Transazione “generale” o “speciale”? Va sempre provata la comune intenzione delle parti

Vincenzo Papagni
29 Luglio 2021

Il caso in rassegna pone al centro dell'attenzione l'istituto della transazione. E, i Giudici della prima sezione civile della Suprema Corte, con l'ordinanza n. 21557/21, depositata il 27 luglio, chiariscono l'elemento distintivo in tema di transazione tra quella “generale” e quella “speciale”.

Il caso in rassegna pone al centro dell'attenzione l'istituto della transazione. E, i Giudici della prima sezione civile della Suprema Corte, con l'ordinanza n. 21557/21, depositata il 27 luglio, chiariscono l'elemento distintivo in tema di transazione tra quella “generale” e quella “speciale”.

La transazione “generale” riguarda una pluralità di controversie globalmente considerate, senza che occorra la previa individuazione delle medesime, poiché le parti la concludono in generale su tutti i loro affari, cosicché poi le reciproche concessioni possono dirsi relative non a singole liti ma a tutte le potenziali liti considerate nel loro insieme; mentre la transazione “speciale” attiene ad un determinato affare necessariamente individuato come tale, cui associare l'effetto estintivo o preclusivo, e lo stabilire in concreto se una transazione sia stata generale o speciale rientra nei compiti del giudice di merito, trattandosi di un accertamento del contenuto contrattuale.

A tal fine l'indagine sulla comune intenzione dei contraenti deve tener tuttavia conto del criterio generale per cui, ove rispetto ad un medesimo rapporto siano sorte o possano sorgere tra le parti più liti in relazione a plurime questioni controverse, l'avere dichiarato, nello stipulare una transazione, di non aver più nulla a pretendere in dipendenza del rapporto non implica necessariamente che la transazione investa tutte le controversie potenziali o attuali, dal momento che a norma dell'art. 1364 c.c., le espressioni usate nel contratto, finanche ove generali, riguardano soltanto gli oggetti sui quali le parti si sono proposte di statuire; cosicché, se il negozio transattivo concerne soltanto alcuna delle eventuali controversie, esso non si estende, malgrado l'eventuale ampiezza dell'espressione adoperata, a quelle rimaste estranee all'accordo, il cui oggetto va determinato attraverso una valutazione di tutti gli elementi di fatto.

In tema di transazione, quella dettata dall'art. 1974 c.c., è una disciplina di ampia portata che trova la sua ratio nella eccezionale rilevanza che è possibile attribuire all'errore sul motivo del contratto, sicché si applica a qualunque tipologia di transazione “generale” o “speciale”, con priorità rispetto alla previsione dell'art. 1975 c.c.

Il fatto. L'impresa Alfa convenne dinanzi al Tribunale di Cassino la società Gamma s.p.a., il Fallimento Beta s.r.l. e il curatore medesimo. In particolare, essa chiese che fosse accertata l'esistenza del credito di oltre un milione di Euro che le era stato ceduto dal Fallimento nel gennaio 2003 e così complessivamente la spettanza nei confronti della Gamma s.p.a. della somma di oltre quattro milioni di Euro, quale corrispettivo di opere appaltate, liquidato con lodo arbitrale del 7 luglio 1999; in subordine, ove fosse stata ritenuta l'inesistenza del credito ceduto, chiese che fosse pronunciata la risoluzione del contratto di cessione, con condanna del Fallimento e del curatore, in solido, al risarcimento dei danni. Nella resistenza dei convenuti, nello specifico della Gamma s.p.a., la quale aveva eccepito che il credito di oltre un milione di Euro era da ritenere estinto per transazione intervenuta tra essa e il Fallimento Beta s.r.l. in 15 marzo 2002, il Tribunale, accolse la domanda principale. La sentenza venne quindi impugnata dalla Gamma s.p.a. in via principale e dagli altri convenuti in via incidentale. La Corte di appello capitolina, con sentenza resa pubblica il 18 luglio 2016, accogliendo l'appello principale ha dichiarato che ogni obbligazione a carico della Gamma s.p.a., nascente dal dedotto contratto di appalto, era stata estinta per transazione occorsa tra il Fallimento e la detta Gamma anteriormente alla cessione del credito; ha accolto la domanda subordinata di risoluzione del contratto di cessione per inadempimento del Fallimento, ma ha dichiarato inammissibili nella sede di cognizione le domande restitutorie e risarcitorie avanzate dall'impresa Alfa contro la massa; ha accolto la domanda risarcitoria proposta dalla suddetta impresa contro il curatore in proprio; infine, ha accolto la domanda del curatore contro la Gamma s.p.a. tesa ad ottenere il rimborso delle somme eventualmente da lui pagate in favore della Alfa. Gamma s.p.a. ha proposto quindi ricorso per cassazione cui hanno replicato con distinti controricorsi l'impresa Alfa, il Fallimento Beta s.r.l., nonché il curatore medesimo.

La quaestio analizzata. Essa riguarda la qualificazione come transazione “generale” dell'atto intercorso tra Gamma s.p.a. e il Fallimento Beta s.r.l. nel marzo 2002, posteriormente, cioè al lodo arbitrale che aveva riconosciuto l'esistenza del credito derivato dall'appalto, eseguito in associazione temporanea d'impresa con mandataria la Alfa per la sorte di oltre un milione di Euro. Tale credito della Beta s.r.l. è stato ceduto dal Fallimento Beta alla Alfa nel gennaio 2003, ed è stato posto a fondamento della domanda principale di condanna della Alfa nei confronti della committente Gamma s.p.a. E, la Suprema Corte rileva che rispetto alla portata della transazione è mancata la ricerca della comune intenzione delle parti, dal momento che non è stato spiegato in qual senso si sia inteso estendere la transazione a ogni altra controversia discendente dal contratto di appalto; né si comprende come sia stato possibile riferire l'effetto estintivo anche alla controversia definita con un lodo arbitrale, già divenuto irrevocabile, che al momento non era conosciuto da una delle parti stipulanti, il Fallimento. Ai fini dell'art. 1362 c.c. per determinare la comune intenzione dei contraenti si deve valutare il comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto. E, il mancato esame dei documenti può essere denunciato per cassazione nel caso in cui, come nella specie, determini un'omissione motivazionale su un punto decisivo della controversia. La sentenza della corte di appello di Roma va dunque cassata.

L'oggetto dell'accordo. Questo va determinato attraverso una valutazione di tutti gli elementi di fatto. Ove, rispetto ad un medesimo rapporto, siano sorte o possano sorgere tra le parti più liti, in relazione a numerose questioni tra loro controverse, l'avere dichiarato, nello stipulare una transazione, di non aver più nulla a pretendere in dipendenza del rapporto non implica necessariamente che la transazione investa tutte le controversie potenziali o attuali, dal momento che a norma dell'art. 1364 c.c. le espressioni usate nel contratto, finanche ove generali, riguardano soltanto gli oggetti sui quali le parti si sono proposte di statuire; cosicché, se il negozio transattivo concerne soltanto alcuna delle eventuali controversie, esso non si estende, malgrado l'eventuale ampiezza dell'espressione adoperata a quelle rimaste estranee all'accordo.

La transazione, qualunque ne sia il tipo, è sempre annullabile se fatta su una lite già decisa con sentenza passata in giudicato della quale le parti o una di esse non avevano notizia. Nella concreta fattispecie l'annullabilità della transazione era stata fatta valere sia in primo grado che in appello e tanto era avvenuto sulla base del rilievo che del lodo arbitrale il Fallimento non era stato a conoscenza al momento della stipulazione.

In conclusione, essendosi trattato di un lodo non impugnato, diviene manifestamente inconferente la ragione di diniego indicata dalla corte di appello in correlazione con la natura asseritamente “generale” della transazione e col regime giuridico dei documenti ignoti di cui all'art. 1975 c.c.

Difatti non sulla base di questa disciplina ma su quella di carattere generale dettata dall'art. 1974 c.c. si sarebbe dovuto giudicare, visto che codesta attiene a qualunque tipologia di transazione, sia essa generale o speciale.

Fonte: dirittoegiustizia.it

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