La liberazione del fideiussore ex art. 1956 c.c.

Fabio Fiorucci
16 Luglio 2021

In tema di fideiussione per un'obbligazione futura, la persistente erogazione di finanziamenti da parte della banca creditrice a favore del debitore principale, senza chiedere al garante la necessaria autorizzazione pur in presenza di un peggioramento delle condizioni economiche e finanziarie del debitore garantito, costituisce comportamento non improntato al rispetto dei principi di correttezza e buona fede nell'esecuzione del contratto, idoneo a determinare la liberazione del fideiussore dalle obbligazioni future (art. 1956 c.c.). Nel prosieguo saranno illustrate le caratteristiche e le condizioni di operatività dell'art. 1956 c.c., con particolare riferimento agli oneri probatori gravanti sul fideiussore che intenda ‘attivare' l'articolo in commento.
Premessa

In tema di fideiussione per un'obbligazione futura, la persistente erogazione di finanziamenti da parte della banca creditrice a favore del debitore principale, senza chiedere al garante la necessaria autorizzazione pur in presenza di un peggioramento delle condizioni economiche e finanziarie del debitore garantito, costituisce comportamento non improntato al rispetto dei principi di correttezza e buona fede nell'esecuzione del contratto, idoneo a determinare la liberazione del fideiussore dalle obbligazioni future (art. 1956 c.c.). Nel prosieguo saranno illustrate le caratteristiche e le condizioni di operatività dell'art. 1956 c.c., con particolare riferimento agli oneri probatori gravanti sul fideiussore che intenda ‘attivare' l'articolo in commento.

La ratio dell'art. 1956 c.c.

La fideiussione - garanzia personale ampiamente utilizzata nell'operatività bancaria - è disciplinata dagli articoli dal 1936 al 1957 del codice civile. Il fideiussore è il soggetto che, obbligandosi personalmente verso il creditore, garantisce l'adempimento delle obbligazioni di un terzo (art. 1936 c.c.).

In particolare, l'art. 1956 c.c. prevede che «il fideiussore per un'obbligazione futura è liberato se il creditore, senza speciale autorizzazione del fideiussore, ha fatto credito al terzo, pur conoscendo che le condizioni patrimoniali di questo erano divenute tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito. Non è valida la preventiva rinuncia del fideiussore ad avvalersi della liberazione».

L'onere del creditore di richiedere l'autorizzazione del fideiussore prima di far credito al terzo, le cui condizioni patrimoniali siano peggiorate dopo la stipulazione del contratto di garanzia, assolve alla evidente finalità di consentire al fideiussore di sottrarsi, negando l'autorizzazione, all'adempimento di un'obbligazione divenuta, senza sua colpa, più gravosa (Cass. n. 7444/2017; Cass. n. 32774/2019). In altri termini, la previsione - norma imperativa attesa l'invalidità della rinuncia preventiva - intende colpire con la sanzione della inefficacia della fideiussione il comportamento del creditore che, confidando sulla solvibilità del garante, continui a fare credito al debitore garantito conoscendo il peggioramento delle sue condizioni economiche al punto tale da rendere più difficile il recupero del credito (App. Firenze 15.4.2020).

Dalla violazione di tale regola di comportamento secondo correttezza e buona fede discende non solo la liberazione del fideiussore, come previsto dall'art. 1956 c.c., ma anche, ove provato, un danno risarcibile, e tale rilievo costituisce un ulteriore elemento per considerare la rilevanza dell'obbligo di "protezione" cui è tenuto il creditore, che non si esaurisce al tempo del rilascio della fideiussione, ma permane per tutto il tempo della sua vigenza (Cass. n. 23273/2006, Dejure; Cass. n. 32774/2019). Condotte a rischio sono, ad es., le situazioni di scoperto o sconfinamento non autorizzate.

L'ambito di operatività della norma

La disposizione in commento, relativa all'erogazione o all'utilizzazione di ulteriori somme di denaro, valorizza anche gli obblighi di diligente e corretta gestione dei finanziamenti in essere da parte del creditore banca.

Come infatti evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità, se nell'ambito di un rapporto di apertura di credito in conto corrente, si manifesta un significativo peggioramento delle condizioni patrimoniali del debitore rispetto a quelle conosciute al momento dell'apertura del rapporto, tali da mettere a repentaglio la solvibilità del debitore medesimo, alla stregua del principio cui si ispira l'art. 1956 c.c. la banca creditrice, la quale disponga di strumenti di autotutela che le consentano di porre termine al rapporto impedendo ulteriori atti di utilizzazione del credito che aggraverebbero l'esposizione debitoria, di quegli strumenti è tenuta ad avvalersi anche a tutela dell'interesse del fideiussore inconsapevole, se non vuole perdere il beneficio della garanzia, in conformità ai doveri di correttezza e buona fede ed in attuazione del dovere di salvaguardia dell'altro contraente, a meno che il fideiussore manifesti la propria volontà di mantenere ugualmente ferma la propria obbligazione di garanzia (Cass. n. 21730/2010, in Dejure; Cass. n. 6414/1998, in Dejure: la facoltà della banca di estendere il debito originariamente garantito, con conseguente responsabilità del fideiussore, non ha carattere meramente potestativo: la discrezionalità della banca trova, infatti, un limite nella necessità della osservanza del principio della buona fede e della correttezza nello svolgimento del rapporto di garanzia, che impone di operare secondo criteri legali e regole obiettive di corretta gestione del credito; correlativamente, quando i predetti limiti sono violati, la fideiussione diventa inefficace; Cass. n. 32774/2019; App. Firenze 15.4.2020).

Il 'fare credito', ai fini della norma in commento, riguarda dunque non solo l'erogazione di nuovo denaro ma anche una accorta gestione dei finanziamenti in essere: in sostanza, l'art. 1956 c.c. è applicabile anche nei casi in cui il creditore abbia trascurato di attivare i rimedi contrattuali a sua disposizione utili ad evitare l'aggravio dell'esposizione debitoria.

Oneri probatori del fideiussore

Ai fini dell'applicazione dell'art. 1956 c.c. devono ricorrere due requisiti: a) il requisito oggettivo della concessione di un ulteriore finanziamento successivo al deterioramento delle condizioni economiche del debitore e sopravvenuto alla prestazione della garanzia, o il mancato esercizio dei poteri di autotutela contrattuale che avrebbero evitato l'aggravio del dissesto, contenendo l'esposizione debitoria; b) il requisito soggettivo della consapevolezza del creditore del mutamento delle condizioni economiche del debitore, raffrontate a quelle esistenti all'atto della costituzione del rapporto.

Per consolidato convincimento giurisprudenziale, il fideiussore che chieda la liberazione della garanzia prestata invocando l'applicazione dell'articolo 1956 c.c. ha l'onere di provare, ai sensi dell'articolo 2697 c.c., l'esistenza degli elementi richiesti a tal fine, e cioè che, successivamente alla prestazione della fideiussione per obbligazioni future, il creditore, senza la sua autorizzazione, abbia fatto credito al terzo pur essendo consapevole dell'intervenuto peggioramento delle sue condizioni economiche (Cass. n. 8883/2020; Cass. n. 5833/2019; Cass. n. 6251/2018, in Dejure; Cass. n. 2132/2016; Cass. n. 2524/2006; Cass. n. 10870/2005; App. Catanzaro 19.1.2017; Trib. Roma 18.9.2017).

Secondo parte della giurisprudenza, clausole del seguente tenore: «il fideiussore avrà cura di tenersi al corrente delle condizioni patrimoniali del debitore, e in particolare, di informarsi presso lo stesso dello svolgimento dei suoi rapporti con la Banca. La banca è tenuta, a richiesta del fideiussore, a comunicargli entro i limiti dell'importo garantito, l'entità della posizione complessiva del debitore quale ad essa risultante al momento della richiesta», escludono che il fideiussore possa invocare l'applicazione dell'art. 1956 c.c. (Trib. Roma 31.5.2018; Trib. Monza 4.9.2018: nei contratti di fideiussione omnibus è previsto l'onere in capo al garante «di tenersi al corrente delle condizioni patrimoniali del debitore e, in particolare, di informarsi presso lo stesso dello svolgimento dei suoi rapporti con la Banca»; Trib. Milano 28.6.2017; App. Catanzaro 19.1.2017; Trib. Napoli 1.3.2019: in forza delle fideiussioni sottoscritte i garanti erano onerati di tenersi al corrente delle condizioni patrimoniali del debitore e di informarsi dei suoi rapporti con la banca; Trib. Milano 14.1.2020; Trib. Siracusa 27.2.2020).

L'autorizzazione del fideiussore non impone la forma scritta, non potendosene affermare la configurazione in termini di accordo a latere del contratto bancario cui la fideiussione accede. Occorre ribadire che l'ipotesi contemplata dalla norma, che cioè il creditore, senza autorizzazione del fideiussore, abbia «fatto credito» al terzo pur sapendo che le condizioni patrimoniali di costui sono frattanto significativamente peggiorate, non è necessariamente equiparabile alla instaurazione di nuovi rapporti obbligatori tra il creditore e il terzo cui debba poi estendersi la garanzia per debiti futuri in precedenza prestata dal fideiussore. Essa comprende anche la semplice modalità di gestione di un rapporto obbligatorio già instaurato col terzo, coperto dalla garanzia fideiussoria, e dunque non implica affatto un nuovo contratto né tra la banca e il debitore, né tra la banca e il terzo fideiussore. La norma costituisce molto più semplicemente un'applicazione del principio di buona fede nell'esecuzione dei contratti e perciò onera il creditore di un comportamento coerente col rispetto di tale principio nella gestione del rapporto debitorio, tale da non ledere ingiustificatamente l'interesse del fideiussore (Cass. n. 4112/2016, in Dejure).

La Cassazione ha affermato il seguente principio in tema di riparto degli oneri probatori: «l'obbligo del creditore di proteggere l'interesse del fideiussore per un'obbligazione futura a vedere conservata la garanzia patrimoniale del debitore costituisce un'obbligazione cui è tenuto il creditore ex art 1956 c.c., a pena di liberazione del fideiubente dalla garanzia prestata, e pertanto sul creditore che abbia consapevolmente concesso credito in una situazione di obiettivo peggioramento delle condizioni patrimoniali del debitore, senza avere acquisito una specifica autorizzazione del fideiubente, grava l'onere probatorio circa il suo esatto adempimento, secondo il criterio di diligenza valutata in rapporto all'homo eiusdem condicionis et professionis» (Cass. n. 32774/2019).

L'autorizzazione del fideiussore

L'autorizzazione del fideiussore può essere ritenuta implicitamente concessa dal garante, laddove emerga perfetta conoscenza, da parte sua, della situazione patrimoniale del debitore garantito. Questo perché tale perfetta conoscenza può essere considerata valida base di una presunzione di autorizzazione tacita alla concessione del credito, desunta dalla possibilità di attivarsi mediante l'anticipata revoca della fideiussione per non aggravare i rischi assunti (Cass. n. 4112/2016).

La Cassazione, infatti, ha da tempo chiarito che vi possono essere casi in cui la richiesta della speciale autorizzazione di cui all'art. 1956 c.c. non è necessaria, perché l'autorizzazione è ritenuta implicitamente o tacitamente concessa dal fideiussore (il che è esattamente coerente col fatto che per l'autorizzazione non è richiesta la forma scritta ad substantiam). In particolare, rilevano i casi in cui il fideiussore sia, rispettivamente, un familiare del debitore principale oppure socio e/o legale rappresentante della società garantita. In tale ultima circostanza, infatti, in una stessa persona coesistono le qualità di fideiussore e di legale rappresentante della società debitrice, visto che la richiesta di credito, in tali casi, proviene sostanzialmente dalla persona fisica che somma la posizione di garante (Cass. n. 31227/2019; Cass. n. 7444/2017: l'onere del creditore di richiedere l'autorizzazione del fideiussore prima di far credito al terzo, le cui condizioni patrimoniali siano peggiorate dopo la stipulazione del contratto di garanzia, non sussiste allorché nella stessa persona coesistano le qualità di fideiussore e di legale rappresentante della società debitrice principale, giacché, in tale ipotesi, la richiesta di credito da parte della persona obbligatasi a garantirlo comporta di per sé la preventiva autorizzazione del fideiussore alla concessione del credito; Cass. n. 4112/2016; Cass. n. 2902/2016: la qualità di socio del fideiussore consente a quest'ultimo di attivarsi per impedire che continui la negativa gestione della società (mediante la revoca dell'amministratore) o per non aggravare ulteriormente i rischi assunti (mediante l'anticipata revoca della fideiussione); Cass. n. 16827/2016; Cass. n. 3761/2006, Dejure).

Lo stesso principio ha trovato applicazione in caso di coniuge convivente, sul presupposto che, se è vero che, in ipotesi di concessione del credito nonostante il deterioramento delle condizioni patrimoniali del debitore, la mancata richiesta di autorizzazione non può configurare una violazione contrattuale liberatoria se la conoscenza delle difficoltà economiche in cui versa il debitore principale può essere presunta comune al fideiussore, è plausibile sostenere che tale sia anche, in relazione alle circostanze concrete, la condizione caratterizzante il coniuge, ove sia desunta dal legame tra debitore e fideiussore sorretto da vincoli stabili di comunione di vita e di interessi, tali da indurre a ritenere probabile – in mancanza di risultanze di segno contrario – sia la conoscenza sia il consenso del secondo. Non si è in presenza, infatti, di una presunzione di secondo grado, notoriamente vietata, in quanto il fatto noto è costituito dalla stabile comunione di vita e di interessi tra fideiussore e debitore principale, cui segue la conoscenza del mutamento delle condizioni patrimoniali quale sintomo dell'autorizzazione tacita alla concessione del credito (Cass. n. 4112/2016, in Dejure; App. Catanzaro 19.1.2017).

Nelle fattispecie sopra descritte è attribuito carattere decisivo alla possibile esistenza di una «comunione di interessi» tra debitore e fideiussore o, comunque, di una «situazione di contiguità» tale da consentire al garante di avere costante contezza della esposizione debitoria (rapporto di parentela tra garante e garantito e il legame, per carica rivestita o partecipazione al capitale sociale, con la società debitrice). Resta inteso che questa impostazione è sostenibile solo in presenza di circostanze che possano ragionevolmente giustificare una tale presunzione: non può predicarsi alcun automatismo inferenziale, ad es., dal solo rapporto parentale (Cass. n. 54/2021).

La liberazione del fideiussore ex art. 1956 c.c.

Premesso che la eventuale liberazione del garante per violazione dell'art. 1956 c.c. (concessione di credito in costanza del peggioramento delle condizioni economiche del debitore principale) è di carattere giudiziale, la giurisprudenza di legittimità ha stabilito che la banca che concede finanziamenti al debitore principale, pur conoscendone le difficoltà economiche, fidando nella solvibilità del fideiussore, senza informare quest'ultimo dell'aumentato rischio e senza chiederne la preventiva autorizzazione, incorre in violazione degli obblighi generici e specifici di correttezza e di buona fede contrattuale.

In particolare, nel caso di fideiussione per obbligazione futura (art. 1938 c.c.), la garanzia fideiussoria è nulla ogni qual volta il comportamento della banca beneficiaria della fideiussione non sia improntato, nei confronti del fideiussore, al rispetto dei principi di correttezza e buona fede nell'esecuzione del contratto. Il che si verifica quando la nuova concessione di credito sia avvenuta nonostante il peggioramento delle condizioni economiche e finanziarie del debitore principale, sì che possa ritenersi che la banca abbia agito nella consapevolezza di un'irreversibile situazione di insolvenza e, quindi, senza la dovuta attenzione anche all'interesse del fideiussore (Cass. n. 16827/2016, in Dejure, che richiama i precedenti di Cass. n. 394/2006 e Cass. n. 11979/2013; Cass. n. 32774/2019. V. anche Trib. Bolzano 25.5.2018; App. Firenze 15.4.2020).

In conclusione

L'art. 1956 c.c. è finalizzato a censurare (inefficacia della fideiussione) il comportamento del creditore che, confidando sulla solvibilità del garante, continui a sua insaputa a fare credito al debitore garantito pur conoscendo il peggioramento delle sue condizioni economico-patrimoniali. L'onere del creditore di richiedere l'autorizzazione del fideiussore prima di far credito al terzo, le cui condizioni patrimoniali siano peggiorate dopo la stipulazione del contratto di garanzia, assolve all'evidente finalità di consentire al fideiussore di sottrarsi, negando l'autorizzazione, all'adempimento di un'obbligazione divenuta, senza sua colpa, più gravosa.

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