Protezione internazionale: poteri-doveri di indagine e acquisizione documentale da parte del giudice

Redazione scientifica
15 Luglio 2021

La Corte di cassazione enuncia una serie di principi ai fini dell'accertamento della fondatezza o meno della domanda di protezione internazionale, imponendo al giudice del merito l'esercizio di poteri-doveri officiosi di indagine e acquisizione documentale, così che ogni domanda venga esaminata alla luce di informazioni attendibili, complete e aggiornate.

D.B. nato in Guinea Bissau chiedeva il riconoscimento dalla protezione internazionale di cui all'art. 4 d.lgs. 25/2008. La Commissione territoriale rigettava l'istanza. Il Tribunale di Firenze rigettava il ricorso proposto avverso il provvedimento della Commissione territoriale con decisione confermata dalla Corte d'appello. Avverso tale provvedimento proponeva ricorso per cassazione D.B., lamentando, per quanto di interesse, il mancato esercizio del dovere di cooperazione istruttoria ex art. 14 lett. c) d.lgs. 251/2007.

Il Collegio accoglie la censura ed evidenzia che «ai fini dell'accertamento della fondatezza di una domanda di protezione internazionale, il giudice di merito, oltre a non poter fondare la propria decisione in via esclusiva sulla base della credibilità o meno soggettiva del richiedente, deve adempiere ad un dovere di cooperazione che gli impone di accertare la situazione del Paese di provenienza del richiedente asilo mediante l'esercizio di poteri-doveri officiosi di indagine e acquisizione documentale, così che ogni domanda venga esaminata alla luce di informazioni attendibili, complete e aggiornate sula paese di origine del richiedente asilo sulla base dei dati forniti dall'UHNCR, dall'EASO o dalla Commissione Nazionale sul diritto di asilo del Ministero degli Esteri».

Ciò premesso, i giudici richiamano i principi di diritto ai quali la Corte territoriale dovrà attenersi in sede di giudizio di rinvio:

-il dovere di cooperazione istruttoria è una peculiarità processuale del giudizio di protezione internazionale, cui il giudice di merito deve adempiere d'ufficio, fondando la propria decisione su fonti informative attendibili, «idonee allo scopo informativo rispetto alla vicenda narrata ed aggiornate alla data della decisione, in ragione della rapida mutevolezza delle condizioni sociopolitiche, economiche, climatiche e sanitarie dei paesi di provenienza dei richiedenti asilo»;

-ove il giudice di merito non si attenga a tale principio, in relazione all'aggiornamento delle fonti utilizzate, «è sufficiente che la censura prospettata in sede di legittimità evidenzi (come nella specie) la non idoneità ovvero la non attualità delle fonti, in quanto la relativa data costituisce un elemento oggettivo che non necessita di ulteriori specificazioni critiche, pur essendo necessario che venga allegata una condizione attuale del Paese di origine diversa e più grave di quella rappresentata dalle informazioni (erroneamente) utilizzate, preservandosi in tal modo l'interesse all'impugnazione»;

-il ricorrente, pertanto, «non ha alcun onere di indicare specificamente, riportandone il contenuto, fonti alternative a quelle utilizzate, non essendo tenuto a supplire ad una carenza istruttoria che costituisce oggetto di uno specifico obbligo ex lege del giudice di merito»; -

- il presupposto normativo «della fattispecie ex art. 14 lett. c) è quello della minaccia grave e individuale alla persona derivante da violenza indiscriminata scaturente da una situazione di conflitto armato interno o internazionale, minaccia che può, sia pur eccezionalmente, rilevare non in relazione alla situazione personale quando il livello di violazione dei diritti umani raggiunge un livello così elevato che il rischio risulta in re ipsa (C.G. 30 gennaio 2014, in causa C-285/12, Diakitè, punto 10.3). Ne deriva, sul piano strettamente logico, prima ancor che cronologico, che l'accertamento di tale situazione deve precedere, prescindendone, e non seguire, qualsiasi valutazione sulla credibilità (e comunque sul contenuto delle dichiarazioni) del ricorrente»;

- ove la controversia sia stata instaurata «prima dell'entrata in vigore del d.l. 13/2017 convertito nella l. 46/2017 - e sussista ancora, pertanto, il doppio grado di giudizio - è necessario che la Corte territoriale che intenda confermare l'ordinanza impugnata sulla base delle medesime fonti informative utilizzate in primo grado, ne verifichi l'attualità e dia conto dell'insussistenza di aggiornamenti dai quali possano desumersi notizie diverse ed idonee a ridondare su una differente soluzione della controversia».

Tratto da: www.dirittoegiustizia.it

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