Il parere del comitato dei creditori nel procedimento di autorizzazione all'azione di responsabilità ex art. 146 l.fall.

09 Luglio 2021

L'azione di responsabilità esercitata dal curatore di una società fallita nei confronti degli amministratori, ex art. 146 l.fall. è legittima, pur se esercitata in assenza di espresso parere del comitato dei creditori, ove tale parere possa ritenersi implicitamente espresso se il programma di liquidazione, approvato dal comitato dei creditori, già contenga l'indicazione delle azioni ex art 146 l.fall. Il parere del comitato dei creditori è parere consultivo, il cui difetto non inficia la validità del decreto di autorizzazione del giudice delegato.
Massima

Deve ritenersi legittima l'azione di responsabilità esercitata dal curatore di una società fallita nei confronti degli amministratori, ex art. 146 l.fall., pur se esercitata in assenza di espresso parere del comitato dei creditori, ove tale parere possa ritenersi implicitamente espresso se il programma di liquidazione ex art 104 ter l.fall., approvato dal comitato dei creditori, già contenga l'indicazione delle azioni ex art 146 l.fall.

Il parere del comitato dei creditori è parere consultivo, il cui difetto non inficia la validità del decreto di autorizzazione del Giudice Delegato.

(Fonte: IlFallimentarista)

Il caso

La curatela ha agito nei confronti di amministratori e sindaci della società fallita dinanzi al Tribunale di Milano al fine di ottenere la condanna degli stessi per i danni cagionati al patrimonio della società poi fallita.

Detta azione di responsabilità è stata indicata dalla curatela nel programma di liquidazione approvato dal comitato dei creditori e, successivamente, autorizzata dal giudice delegato senza acquisire il preventivo parere del comitato dei creditori previsto dall'art. 146, comma 2, l.fall.

Nel merito, la curatela ha contestato agli amministratori e sindaci di aver causato il dissesto della società poi fallita a seguito del compimento delle seguenti condotte illecite:

1. ripetute omissioni di versamenti contributivi ed erariali dal 2006 al 2013 con falsa rappresentazione a bilancio della esposizione debitoria verso l'erario e gli istituti previdenziali;

2. false transazioni infra gruppo ed utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti al fine di realizzare indebite compensazioni di tributi, oneri previdenziali o l'ottenimento di illecite compensazioni Iva.

3. sistematica spoliazione e distrazione di somme di denaro a vantaggio della controllante e di altre società del gruppo.

4. costituzione a titolo gratuito di ipoteca di primo grado a favore di una banca su beni della società fallita a garanzia di un debito di altra società del gruppo.

In via preliminare e pregiudiziale, le parti convenute hanno sollevato le seguenti eccezioni: a) difetto di autorizzazione del curatore a proporre l'azione di responsabilità in quanto il giudice delegato non avrebbe acquisito il parere del comitato dei creditori prima di autorizzare l'azione ex art. 146, comma 2, l.fall.; b) difetto di prova in ordine alla identità tra azione autorizzata dal giudice delegato e azione incardinata dalla curatela; c) prescrizione dell'azione di responsabilità verso i creditori sociali.

Nel merito, gli amministratori convenuti hanno contestato la mala gestio, assumendo che l'omissione dei versamenti di tributi e di contributi era stata una scelta gestionale finalizzata a dare priorità al pagamento delle retribuzioni dei dipendenti e dei fornitori. I sindaci hanno invece contestato il mancato controllo, assumendo di averlo esercitato attraverso il richiamo dei mancati versamenti dei tributi e contributi, in tutte le relazioni.

Espletata la CTU, il Tribunale di Milano ha accertato la responsabilità degli amministratori e dei sindaci, condannando gli stessi al risarcimento del danno recato al patrimonio della società fallita.

La questione giuridica e le relative soluzioni

La questione giuridica di maggiore interesse trattata nella sentenza in commento è costituita dalla natura giuridica e dalla funzione del parere del comitato dei creditori nell'ambito del procedimento di autorizzazione del giudice delegato all'azione di responsabilità ex art. 146, comma 2, l.fall..

La soluzione adottata dal Tribunale di Milano rispetto alla eccezione di difetto di autorizzazione del curatore, per non aver il giudice delegato acquisito il preventivo parere del comitato dei creditori, è stata la seguente:

a) “L'eccezione è infondata posto che si tratta di parere consultivo il cui difetto non inficia la validità del decreto di autorizzazione del GD, parere che può ritenersi già espresso e quindi non va richiesto se il Programma di liquidazione ex art 104 ter l.fall., approvato dal comitato dei creditori, già contenga l'indicazione delle azioni ex art 146 l.fall., situazione che deve ritenersi ricorra nel caso di specie …”;

b) “A ciò si aggiunga che il provvedimento del GD ex art. 25 n. 6) e 146, comma, 2 l.fall. non risulta oggetto di reclamo e quindi è provvedimento valido, assolutamente idoneo a sorreggere la legittimazione attiva del curatore alle azioni proposte.”.

Il Tribunale di Milano ha dunque ritenuto che il parere del comitato dei creditori previsto dall'art. 146, comma 2, l.fall. non è obbligatorio ed in ogni caso può ritenersi implicito nell'approvazione del programma di liquidazione che indica detta azione di responsabilità.

Il Tribunale di Milano aggiunge poi che comunque il parere del comitato dei creditori è un atto interno al procedimento di autorizzazione previsto dall'art. 146, comma 2, l.fall. i cui vizi vanno contestati mediante il reclamo ex art. 26 l.fall. da proporre avverso il provvedimento del giudice delegato di autorizzazione all'azione di responsabilità ex art. 25, n.6, e 146, comma 2, l.fall..

Quanto poi alla seconda eccezione relativa alla mancata prova della “… identità dell'azione autorizzata dal GD e quella concretamente azionata dal curatore …” Il Tribunale di Milano ha respinto tale eccezione ritenendo che il curatore non sia affatto tenuto a disvelare ai terzi e soprattutto alle controparti processuali atti della procedura su cui fondi la sua richiesta di autorizzazione ex art. 25 n. 6 l.fall. e che la identità tra azione autorizzata e azione incardinata deve avere riguardo esclusivamente ai soggetti convenuti, causa petendi e petitum. Tutto il resto rientra nella libera determinazione del difensore nominato che potrà quindi decidere in autonomia la strategia processuale.

Osservazioni

La motivazione adottata dal Tribunale di Milano a supporto del rigetto delle due eccezioni sopra indicate merita, in larga parte, di essere condivisa, alla luce dell'attuale assetto normativo.

In particolare, il rilievo operato dal Tribunale di Milano secondo cui ogni eventuale vizio del procedimento di autorizzazione all'azione di responsabilità debba essere contestato con il reclamo ex art. 26 l.fall. risulta dirimente nella decisione di rigetto delle eccezioni in esame; ciò a prescindere dalla obbligatorietà o meno del parere del comitato dei creditori e della natura dello stesso ai fini dell'autorizzazione exart. 146, comma2, l.fall.

Invero, il principio di diritto che emerge dall'orientamento largamente prevalente della giurisprudenza di legittimità e di merito prevede che i vizi relativi alla procedura di autorizzazione del curatore del fallimento al compimento di atti negoziali ed ad agire in giudizio, così come anche i vizi inerenti alla procedura di preventiva audizione del comitato dei creditori, non possono essere fatti valere mediante una diretta impugnativa in sede contenziosa dell'atto posto in essere dal curatore, ma sono deducibili soltanto nell'ambito della procedura fallimentare, con reclamo avanti al tribunale fallimentare. Ed ancora più in particolare, in tema di azione di responsabilità nei confronti di amministratori e sindaci, per il cui esercizio da parte del curatore fallimentare l'art. 146, comma 2, l.fall. richiede che sia sentito il comitato dei creditori, i vizi inerenti alla procedura di preventiva audizione del comitato dei creditori non possono essere fatti valere mediante una diretta impugnativa in sede contenziosa dell'atto posto in essere dal curatore, ma sono deducibili soltanto nell'ambito della procedura fallimentare, con reclamo avanti al tribunale fallimentare.

Anche se l'applicazione del principio di diritto appena enunciato risulta sufficiente a supportare la motivazione assunta dal Tribunale di Milano nella decisione di rigettare le eccezioni in esame, appare tuttavia interessante esaminare anche la fondatezza degli altri due motivi richiamati nella sentenza sempre a supporto del rigetto delle predette eccezioni. Con la decisione in commento il Tribunale di Milano ha infatti anche stabilito che il parere del comitato dei creditori non sarebbe obbligatorio ma consultivo ovvero facoltativo e che, in ogni caso, l'approvazione del programma di liquidazione da parte del comitato dei creditori renderebbe non necessario detto parere.

Al riguardo, una prima notazione potrebbe investire la qualificazione giuridica operata dal Tribunale di Milano del parere del comitato dei creditori come non obbligatorio. Si tratta di una qualificazione che, a rigore, non sembra in linea con il dato letterale della norma e con l'orientamento della giurisprudenza largamente prevalente.

A tale ultimo riguardo, è bene evidenziare che a seguito della riforma organica delle procedure concorsuali (d.lgs. 5/2006) il comitato dei creditori ha assunto poteri di vigilanza e controllo molto più penetranti rispetto al passato. In particolare, il comitato dei creditori ha assunto il ruolo di organo consultivo e di direzione della procedura di fallimento caratterizzato da significativi poteri di vigilanza e controllo (cfr. artt. 40 e 41 l.fall.).

Tra le molteplici funzioni attribuite al comitato dei creditori dall'art. 41 l. fall. è possibile operare una distinzione tra (i) le attività di vigilanza e controllo (ispezionare le scritture contabili, i documenti della procedura e poter richiedere al curatore notizie e chiarimenti) che il comitato è legittimato ad esercitare in autonomia ogni qualvolta ne ravveda la necessità; (ii) le attività di direzione e gestione (quali ad esempio autorizzazione nomina del perito ex art. 32 l.fall., autorizzazione alla transazione ex art. 35 l.fall., approvazione programma di liquidazione ex art. 104 ter l.fall.) alle quali il comitato è chiamato ad adempiere su richiesta del curatore e che in caso di inerzia può essere sostituito dal giudice delegato; (iii) le attività consultive costituite essenzialmente da pareri che solo in rarissime ipotesi sono facoltativi (cfr. artt. 23 e 25 n.3 l.fall.), essendo generalmente obbligatori con effetto vincolante o non vincolante.

Il parere del comitato dei creditori è facoltativo nell'ipotesi prevista dall'art. 23 l.fall. rubricato “Poteri del tribunale fallimentare” dove è riportato che: “il tribunale … può in ogni tempo sentire in camera di consiglio il curatore, il fallito e il comitato dei creditori”. Altra ipotesi generale di consultazione/convocazione facoltativa del comitato dei creditori è quella prevista dall'art. 25, n.3 l.fall. dove sono richiamati i poteri del giudice delegato ed è previsto che: “il giudice delegato … 3) convoca il curatore e il comitato dei creditori nei casi prescritti dalla legge e ogni qualvolta lo ravvisi opportuno per il corretto e sollecito svolgimento della procedura”.

Pertanto, fatta salva qualche eccezione, ogniqualvolta che la norma preveda il parere del comitato dei creditori, esso deve ritenersi obbligatorio, salvo poi verificare se è anche vincolante o meno.

Ciò posto, il primo aspetto che merita di essere esaminato è la natura obbligatoria o facoltativa del parere richiesto al comitato dei creditori per autorizzare l'azione di responsabilità ex art. 146, co. 2, l.fall. A tale ultimo riguardo, è bene riprodurre testualmente l'art. 146, comma 2, l.fall. il quale recita: “Sono esercitate dal curatore previa autorizzazione del giudice delegato, sentito il comitato dei creditori: a) le azioni di responsabilità contro gli amministratori, i componenti degli organi di controllo, i direttori generali e i liquidatori; …”.

Dall'esame della norma appena riprodotta, sebbene il dato letterale non faccia riferimento esplicito ad un parere, sembra che il giudice delegato sia obbligato a “sentire” il comitato dei creditori.

Milita a supporto di tale ultima interpretazione anche l'orientamento largamente prevalente della giurisprudenza di legittimità che ha sempre ritenuto obbligatorio acquisire, da parte del giudice delegato, il parere del comitato dei creditori prima di autorizzare l'azione exart. 146, comma 2, l.fall. Peraltro, il dato letterale dell'art. 146 l.fall. in riferimento a tale aspetto è rimasto invariato a seguito delle molteplici riforme della legge fallimentare che si sono susseguite dal 2005 ad oggi. La previsione secondo la quale il giudice delegato può autorizzare l'azione di responsabilità nei confronti di amministratori e sindaci, “… sentito il comitato dei creditori” è dunque in vigore dal 1942 ed è rimasta immutata sino ad oggi.

Ferma dunque la natura obbligatoria del parere del comitato dei creditori, occorre però capire se tale obbligo possa ritenersi ancora vigente alla luce del nuovo assetto normativo introdotto dalla riforma organica (cfr. d.lgs. 5/2006) ed in particolare delle disposizioni di legge che impongono al comitato dei creditori un necessario e preventivo intervento in merito all'azione stessa. Il riferimento è evidentemente all'approvazione del comitato dei creditori del programma di liquidazione il quale deve indicare tutte le azioni revocatorie e risarcitorie che la curatela intenda intraprendere e quindi necessariamente anche l'azione di responsabilità prevista dall'art. 146, comma 2, l.fall..

A seguito dell'introduzione dell'art. 104 ter l.fall. sembrerebbe, pertanto, che il comitato dei creditori sia chiamato ad esercitare una duplice attività che all'apparenza risulta ridondante. Basti pensare che l'approvazione del programma di liquidazione rientra nelle funzioni gestorie di direzione del comitato dei creditori e che il parere richiamato dall'art. 146, comma 2, l.fall. dovrebbe esprimersi proprio su una azione giudiziale necessariamente indicata nel programma di liquidazione che lo stesso ha già approvato.

È dunque sulla base di tali considerazioni che, sotto un profilo sostanziale, la decisione adottata dal Tribunale di Milano di ritenere il parere ex art. 146, comma 2, l.fall. già espresso con l'approvazione del programma di liquidazione nel quale è indicata l'azione di responsabilità, merita di essere condivisa.

Peraltro, la decisione in esame risulta in linea con la effettiva portata normativa dell'art. 146 l.fall. nel rapporto con le altre disposizioni della legge fallimentare e del codice civile. Appare, infatti, interessante notare come detta ultima norma non sembri avere una portata precettiva ma meramente riassuntiva di altre disposizioni dettate dalla legge fallimentare e dal codice civile. In altri termini, sembrerebbe che la curatela possa comunque esercitare l'azione sociale di responsabilità e l'azione dei creditori sociali sulla base di disposizioni di legge diverse dall'art. 146, comma 2, l.fall..

Per quanto attiene all'azione sociale di responsabilità la legittimazione esclusiva della curatela deriva dallo spossessamento del patrimonio della società fallita ex art. 42 l.fall., nonché dall'art. 43 l.fall. che legittima il curatore a stare in giudizio in tutti i processi che hanno ad oggetto diritti patrimoniali della società fallita. Quanto all'autorizzazione a stare in giudizio la curatela potrà presentare istanza ai sensi dell'art. 25, n.6, l.fall.. Per l'azione sociale di responsabilità, l'art. 146 l.fall. non sembra dunque avere una portata nuova e diversa rispetto alle norme appena richiamate.

Quanto all'azione dei creditori sociali la norma che legittima in via esclusiva la curatela ad agire per l'azione di responsabilità di amministratori e sindaci è data, per le S.p.A., dall'art. 2394 bis c.c. mentre per le S.r.l. si ricava dalla natura stessa dell'azione. Invero, l'azione dei creditori sociali legittima in linea generale i creditori ad agire nei confronti di amministratori e sindaci per aver recato un danno al patrimonio della società non consentendo a questa ultima di poter soddisfare i creditori sociali. Si tratta dunque di un'azione tesa ad aggredire il patrimonio di soggetti diversi dalla società fallita, ma fondata su un diritto e soprattutto su un patrimonio comune a tutti i creditori sociali. Da ciò deriva che il soddisfacimento di un creditore potrebbe determinare, a fronte di un patrimonio da aggredire limitato, il mancato soddisfacimento di altri creditori sociali.

Certamente, l'art. 146, comma 2, l.fall. svolge un ruolo chiarificatore per quanto attiene alla legittimazione esclusiva della curatela nelle azioni dei creditori sociali, ma come sopra indicato non risulta ancora una volta essenziale.

Conclusioni

La sentenza in esame merita di essere apprezzata per la soluzione offerta perché supera il dato letterale della norma fornendo una interpretazione sistematica di ampio respiro e mettendo in risalto il profilo sostanziale e la ratio della norma.

La questione controversa risolta dal Tribunale di Milano mette a confronto il dato letterale con il dato sostanziale della norma investendo la natura obbligatoria o meno del parere del comitato dei creditori previsto dall'art. 146, comma 2, l.fall. a fronte della disposizione dettata dall'art. 104 ter l.fall.

Invero, mentre sotto il profilo formale il dato letterale dell'art. 146, comma 2, l.fall. non sembra lasciare spazio ad interpretazioni diverse dalla obbligatorietà del parere del comitato dei creditori, sotto il profilo sostanziale, come anche rilevato dal Tribunale di Milano nella sentenza in esame, sussistono ragionevoli motivazioni a supporto della non obbligatorietà o meglio della non necessità di acquisire un duplice pronunciamento da parte del comitato dei creditori ogni qualvolta l'azione prevista dall'art. 146, comma 2, l.fall. sia già indicata nel programma di liquidazione approvato dal comitato dei creditori.

Al riguardo, è utile osservare che il Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza sembra aver superato tale contrasto, atteso che dal combinato disposto degli artt. 128, comma 2, e 255 d.lgs 12 gennaio 2019, n. 14 l'azione di responsabilità nei confronti di amministratori e sindaci deve essere autorizzata dal giudice delegato senza alcun parere da parte del comitato dei creditori, benché la norma dia evidenza del potere di vigilanza dello stesso.

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