Mobbing e responsabilità ex art. 2049 c.c.
12 Luglio 2021
La responsabilità del datore ex art. 2049 c.c. è oggettiva ovvero non può prescindersi dalla sua conoscenza e consapevole inerzia rispetto a condotte mobbizzanti di propri dipendenti a danno di altri lavoratori?
In linea generale, integra la nozione di "mobbing" la condotta datoriale protratta nel tempo e consistente nel compimento di una pluralità di atti, giuridici o meramente materiali ed eventualmente anche leciti, diretti alla persecuzione o all'emarginazione del dipendente, di cui viene lesa la sfera professionale o personale.
Qualora tale condotta provenga da un altro dipendente, il datore, obbligato ex art. 2049 c.c., sarà comunque responsabile ove sia rimasto colpevolmente inerte nella rimozione del fatto lesivo.
Tuttavia tale responsabilità non potrebbe configurarsi nel caso in cui, sulla base delle risultanze probatorie, sia stato accertato che il datore di lavoro non fosse stato messo a conoscenza delle presunte condotte persecutorie nei confronti del lavoratore.
Tale impostazione giurisprudenziale, si osserva, si allontana da precedenti interpretazioni dell'art. 2049 c.c., ove la responsabilità datoriale per i danni arrecati dal fatto illecito dei propri dipendenti è stata esclusa solo in assenza di un nesso di occasionalità necessaria tra il fatto illecito e le mansioni del dipendente aggressore.
L'unico limite alla risarcibilità del danno a carico del datore, in forza di quest'ultimo indirizzo giurisprudenziale, risiederebbe nel fatto che la condotta persecutoria sia totalmente svincolata dal rapporto di lavoro e dalla prestazione.
Tale prospettazione sembrerebbe essere stata abbandonata dalla Corte di cassazione, ricollegando essa la responsabilità datoriale all'accertamento di una colpevole inerzia nella rimozione del fatto lesivo.
Cfr.: Cass. n. 16534/2021, n.23859/2017, n. 10037/2015; Tribunale Milano sez. lav., n.455/2015; Cass. pen., n. 27706/2012; Corte appello Venezia sez. lav., n.180/2010. |