Nicola Frivoli
06 Luglio 2021

Al fine di consentire il controllo di logicità, coerenza e congruità e di evitare che la valutazione risulti arbitraria, il giudice deve dare adeguatamente conto dei criteri posti a base del procedimento valutativo seguito per addivenire all'adottata liquidazione, indicando il parametro standard adottato, come sia esso individuato, quali siano i relativi criteri ispiratori e le modalità di calcolo; considerando, altresì, che lo stato di invalidità pregressa non può rilevare ove si tratti di danni risarcibili iure proprio ai congiunti, potendo condurre ad una riduzione del quantum, dei pregiudizi risarcibili iure successionis, sempre che il danneggiante fornisca la prova che la conseguenza dannosa dell'evento sia stata cagionata anche dal pregresso stato di invalidità.

L'attrice conveniva in giudizio l'Azienda Socio-Sanitaria per sentirla condannare al risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale subito in conseguenza del decesso del fratello avvenuto dopo un intervento chirurgico a seguito di errato trattamento medico. Il Tribunale accoglieva parzialmente la domanda dell'attrice, condannando l'Azienda ospedaliera convenuta. Avverso tale pronuncia, veniva proposto gravame dall'attrice. La Corte d'Appello competente confermava la sentenza di primo grado e rigettava l'appello. La ricorrente proponeva ricorso per cassazione fondandolo su tre motivi.

L'invalidità pregressa non può rilevare ove si tratti di danni risarcibili iure proprio ai congiunti. Con il primo motivo la ricorrente denunciava la violazione dell'art. 112 c.p.c., sostenendo che la Corte di merito confermando, erroneamente, quanto affermato dal giudice di prime cure, ha quantificato equitativamente il danno considerando anche il pregresso stato di salute del de cuius, eccependo che tale stato può rilevare ai fine della riduzione del quantum dei pregiudizi risarcibili ai congiunti iure successionis, ma non anche per i danni risarcibili iure proprio, ritenendo, poi, contraddittoriamente congrua la liquidazione operata dal giudice di primo grado. Con il secondo motivo si denunciava la violazione e falsa applicazione degli artt. 1223, 1226 e 2056 c.c., eccependo la mancata indicazione dei criteri utilizzati per ravvisare come equo e giusta la liquidazione del danno non patrimoniale operata dal giudice del Tribunale. La Suprema Corte ha ritenuto potersi esaminare congiuntamente i due motivi oggetto di ricorso in quanto connessi, ritenendoli fondati e da accogliere.
La Cassazione ha sostenuto che la morte di un prossimo congiunto determina per i congiunti superstiti un danno iure proprio di carattere patrimoniale e non patrimoniale derivante dal venir meno del godimento del rapporto personale col congiunto defunto. Ritiene, la Corte, che tale evento determina, per i congiunti superstiti, la perdita di un sistema di vita basato sull'affettività e quotidianità dei rapporti; da tale perdita deriva al superstite un danno morale e biologico come tali risarcibili ove venga provata l'effettività e la consistenza della relazione e, in particolare, l'esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà col familiare defunto, non essendo richiesta la convivenza (Cass. n. 21837/2019).

Il danno non patrimoniale non può essere, in ogni caso, liquidato in termini puramente simbolici o irrisori ma deve essere congruo. Fondamentale è che, qualunque sia il sistema di quantificazione prescelto, si tratti di un criterio idoneo a consentire di pervenire ad una valutazione informata ad equità, e che il giudice dia adeguatamente conto in motivazione del processo logico a riguardo seguito, indicando quanto assunto a base del procedimento valutativo adottato, al fine di consentire il controllo di relativa logicità, coerenza e congruità.

In assenza di tabelle normativamente determinate, il giudice fa normalmente ricorso a tabelle elaborate in base alle prassi seguite nei diversi Tribunali, la cui utilizzazione è stata avallata dalle Sezioni Unite nei limiti in cui, nell'avvalersene, il giudice proceda ad adeguata personalizzazione della liquidazione del danno non patrimoniale valutando nella loro effettiva consistenza, le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, al fine di pervenire al ristoro del danno nella sua interezza (Cass. S.U. n. 26972/2008).

Il terzo motivo con il quale la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., si intende assorbito per le motivazioni fatte proprie nelle precedenti argomentazioni.

In conclusione, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso e rinviava, anche per le spese del giudizio, alla Corte d'Appello competente, in diversa composizione.

(Fonte:Diritto e Giustizia)

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