La custodia esercitata dal gestore della strada non si limita alla carreggiata ma si estende alla banchina

Redazione Scientifica
20 Luglio 2021

È configurabile la responsabilità per cosa in custodia (art. 2051 c.c.) a carico del proprietario o concessionario della strada, stante la disponibilità e la possibilità effettiva di controllo della situazione della circolazione stradale, delle carreggiate e delle zone pertinenti, riconducibile ad un rapporto di custodia.

La Cassazione, con la sentenza in oggetto è chiamata ad intervenire nell'ambito di un giudizio avente ad oggetto la richiesta di risarcimento danni causati da sinistro stradale avvenuto su un'autostrada allorquando, a causa del manto stradale usurato e bagnato dalla pioggia il conducente di una vettura finiva fuori strada urtando contro la roccia lavica che si trovava a margine della carreggiata.

La responsabilità per cosa in custodia. Innanzitutto, la Cassazione ribadisce che è configurabile la responsabilità per cosa in custodia (art. 2051 c.c.) a carico del proprietario o concessionario della strada, stante la disponibilità e la possibilità effettiva di controllo della situazione della circolazione stradale e delle carreggiate, riconducibile ad un rapporto di custodia. Con l'obbligo per tali soggetti di mantenere, gestire e pulire le strade nonché di prevenire e segnalare qualsiasi situazione di pericolo, non solo sulla strada ma anche in prossimità della stessa, o meglio nella zona posta tra il margine della carreggiata e la banchina.

A tale stregua, il danneggiato che chiede il risarcimento del danno sofferto in conseguenza dell'omessa o insufficiente manutenzione della cosa in custodia, o di suoi accessori o pertinenze, è, in tema di responsabilità civile, tenuto a dare la prova che in relazione alle circostanze del caso concreto i danni subiti derivano effettivamente dalla cosa. Prova che può essere data anche “per presunzioni”. Dal canto suo, nel configurare la responsabilità oggettiva del custode, l'art. 2051 c.c. prevede l'inversione dell'onere della prova, potendo il custode medesimo liberarsi dalla responsabilità dando prova del caso fortuito; in particolare, provando appunto di aver espletato tutte le possibili attività di controllo, vigilanza e manutenzione dimostrando che il danno si sia verificato in modo non prevedibile.

Sulla base di ciò, la Corte di merito ha ritenuto integrato il caso fortuito in ragione della sussistenza della prova che fosse stata la vittima a tenere una condotta di guida inadeguata rispetto alle condizioni ambientali. Ma tale decisione assunta dalla Corte territoriale risulta erronea poiché essa ha omesso di indicare su quali basi abbia ravvisato la condotta della vittima quale causa esclusiva del sinistro.

Pertanto, il ricorso va accolto sotto questo aspetto con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte d'Appello per nuovo giudizio.

(Fonte: Diritto e Giustizia)

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