Il ‘silenzio' dell'Ater non legittima la richiesta di subentro nella casa

Redazione scientifica
26 Luglio 2021

I giudici fanno chiarezza sulla mancata risposta a diverse istanze presentate in merito a un alloggio di edilizia residenziale pubblica. Respinta la tesi dell'uomo che, destinatario di un decreto di rilascio dell'immobile, sosteneva di essere legittimo assegnatario dell'appartamento alla luce della mancata risposta fornita dall'istituto.

La mancata risposta dell'ATER alla richiesta di subentro nell'assegnazione della casa popolare non può essere interpretata come un buon segno. Ciò perché, chiariscono i giudici, in questa delicata materia non trova applicazione il cosiddetto ‘silenzio assenso' (Cass. civ., sez. un., sent., 20 luglio 2021, n. 20761).

All'origine della vicenda giudiziaria c'è «la notifica» a un uomo del «decreto di rilascio di un alloggio di edilizia residenziale pubblica». A questa comunicazione egli reagisce «convenendo in giudizio, innanzi al Tribunale, l'Azienda territoriale per l'edilizia residenziale pubblica e chiedendo l'accertamento del diritto al legittimo possesso dell'immobile» per effetto del «subentro nell'assegnazione della casa».

In particolare, egli racconta che «la madre, a seguito di separazione personale, aveva fatto rientro – unitamente a lui come figlio – nell'alloggio già assegnato al suo originario nucleo familiare e del quale risultava assegnataria la sorella» con tanto di «comunicazione all'ente proprietario», e aggiunge che successivamente prima la madre e poi lui personalmente «avevano comunicato all'Ater, in seguito al decesso dell'assegnataria, il subentro nell'assegnazione dell'alloggio».

Prima in Tribunale e poi in Appello, però, la posizione assunta dall'uomo è ritenuta priva di legittimità, poiché «né l'uomo né la madre avevano mai fatto parte del nucleo familiare originario dell'assegnataria», come dimostrato anche dal fatto che «in occasione della stipulazione della locazione l'Atera aveva dichiarato che il nucleo familiare era composto solo dall'assegnataria».

In Appello, poi, viene anche chiarito che «non era configurabile in relazione alle istanze dell'assegnataria dell'alloggio, della sorella e del figlio di quest'ultima il ‘silenzio assenso'» poiché «l'eccezionale ampliamento del nucleo assegnatario poteva determinarsi solo a seguito dell'accertamento degli specifici presupposti di legge» ed era quindi «indispensabile un'effettiva verifica al riguardo, alla luce sia della corretta gestione del patrimonio dell'ente che della coesistenza dei concorrenti interessi di coloro che, già regolarmente iscritti nelle relative liste, erano in attesa di assegnazione di un immobile».

In Cassazione l'uomo ripropone la tesi già respinta in Appello. In sostanza, egli sostiene che «operando il termine decadenziale di tre mesi per l'ente gestore, sulle istanze di subentro» nella titolarità dell'alloggio «si era formato il ‘silenzio assenso'». E ciò, ovviamente, rende, a suo dire, illegittimo il «decreto di rilascio» della casa.

Questa visione viene però ritenuta priva di fondamento anche dai Giudici di terzo grado.

Come evidente, la vicenda riguarda «una fattispecie di subentro nell'assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica». E «il subentro, corrispondendo ad un diritto soggettivo, non è soggetto ad esercizio di discrezionalità da parte dell'ente amministrativo, tale da configurare una nuova assegnazione, sia pure con titolo preferenziale rappresentato dall'appartenenza al nucleo familiare. Il subentro nell'assegnazione costituisce una possibile evoluzione del rapporto sorto in esito all'assegnazione e non già l'instaurazione di uno nuovo e diverso, ed è sottoposto all'assenza di condizioni ostative alla permanenza nell'alloggio», sottolineano i magistrati.

Di conseguenza, «la valenza di diritto soggettivo della posizione corrispondente al subentro nell'assegnazione esclude che venga in rilievo la problematica del ‘silenzio assenso', in base al quale nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dell'amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non comunica al soggetto interessato, nel termine previsto, il provvedimento di diniego». Chiaro, perciò, che «la controversia sul diritto soggettivo al subentro nell'assegnazione dell'alloggio di edilizia residenziale pubblica resta estranea» all'orbita del ‘silenzio assenso' che «implica una posizione di interesse legittimo».

In sostanza, «non essendovi intermediazione del potere amministrativo, il subentro nell'assegnazione di edilizia residenziale costituisce integralmente effetto giuridico dei presupposti di fatto previsti dalla norma». Agevole, quindi, osservare che «il rimedio del ‘silenzio assenso' risulta irrilevante, avendo la posizione soggettiva consistenza di diritto soggettivo e potendo pertanto il soggetto interessato in via immediata proporre domanda di accertamento innanzi al giudice ordinario in sede civile».

Utile, poi, aggiungere che «il ‘silenzio assenso', essendo relativo al rapporto singolo fra la parte che propone l'istanza e la competente amministrazione, non è configurabile neanche con riferimento al pubblico concorso indetto per l'assegnazione dell'alloggio, nel quale, coerentemente alla logica del concorso, l'amministrazione è il punto di riferimento di una pluralità di concorrenti».

Tirando le somme, «in relazione ad istanza di subentro nell'assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, destinati all'assistenza abitativa, e di ampliamento del nucleo familiare, non trova applicazione l'istituto del silenzio assenso previsto dall'articolo 20 della legge numero 241 del 7 agosto 1990».

Fonte: dirittoegiustizia.it