Responsabilità da cosa in custodia: gli oneri probatori del custode e del danneggiato
05 Agosto 2021
La responsabilità per il danno da cosa in custodia presuppone la sussistenza di una relazione di fatto tra la cosa ed il soggetto responsabile, tale da consentire a quest'ultimo il potere di controllarla e di eliminare situazioni di pericolo che possano insorgere, con conseguente onere di vigilanza dalla cosa stessa, affinché da essa, per sua natura o per particolari contingenze, non derivino danni a terzi. La custodia di cui si discute è costituita dall'effettivo potere fisico che implica il governo e l'uso della cosa ed a cui sono riconducibili l'esigenza e l'onere della vigilanza affinchè dalla cosa stessa, per sua natura o particolari contingenze, non derivino danni a terzi.
Inoltre, la parte che agisce per il risarcimento del danno, ha l'onere di provare il fatto lesivo come verificatosi in concreto, il nesso causale tra la cosa in custodia e l'evento lesivo, nonché il danno conseguenza, mentre il custode convenuto, per liberarsi dalla sua responsabilità, deve provare l'esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale. Il convenuto deve, in altre parole, fornire la prova liberatoria del caso fortuito, ossia la prova di un evento eccezionale, imprevedibile ed inevitabile, che – inserendosi nel decorso causale – abbia interrotto il nesso eziologico tra la cosa in custodia e il danno.
Al contrario l'illecito aquiliano deve essere sottoposto al vaglio di sussistenza degli elementi strutturali di cui al disposto normativo dell'art. 2043 c.c. che consistono nella condotta umana, attiva od omissiva, in quest'ultimo caso previo accertamento della sussistenza di una posizione di garanzia, nel nesso causale tra condotta ed evento lesivo di danno, connotato quest'ultimo dall'ingiustizia, determinata dalla lesione, non giustificata, di interessi meritevoli di tutela, e nel danno-evento. |