Tabulati telefonici: la Suprema Corte si esprime dopo le indicazioni della CGUE
05 Agosto 2021
La massima
La sentenza 2 marzo 2021, emessa nella causa C 746/18m, della Corte di Giustizia dell'Unione Europea in tema di tabulati telefonici non introduce effetti applicativi immediati e diretti, a causa dell'indeterminatezza delle espressioni ivi utilizzate al fine di legittimare l'ingerenza dell'autorità pubblica nella vita privata dei cittadini; il riferimento alle «forme gravi di criminalità» ed alla funzione di «prevenzione di gravi minacce alla sicurezza pubblica», implica un intervento legislativo volto ad individuare, sulla base di «criteri oggettivi», le categorie di reati per le quali possa ritenersi legittima l'acquisizione dei dati di traffico telefonico o telematico; conseguentemente, allo stato, deve ritenersi legittima l'acquisizione dei tabulati in forza del solo decreto autorizzativo del PM, come previsto dall'art. 132 d.lgs. n. 196/2003 . Il caso
La S.C. è stata chiamata a pronunciarsi - verosimilmente per la prima volta - sull'utilizzabilità dei tabulati telefonici dopo la nota decisione della CGUE nell'ambito di una vicenda con oggetto una condanna - confermata in appello - per i delitti di reati di rapina pluriaggravata, utilizzo abusivo di carta bancomat e lesioni; in particolare, l'imputata avrebbe procurato al proprio convivente - persona offesa - uno stato di incoscienza (tramite una somministrazione di benzodiazepine) per impossessarsi di una carta di credito, in seguito utilizzata, a mezzo di altro soggetto, per effettuare dei prelievi. La difesa proponeva ricorso per Cassazione lamentando, tra l'altro, violazione di legge e inutilizzabilità dei tabulati telefonici relativi all'utenza intestata alla persona offesa e in uso all'imputata, in quanto non compresi nel decreto di acquisizione del traffico telefonico emesso dal PM. La S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso, non riconoscendo la fondatezza (anche) delle osservazioni della difesa in tema di tabulati. La sentenza si esprime sul punto osservando che, al proposito, non risulterebbero neppure adeguatamente indicati, da parte del ricorrente, i profili di specifica rilevanza degli elementi tratti dai tabulati nel complessivo quadro accusatorio; per altro, la censura della difesa non si fondava su un richiamo ai principi espressi dalla sentenza CGUE 2 marzo 2021, emessa nella causa C 746/18m, quanto sull'estraneità dei tabulati dal decreto emesso dal p.m. Nondimeno, con apprezzabile scelta, la sentenza affronta comunque il problema dell'utilizzabilità dei tabulati alla luce della menzionata decisione della CGUE, con un'argomentazione tanto chiara quanto efficace, in grado di fornire - si spera - un rilevante contributo a un dibattito che si è rivelato, in questi ultimi mesi, tanto straordinariamente vivo quanto foriero di soluzioni disparate e controverse. La questione
La sentenza 2 marzo 2021, emessa nella causa C 746/18m, della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, in tema di tabulati telefonici ha imposto al legislatore italiano un intervento avente a oggetto sia il ruolo del P.M. rispetto all'acquisizione dei tabulati, sia l'individuazione dei reati per i quali l'organo giudicante potrà autorizzare l'acquisizione. Sul tema si sono manifestati significativi contrasti ermeneutici sia in ordine alla possibilità per il P.M. di continuare a disporre in piena autonomia l'acquisizione di tabulati e file di log, sia sulla concreta utilizzabilità dei tabulati e dei log acquisiti dal P.M. prima della sentenza citata. In questa rivista sono state oggetto di commento alcune tra le prime decisioni intervenute sul tema - tra le quali un'ordinanza del Tribunale di Milano, un decreto del Gip Tribunale di Roma e uno del Tribunale di Bari - che hanno suggerito soluzioni diametralmente opposte (v. L. CUSANO, Tabulati telefonici: ulteriori ricadute della sentenza della CGUE del 2 marzo 2021 sul piano della utilizzabilità degli esiti di prova, nota a Trib. Bari, Sez. GIP, 1 maggio 2021, in questa rivista, 25 maggio 2021; C. PARODI, Tabulati telefonici e contrasti interpretativi: come sopravvivere in attesa di una nuova legge, ivi, 3 maggio 2021). La decisione in commento dimostra la piena consapevolezza da parte della S.C. di muoversi, su un terreno “minato”. Il richiamo alla sentenza della Grande Camera della Corte di giustizia UE -2 marzo 2021, H.K., C-746/18, in tema di tabulati telefonici e telematici - è espresso e completo: “il diritto UE (e, in particolare, l'art. 15 della direttiva 2002/58/UE, letto alla luce degli artt. 7, 8, 11 e 52 dellaCarta di Nizza) osta a una disciplina nazionale che: 1) non circoscriva l'accesso di autorità pubbliche a dati idonei a fornire informazioni su comunicazioni effettuate da un utente «a procedure aventi per scopo la lotta contro le forme gravi di criminalità o la prevenzione di gravi minacce alla sicurezza pubblica»; 2) affidi nel corso di un rito penale al pubblico ministero e non a un soggetto terzo (come un giudice) la competenza ad autorizzare l'accesso a tali dati.” Dopo tale richiamo, tuttavia, la sentenza fornisce una serie di indicazioni - per certi aspetti indirette, ma non per questo meno chiare - su alcune delle soluzioni fornite da decisioni di merito ed elaborazioni della dottrina. In primo luogo, il Collegio non dubita “della possibile diretta applicabilità, nell'ordinamento nazionale, della decisione della Corte di Giustizia (organo che, quale interprete qualificato del diritto UE, indica il significato ed i limiti di applicazione delle norme comunitarie, con efficacia erga omnes nell'ambito della Comunità - cfr. Cass. civ., Sez. Lav., 17 maggio 2019, n. 13425; Cass. Civ, n. 22577 del 2012, ivi richiamata -)”, anche se “nella specie non pare che la decisione della CGUE del 2 marzo 2021 sia idonea ad escludere la sussistenza di residui profili di incertezza interpretativa e discrezionalità applicativa in capo alla normativa interna”. In conseguenza “la richiamata pronuncia europea sembra incapace di produrre effetti applicativi immediati e diretti a causa dell'indeterminatezza delle espressioni ivi utilizzate al fine di legittimare l'ingerenza dell'autorità pubblica nella vita privata dei cittadini”. La sentenza, pertanto, esclude la inutilizzabilità dei tabulati non sulla base del richiamo a precedenti decisioni di legittimità, quanto alla luce della natura non concretamente vincolante della sentenza della CGUE, stante l'indeterminatezza dell'indicazione nella stessa contenuta. Nessun riferimento viene formulato alle decisioni con le quali, anche in tempi recenti, la Cassazione si è occupata delle questioni affrontate dalla CGUE; decisione per le quali la disciplina prevista dall'art. 132 d.lgs. n. 196/2003, sebbene non limiti l'attività alle indagini relative a reati particolarmente gravi, predeterminati dalla legge, sarebbe compatibile con il diritto sovranazionale in tema di tutela della privacy (direttive 2002/58/CE e 2006/24/CE), come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, da cui si ricava solo la necessità della proporzione tra la gravità dell'ingerenza nel diritto fondamentale alla vita privata, che l'accesso ai dati comporta, e quella del reato oggetto di investigazione, in base ad una verifica che il giudice di merito deve compiere in concreto (Cass. pen., Sez. III, n. 48737/2019; analogalmente, Cass. pen., Sez. II, n. 5741/2020; Cass. pen., Sez. III, n. 48737/2019). Il riferimento operato dalla CGUE alle «forme gravi di criminalità» e alla funzione di «prevenzione di gravi minacce alla sicurezza pubblica», impone per la S.C. l'assoluta necessità di un intervento legislativo “volto ad individuare, sulla base di «criteri oggettivi», così come richiesto dalla stessa pronuncia della Corte europea, le categorie di reati per i quali possa ritenersi legittima l'acquisizione dei dati di traffico telefonico o telematico”. In sostanza, si esclude che la norma europea, in quest'ottica, entri e permanga in vigore nel nostro ordinamento senza che la sua operatività sia condizionata dalla legge nazionale, così che il Giudice adito sarebbe chiamato a individuare il rapporto tra le disposizioni dei due ordinamenti ed eventualmente disapplicare la legge nazionale. Anche la possibilità - da taluni prospettata – di “superare” l'assenza di un dato normativo espresso per individuare le categorie di reato in oggetto applicando il disposto degli artt. 266 e 266-bis c.p.p. (ossia i reati per i quali sono possibili le intercettazioni) viene, pertanto, indirettamente esclusa. È verosimile ritenere che l'esigenza di un'applicazione uniforme sul territorio nazionale (nonché nei singoli uffici) della disciplina in tema di tabulati e file di log possa avere significativamente contribuito alla scelta del S.C. di escludere un'individuazione rimessa alla valutazione dei singoli giudici. In base alle argomentazioni sopra riportate si desume che la stessa necessità, indicata dalla S.C. - che il legislatore intervenga in termini di urgenza – nonché inderogabilmente- per disciplinare la materia consente di ritenere allo stato pienamente legittima l'acquisizione dei tabulati in forza del solo decreto autorizzativo del p.m., come previsto dall'art. 132, d.lgs. n. 196/2003. In questo senso, in relazione ai procedimenti in corso di definizione – e salvo ripensamenti della S.C. o posizioni espresse da altre sezioni in termini diametralmente opposti, tali da imporre l'intervento delle S.U. - nessuna conseguenza in punto utilizzabilità dovrebbe derivare da tabulati e file di log acquisiti – per qualsiasi reato - con provvedimento del p.m. Ovviamente, in tali procedimenti potrà in astratto essere sollevata questione di legittimità costituzionale ai sensi in particolare degli art. 10, 11 Cost., sul presupposto dell'inottemperanza dell'Italia rispetto ai vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, potrà essere richiesto un rinvio pregiudiziale alla Corte europea o quantomeno la disapplicazione della normativa nazionale al riguardo, al fine di fare dichiarare l'inutilizzabilità dei tabulati, ovvero richiesta la diretta applicazione della disciplina europea. Possibilità astratte che certamente erano - e restano - “coltivabili” (sia consentito inviare sul punto a C. PARODI, Tabulati telefonici e contrasti interpretativi: come sopravvivere in attesa di una nuova legge, in questa rivista, 3 maggio 2021) ma che parrebbero non facilmente compatibili con la linea ermeneutica che la S.C. parrebbe avere intrapreso. Riferimenti
J. DELLA TORRE, L'acquisizione dei tabulati telefonici nel processo penale dopo la sentenza della Grande Camera della Corte di Giustizia UE: la svolta garantista in un primo provvedimento del Gip, di Roma; L. CUSANO, Tabulati telefonici: ulteriori ricadute della sentenza della CGUE del 2 marzo 2021 sul piano della utilizzabilità degli esiti di prova, nota a Trib. Bari, Sez. GIP, 1 maggio 2021, in questa rivista, 25 maggio 2021; L. FILIPPI, La Grande Camera della Corte di giustizia U.E. boccia la disciplina italiana sui tabulati. CGUE, Sez. V, 17 dicembre 2020, n. 459; L. LUPARIA, Data retention e processo penale. Un'occasione mancata per prendere i diritti davvero sul serio, in Diritto di Internet, 2019, 4, p. 762; G. MELILLO, Intercettazioni ed acquisizioni di dati telefonici: un opportuno intervento correttivo delle Sezioni Unite, in CP, 2000, 2602-2609; C. PARODI, Tabulati telefonici e contrasti interpretativi: come sopravvivere in attesa di una nuova legge, in questa rivista, 3 maggio 2021; F. RESTA, Conservazione dei dati e diritto alla riservatezza. La Corte di giustizia interviene sulla data retention. I riflessi sulla disciplina interna; N. REZENDE, Dati esterni alle comunicazioni e processo penale: questioni ancora aperte in tema di data retention, nota a Cass., Sez. III, 19 aprile 2019 (dep. 23 agosto 2019), n. 36380.
(Fonte: Il Penalista) |