Riforma processo civile: i procedimenti in materia di famiglia e minori

Sergio Matteini Chiari
21 Luglio 2021

Ripubblichiamo integralmente il contributo dedicato al disegna di legge delega distinto con il n. AS 1662 che dedica ampi spazi a proposte, anche di riforma ordinamentale, in tema di procedimenti relativi alle persone, ai minori ed alle famiglie. Il disegno di legge è stato successivamente approvato con l. 206/2021.
Inquadramento

Come è ben noto, sono in gestazione molteplici interventi normativi, tutti mirati, essenzialmente, a «razionalizzare» i riti processuali, al fine di ridurre i tempi dei processi ed ottenere una migliore efficienza dell'amministrazione della giustizia.

Nell'ambito degli interventi in materia di diritto civile (disegno di legge delega distinto con il AS 1662, di iniziativa governativa, attualmente all'esame della Commissione Giustizia del Senato della Repubblica), ampi spazi sono dedicati a proposte, anche di riforma ordinamentale, in tema di procedimenti relativi alle persone, ai minori ed alle famiglie.

Il d.d.l. citato contiene anche alcune proposte di cui il proponente auspica la celere realizzazione, in attesa od anche a prescindere dal compimento della riforma.

Disegno di legge delega AS 1662. Proposte in materia di procedimenti di famiglia. Finalità.

Nella Relazioneche accompagna il d.d.l. in questione viene messo in chiaro che l'intento è quello del riordino e dell'unificazione dei riti in materia familiare; la principale finalità perseguita è quella della creazione di un unico rito per tutti i procedimenti relativi alle persone, ai minorenni ed alle famiglie, da inserire nel quadro di una più ampia riforma, il cui obiettivo è quello di realizzare un unico tribunale per la cognizione di tali procedimenti, chiamato ad applicare il rito unitario.

Viene osservato che i suddetti procedimenti sono caratterizzati da elevata frammentazione e da discipline diversificate e che l'esistenza di riti diversi, in materie analoghe, non garantisce né la parità di trattamento per vicende sostanzialmente sovrapponibili (viene recato ad esempio il fatto che riti differenti sono applicabili per la disciplina dell'affidamento e del mantenimento dei figli a seconda che siano o meno nati nel matrimonio, nel primo caso dovendosi applicare le norme processuali che disciplinano la separazione o il divorzio, e, nel secondo, per analoghe domande, dovendo, invece, applicarsi il rito camerale), né la creazione di orientamenti interpretativi uniformi.

Viene, altresì, osservato che, anche nell'ipotesi in cui il progetto di realizzazione di un unico tribunale non dovesse avere seguito, l'unificazione dei riti sarebbe, comunque, misura idonea a garantire importanti obiettivi, quali l'omogeneità di trattamento per situazione analoghe, l'omologazione delle tutele processuali e la creazione di orientamenti uniformi.

Segue. Proposta di norme di cui si auspica l'immediata introduzione nell'ordinamento.

Nel d.d.l. citato sono contenute proposte normative di cui si auspica l'immediata introduzione nell'ordinamento. Di seguito, si prenderanno in esame quelle relative alla nomina del curatore speciale del minore, alle procedure di cui all'art. 403 c.c., al riparto delle competenze fra Tribunale per i minorenni (in seguito: T.M.) e Tribunale ordinario (in seguito: T.O.).

Segue: Curatore speciale del minore

i) Nella Relazione di accompagno al d.d.l. in esame viene affermata la necessità di inserire, nelle norme generali in materia di nomina di un curatore speciale, una disposizione che consenta al giudice di vagliare la possibilità, in tutti i casi che pongono in concreto i genitori in una situazione di conflitto di interessi con il figlio, di ricorrere alla figura del curatore speciale per consentire al minore di divenire parte processuale, onde far valere i propri interessi.

Viene proposto di aggiungere all'art. 78 c.p.c. il seguente comma: «Il giudice procede, anche d'ufficio, alla nomina del curatore speciale del minore in tutti i casi in cui i genitori, che esercitano la responsabilità genitoriale, anche a causa dell'esasperata conflittualità o per altre gravi ragioni, sono temporaneamente inadeguati a rappresentare gli interessi del minore e si trovano con lo stesso in conflitto di interessi».

Viene, inoltre, proposta l'integrazione dell'art. 336 c.c. con l'inserimento di un secondo comma, ove si detta che «Il tribunale, ricevuto il ricorso, ovvero con il decreto con il quale adotta provvedimenti d'ufficio ai sensi del terzo comma, nomina il curatore speciale del minore, quando è necessario ed a pena di nullità del provvedimento di accoglimento, concedendo allo stesso termine per la costituzione».

ii) Per ciò che attiene ai poteri del curatore, viene ritenuto opportuno che, oltre all'attribuzione di poteri di rappresentanza processuale, venga normativamente previsto anche il conferimento di «specifici» poteri di rappresentanza sostanziale, tali da consentirgli di operare anche al di fuori del processo (ad es., ai fini dell'esecuzione di scelte fondamentali in tema di iscrizione scolastica o di trattamenti medici, che, stante il contrasto tra i genitori, siano state operate dal giudice, ex art. 337-ter, comma 4, nei non infrequenti casi nei quali a causa del conflitto nessuno dei genitori si attivi per dare attuazione alle scelta operata dal giudice procedente).

Viene proposto di aggiungere all'art. 80 c.p.c. il seguente comma: «Al curatore speciale del minore il giudice può attribuire nel provvedimento di nomina ovvero con decreto non impugnabile adottato nel corso del giudizio, specifici poteri di rappresentanza sostanziale …. ».

iii) Le ulteriori proposte normative «urgenti» in tema di curatore speciale del minore consistono nell'attribuzione al primo del dovere di ascolto del secondo ai sensi dell'art. 315-bis c.c. e nella previsione (attualmente insussistente) di un procedimento per la revoca del curatore: la legittimazione a proporre l'istanza di revoca viene attribuita allo stesso minore, ai genitori che esercitano la responsabilità genitoriale, al tutore ed al P.M.; la competenza a decidere viene conferita al presidente del tribunale.

iv) In altra parte del d.d.l. (art. 15-ter, lett. cc), viene proposta l'istituzione, presso ciascun Tribunale, di speciali albi per l'individuazione dei curatori dotati di idonee competenze; ciò anche al fine di assicurare trasparenza e criteri di rotazione nelle nomine. Inoltre, al fine di contenere i possibili costi derivanti dalla nomina del curatore speciale del minore, viene dettato un criterio di delega prevedendo che, in caso di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, provvisoriamente disposta dal Consiglio dell'ordine degli avvocati, a vantaggio del minore rappresentato dal curatore speciale, le spese eventualmente anticipate a carico dello Stato siano recuperate a carico del o dei genitori ovvero dei soggetti esercenti la responsabilità genitoriale, qualora soccombenti nel giudizio.

Segue. Brevi osservazioni.

i) In giurisprudenza è consolidata l'opinione secondo cui nell'ambito delle procedure volte all'accertamento dello stato di adottabilità, la partecipazione del minore è necessaria fin dalla sua fase iniziale e, «in mancanza di una disposizione specifica», deve essere assicurata «a mezzo di un rappresentante legale ovvero, se sussista conflitto di interessi, di un curatore speciale» (ex multis, Cass. civ., sez. I, 26 marzo 2010, n. 7281; Cass. civ., sez. VI, 8 giugno 2016, n. 11782; Cass. civ., sez. I, ord. 7 maggio 2019, n. 12020).

Del pari, la presenza della figura del curatore speciale viene ritenuta ineludibile nell'ambito delle procedure de potestate, giacché nelle stesse la posizione del figlio risulta sempre contrapposta a quella di entrambi i genitori, anche se il provvedimento venga chiesto nei confronti di uno solo di essi (ex multis, Cass. civ., sez. I, 31 marzo 2014, n. 7478; Cass. civ., sez. I, ord. 25 gennaio 2021, n. 1471).

Secondo l'orientamento dominante fino a tempi assai recenti, il conflitto di interessi tra figlio minore e genitori legali rappresentanti doveva ravvisarsi, con valutazione da compiere in astratto ed ex ante, in re ipsa, «per l'incompatibilità anche solo potenziale … delle rispettive posizioni» (v. in tema di procedimenti di adottabilità, Cass. civ., sez. I, 26 marzo 2010, n. 7281; Cass. civ., sez. I, 10 settembre 2014, n. 19006; Cass. civ., sez. VI, 8 giugno 2016, n. 11782; Cass. civ., sez. I, ord. 7 maggio 2019, n. 12020; v. in tema di procedure de potestate, Cass., sez. I, 6 marzo 2018, n. 5256 e Cass. civ., sez. I, ord. 26 marzo 2021, n. 8627).

Viceversa, qualora il minore fosse rappresentato da un tutore, si riteneva che il conflitto dovesse essere specificamente dedotto e provato in relazione a circostanze concrete (Cass. civ., sez. I, 19 maggio 2010, n. 12290; Cass. civ., sez. I, 10 settembre 2014, n. 19006; Cass. civ., sez. VI, 8 giugno 2016, n. 11782).

A far tempo dall'anno 2016 si sono registrate, sul tema, «oscillazioni» in sede di giurisprudenza di legittimità.

Da un lato, è stato rivisto il precedente pensiero e, equiparando la posizione dei genitori a quella del tutore, è stato affermato che il conflitto di interessi deve essere valutato in relazione a circostanze concrete ed a posteriori, alla stregua degli atteggiamenti assunti dalle parti in causa

Da un altro lato, è stato ribadito, sia nell'ambito di procedure volte all'accertamento dello stato di adottabilità, sia nell'ambito delle procedure de potestate, il pensiero precedentemente dominante (v. le sentenze più recenti appena sopra citate).

Il pensiero «riformatore» è stato manifestato per la prima volta negli ambiti di una procedura di adozione in casi particolari (Cass.civ., sez. I, 22 giugno 2016, n. 12962) ed è stato ribadito, almeno ad oggi, nell'ambito di vicende aventi ad oggetto diritti patrimoniali e in una causa separativa (v., per il primo caso, Cass. civ., sez. II, 29 gennaio 2016, n. 1721 e Cass. civ., sez. VI, ord. 5 aprile 2018, n. 8438 e, per il secondo caso, Cass. civ., sez.I, ord. 11 maggio 2018, n. 11554).

La Suprema Corte, sia in occasione della procedura di adozione in casi particolari, sia in occasione della causa separativa, ha chiarito che nel nostro ordinamento vi è predeterminazione normativa di alcune peculiari fattispecie nelle quali è ipotizzabile in astratto il conflitto di interessi, con conseguente necessità di nomina del curatore speciale a pena di nullità del procedimento (sono stati portati ad esempio i disposti degli artt. 244, comma 4, 247, commi da 2 a 4, 248, commi 3 e 5, 249, commi 3 e 4, e 264 del codice civile), mentre tutti gli altri concreti casi di conflitto di interessi potenziale, che possa insorgere nei giudizi riguardanti i diritti dei minori, sono regolati dall'art. 78, comma 2, c.p.c.; conseguendone che, in tali ipotesi, il giudice del merito è tenuto a verificare in concreto l'esistenza potenziale di una situazione di incompatibilità tra l'interesse del rappresentante e quello preminente del minore rappresentato e tale apprezzamento è a lui rimesso in via esclusiva e non è sindacabile in sede di giudizio di legittimità.

ii) In sostanza, la proposta di modifica/integrazione dell'art. 78 c.p.c. e dell'art. 336 c.c. recate dal d.d.l. in esame trasfonde sul piano normativo l'orientamento giurisprudenziale «riformatore», secondo cui la valutazione in ordine alla sussistenza di conflitto di interessi deve essere effettuata (ex post) in relazione a circostanze concrete, alla stregua degli atteggiamenti assunti dalle parti in causa.

Mediante tale previsione viene dettata identica disciplina per tutti i casi in cui si configuri conflitto di interessi tra minore e suoi rappresentanti legali, incluse – parrebbe – anche le procedure volte all'accertamento dell'adottabilità, e – per certo - le procedure de potestate, con riguardo alle quali viene sancito che la nomina del curatore deve avvenire “se necessario”, con valutazione (stando alle considerazioni svolte nella Relazione) da effettuare ex post, in sede di vaglio, preliminare o anche nel corso dell'istruttoria, sulla fondatezza della domanda, ritenendo non necessità di nomina in caso di ricorso manifestamente infondato o del tutto strumentale.

Nella Relazione al d.d.l. si evidenzia che «la necessità di delimitare l'ambito di operatività dell'istituto sorge dall'esigenza, per un verso, di evitare l'eccessiva sovrabbondanza di nomine, che nei grandi tribunali potrebbero coinvolgere un numero elevatissimo di professionisti con aumento significativo dei relativi costi posti a carico dello Stato con l'ammissione del minore al gratuito patrocinio e, per altro verso, di salvaguardare la difesa tecnica del minore in tutti quei segmenti del contenzioso in esame nei quali, proprio perché le istanze sono suscettibili di accoglimento, si determina un'incidenza sulla sua posizione giuridica».

Le esplicazioni dell'inciso “se necessario” sono, a parere di chi scrive, da ritenere opinabili.

Per ciò che attiene alle problematiche di tipo economico, le stesse devono ritenersi prive di ragione di essere sia ove riferite alla figura del curatore, considerato che lo stesso è chiamato a svolgere una sorta di munus publicum, cioè un ufficio pubblico a titolo gratuito, sia ove riferite alla figura del difensore tecnico, giusta i principi sanciti dall'art. 24 Cost.

Per ciò che attiene alla subordinazione della nomina del curatore a preventivi vagli in ordine alla fondatezza dei ricorsi, deve osservarsi che è da ritenere ormai acquisito che nelle vicende processuali che lo riguardano il minore è, ovviamente, parte sostanziale, ma deve essergli riconosciuta anche la qualità di parte in senso formale, sì che la sua partecipazione al giudizio deve essere sempre assicurata e il solo vaglio da compiere è costituito dalla valutazione se sussista o meno conflitto di interessi con i suoi rappresentanti legali (in ordine alla qualità di parte in senso formale, si vedano C. cost. 11 marzo 2011, n. 83; C. cost. 30 gennaio 2002, n. 1 e 12 giugno 2009, n. 179; Cass. civ., sez. I, 26 marzo 2010, n. 7281; Cass. civ., sez. I, 19 luglio 2010, n. 16870; Cass. civ., sez. VI, 8 giugno 2016, n. 11782; Cass. civ., sez. I, ord. 7 maggio 2019, n. 12020).

E, d'altronde, l'interesse del minore, essendo «preminente» (e non potendo essere semplicemente conclamato), non è, come tale, subordinabile ad alcunché e la sua partecipazione al giudizio è necessaria e fin dalla fase iniziale, onde fare ivi valere autonomamente i propri diritti.

iii) Deve condividersi appieno l'attribuzione al curatore di poteri di diritto sostanziale, ovviamente da ben puntualizzare.

Riparto delle competenze tra T.M. e T.O. (art. 38 disp. att. c.c.).

i) L'art. 38, comma 1, disp. att. c.c. recita attualmente: «Sono di competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti contemplati dagli artt. 84, 90, 330, 332, 333, 334, 335 e 371, ultimo comma, c.c. Per i procedimenti di cui all'art. 333 resta esclusa la competenza del tribunale per i minorenni nell'ipotesi in cui sia in corso, tra le stesse parti, giudizio di separazione o divorzio o giudizio ai sensi dell'art. 316 c.c.; in tale ipotesi per tutta la durata del processo la competenza, anche per i provvedimenti contemplati dalle disposizioni richiamate nel primo periodo, spetta al giudice ordinario».

La norma non è di agevole lettura: dapprima attribuisce al T.M. competenza funzionale generale per i giudizi de potestate; indi attenua l'ampiezza di tale attribuzione, dotando i giudizi di separazione o di divorzio o ex art. 316 c.c., che siano «in corso» innanzi al T.O., di vis attractiva delle procedure ex art. 333 c.c.; infine, sembra attribuire a tali giudizi vis attractiva di tutte le procedure de potestate.

Considerato che, nella norma, ove si fa riferimento all'art. 333 c.c., si legge sia di «procedimenti» che di «provvedimenti», mentre, ove si fa riferimento agli artt. 84, 90, 330, 332, 333, 334, 335 e 371, u.c., c.c., si legge unicamente di «provvedimenti», può inferirsi che l'attrazione alla cognizione del T.O. deve avvenire - alla condizione che il giudizio separativo sia in corso e sia fra le stesse parti - unicamente per le procedure che siano state promosse per ottenere pronuncia di «provvedimenti convenienti» nelle ipotesi di condotte del genitore pregiudizievoli ai figli e che al T.O., in tali casi, è, peraltro, consentito prendere uno qualsiasi tra i provvedimenti contemplati negli artt. 84, 90, 330, 332, 333, 334, 335 e 371, u.c., c.c. (in tal senso, Cass. civ., sez. VI, ord. 11 febbraio 2021 n. 3490 e, nello stesso senso, Cass. civ., sez. VI, ord. 26 gennaio 2015, n. 1349).

Laddove, invece, sia stata promossa procedura de potestate diversa da quelle contemplata nell'art. 333 c.c., non potrà prodursi alcuna translatio iudicii.

La finalità della norma è, all'evidenza, quella di realizzare il principio di concentrazione delle tutele e di evitare che, in riferimento ad un'identica questione possano essere aditi organi giudiziari diversi ed assunte decisioni contrastanti o incompatibili.

Nella pratica, si sono, comunque, sovente posti problemi in ordine all'identificazione del giudice competente (v. da ultimo, Cass. civ., sez. VI, ord., 10 giugno 2021, n. 16339).

Questioni si sono poste anche in ordine ad alcuni dei requisiti richiesti per la realizzazione della vis attractiva da parte del T.O. In particolare si è dibattuto sul se la condizione di giudizio in corso fra le stesse parti possa dirsi verificata ove la procedura de potestate sia stata promossa dal P.M.M. (soluzione positiva al relativo «quesito» è stata data da Cass. civ., sez. VI, ord. 26 gennaio 2015, n. 1349 e Cass. civ., sez. VI, ord. 23 gennaio 2019, n. 1866), nonché sull'identificazione delle procedure dotate di vis attractiva in favore del T.O. (v., per varie fattispecie, Cass. civ., sez. VI, ord. 19 maggio 2016, n. 10365; Cass. civ., sez. VI, ord. 10 giugno 2021, n. 16339).

ii) La proposta normativa contenuta nel d.d.l. (v. Titolo V, § 2, cui si fa rinvio) dà risposta all'esigenza di concentrazione delle tutele, che trova la sua ratio sia nella necessità di evitare ai minori (e alle parti) plurimi accertamenti posti in essere da diverse autorità giudiziarie, sia nella necessità di evitare il rischio di giudicati contrastanti e risolve in modo «definitivo» ogni disputa. Pur attribuendo al T.M. la competenza in relazione ai giudizi de potestate (e ad altri giudizi indicati nella proposta), viene stabilito che, qualora innanzi al T.O. venga promosso un giudizio separativo (od altri giudizi indicati nella proposta), ed a prescindere dal quandum ciò sia avvenuto, se prima o dopo l'inizio del processo innanzi al T.M., ed anche se instaurato su ricorso del P.M.M., la relativa cognizione spetta unicamente al T.O., cui tutto deve essere traslato. La proposta reca analoga previsione, ma all'inverso (translatio, cioè, al T.M.), con riferimento ai giudizi ex art. 709-ter c.p.c., attribuiti alla competenza del T.M. laddove innanzi a questo pendano o siano instaurate successivamente procedure de potestate.

Segue. Brevi osservazioni.

La modifica, nei termini proposti, dell'art. 38 disp. att. c.c. appare risolutiva di qualsivoglia contrasto e sotto tale profilo merita piena condivisione. Tuttavia, nonostante il pensiero contrario espresso nella Relazione di accompagno al d.d.l. (secondo cui la scelta dell'autorità giudiziaria, il T.O., in capo alla quale concentrare le competenze deve ritenersi «imposta» dalla natura dei procedimenti, giacché, mentre i giudizi separativi hanno pressoché sempre ad oggetto anche altre domande, che devono comunque essere decise, le domande proposte nei giudizi de potestate non sono accompagnate da domande accessorie), è da ritenere non dubitabile che il giudice «naturale» delle vicende in materia di responsabilità genitoriale sia, sino al momento dell'eventuale istituzione del tribunale per le persone, i minorenni e la famiglia, debba essere lo «specializzato» T.M.

Proposta di introduzione di modifiche all'art 403 c.c.

i) L'art. 403 c.c.prevede che quando il minore sia moralmente o materialmente abbandonato o sia allevato in locali insalubri e pericolosi oppure da persone che possano recare allo stesso un pregiudizio, la pubblica autorità può collocarlo in luogo sicuro, sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione.

Né nella disposizione citata né in altre fonti sono dettate regole procedurali, il che ha comportato la creazione di differenti prassi applicative.

ii) Il d.d.l. in esame colma tale lacuna, prevedendo l'introduzione di un procedimento per l'adozione dei provvedimenti delle pubbliche autorità e per la relativa convalida o non convalida, «in un'ottica di massima tutela per il minore e di garanzia del diritto di difesa dei genitori e di coloro che esercitano la responsabilità genitoriale sul minore (affidatari, tutore)».

In estrema sintesi, si propone di prevedere che la pubblica autorità che ha emesso il provvedimento urgente di protezione provveda a trasmetterlo, corredato da ogni documentazione utile e da sintetica relazione, entro le 24 ore dal collocamento del minore in luogo sicuro, al P.M.M. territorialmente competente (avendo a riferimento la residenza abituale del minore); che il P.M.M. possa disporre la revoca del suddetto provvedimento oppure, entro le 24 ore dalla ricezione, proporre ricorso per la convalida dello stesso al T.M., tenuto a decidere (convalida o non convalida) entro le successive 48 ore, con decreto e previa l'occorrente istruttoria, dandone, quindi, comunicazione all'autorità pubblica ed al P.M.M., cui è dato incarico di disporne la notifica agli esercenti la responsabilità genitoriale.

E', altresì, previsto che con il decreto di convalida deve provvedersi alla nomina di un giudice delegato (scelto tra i componenti del collegio) e del curatore speciale del minore, nonché alla fissazione di udienza di comparizione di parti e curatore, da tenere entro un termine non superiore a quindici giorni, per la conferma, la modifica o la revoca del decreto di convalida, da effettuare con decreto collegiale che deve essere pronunciato nei successivi quindici giorni.

Il decreto collegiale è reclamabile innanzi alla Corte d'appello.

Infine, viene precisato che l'omessa trasmissione del provvedimento da parte della pubblica autorità che lo ha emesso e da parte del P.M.M. e la mancata pronuncia del decreto di convalida e del successivo decreto collegiale da parte del T.M. nei termini indicati determinano la cessazione di ogni effetto dello stesso provvedimento.

Segue. Brevi osservazioni.

La proposta di modifica dell'art. 403 c.c. nei termini riportati nel precedente paragrafo merita piena adesione. Appare, comunque, opportuno precisare che il reclamo avverso il decreto collegiale del T.M. deve essere proposto innanzi alla sezione minorenni della Corte d'appello.

Unicità di rito per i procedimenti in materia di persone, minorenni e famiglie

i) In punto di finalità perseguite, ci si limita a ricordare che il fine della proposta normativa è quello di realizzare un unico rito per tutti i procedimenti in materia di persone, minorenni e famiglie, individuando un modello ispirato a criteri di rapidità ed efficacia, con espressa previsione di ampi poteri ufficiosi per il giudice; con il fine ultimo della riforma ordinamentale.

ii) Limitando l'esame della proposta normativa alle parti di maggiore od esclusivo interesse per i procedimenti minorili innanzi al T.M., vanno ricordate le previsioni seguenti:

a) Applicabilità del rito unificato ai procedimenti di cui agli artt. 145, 239, 240, 244, 250, 251, 252, 263, 265, 266, 269, 279, 291, 316-bis, 417, 429 e 433 del codice civile; all'art. 38 disp. att. c.c.; agli artt. da 706 a 711, 712, 720, 722 e 726 del codice di procedura civile; alla legge n. 898 del 1970 (divorzio); agli artt. da 2 a 5 (affidamento dei minori) della l. 184/1983; alla l. 219/2012 (riconoscimento figli naturali); alla l. 164/1982 (rettificazione e attribuzione di sesso); all'art. 31 d.lgs. 150/2011 (opposizione a T.S.O.); alla l. 76/2016 (unioni civili e convivenze); ai procedimenti aventi ad oggetto domande di risarcimento del danno endo-familiare e ad ogni altro procedimento contenzioso relativo a famiglia, a minorenni e allo stato delle persone.

b) Riordino dei criteri di competenza territoriale, introducendo quale criterio di competenza prevalente quello della residenza abituale del minore in tutti i procedimenti de potestate ed in quelli in cui sia proposta domanda per la disciplina dell'affidamento di minori.

c) Previsione, nei procedimenti de potestate, del trasferimento, anche d'ufficio, degli atti, da parte del giudice che si dichiari incompetente, al tribunale competente, con contestuale dichiarazione di cancellazione della causa dal ruolo; con mantenimento dell'efficacia dei provvedimenti adottati dal tribunale incompetente fino a conferma, modifica o revoca ad opera del tribunale ritenuto competente. Previsione, identica, di trasmissione degli atti dal P.M. presso il tribunale dichiaratosi incompetente al P.M. presso il tribunale ritenuto competente.

d) Attribuzione di tutti i procedimenti alla competenza del tribunale in composizione collegiale, con delega per la trattazione e l'istruzione al giudice relatore, cui è demandata l'adozione dei provvedimenti provvisori ed urgenti e l'ammissione dei mezzi di prova, disponendoli a tutela dei minori anche d'ufficio ed anche al di fuori dei limiti stabiliti dal codice civile, con concessione di termini alle parti per garantire il contraddittorio e per articolare prove contrarie.

In particolare, previsione che nel T.M., sino alla riforma ordinamentale, la prima udienza di comparizionee tutte le udienze all'esito delle quali debbano essere adottati provvedimenti decisori, anche provvisori, siano tenute dal giudice relatore, individuato tra i magistrati togati, con possibilità per lo stesso di delegare ai giudici onorari specifici adempimenti, puntualmente indicati nel provvedimento di delega.

e) Previsione che gli atti di parte e i provvedimenti del giudice siano redatti in maniera sintetica, con motivazione anche per relationem alla motivazione del provvedimento reclamato in caso di conferma dei provvedimenti provvisori reclamati.

f) Previsioni in ordine alla forma ed ai contenuti degli atti introduttivi e degli atti difensivi. Al riguardo si fa rinvio all'articolato della proposta, sub art. 15-ter, lettere i), k) e o).

g) In ordine ai provvedimenti provvisori d'urgenza sono presenti molteplici indicazioni, forse abbisognevoli di migliore esplicazione e/o coordinamento: al giudice relatore è attribuita la possibilità di assumere anche inaudita altera parte e, comunque, d'ufficio, provvedimenti provvisori d'urgenza nell'interesse dei minori in presenza di pregiudizio imminente ed irreparabile, salvaguardando i contraddittorio a pena di nullità del provvedimento con fissazione di udienza di comparizione delle parti per la conferma, la modifica o la revoca dei provvedimenti emessi, comunque modificabili anche di iniziativa, nel corso del giudizio, in presenza di fatti sopravvenuti o di nuovi accertamenti istruttori; previsione della reclamabilità, innanzi al collegio, dei provvedimenti in questione, peraltro – salvo errore di lettura -, limitatamente alle statuizioni adottate ai sensi degli artt. 330, 332, 333, 334 e 335 c.c., nonché quelle che dispongano sostanziali modifiche del regime dell'affidamento dei minori o dell'affidamento dei minori a terzi diversi dai propri genitori;

h)Previsione dell'intervento del P.M.M. (o del P.M.), ex art. 70 c.p.c., tranne che per i procedimenti de potestate, nei quali il P.M.M. può proporre la relativa azione.

i) Previsione della possibilità di introdurre domande nuove nel corso del giudizio, limitatamente alle sole domande relative all'affidamento dei minori ed alle domande di mantenimento dei medesmi in presenza di fatti sopravvenuti ovvero di nuovi accertamenti istruttori.

l) Nomina del curatore del minore. Su tale tema, si fa rinvio ai precedenti paragrafi 3.1 e 32.

m) Riordino delle disposizioni in materia di ascolto del minore, tenendo conto dei disposti del Regolamento (UE) n. 2019/1111 del Consiglio del 25 giugno 2019.

n) Dettare autonoma regolamentazione della consulenza tecnica psicologica, prevedendo l'inserimento nell'albo dei c.t.u. di indicazioni relative alle specifiche competenze, delimitando il campo di intervento nei casi di valutazione delle capacità genitoriali delle parti e della situazione del minore, con espressa previsione di audio o audio-video registrazione di ogni incontro di consulenza in cui sia presente un minore.

o) Dettare disposizioni per individuare modalità di esecuzione dei provvedimenti relativi ai minori.

p) Riordino della disciplina di cui all'art. 709-ter c.p.c.

q) Previsione, con riguardo ai procedimenti di cui alla lettera a), di puntuali disposizioni per regolamentare l'intervento dei servizi socio-assistenziali in funzione di monitoraggio, controllo e accertamento, disciplinando presupposti e limiti dell'affidamento dei minorenni al servizio sociale, con diritto delle parti di avere visione di ogni relazione ed accertamento compiuti dai responsabili del servizio socio-assistenziale.

r) Previsione della possibilità di nomina di tutore del minore, anche d'ufficio, nel corso e all'esito dei procedimenti di cui alla lettera a) e in caso di adozione di provvedimenti ex artt. 330 e 333 c.c.

s) Prevedere disciplina del giudizio di appello per tutti i procedimenti di cui alla lettera a), seguendo le indicazioni date nel proposto art. 15-ter, sub lett. mm): appare opportuno ricordare la riduzione dei termini, l'inapplicabilità delle preclusioni istruttorie di cui all'art. 345 c.p.c. e la possibilità di pronunciare provvedimenti provvisori urgenti.

Modifiche ordinamentali

i) In punto di finalità perseguite, ci si limita a ricordare che il fine ultimo della proposta normativa è quello di realizzare un unico rito per tutti i procedimenti in materia di persone, minorenni e famiglie, individuando un modello ispirato a criteri di rapidità ed efficacia, con espressa previsione di ampi poteri ufficiosi per il giudice, nelle materie relative a diritti indisponibili, nonché, a completamento, quello, ulteriore, di attribuire la relativa cognizione ad un novello tribunale, denominato tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, con i «benefici» effetti che verrebbero prodotti dalla concentrazione delle competenze in un'unica autorità giudiziaria.

ii) Per ciò che attiene alla proposta di riforma ordinamentale, si osserva che, in sostanza, vengono previste la «soppressione» del T.M. e dell'ufficio del P.M.M. presso lo stesso e la (parziale) loro «ricostituzione» con denominazioni diverse, con mantenimento delle attuali competenze e con attrazione della competenza sui procedimenti in materia di persone, minori e famiglie attualmente demandata al T.O.

In altri termini, la proposta prevede l'istituzione un novello organismo giudiziario, denominato «tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie», distinto dal T.O. e, ovviamente, dal «soppresso» T.M., ma assai somigliante, per vari aspetti, a quest'ultimo, con l'attribuzione di tutte le competenze relative alle vicende aventi ad oggetto le suddette materie.

La proposta prevede, inoltre, l'istituzione di un ufficio di Procura della Repubblica autonomo presso l'istituendo tribunale

iii) I novelli tribunali dovrebbero essere costituiti, nell'ambito distrettuale, da una sezione distrettuale, avente sede nel capoluogo del distretto, e da sezioni circondariali, che parrebbero essere ad un tempo sezioni specializzate del T.O. e articolazioni del Tribunale distrettuale, Nella proposta – art. 15-quater, comma 1, lett. a) -, invero, si legge: «le sezioni circondariali saranno costituite presso ogni sede di tribunale ordinario …».

Alla sezione distrettuale ed alle sezioni circondariali sono attribuite competenze diverse.

a) Alla sezione distrettuale sono attribuite tutte le competenze penali e di sorveglianza dei T.M., nonché di parte delle competenze civili degli stessi, individuate in quelle che maggiormente necessitano di una valutazione accentrata, vale a dire i procedimenti relativi all'adozione di minori, anche in casi di minori stranieri non accompagnati, e quelli relativi alla sottrazione internazionale di minori; viene, altresì, attribuita la cognizione dei gravami ai provvedimenti delle sezioni circondariali.

b) Alle sezioni circondariali sono attribuite tutte le altre competenze civili, diverse da quelle sopra indicate, oggi attribuite al T.M. ed al T.O., ivi incluse quelle spettanti al giudice tutelare.

iv) Nell'art. 15-quater, lett. u), della proposta vengono dettati i criteri di composizione, sia nella fase iniziale che nelle fasi successive, dei novelli tribunali e delle relative sezioni, nonché dei novelli uffici del P.M., in entrambi i casi anche con riguardo al personale amministrativo.

È richiesta, in tutti i casi, specifica professionalità

v) Nell'art. 15-quater, lettere h) e i)vengono indicatele funzioni assegnande ai magistrati onorari attualmente presenti nei T.M.: oltre a continuare a comporre i collegi nei procedimenti in cui, in base alla normativa vigente, è prevista la loro presenza (procedimenti penali minorili, procedimenti in tema di adozione e di sottrazione internazionale), i magistrati onorari saranno chiamati a comporre l'ufficio per il processo che verrà costituito presso ciascuna sezione distrettuale e circondariale dell'istituendo tribunale.

Oltre alle funzioni previste per l'ufficio del processo presso il T.O., ai magistrati onorari verrebbero assegnate funzioni ulteriori e diverse, finalizzate a fornire al giudice specifico ausilio per adempimenti per i quali è richiesta la professionalità propria dei giudici onorari minorili: ad es., attività di conciliazione delle parti, di ascolto del minore, informazione sulla mediazione familiare, di sostegno ai minori e alle parti, «con attribuzione di specifici compiti puntualmente delegati dal magistrato togato assegnatario del procedimento».

In altri termini, i magistrati onorari addetti alle sezioni distrettuali manterranno cospicua parte dei compiti loro attualmente attribuiti. Viceversa, quelli addetti alle sezioni circondariali vedranno significativamente ridotte tali attribuzioni.

vi) Nei procedimenti civili che rientreranno nella competenza delle sezioni circondariali, il tribunale giudicherà in composizione monocratica, mentre le sezioni distrettuali, nelle materie civili di loro competenza, giudicheranno in composizione collegiale.

vii) Tutti i provvedimenti che definiscono un giudizio adottati dal giudice della sezione circondariale, nonché quelli provvisori di contenuto decisorio emessi dal medesimo, saranno, rispettivamente, impugnabili o reclamabili dinanzi alla sezione distrettuale, che giudicherà in composizione collegiale; i provvedimenti (inclusi quelli provvisori di contenuto decisorio) adottati dalla sezione distrettuale come giudice di prima istanza saranno impugnabili o reclamabili dinanzi alla sezione di corte di appello per i minorenni, salva, per ciò che concerne la materia della sottrazione internazionale dei minori, la possibilità di proporre immediato ricorso dinanzi alla Corte di cassazione.

Avverso i provvedimenti emessi in seconda istanza sarà proponibile ricorso per cassazione, ammesso anche, ex art. 111 Cost., avverso i provvedimenti de potestate.

viii) Previsione di informatizzazione dell'istituendo tribunale e dell'ufficio di Procura presso lo stesso, con introduzione della c.d. consolle del magistrato, applicativo del quale sono attualmente dotati gli uffici del T.O. e delle Procure ordinarie ma non gli uffici minorili.

Segue. Brevi osservazioni

i) Il d.d.l. in questione merita, almeno sul piano dei principi, piena approvazione, stanti le finalità perseguite, di unificazione dei riti e di concentrazione delle tutele, con accentramento in un unico ufficio delle competenze in materia di persone, minori e famiglia ed il conseguente venir meno della frammentazione delle stesse e degli «inconvenienti» connessi.

ii) Pur essendone agevole la previsione sul piano dei pensieri, la realizzazione in concreto dell'unico ufficio con competenza «universale» potrebbe, tuttavia, rivelarsi non altrettanto agevole, comportando problemi di coordinamento tra le attuali giurisdizione familiare e giurisdizione minorile, sicuramente non sovrapponibili.

iii) È possibile che debbano essere compiuti idonei interventi onde far sì che sul cd. pubblico degli utenti dei T.M. non vengano a gravare significativi «oneri», in ragione della necessità di dover prendere contatto con strutture assai più complesse di quelle attuali dei T.M., dovendo continuare garantirsi l'agevole possibilità del necessario, essenziale, frequente, umano contatto che tali organismi hanno sempre offerto.

iv) Un breve cenno deve essere fatto in ordine alla parziale, ma significativa «sparizione» dei componenti privati dei T.M.

La proposta composizione del novello tribunale non corrisponde, se non in parte, a quella attuale dei T.M. (nessuna mutazione, invece, risulta suggerita per le sezioni minorenni delle Corti di Appello), ove è prevista la presenza, in qualità di giudicanti, anche di componenti privati, chiamati a trattare collegialmente e sul campo le vicende ed a prendere parte diretta alle decisioni.

Va, a tale proposito, sottolineato che la partecipazione dei componenti privati a tutto campo è sempre stato fattore essenziale del «buon decidere» in situazioni sovente complesse, che coinvolgono soggetti deboli e bisognosi di tutela.

Pur ammesso che possa rendersi necessario che siano in miglior guisa definiti i metodi di selezione, i percorsi di formazione e le funzioni delegabili ai componenti privati dei T.M., le buone ragioni della tradizionale composizione mista degli organi giurisdizionali chiamati ad occuparsi di vicende minorili dovrebbero apparire a chiunque evidenti.

Le situazioni concrete che si prospettano all'esame del giudice sono, in tale materia, le più varie, ogni volta caratterizzate da connotazioni diverse, e richiedono, per la miglior comprensione e l'individuazione della tutela maggiormente adeguata, intervento multidisciplinare.

Ogni situazione si caratterizza anche per profili psicologici, pedagogici, sociologici, che debbono essere, pertanto, sempre presenti in ogni decisione.

Le competenze extragiuridiche non sono richieste soltanto in via eventuale, come avviene nelle separazioni e nei divorzi. Deve, dunque, ritenersi non condivisibile la prospettiva di trasformare i giudici onorari in organi consultivi o meramente esecutivi, assumendo un modello non ispirato all'integrazione dei saperi.

I componenti privati hanno sempre costituito un'assai rilevante risorsa negli ambiti delle attività dei T.M. Non è casuale che il C.S.M., con le Circolari relative ai criteri di organizzazione degli uffici giudiziari abbia, ormai da lungo tempo, disposto che, per ciò che concerne l'assegnazione degli affari negli uffici minorili, nel rispetto di criteri oggettivi e predeterminati, gli affari civili possono essere assegnati dal presidente del T.M. anche ai giudici onorari, in materie che, per oggetto e caratteristiche, appaiono congrue anche con riguardo alla specifica attitudine e preparazione professionale del singolo magistrato» e che il giudice onorario designato quale relatore, o quello al quale il collegio abbia delegato l'assunzione dei mezzi di prova ammessi in sede collegiale, deve far parte del collegio che definisce il procedimento (v., da ultimo art. 165 Circolare del C.S.M. in data 23 luglio 2020, relativa alla formazione delle tabelle degli uffici giudicanti per il triennio 2020-2022.

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