Applicabilità dell'aggravante dell'art. 625 n. 7 c.p. nel caso di furto di beni oggetto di procedura fallimentare

06 Agosto 2021

Il furto di beni inventariati all'attivo fallimentare si può equiparare al furto di un bene soggetto a pignoramento e quindi applicare l'aggravante prevista dall'art. 625 n. 7 c.p.?

Il furto di beni inventariati all'attivo fallimentare si può equiparare al furto di un bene soggetto a pignoramento e quindi applicare l'aggravante prevista dall'art. 625 n. 7 c.p.?

In caso di furto di beni avvenuto durante la procedura fallimentare, e quindi dopo la dichiarazione di fallimento e l'apposizione dei sigilli, il delitto deve ritenersi aggravato ex ex art. 625 n. 7 c.p. come per il caso di beni sottoposti a pignoramento. Tale soluzione si ricava dai principi giurisprudenziali dettati dalla Corte di Cassazione (Cass. pen., 26 gennaio 1965, Dessalvi, GP 66, II, 94; Cass. pen., 16 maggio 1967, Fortino, CPMA 68, 721; Cass. pen., 2 aprile 1971, Campanella, 89).

Riferimenti normativi - Le principali norme attinenti al presente quesito sono le seguenti: art. 624 c.p. (Furto), art. 625 c.p. (Circostanze aggravanti), art. 16 L.F. (Sentenza dichiarativa di fallimento), art. 42 L.F. (Beni del fallito), art. 84 L.F. (Dei sigilli), art. 87 L.F. (Inventario).

Le motivazioni della giurisprudenza - La giurisprudenza prevalente ritiene che, dopo la dichiarazione di fallimento e l'apposizione dei sigilli, il delitto di furto debba ritenersi aggravato ex art. 625 n. 7 c.p. E ciò in quanto anche nella procedura fallimentare si ravvisano, in relazione all'intero patrimonio del fallito, gli effetti relativi al pignoramento nell'esecuzione singolare. Sicché allo spossessamento seguono, nell'esecuzione concorsuale, tutti quegli atti quali l'apposizione dei sigilli e l'inventario che mirano alla conservazione del patrimonio del fallito e che corrispondono, sia nella sostanza che negli effetti, al pignoramento.

Pertanto, secondo i giudici di legittimità, l'applicazione dell'art. 625 n. 7 c.p. non comporterebbe il ricorso al procedimento analogico, ma un'interpretazione estensiva rivolta ad ampliare il significato letterale della norma, grazie all'intrinseca forza espansiva che è data dalla ratio di questa (Cass. pen., 26 gennaio 1965, Dessalvi, GP 66, II, 94; Cass. pen., 16 maggio 1967, Fortino, CPMA 68, 721; Cass. pen., 2 aprile 1971, Campanella, 89).

L'orientamento della dottrina - La dottrina non è concorde sulla possibilità di configurare l'aggravante ex art. 625 n. 7 c.p. in caso di sottrazione di beni relativi alla procedura fallimentare. Alcuni autori danno infatti parere negativo ritenendo che l'applicazione dell'aggravante implicherebbe un inammissibile procedimento analogico in malam partem (G. Pecorella; Fiandaca-Musco). Altri autori la ritengono invece ammissibile sostenendo che i beni del fallito si trovano nella medesima situazione di indisponibilità delle cose pignorate o sequestrate, sulla scia del prevalente orientamento giurisprudenziale.

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