Questione di costituzionalità sulla cessione del quinto nel sovraindebitamento

26 Luglio 2021

Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, comma 1-bis, L. 3/2012 in relazione all'art. 3, comma 2, Cost., laddove prevede che la cessione del quinto possa rientrare nei debiti di massa nel piano del consumatore, mentre non prevede che possa essere ristrutturato il debito per il quale il creditore abbia già ottenuto l'ordinanza di assegnazione all'esito di una procedura di espropriazione presso terzi.
Massima

Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, comma 1-bis, l. 3/2012 in relazione all'art. 3, comma 2, Cost., laddove prevede che la cessione del quinto possa rientrare nei debiti di massa nel piano del consumatore, mentre non prevede che possa essere ristrutturato il debito per il quale il creditore abbia già ottenuto l'ordinanza di assegnazione all'esito di una procedura di espropriazione presso terzi.

Il caso

Il Tribunale di Livorno ha rigettato in primo grado un piano del consumatore che ricomprendeva il credito di una finanziaria già beneficiario di un‘ordinanza di assegnazione del credito di lavoro in un'espropriazione presso terzi. Il rigetto dell'omologa è stato motivato con l'impossibilità di intaccare il credito della finanziaria ormai definitivamente assegnato. Secondo il giudice di prime cure, infatti, l'ordinanza di assegnazione avrebbe comportato il definitivo trasferimento del credito in capo alla finanziaria, che dunque doveva essere pagata interamente e non in moneta concorsuale, come previsto dalla proposta, che dunque doveva essere rigettata.

Nella prospettiva della motivazione, la disposizione di cui all'art. 2928 c.c., secondo la quale il diritto dell'assegnatario verso il debitore si estingue solo con la riscossione del credito, non è stabilita per favorire il debitore, ma il creditore: la norma ha infatti la sola funzione di garantire la possibilità di intraprendere una nuova esecuzione con il medesimo titolo (Cass. 10820/2020).

Il debitore ha proposto reclamo contro il rigetto dell'omologa facendo leva sulla natura universale del concorso, così da includere il credito già assegnato nella procedura in virtù dell'applicazione analogica dell'art. 44 L.F. in tema di inefficacia, che sancisce la caducazione degli effetti dell'ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c..

Il collegio ha inteso sollevare di ufficio la questione di legittimità costituzionale, non ritenendo di poter applicare al credito dell'assegnatario l'art. 8, comma 1-bis, L. 3 /2012, che impone di considerare creditori di massa i cessionari del quinto dello stipendio, della pensione o del TFR, né tantomeno ha ritenuto di applicare l'art. 44 L.F. in tema di inefficacia di atti eseguiti dopo la pronuncia di fallimento, poiché la disposizione è il portato dello spossessamento del fallito, che non ricorre nel piano del consumatore.

La questione giuridica e la relativa soluzione

E' noto che le prime applicazioni della L. 3/2012 avevano reso particolarmente incerta la collocazione della cessione del quinto dello stipendio all'interno della procedura di ristrutturazione del debito ovvero nella liquidazione del patrimonio.

Si distinguevano tre filoni ermeneutici:

(i) un orientamento affermava l'inopponibilità della cessione per incoerenza con le finalità della procedura concorsuale, poiché essa farebbe preferire un creditore individuale rispetto alla massa (Trib. Livorno 15 dicembre 2017, Trib. Grosseto 9 maggio 2017, Trib. Napoli 18 maggio 2018, Trib. Ancona 15 marzo 2018);

(ii) un diverso orientamento predicava l'opponibilità della cessione del quinto al sovraindebitamento, poiché la L. 3/2012 non richiama l'art. 44 L.F. in tema di inefficacia degli atti eseguiti dopo l'apertura del concorso per l'assenza di ogni forma di spossessamento (Trib. Milano 9 luglio 2017 e 26 Settembre 2018);

(iii) un ultimo orientamento intermedio assimilava il credito assistito dalla cessione del quinto dello stipendio a quello dei fitti, poiché entrambe le obbligazioni presentano una aspettativa di esigibilità concreta del credito ceduto (Cass. 15141/2002); veniva così applicato in via analogica l'art 2918 c.c. che riconosce la prevalenza degli atti di disposizione di crediti futuri, ma nei limiti di un triennio (così Trib. Monza 26 luglio 2017 e Trib. Mantova 8 aprile 2018);

Proprio per ovviare a simili incertezze l'art. 8, comma 1-bis, L. 3/2012, introdotto dall'art. 4-ter L. 176/2020 di conversione del D.L. 137/2020, ha definitivamente chiarito che è possibile ristrutturare i debiti oggetto di cessione del quinto, del TFR o del trattamento pensionistico o infine delle operazioni di prestito su pegno.

Nulla viene detto tuttavia sulla sorte dei crediti oggetto di un'ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c. e ciò nonostante la sorte dei crediti assegnati prima del concorso fosse incerta almeno quanto la cessione del quinto. Di qui, il Tribunale livornese induce l'impossibilità di estendere al credito dell'assegnatario la soluzione dell'inopponibilità, perché esclusa letteralmente dalla lettera dell'art. 8, comma 1-bis, L. 3/2012, nonostante l'incertezza applicativa abbia sicuramente riguardato anche il credito definitivamente espropriato.

Ne consegue l'impossibilità di una lettura analogica dell'art. 8, comma 1-bis, e il dubbio di legittimità costituzionale sollevato innanzi al giudice delle leggi.

Osservazioni

La rimessione alla Corte Costituzionale della opponibilità della cessione del quinto avrà il merito di comporre in via preventiva la prevedibile superfetazione di letture del credito oggetto di preventiva assegnazione in funzione nomofilattica.

E invero, il chiaro intento del legislatore della recente riforma della legge sul sovraindebitamento appare quello di favorire l'accesso all'istituto: orienta a tal fine l'interprete la rubrica del citato art. 4-ter L. 176/2020 che ha introdotto l'art. 8, comma 1-bis, intitolata “semplificazioni in materia di accesso alle procedure di sovraindebitamento per le imprese e i consumatori di cui alla legge 27 gennaio 2012, n. 3”.

Appare evidente che l'interprete debba essere guidato dal criterio teleologico proprio sulla scorta dell'invito del legislatore: tra più opzioni interpretative, va scelta quella che permette più facilmente l'accesso al sovraindebitamento (art. 12 preleggi).

E pertanto, se non appare revocabile in dubbio che l'assegnazione del credito di lavoro comprima le possibilità di elaborare una proposta di ristrutturazione per la riduzione di risorse da porre a disposizione del piano, è chiaro che debba essere preferita la soluzione ermeneutica che liberi risorse del debitore e consenta la concorsualizzazione del credito precedentemente assegnato.

Un' interpretazione estensiva o frutto di una possibile analogia iuris dell'art. 8, comma 1-bis (Limitone, L'ordinanza di assegnazione definitiva: credito dell'usuraio (absit iniuria verbis), concorso dei creditori e ratio antiusura delle procedure di sovraindebitamento, in ilcaso.it) appare infatti rispettosa del complessivo dato legislativo e in ultima analisi non appare davvero confliggente con la legge ordinaria anche per le seguenti ragioni.

Anzitutto, appare un fuor d'opera richiamare il blocco delle azioni esecutive e collegare l'intangibilità degli atti esecutivi all'art. 187-bis disp. att. c.c.: il possibile stay, richiedibile dal debitore anche nel piano ex art. 12-bis, comma 2, L. 3/2012, non travolge gli effetti dell'ordinanza, ma solo le aspettative di riscossione del creditore assegnatario.

In altre parole, l'eventuale sospensione dei procedimenti esecutivi in grado di pregiudicare il piano non incidono sull'ordinanza di assegnazione, ma impediscono ogni attività esecutiva di riscossione che viene appunto sospesa fino all'omologa.

Si è peraltro già affermato che l'intangibilità nei confronti degli aggiudicatari o degli assegnatari degli effetti dell'aggiudicazione non osta alla dichiarazione di improcedibilità dell'esecuzione individuale derivante dalla instaurazione della procedura di sovraindebitamento ex art. 10 L. n. 3/2012, come nel caso di sopravvenuto sequestro di prevenzione previsto dall'art. 55 D.Lgs. n. 159/2011 (Trib. Firenze 6 luglio 2016): a ben vedere, il blocco opzionale delle procedure esecutive nel piano del consumatore non revoca l'ordinanza di assegnazione, ma inibisce soltanto il pagamento da parte del debitor debitoris.

E, infatti, l'assegnazione non può che disporre il diritto al pagamento del credito pignorato, che viene assegnato pro solvendo e dunque senza alcuna garanzia di solvibilità. Se il debitore non dovesse maturare il credito perché cambia posto di lavoro o viene licenziato, il credito non potrà essere incassato.

Così pure non potrebbe essere incassato il credito assegnato dopo il deposito di una domanda di concordato ex art. 168 L.F. o una procedura di composizione della crisi (Trib. Brescia, 15 marzo 2019).

Sebbene la dichiarazione di inefficacia dell'aggiudicazione del quinto non sia possibile in base ad un'applicazione analogica dell'art. 44 L.F. per l'assenza di uno spossessamento, va ricordato che la Cassazione ha da poco ampliato le maglie dei principi del concorso secondo la teoria dei c.d. cerchi concentrici (Cass. 9087/2018). Secondo una simile ricostruzione, gli istituti concorsuali sono caratterizzati dal progressivo aumento dell'autonomia delle parti man mano che ci si allontana dal nucleo (la procedura fallimentare) fino all'orbita più esterna (gli accordi di ristrutturazione dei debiti), passando attraverso le altre procedure di livello intermedio, tra i quali la Suprema Corte inserisce anche il sovraindebitamento.

E' dunque il diritto vivente a suggerire la soluzione dell'analogia iuris, l'applicazione cioè dei principi generali del concorso nel piano del consumatore: dunque ad esso va applicato il principio dell'universalità dei creditori che vieta la riscossione individuale all'aggiudicatario come agli altri creditori.

E ciò, si badi bene, a prescindere dallo spossessamento e dell'art. 44 L.F., poiché l'universalità e il divieto di azioni esecutive individuali costituiscono principi immanenti al concorso e ai cerchi concentrici disegnati dalla Cassazione.

Conclusioni

Seppure le argomentazioni del Tribunale di Livorno appaiano singolarmente convincenti, non mi pare possano fondare una pronuncia additiva dell'art. 8, comma 1-bis, L. 3/2012 in modo da ampliare la fattispecie astratta della cessione del quinto fino a ricomprendervi il credito dell'assegnatario in seguito all'ordinanza ex art. 553 c.p.c.

Sono infatti possibili strade interpretative che ben possono condurre ad una pronuncia rispettosa del dettato costituzionale senza la necessità di una pronuncia della Consulta, che tuttavia potrà contribuire alla chiarezza dell'istituto con una istanza interpretativa utile alla certezza del diritto nella materia.

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