La tabella di liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale e il valore dell'uniformità del giudizio nella sentenza Cass. n. 10579/2021
20 Luglio 2021
Introduzione
La III Sezione della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10579/2021, afferma che, per garantire l'uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul sistema a punti e ne elenca i requisiti di funzionamento. Gli interrogativi fondamentali a cui si tenta di fornire una prima risposta sono: è necessario costruire una nuova tabella? In caso affermativo in che modo occorre procedere e come si deve nelle more liquidare il danno? Il messaggio inviato dalla Corte di Cassazione
La fattispecie esaminata dalla Cassazione riguarda il risarcimento dei danni subiti dalla moglie e dal fratello di una persona deceduta a causa di un sinistro stradale. Il pregiudizio derivante dalla perdita del rapporto parentale era stato liquidato dal Tribunale di Siracusa applicando le Tabelle del Tribunale di Roma e riconoscendo alla moglie la somma di Euro 144.208,00 e al fratello la somma di Euro 76.615,00. La Corte d'Appello di Catania, riformando la decisione, ha ritenuto necessaria l'applicazione delle Tabelle di Milano, per la loro "vocazione nazionale", e ha riconosciuto in favore della moglie la somma di Euro 172.193,00 e in favore del fratello la somma di Euro 49.848,00, importi da decurtare del 50% in considerazione del concorso di colpa del danneggiato. La censura proposta nel ricorso in Cassazione dai soggetti danneggiati ha ad oggetto la violazione di legge per la mancata applicazione delle tabelle del Tribunale di Roma e l'utilizzo invece delle tabelle predisposte dal Tribunale di Milano, nonostante il giudice di primo grado, applicando le tabelle romane, non avesse liquidato il danno in modo sproporzionato rispetto alla quantificazione che l'adozione delle tabelle milanesi avrebbe consentito. I giudici della Cassazione si interrogano sulla possibilità di considerare le tabelle elaborate dal Tribunale di Roma recessive rispetto a quelle milanesi e se queste ultime possano costituire parametro della conformità a diritto della liquidazione. Nella sentenza si analizza la nozione di equità, richiamata ai fini della determinazione del danno non patrimoniale dagli artt. 1226 e 2056 c.c., quale clausola generale che deve guidare la valutazione del giudice del caso concreto e la cui caratteristica fondamentale viene ravvisata nell'uniformità di trattamento. Si coglie quindi l'occasione per ribadire la natura paranormativa della tabella milanese della liquidazione del danno alla integrità psicofisica, in quanto elaborata come un complesso di caselle - ordinate secondo una scala a punti - entro ognuna delle quali è sussunta una pluralità di ipotesi tipizzate omogenee, ricavata dalla standardizzazione dei precedenti giudiziali. Si afferma pertanto che, quando invece il sistema del punto variabile non è seguito, la tabella non garantisce la funzione per la quale è stata concepita che è quella dell'uniformità e prevedibilità delle decisioni a garanzia del principio di eguaglianza. Allo stesso tempo si dichiara di procedere “in linea con quanto già affermato da Cass. n. 12408del 2011” e che proprio il conferimento alle tabelle milanesi di una valenza nazionale impone l'adozione di parametri predeterminati anche ai fini della liquidazione del danno da perdita parentale, in attesa del livello massimo di certezza, uniformità e prevedibilità che solo la tabella nazionale, per la sua natura di diritto legislativo, una volta adottata, potrà al meglio garantire. Il principio di diritto enunciato quindi appare trascendere la questione oggetto del ricorso, riguardante la violazione di legge a causa della mancata applicazione ingiustificata delle tabelle romane, per arrivare a delineare i requisiti che una ideale tabella paranormativa del danno parentale dovrebbe contenere: 1) adozione del criterio "a punto variabile"; 2) estrazione del valore medio del punto dai precedenti; 3) modularità; 4) elencazione delle circostanze di fatto rilevanti (tra le quali, da indicare come indefettibili, l'età della vittima, l'età del superstite, il grado di parentela e la convivenza) e dei relativi punteggi. La mancanza nelle conclusioni della sentenza della Cassazione di una esplicita legittimazione dell'utilizzo della tabella romana, seppure richiesta nel ricorso, sembrerebbe confermare la volontà di non rinunciare alle tabelle milanesi, per l'ormai indiscussa vocazione nazionale, ma di sollecitarne un formato nuovo, analogamente al restyling implicitamente suggerito già per la tabella milanese del danno all'integrità psicofisica, sulla base dei principi affermati nelle numerose sentenze della III Sezione a partire dal 2018 e compendiati nella c.d. Ordinanza decalogo (Cass. n. 7513/2018). L'opera che viene sostanzialmente commissionata all'Osservatorio della giustizia civile in questo caso è di non poco conto e non consiste in una mera rivisitazione grafica, tanto che potrebbe chiedersi se si renda realmente necessario questo cambiamento. Ma il dato di fatto da cui non si può prescindere è l'evidente intento della Corte di Cassazione - stante la mancanza di tabelle normative - di dialogare con i giudici di merito per illustrare linee guida sui criteri di redazione della tabella di elaborazione giurisprudenziale di liquidazione del danno, nell'esercizio della funzione nomofilattica di cui i giudici di legittimità sono naturalmente investiti. Il principio di diritto ineludibile a cui deve uniformarsi il giudice di merito è il “fine di garantire non solo un'adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi”. Non a caso nella sentenza largo spazio viene dato alla riflessione sul particolare modo in cui la rilevanza dei precedenti è inderogabile e fondamentale anche in un sistema di civil law, seppure con la peculiarità del ricorso a tabelle elaborate per astrazione dalle concretizzazioni giurisprudenziali. Malgrado in questa materia non siano intervenute le Sezioni Unite, non è verosimile un'inversione di tendenza in un panorama in cui sempre maggiore attenzione si presta alla nozione di giustizia predittiva. Allo stato non resta che convenire sulla necessità di un restyling della tabella milanese finalizzato a privilegiare la prevedibilità delle decisioni. Probabilmente non è proficuo in questa fase indugiare a riflettere sul probabile rischio di sacrificare parte della duttilità e della innovatività del giudizio che invece un sistema non meramente induttivo o comunque meno rigido potrebbe meglio garantire. L'interrogativo più urgente probabilmente è quello che riguarda i criteri da adottare nelle liquidazioni del danno da perdita del rapporto parentale all'indomani della pronuncia della sentenza n. 10579/2021. Una risposta parziale si rinviene nel corpo della motivazione della sentenza stessa in cui si afferma che “Il Collegio è consapevole dell'impatto di un simile mutamento evolutivo della giurisprudenza di legittimità sulle controversie allo stato decise nel grado di merito sulla base del precedente indirizzo e dunque delle tabelle milanesi. Al riguardo va considerato che, coerentemente a quanto già affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, bisogna guardare al profilo dell'effettiva quantificazione del danno, a prescindere da quale sia la tabella adottata, e, nel caso di quantificazione non conforme al risultato che si sarebbe conseguito seguendo una tabella basata sul sistema a punti secondo i criteri sopra indicati, a quale sia la motivazione della decisione.”. Non si tratta però di una soluzione del tutto appagante, poiché presuppone comunque l'attuale esistenza della tabella basata sul sistema a punti. Come già sopra osservato, la stessa tabella romana, oltre a non essere espressamente indicata dalla Cassazione quale modello paradigmatico e applicabile nell'immediato, non appare soddisfare tutti i requisiti indicati nella sentenza in esame, non essendo noti né il criterio né gli elementi in base ai quali è stato ricavato il valore del punto medio, né essendo questo “variabile” nel suo ammontare, mentre ciò che varia è essenzialmente il numero di punti minimo e massimo che viene attribuito a ciascun fattore che incide sull'entità del pregiudizio. Appare quindi necessario allo stato uno sforzo ancora più intenso nel produrre una motivazione fondata sulla individuazione analitica di tutti i criteri utilizzati per la liquidazione e di una adeguata valorizzazione e comparazione degli stessi. È innegabile che uniformità e prevedibilità delle decisioni sono obiettivi più facilmente perseguibili quanto minore è il range entro il quale in linea di massima è consentito esercitare la discrezionalità nella liquidazione del danno. Nella attuale tabella milanese ogni rapporto di parentela ritenuto potenzialmente rilevante ai fini del riconoscimento di un pregiudizio risarcibile è caratterizzato da una forbice molto ampia tra i valori minimo e massimo All'interno della stessa l'aumento personalizzato fino ai valori massimi deve essere applicato dal giudice solo laddove la parte nel processo alleghi e rigorosamente provi circostanze di fatto da cui possa inferirsi, anche in via presuntiva, un maggiore sconvolgimento della propria vita in conseguenza della perdita del rapporto parentale. Il giudice attualmente, nell'applicazione della tabella milanese, valuta una pluralità di fattori (tra i quali i più comuni sono l'età della vittima, l'età del superstite, il grado di parentela e la convivenza) che incidono sul pregiudizio derivante dalla perdita del rapporto parentale, tenendo presente i precedenti giurisprudenziali, per evitare uno sconfinamento verso gli estremi della forbice senza una ragione e per regolare casi analoghi in maniera analoga e proporzionare il risarcimento alla gravità del danno, in modo da pervenire a un risultato equo. La Cassazione raccomanda invece una standardizzazione delle fattispecie di danno più analitica e modulare, ma forse non è un caso, per quanto si dirà, che a livello normativo non sia nemmeno in cantiere una tabella di liquidazione del danno parentale con tali caratteristiche. Per le evidenti analogie che presenta, deve riconoscersi che il sistema a punti proposto dalla Cassazione è mutuato dalla tabella percentuale della invalidità permanente, a sua volta fondata sui barèmes medico legali. Nella tabella milanese del danno alla integrità psicofisica il valore monetario del punto è attribuito in maniera “variabile”, poiché varia a seconda della percentuale di invalidità e dell'età, sulla base dell'osservazione statistica dei precedenti e dei criteri attuariali fondati sulla stima di sopravvivenza del danneggiato. Viene pertanto a formarsi una griglia dove a ogni riga corrisponde una percentuale di invalidità e a ogni colonna un'età, così che dall'incrocio si ricava una casella che indica l'importo del risarcimento riconoscibile. Il valore base di ciascun punto del “danno biologico/dinamico-relazionale” è affiancato poi dall'incremento per il “danno da sofferenza soggettiva interiore”. Si ottiene quindi una parcellizzazione graduata del danno. La realtà del danno parentale invece è molto più fluida e non si àncora per sua natura ad una scala di punti percentuali. I parametri che incidono sull'entità del danno sono molteplici e non commensurabili tra loro su basi scientifiche.
Ci si domanda allora se una eccessiva e troppo rigida modularità non vada a scapito della coerenza e si stacchi dalla realtà delle cose come potrebbe essere percepita dal giudice mediante il suo apprezzamento umano della fattispecie concreta il quale pure è elemento essenziale dell'equità. Potrebbe verificarsi l'effetto collaterale per cui una casella dai confini troppo rigidi e ristretti, anziché conferire certezza alla liquidazione, potrebbe non rispecchiare effettivamente il caso reale. In ogni caso la conversione da un sistema a forbice a un sistema a punti è in linea teorica possibile, così come emerge anche dalle recenti riflessioni dell'Osservatorio della giustizia civile di Milano: se si divide l'importo massimo della tabella per cento si ricava l'importo base del punto, nonché l'importo medio della liquidazione, corrispondente a cinquanta punti, rispetto al quale è possibile operare in aumento o in diminuzione. Il ricorso agli importi della attuale tabella, estrapolati da una amplissima casistica, salvaguarderebbe la prevedibilità e la coerenza con i precedenti giudizi, e il valore medio così ricavato sarebbe il punto di partenza per considerare le circostanze attenuanti o aggravanti anche se, a volere seguire pedissequamente tutte le indicazioni della Cassazione, occorrerebbe attribuire dei punti a ognuno dei fattori di pregiudizio, non essendo chiaro, peraltro, se pure tale attribuzione debba essere estrapolata dai precedenti giurisprudenziali. Infine, occorrerebbe variare anche l'importo del punto, almeno a volere seguire il significato letterale di punto variabile così come utilizzato dal legislatore nell'art. 138 Cod. Ass.. In conclusione
Appare orami ineludibile e comunque proficuo questo dialogo che si è instaurato tra giurisprudenza di legittimità e operatori del diritto nel giudizio di merito sulla concreta praticabilità del principio dell'uniformità del giudizio nella liquidazione equitativa del danno da perdita del rapporto parentale. Proprio per garantire tale principio cardine e per evitare incertezze interpretative non può essere procrastinata a lungo la creazione di una nuova tabella. Occorre però al contempo interrogarsi sulla reale necessità e praticabilità dell'osservanza simultanea di tutti i requisiti richiesti dalla Cassazione. Si auspica in tempi brevi un consolidamento da parte dei giudici di legittimità dei principi affermati e ulteriori chiarimenti sugli aspetti operativi della costruzione della tabella, per evitare fraintendimenti in un dialogo in cui è necessario un processo osmotico tra certezze della Cassazione e dubbi dei giudici di merito.
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