Il Condominio può nascere a seguito di una divisione ereditaria degli appartamenti di uno stabile, se vi sono parti comuni

03 Agosto 2021

Al fine di usucapire un bene immobile, la parte deve fornire prova di avere avuto un possesso ininterrotto dello stesso per un periodo almeno pari a venti anni. Tale possesso, corrispondente all'esercizio del diritto di proprietà, è definito possessio ad usucapionem, e deve essere provato in giudizio dalla parte.

Il caso. Una proprietaria di un appartamento sito in uno stabile conveniva in giudizio i proprietari dell'unità abitativa soprastante.

La domanda giudiziale dell'attrice era volta ad ottenere la dichiarazione della comproprietà del pianerottolo sito tra le proprietà delle parti, sentire dichiarare il diritto di passaggio della stessa sul manufatto e rimuovere ogni ostacolo posto dai convenuti che impediva alla stessa di raggiungere le soffitte di sua proprietà.

Il Tribunale accoglieva la domanda dell'attrice e dichiarava la comproprietà del pianerottolo, condannava i convenuti alla rimozione dei manufatti posti per impedire l'accesso all'attrice e dichiarava altresì che la proprietà privata dei convenuti era parzialmente gravata da una servitù di passaggio, esercitata dall'attrice mediante una scala utilizzata per raggiungere le soffitte.

Tale decisione veniva impugnata in appello.

All'esito del processo la Corte, in parziale riforma della precedente sentenza, modificava la prima sentenza eliminando però solamente la declaratoria della servitù di passaggio sulle scale dei convenuti.

Quanto al pianerottolo, la Corte d'Appello evidenziava come nel testamento del dante causa della proprietà sia degli appellanti che dell'appellata, emergeva già la considerazione che il pianerottolo fosse in comproprietà tra le parti e conseguentemente la parte citata era caduta in comunione.

Ma v'è di più: essendo lo stabile una costruzione formata da proprietà private e parti comuni poste in asservimento per l'utilizzo delle prime, secondo la Corte d'Appello al momento del decesso del de cuius, e del passaggio delle proprietà in via ereditaria, era sorto un Condominio.

Il pianerottolo oggetto di causa, quindi, era pacificamente un bene comune ai sensi dell'art. 1117 c.c.

Tale norma riporta un elenco (esemplificativo e non esaustivo) dei beni che costituiscono parti comuni nel Condominio, tra i quali – funzionalmente – figurano altresì le scale e i pianerottoli.

La sentenza di appello, quindi, veniva nuovamente impugnata dai due proprietari, che contestavano la decisione della Corte in sede di giudizio di Cassazione.

Il ricorso viene rigettato e la Cassazione precisa alcuni concetti in materia di presunzione di condominialità. Alla luce della duplice soccombenza nei gradi di merito, ai proprietari non restava che impugnare la sentenza e agire in Cassazione.

Per fare ciò, la parte affidava le proprie doglianze ad un ricorso strutturato su due motivi.

In primo luogo, i ricorrenti contestavano la decisione della Corte d'Appello di ricondurre il pianerottolo oggetto di causa ad un bene condominiale.

Secondo i ricorrenti, infatti, non vi sarebbe stata una correlazione tra la creazione del Condominio per successione ereditaria e la qualità di parte comune del pianerottolo.

L'articolo 1117 c.c., sempre secondo i proprietari, avrebbe avuto solo carattere esemplificativo, ma la presunzione di condominialità di un manufatto avrebbe potuto essere vinta mediante la prova contraria dell'uso esclusivo del bene.

Il pianerottolo, essendo stato utilizzato in via esclusiva dai ricorrenti, non avrebbe avuto quindi natura condominiale, ma privata.

Con il secondo motivo, poi, i ricorrenti contestavano la decisione della Corte d'Appello di considerare come non provata la loro domanda di usucapione del bene oggetto di causa, non risultando provato il possesso ininterrotto per un periodo superiore a venti anni.

Con la sentenza Cassazione Civile sezione III, 28 luglio 2021, n. 21622 la Suprema Corte rigettava integralmente il ricorso.

Quanto al primo motivo, la Cassazione sottolineava come, in ordine logico, la successione ereditaria avesse dato luogo alla nascita del condominio, con tutte le conseguenze del caso.

Nello specifico, nell'assegnare le proprietà, il de cuius aveva descritto i rispettivi appartamenti specificando come questi fossero confinanti con altre proprietà e con “pianerottolo frammezzo”.

A parere della Cassazione tale dicitura stava a sottolineare come il pianerottolo non fosse parte della proprietà ceduta in eredità, ma già considerata dal testatore come una parte accessoria, funzionale e necessaria per l'uso comune.

Sorgendo il Condominio, quindi, il pianerottolo rientrava nelle parti condominiali di cui all'art. 1117 c.c. (principio confermato dalla sentenza Cass. n. 4372/2015).

A differenza di quanto affermato dai ricorrenti, quindi, sussisteva una presunzione di condominialità che esentava il Condominio o gli altri condomini dal provare come il manufatto in questione fosse di uso comune.

Tale presunzione (anche secondo la sentenza Cassazione a Sezioni Unite, n. 7449/1993, tra le molte) poteva essere superata dal singolo proprietario portando prova di un titolo contrario.

In assenza di tale prova il manufatto era presunto condominiale e di uso comune (si veda anche le decisioni Cass. n. 3852/2020 e Cass. n. 20693/2018), in applicazione del principio della c.d. “presunzione di condominialità”.

Secondo la Cassazione la Corte d'Appello aveva correttamente valutato tali circostanze in fatto e diritto e disposto la liberazione del pianerottolo dai manufatti istallati dai ricorrenti, riportando lo stesso all'uso comune.

Quanto al secondo motivo, invece, anche questo veniva rigettato.

Al fine di usucapire un bene immobile, infatti, la parte che avanza la domanda deve fornire prova di avere avuto un possesso ininterrotto dello stesso per un periodo almeno pari a venti anni.

Tale possesso, una attività di fatto corrispondente all'esercizio del diritto di proprietà, è definito possessio ad usucapionem, e deve essere provata in giudizio dalla parte.

Nel caso in questione, nuovamente, secondo la Cassazione la Corte d'Appello aveva correttamente valutato gli elementi probatori offerti in giudizio dai ricorrenti, e aveva giustamente deciso per il rigetto della domanda, non ritenendo sufficientemente dimostrata la possessio.

Alla luce dell'integrale rigetto delle argomentazioni dei ricorrenti, la Cassazione non accoglieva il ricorso e dichiarava tenuta la parte soccombente al pagamento del contributo unificato in misura aumentata ai sensi dell'art. 13 comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002.

Fonte: dirittoegiustizia.it