Atto di precetto e mancata notificazione del titolo esecutivo
15 Luglio 2021
Massima
L'omessa notificazione del titolo esecutivo determina la nullità dell'atto di precetto, affetto da invalidità formale, da farsi valere attraverso l'opposizione ex art. 617 c.p.c., poiché tale nullità è insanabile, essendo espressamente comminata dal legislatore e disciplinata dall'art. 480 c.p.c., il quale esprime una valutazione preventiva ed astratta del legislatore medesimo di un sicuro pregiudizio al diritto di difesa del debitore intimato. Il caso
Il creditore intimava con atto di precetto il pagamento della somma di circa € 120.000,00, omettendo la preventiva notificazione del titolo esecutivo, costituito da un rogito notarile di cessione di quote ereditarie. I debitori proponevano opposizione agli atti esecutivi deducendo, tra le altre censure, l'omessa notifica del titolo esecutivo. Il Tribunale di Roma rigettava l'opposizione, qualificando l'omissione al pari di una irregolarità formale dell'atto di precetto e ritenendo irrilevante il vizio denunciato, anche in considerazione del fatto che i ricorrenti non avevano dedotto nel giudizio una specifica e concreta violazione del diritto di difesa. I debitori impugnavano il provvedimento dinnanzi alla Suprema Corte, chiedendone la cassazione per la violazione o falsa applicazione degli artt. 479, 480 e 617 c.p.c. La questione
La prima questione sottoposta all'attenzione della Corte attiene alla possibilità di esperire il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi, al fine di fare valere un vizio od un'omissione nella notificazione del titolo esecutivo o dell'atto di precetto. Ulteriore profilo di analisi è l'applicabilità al caso di specie di quell'orientamento giurisprudenziale, secondo cui le irregolarità processuali sono irrilevanti e rimangono sanate, laddove non vi sia una effettiva allegazione e dimostrazione di una concreta lesione al diritto di difesa, subita da chi fa valere il vizio. Le soluzioni giuridiche
La Corte anzitutto ribadisce il principio secondo il quale il processo esecutivo, che sia iniziato senza essere preceduto dalla notificazione o da una valida notificazione del titolo esecutivo e/o dell'atto di precetto, è viziato da un'invalidità formale, che può essere fatta valere con il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi. Decidendo poi nel merito, ai sensi dell'art. 384, comma 2, c.p.c., la Suprema Corte accoglie il ricorso, censurando la decisione del Tribunale di Roma, laddove considera l'omessa notificazione del titolo esecutivo alla stregua di un'irregolarità processuale, irrilevante rispetto allo svolgimento del procedimento esecutivo, tale per cui non sussiste alcuna violazione del diritto di difesa dei debitori. Infatti, è lo stesso legislatore, il quale imponendo la preventiva notificazione del titolo esecutivo rispetto all'atto di precetto, individua un'ipotesi di nullità «testuale», che esprime una valutazione preventiva ed astratta di violazione del diritto di difesa del debitore. Osservazioni
La soluzione raggiunta dalla Suprema Corte ci sembra condivisibile. Da un lato, essa conferma l'indirizzo pacifico secondo il quale il processo esecutivo, iniziato senza essere preceduto dalla notificazione o dalla valida notificazione del titolo esecutivo e/o dell'atto di precetto è viziato da un'invalidità formale, che può essere fatta valere solamente con il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi, da proporsi, ai sensi dell'art. 617 c.p.c., nel termine di venti giorni, decorrente dal primo atto del processo esecutivo del quale si sia avuta legale conoscenza. Dall'altro, la sentenza in commento costituisce un'inversione di tendenza rispetto all'orientamento dominante, per il quale gli elementi formali contenuti nell'art. 480 c.p.c., prescritti a pena di nullità dell'atto di precetto, poiché hanno lo scopo di consentire all'intimato l'individuazione inequivoca dell'obbligazione da adempiere e del titolo esecutivo azionato, se omessi non comportano l'invalidità dell'intimazione, qualora sia stato comunque raggiunto lo scopo dell'atto e, cioè, il debitore sia stato messo in condizione di conoscere con esattezza chi sia il creditore, quale sia il credito di cui si chiede conto e quale il titolo che lo sorregge (Cass. civ., n. 1028/2020). A seguire tale impostazione, essendo il codice di rito un sistema unitario da leggere in maniera logica e teleologica, l'indagine di cui all'art. 480, comma 2 c.p.c., che pure detta sanzioni per la mancata osservanza delle prescrizioni imposte a pena di nullità, non può avvenire senza che il giudice esegua un'indagine anche ai sensi dell'art. 156 c.p.c., ovvero senza verificare il raggiungimento dello scopo dell'atto, secondo un principio generale di economicità e conservazione: principio che impedisce la pronuncia di qualsiasi nullità in presenza di omissioni meramente formali, che non precludono al debitore di sapere chi sia il creditore e quale sia il credito, quale sia il titolo che lo sorregge. Ne consegue allora che la dichiarazione di nullità del precetto richiede al giudice di effettuare tre conseguenziali passaggi logici. Il primo è quello di individuare i requisiti formali richiesti dalla legge per l'atto della cui validità si discute; il secondo è quello di accertare con quali forme e contenuti sia stato compiuto l'atto suddetto, e se l'una e gli altri coincidano con quelli prescritti dalla legge; il terzo, ove emerga una difformità tra lo schema legale dell'atto e la sua realizzazione concreta, è quello di stabilire se l'atto, nonostante il vizio formale, abbia concretamente raggiunto lo scopo cui è destinato. Qualora il giudice, chiamato a pronunciarsi sulla nullità del precetto, ne abbia riscontrato la sussistenza in astratto, deve accertare in concreto se, per caso, quella nullità fosse stata sanata dal fatto che nessuna incertezza fosse possibile, per il debitore, sull'individuazione del titolo esecutivo (v. Cass. civ., 28 gennaio 2020n. 1928; Cass. civ., ord. 20 giugno 2017,n. 15316 e Cass. civ., 2 dicembre 2014, n. 25433). Con la pronuncia in commento invero la Corte torna ad attribuire la giusta rilevanza al dato normativo, laddove ritiene che l'atto di precetto debba essere considerato nullo, tutte le volte in cui non vi sia una corretta e preventiva notificazione del titolo esecutivo. Infatti, diversamente da altre ipotesi, nel caso di specie, è la stessa disposizione di legge che commina la sanzione della nullità disponendo espressamente nell'art. 480, comma 2 che «il precetto deve contenere a pena di nullità l'indicazione delle parti, della data di notificazione del titolo esecutivo, se questa è fatta separatamente, o la trascrizione integrale del titolo stesso, quando è richiesta dalla legge». La detta nullità non può essere considerata alla stregua di una irregolarità processuale, sanabile attraverso il meccanismo di cui all'art. 156 c.p.c., poiché è da ritenersi da essa ontologicamente diversa (Cass.civ., 29 novembre 2019, n. 31226). La sanzione della nullità nel caso di omissione della notificazione del titolo esecutivo è infatti espressamente comminata dal legislatore, attraverso una valutazione preventiva circa la gravità della omissione medesima e la conseguente certezza di una violazione al diritto di difesa. Del resto, il debitore intimato attraverso la notificazione del titolo esecutivo riceve la possibilità di verificare le pretese avanzate dal creditore nell'atto di precetto, attraverso il raffronto con il titolo sulla base del quale si fondano. In conclusione appare corretta la conclusione alla quale giunge la Suprema Corte, nell'eseguire un distinguo tra irregolarità processuali, irrilevanti qualora l'atto abbia comunque raggiunto il suo scopo, e nullità comminate ex lege, che non possono essere sanate con il meccanismo di cui all'art. 156 c.p.c., poiché considerate insanabili dal medesimo legislatore, attraverso una valutazione preventiva ed astratta, che considera quella specifica condotta processuale certamente fonte di una violazione del diritto, costituzionalmente garantito, alla difesa. Riferimenti
|