E' emendabile la dichiarazione di avvenuta notifica della sentenza impugnata ai fini della verifica della procedibilità del ricorso?
22 Luglio 2021
Massima
In tema di ricorso per cassazione, la dichiarazione contenuta nel ricorso, secondo cui la sentenza impugnata è stata notificata, ai fini del decorso del termine breve per impugnare, non può essere revocata o emendata dallo stesso ricorrente con la memoria successiva; pertanto, se il ricorrente, dopo aver formulato la dichiarazione predetta, non provvede a depositare - ai sensi dell'art. 369, secondo comma, n. 2, c.p.c. e nel termine ivi previsto - copia della sentenza impugnata munita della relazione di notificazione, il ricorso va dichiarato improcedibile; salvo il caso in cui il ricorso sia stato proposto entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione del provvedimento impugnato e quello in cui la relazione di notificazione risulti comunque nella disponibilità del giudice perché prodotta dalla parte controricorrente o presente nel fascicolo d'ufficio. Il caso
Il ricorso è stato esaminato dalla terza sottosezione della sesta sezione civile. In tale sede, il relatore ha formulato proposta di definizione ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c., ravvisando una ipotesi di improcedibilità del ricorso ai sensi dell'art. 369, secondo comma, n. 2, c.p.c., per avere il ricorrente, dopo aver dichiarato (in seno al ricorso medesimo) che la impugnata sentenza di appello era stata notificata il 29 marzo 2019, omesso di provvedere al deposito di copia autentica della detta sentenza, munita della relazione di notificazione. Una volta ricevuta comunicazione della proposta del relatore, il ricorrente, con la memoria depositata ai sensi dell'art. 380-bis, secondo comma, c.p.c., ha sostenuto di essere incorso in errore nel dichiarare che la sentenza impugnata era stata notificata; tale notifica - a suo dire - non sarebbe mai avvenuta, con la conseguenza che la causa di improcedibilità del ricorso, ravvisata dal relatore, sarebbe stata insussistente. All'esito dell'adunanza camerale, la terza sottosezione, con ordinanza interlocutoria n. 17712 del 25 agosto 2020, ha rimesso gli atti al Presidente titolare della sezione per l'eventuale assegnazione allo speciale collegio (composto dal Presidente titolare e dai coordinatori delle sottosezioni) previsto dal paragrafo 46.2 delle vigenti tabelle di organizzazione della Suprema Corte e deputato alla decisione delle «questioni di natura esclusivamente processuale che implichino l'enunciazione di principi di diritto di portata generale limitatamente ai profili di stretta competenza della sezione». L'ordinanza interlocutoria ha rilevato come fosse dirimente la questione della emendabilità o revocabilità della dichiarazione resa dal ricorrente, in seno al ricorso, circa l'avvenuta notifica della sentenza impugnata dinanzi alla Corte, seguita poi dalla contraria dichiarazione, formulata con la memoria, di erroneità della prima dichiarazione di avvenuta notifica; ed ha ritenuto opportuno che il ricorso fosse deciso dallo speciale collegio di cui sopra, trattandosi di questione che implica l'enunciazione di principi di diritto di portata generale, incidenti sulle specifiche attribuzioni della sesta sezione. Il Presidente titolare della sesta sezione civile ha disposto che sulla questione la sezione si pronunci nella composizione di cui al paragrafo 46.2 delle vigenti tabelle di organizzazione della Corte. La questione
Nella commentata ordinanza la Corte di cassazione ha affrontato l'aspetto preliminare, rispetto all'esame del merito del ricorso, della integrazione della causa di improcedibilità evidenziata nella proposta del relatore della terza sottosezione. La questione che assume rilievo è volta, in particolare, a stabilire se il ricorrente, dopo aver dichiarato nel ricorso che la sentenza impugnata è stata notificata ai fini del decorso del termine breve di impugnazione, possa successivamente - anziché provvedere a depositare copia della sentenza impugnata, munita della relazione di notificazione, come stabilito dall'art. 369, secondo comma, n. 2, c.p.c. - correggere o revocare tale dichiarazione, affermando che la sentenza impugnata non è stata in realtà notificata. Le soluzioni giuridiche
Con l'ordinanza n. 15832/2021, la Corte di cassazione ha negato che la parte ricorrente possa revocare o correggere la dichiarazione di avvenuta notifica della sentenza impugnata (come la parte ricorrente ha preteso con la memoria illustrativa). Innanzitutto, la S.C. ha osservato che non esiste, nel nostro ordinamento processuale, un istituto che consenta la correzione degli atti processuali della parte, i quali sono normalmente ripetibili, salvo lo spirare dei termini previsti a pena di decadenza e il maturare delle preclusioni. In secondo luogo, ha rilevato che, perché possa ravvisarsi un errore materiale o “di stampa” (come preteso dalla parte ricorrente) occorrerebbe che tale asserito errore fosse chiaramente percepibile come tale e rilevabile ictu oculi (Cass. civ., sez. I, 26 settembre 2011, n. 19601; Cass. civ., sez. III, 18 febbraio 2016, n. 3178). Senonché, la Corte ha evidenziato che, nel caso esaminato, nessun errore è rilevabile ictu oculi dal testo del ricorso né dal confronto con altri atti processuali; né vi è modo di verificare in alcun modo la sussistenza del preteso asserito errore della parte ricorrente. La Corte nulla sa dell'avvenuta notificazione o meno della sentenza impugnata; essa, come non ha modo di verificare la veridicità della dichiarazione di notificazione contenuta nel ricorso (dovendo dare credito alla dichiarazione impegnativa della parte), allo stesso modo non ha modo di verificare la veridicità della contro-dichiarazione contenuta nella memoria circa la sussistenza del preteso errore. Ad avviso della S.C., logica impone, pertanto, di ritenere che la dichiarazione contenuta nel ricorso sia inemendabile, in quanto espressione della “autoresponsabilità” della parte. È pacifico, peraltro, nella giurisprudenza della Corte, che i vizi relativi al contenuto del ricorso per cassazione non possono essere sanati da integrazioni, aggiunte o chiarimenti contenuti nella memoria di cui all'art. 380-bis, secondo comma, c.p.c., la cui funzione - al pari della memoria prevista dall'art. 378 c.p.c. - è quella di illustrare e chiarire le ragioni giustificatrici dei motivi debitamente enunciati nel ricorso e non già di integrarli (Cass. civ., sez. II, 28 novembre 2018, n. 30760). Da ultimo, la Corte ha evidenziato che ammettere - come preteso dal ricorrente - che la parte, dopo aver attestato che la sentenza impugnata è stata notificata, possa revocare o modificare tale dichiarazione, significherebbe rimettere alla medesima l'applicabilità della sanzione della improcedibilità, che è invece indisponibile dalle parti e va applicata d'ufficio. Il risultato sarebbe paradossale, perché la parte ricorrente diverrebbe arbitra delle regole processuali e potrebbe disporne a suo piacimento. Per l'effetto, è stata dichiarata l'improcedibilità del ricorso, non avendo il ricorrente prodotto copia autentica della sentenza impugnata, con la relazione di notificazione. Osservazioni
L'ordinanza in commento afferma il principio secondo cui la dichiarazione contenuta nel ricorso in cassazione, in ordine all'avvenuta notifica della sentenza impugnata, ai fini del decorso del termine breve di impugnazione, non può essere revocata o emendata dallo stesso ricorrente con la memoria successiva, con la conseguenza che, in mancanza del deposito, all'esito di tale dichiarazione - ai sensi dell'art. 369, secondo comma, n. 2, c.p.c. e nel termine ivi previsto -, della copia della sentenza impugnata, munita della relazione di notificazione, il ricorso va dichiarato improcedibile, salvo il caso in cui il ricorso sia stato proposto entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione del provvedimento impugnato e quello in cui la relazione di notificazione risulti comunque nella disponibilità del giudice. Lo scopo della disposizione che sancisce l'improcedibilità del ricorso in cassazione ove, insieme al ricorso, non sia depositata la copia autentica della sentenza impugnata o della decisione impugnata, con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta, è stato concordemente individuato nella tutela dell'esigenza pubblicistica, non disponibile a cura delle parti, del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale e, quindi, della tempestività dell'impugnazione. D'altronde, l'istituto dell'improcedibilità – che riguarda ipotesi eterogenee e non sempre assimilabili – risponde ad un'intenzione semplificatrice, atteso che attraverso di essa il legislatore ricollega a comportamenti omissivi l'impedimento alla prosecuzione del procedimento, senza incidere quindi sulla decisione e piuttosto ostacolandola. L'improcedibilità, in altri termini, presuppone una sequenza doverosa di atti processuali rispetto ai quali quello non compiuto ha carattere neutro, nel senso che non presenta diretta e immediata incidenza né sull'istruttoria né sulla decisione. La sua natura è quindi sanzionatoria, mentre la specifica collocazione all'interno della fase iniziale del procedimento (tendenzialmente di impugnazione) ne delinea i caratteri distintivi rispetto all'ipotesi della improseguibilità. Sia la dichiarazione di inammissibilità sia quella di improcedibilità postulano la carenza di un presupposto processuale che si colloca però diversamente nella sequenza procedimentale, per essere relativo, rispettivamente, ad una condizione originaria (ad esempio, perché si tratti di un provvedimento non impugnabile) ovvero successiva (il mancato compimento di un atto di impulso). Invece, l'improponibilità è stata intesa come la sanzione gravante sulla domanda per la quale non risulti possibile risolvere la questione di merito, per una ragione tuttavia sostanziale. A sua volta, l'improcedibilità presenta un doppio grado di intensità, atteso che, se in alcuni casi essa determina uno stallo che può essere superato con il compimento successivo dell'attività inizialmente mancante (art. 443, primo comma, c.p.c. ovvero art. 5, comma 1-bis, d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28 ovvero art. 3, comma 1, d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, in legge 10 novembre 2014, n. 162), in altri essa deve essere intesa quale sanzione «irrimediabile». Ciò quando la medesima riguardi processi di impugnazione in cui, in effetti, la maggiore severità della scelta dovrebbe potersi giustificare alla stregua della considerazione per cui nessuna lesione al diritto ad agire sarebbe configurabile, atteso che (almeno) un grado di merito sarebbe comunque già stato svolto. In ragione dei più recenti orientamenti nomofilattici, l'improcedibilità è superabile in tutti i casi in cui lo scopo perseguito dalla disposizione, attraverso la previsione della sanzione, possa ritenersi comunque raggiunto. Sono dunque ammissibili gli equipollenti della produzione, a cura del ricorrente, unitamente al ricorso in cassazione, della copia autentica della decisione impugnata, con relativa relata di notifica (come la produzione a cura del controricorrente o il deposito nel fascicolo d'ufficio, nelle ipotesi in cui la notificazione o la comunicazione ai fini del decorso del termine breve di impugnazione sia rimessa alla cancelleria). La declinabilità del principio del raggiungimento dello scopo anche con riferimento alle ipotesi di improcedibilità è stata affermata dalle Sezioni Unite (Cass. civ., Sez. Un., 2 maggio 2017, n. 10648; Cass. civ., Sez. Un., 13 dicembre 2016, n. 25513). Inoltre, il principio del raggiungimento dello scopo, al fine di escludere l'improcedibilità, è stato di fatto applicato da Cass. civ., 10 luglio 2007, n. 15396 (nello stesso senso, Cass. civ., 22 settembre 2015, n. 18645; Cass. civ., 10 luglio 2013, n. 17066) anche quando, pur in difetto di produzione della copia della sentenza con la relata, dal ricorso risulti che la sua notificazione si è perfezionata, dal lato del ricorrente, entro il sessantesimo giorno dalla pubblicazione della sentenza, poiché in questo caso, al momento di scadenza del termine per il deposito del ricorso, la Corte è nella condizione di poter apprezzare che certamente l'esercizio del diritto di impugnazione è avvenuto tempestivamente, perché fra la data di deposito della sentenza e la notifica del ricorso intercorre un tempo minore del c.d. termine breve di sessanta giorni per la notifica del ricorso in cassazione, onde è certo che il decorso di tale termine non può essere avvenuto. Delineato nei termini anzidetti il quadro sistematico dell'istituto dell'improcedibilità del ricorso in cassazione, per mancato deposito della copia autentica della sentenza impugnata, con relata di notifica, si rileva che l'affermazione della non revocabilità o emendabilità della dichiarazione di avvenuta notifica della sentenza impugnata è giustificata dai seguenti rilievi: a) non esiste, nel nostro ordinamento processuale, un istituto che consenta la correzione degli atti processuali della parte, i quali sono normalmente ripetibili; b) inoltre, tale asserito errore non è chiaramente percepibile come tale e rilevabile ictu oculi; c) del resto, la Corte, come non ha modo di verificare la veridicità della dichiarazione di notificazione contenuta nel ricorso, allo stesso modo non ha modo di verificare la veridicità della contro-dichiarazione contenuta nella memoria; d) ancora, la dichiarazione contenuta nel ricorso è inemendabile, in quanto espressione della “autoresponsabilità” della parte; e) quindi, i vizi relativi al contenuto del ricorso per cassazione non possono essere sanati da integrazioni, aggiunte o chiarimenti contenuti nella memoria di cui all'art. 380-bis, secondo comma, c.p.c., la cui funzione è quella di illustrare e chiarire le ragioni giustificatrici dei motivi debitamente enunciati nel ricorso e non già di integrarli; f) da ultimo, ammettere la revoca della dichiarazione significherebbe rimettere al ricorrente l'applicabilità della sanzione della improcedibilità, che è invece indisponibile dalle parti e va applicata d'ufficio. Sennonché la conclusione circa l'inapplicabilità della revoca o dell'emenda della dichiarazione, resa in seno al ricorso introduttivo del giudizio di legittimità, circa l'avvenuta notifica della decisione impugnata, appare piuttosto riconducibile ad un'esigenza di rispetto del contraddittorio. Nella fattispecie la parte intimata non si è costituita: il che non esclude che tale scelta (di non costituirsi) sia avvenuta proprio in ragione dell'attestazione contenuta nel ricorso circa l'avvenuta notifica della sentenza impugnata. Non può, all'esito, essere rimessa alla parte ricorrente la decisione di mutare tale dichiarazione con la memoria destinata ad illustrare le deduzioni già svolte, poiché - se così fosse - la parte intimata non costituita non sarebbe in grado di reagire avverso tale nuova dichiarazione, revocatoria di quella contenuta nel ricorso notificato, di cui tale parte intimata nulla potrebbe sapere. Ne discende che la non emendabilità è precipuamente collegata alla posizione della controparte. Non altrettanto dovrebbe sostenersi allorché il controricorrente sia costituito, essendo questi in grado di smentire tale asserzione revocatoria o emendativa. E ciò perché, a contradditorio integro, dovrebbe prevalere il dato effettivo su quello enunciato e successivamente ritirato: ossia dovrebbe stabilirsi, sulla scorta delle deduzioni sviluppate da entrambe le parti, se, a fronte dell'iniziale dichiarazione del ricorrente circa l'avvenuta notifica della sentenza impugnata, cui segua, nella memoria illustrativa, la negazione di tale fatto (recte l'esclusione della notifica), la decisione sia stata effettivamente notificata, ai fini del decorso del termine breve di impugnazione, oppure se vi sia stata la sola pubblicazione, senza notifica, il che impedirebbe il decorso del termine breve. Riferimenti
In dottrina sul tema della improcedibilità del ricorso in cassazione per omessa produzione della copia autentica della sentenza (o della decisione) impugnata, con la relata di notifica:
|