liquidità (D.L. n. 23/2020, convertito con modificazioni dalla l. n. 40/2020) anche se, in proposito, il Ministro della Giustizia ha di recente nominato una commissione di esperti cui è stato affidato il compito di elaborare e valutare sul piano scientifico proposte di interventi sul CCI che possano modificare, anche sul piano della vigenza temporanea e limitata all'attuale periodo storico, talune delle norme in relazione alla emergenza sanitaria in atto; (b) quanto agli obblighi dei creditori pubblici qualificati (INPS e agente della riscossione), diversi dall'Agenzia delle entrate, dal 1° settembre 2022 e, (c)quanto all'Agenzia delle Entrate, solo a partire dal 2023.

Le modifiche al piano di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis l. fall.

Quanto alla modifica sub (ii), di cui al precedente paragrafo, ai sensi dell'art. 37-ter del Decreto Sostegni: “All'articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, dopo il settimo comma è inserito il seguente: «Qualora dopo l'omologazione si rendano necessarie modifiche sostanziali del piano, l'imprenditore vi apporta le modifiche idonee ad assicurare l'esecuzione degli accordi, richiedendo al professionista indicato al primo comma il rinnovo della relazione. In tal caso, il piano modificato e la relazione sono pubblicati nel registro delle imprese e della pubblicazione è dato avviso ai creditori a mezzo di lettera raccomandata o posta elettronica certificata. Entro trenta giorni dalla ricezione dell'avviso è ammessa opposizione avanti al tribunale, nelle forme di cui al quarto comma»”.

L'art. 182-bis l. fall. viene così integrato con un nuovo comma 7 che consente al debitore (unilateralmente) di apportare al piano le modifiche idonee ad assicurare l'esecuzione degli accordi di ristrutturazione già omologati, a condizione: (i) che le modifiche al piano si rendano necessarie a tale scopo e, (ii) che il professionista indipendente (dotato dei presupposti per attestare il piano ex art. 67, comma 3, lett. d), l. fall.) rinnovi la relazione attestativa.

Il piano modificato e la relazione dovranno essere pubblicati nel registro delle imprese, dando avviso della pubblicazione ai creditori tramite raccomandata o P.E.C.

Entro trenta giorni dalla ricezione dell'avviso è ammessa opposizione avanti al tribunale nelle forme di cui al quarto comma dell'art.182-bis l. fall.

Si tratta, in sostanza, di un'agevolazione per quei soggetti che hanno definito la propria ristrutturazione dei debiti con accordi ex art. 182-bis l. fall. e che, a causa di eventi successivi all'omologazione del tribunale, per ragioni dovute alla pandemia, non sono più in grado di adempiere e rispettare i termini previsti dall'accordo. Quindi, mentre in base al testo vigente della legge fallimentare, il debitore dovrebbe raggiungere nuove intese con una nuova attestazione del piano e con una nuova omologazione dell'accordo, il nuovo comma 7 dell'art. 182-bis l. fall. permette all'imprenditore in difficoltà di adeguare il piano di ristrutturazione dei debiti e fare accordi con i singoli creditori, lasciando all'attestatore il giudizio di attuabilità del nuovo piano. In pratica, con l'adeguamento dell'accordo, il piano di ristrutturazione exart. 182-bis l. fall. diviene più simile al piano di risanamento attestato ex art. 67, comma 3, lett. d), l. fall. in cui il giudice del risanamento è il solo professionista attestatore.

Quest'ultimo, pertanto, dovrà essere ancora più attento e indipendente, rispetto a quanto già oggi prevedono i nuovi principi di attestazione dei piani di risanamento emanati dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti. Anche per questo motivo, le ragioni del mancato rispetto delle originarie previsioni dell'accordo di ristrutturazione omologato dovranno essere considerate per valutare se la nuova attestazione possa avvenire a cura dello stesso professionista o da parte di un nuovo e terzo soggetto, quindi certamente indipendente, perché non condizionato dall'insuccesso del piano.

La scelta che l'emendamento al Decreto Sostegni ipotizza evita di affollare i tribunali con la richiesta di nuovi iter di omologazione degli accordi e rimette alla fase, eventualmente contenziosa, la necessità di investire i giudici per dirimere i motivi di doglianza dei creditori alle scelte unilaterali del debitore.

D'altra parte, la nuova norma anticipa l'art. 58, comma 2, CCI e risponde alla necessità di adeguare i piani di ristrutturazione già omologati alle modifiche necessarie dovute alle conseguenze della situazione di emergenza determinata dalla diffusione del Covid, evitando, al contempo, un eccessivo sovraccarico del lavoro dei tribunali.

Si è osservato in proposito che: “L'emendamento va a modificare ancora una volta le norme della legge fallimentare facendo confermare le ipotesi di volontà di differire integralmente l'entrata in vigore del CCII, altrimenti non vi sarebbe la necessità di una modifica all'art. 182 bis l.f..” (v. M. Pollio, Ristrutturazione dei debiti libera, in Italia Oggi, 20 maggio 2021).

Conclusioni

Le misure del Decreto Sostegni, di cui si è fatto cenno sopra, sono dirette chiaramente a fronteggiare una crisi economica e finanziaria probabilmente mai registrata prima d'ora, evitando sia un numero eccessivo di segnalazioni nei confronti di soggetti che potranno essere beneficiari di interventi di sostegno a causa dell'emergenza Covid, sia evitando di sovraccaricare i tribunali con modifiche ai piani di ristrutturazione già omologati. Il tutto dovrebbe avvenire poi conciliando le contrapposte esigenze derivanti, da una parte, dalla necessaria entrata in vigore di una riforma, quella del CCI, non più differibile e attesa da anni (oltre che sollecitata dalla Direttiva UE 2019/1023 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019 riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l'esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l'efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, la quale modifica la Direttiva (UE) 2017/1132 [Direttiva sulla ristrutturazione e sull'insolvenza] che dovrebbe essere recepita dagli Stati membri entro il 17 luglio 2021) e, dall'altra, con quella di adeguare l'assetto delle disposizioni relative ai meccanismi di allerta per il mondo dell'impresa (secondo la dottrina aziendalistica, v. F. Dezzani, Indici della crisi d'impresa: sono ancora validi dopo la pandemia COVID-19?, in Il Fisco, 2021, n. 1, 58 ss., “gli effetti del COVID-19 sull'equilibrio economico, finanziario e patrimoniale di un'impresa sono stati così rilevanti che gli indici di allerta hanno sicuramente bisogno di un monitoraggio o di un adeguamento. Il Consiglio Nazionale Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili dovrebbe rimettere in piedi la sua Commissione per aggiornare il prezioso lavoro fatto in un diverso periodo economico, che forse non tornerà più”).

In questa difficile opera di mediazione, si è acutamente avvertito da parte di alcuni (v. M. Irrera, Le tormentate procedure concorsuali e la nuova legislazione “a gambero” (è giunto il tempo di un Recovery Plan per le crisi d'impresa?), in ilcaso.it, 21 gennaio 2021) che ci troviamo di fronte ad un quadro legislativo a dir poco confuso: “pezzi del Codice della Crisi già entrati in vigore; norme rimaneggiate sin da subito in vista dell'originaria data di entrata in vigore; un decreto correttivo (rimasto nel cassetto per lunghi mesi) che modifica un Codice della Crisi che forse non entrerà mai in vigore; nuove norme espiantate dalla riforma e trapiantate alla bella e buona in testi legislativi al momento destinati all'oblio nel giro di otto mesi o poco più”, quando, in realtà, occorre che si decida “cosa fare una volta per tutte del Codice della Crisi; se destinato a non entrare mai in vigore si abbia il coraggio di dirlo e… di farlo”.

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