Modalità applicative della digital service tax e possibilità di presentare interpello

09 Agosto 2021

La Digital service tax è un'imposta calcolata sui ricavi generati dalla fornitura di servizi digitali, caratterizzati in modo specifico dalla creazione di valore da parte degli utenti. Vista la novità e complessità della materia è probabile che neppure i provvedimenti di prassi siano in grado di rispondere a tutte le questioni che si potranno verificare in sede di concreta attuazione dell'imposta. Un possibile tema interpretativo potrebbe quindi attenere a se sia possibile presentare interpello per chiarirne i criteri di corretta applicazione.
Ratio

L'economia digitale ha modificato le modalità di interazione, fruizione e svolgimento delle attività di consumo. I contributi forniti dagli utenti alle imprese che esercitano attività digitali, di fatto, alimentano la creazione di valore per l'impresa stessa.

In un tale contesto, la Digital service tax è un'imposta calcolata sui ricavi generati dalla fornitura di servizi digitali, caratterizzati appunto, in modo specifico, dalla creazione di valore da parte degli utenti. In altre parole, su utilizzano i ricavi derivanti da tali servizi come elemento per identificare, ai fini tributari, il valore creato dalla partecipazione degli utenti ad un'attività digitale.

In sostanza, la partecipazione dell'utente dà un contributo fondamentale all'impresa che svolge tale tipo di attività e le permette successivamente di ottenerne dei ricavi.

L'imposta è entrata in vigore nell'Ordinamento nazionale dal 1° gennaio 2020, prevedeva il primo versamento al 16 maggio 2021 (termine rinviato rispetto alla precedente scadenza del 16 marzo 2021).

Descrizione

Si tratta quindi di un'imposta che viene applicata sui ricavi generati dalla fornitura di determinati servizi digitali caratterizzati dalla creazione di valore da parte degli utenti, quali:

  • veicolazione su un'interfaccia digitale di pubblicità mirata agli utenti della medesima interfaccia;
  • messa a disposizione di un'interfaccia digitale multilaterale, che consente agli utenti di essere in contatto e di interagire tra loro, anche al fine di facilitare la fornitura diretta di beni o servizi;
  • trasmissione di dati raccolti da utenti e generati dall'utilizzo di un'interfaccia digitale.

Per “ricavi imponibili” s'intendono i corrispettivi percepiti, nel corso dell'anno solare, dai soggetti passivi dell'imposta per l'effettuazione dei servizi digitali ovunque realizzati, limitatamente alla percentuale rappresentativa della parte di tali servizi collegata al territorio dello Stato.

L'imposta si applicherà allorché l'utente di un servizio tassabile venga localizzato – attraverso l'indirizzo IP o altro sistema di geolocalizzazione - nel territorio dello Stato.

L'imposta sui servizi digitali è applicabile ai soggetti esercenti attività d'impresa, che, singolarmente o a livello di gruppo, nel corso di un anno solare, realizzino congiuntamente:

a) un ammontare complessivo di ricavi, ovunque realizzati, non inferiore a € 750.000.000;

b) un ammontare di ricavi derivanti dai servizi digitali realizzati nel territorio dello Stato, non inferiore a € 5.500.000.

Sono esclusi dall'ambito di applicazione dell'imposta:

  1. le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate direttamente tra gli utenti attraverso un'interfaccia digitale che svolge funzioni di intermediario; è il caso dei beni venduti attraverso un marketplace, quando facilita la vendita di beni di soggetti terzi;
  2. le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate direttamente dal fornitore, attraverso un'interfaccia digitale che non svolge funzioni di intermediazione, quando vende beni propri (c.d. reseller);
  3. il servizio di messa a disposizione di un'interfaccia digitale, il cui scopo principale è fornire agli utenti dell'interfaccia contenuti digitali, servizi di comunicazione e servizi di pagamento;
  4. il servizio di messa a disposizione di un'interfaccia digitale utilizzata per gestire servizi finanziari regolamentati; i casi sono analiticamente individuati dalla legge e fanno riferimento ai meccanismi di funzionamento dei mercati finanziari regolamentati (c.d. public markets);
  5. il servizio di messa a disposizione di un'interfaccia digitale utilizzata per gestire lo scambio di energia elettrica, gas, certificati ambientali e dei carburanti.

I soggetti passivi sono tenuti al versamento dell'imposta entro il mese successivo a ciascun trimestre e alla presentazione della dichiarazione annuale dell'ammontare dei servizi tassabili prestati entro 4 mesi dalla chiusura del periodo d'imposta.

Provvedimenti attuativi

L'Agenzia delle Entrate ha posto in consultazione pubblica la bozza di Provvedimento per le modalità applicative dell'imposta a dicembre 2020. Il Provvedimento è stato poi emanato il 16 gennaio 2021.

Per ciò che riguarda gli obblighi dichiarativi, con un successivo intervento di prassi, l'Agenzia delle Entrate dovrà approvare il modello, con le relative istruzioni ed emanare la circolare applicativa.

La possibilità di presentare interpello

Vista la novità e complessità della materia, è probabile che neppure i provvedimenti di prassi siano in grado di rispondere a tutte le questioni applicative che si potranno verificare in sede di concreta attuazione dell'imposta.

Un possibile tema interpretativo potrebbe dunque attenere a se sia possibile presentare interpello per chiarire i criteri di corretta determinazione della base imponibile e dell'imposta.

Analizziamo di seguito il tema.

Dal 1° gennaio 2016, è in vigore la «nuova» disciplina dell'interpello, come novellata dal d.lgs. n. 156/2015. Il nuovo quadro normativo prevede diverse tipologie di interpello:

  • interpello ordinario: riguarda l'applicazione delle disposizioni tributarie quando vi sono condizioni di obiettiva incertezza sulla corretta interpretazione di tali disposizioni e sulla corretta qualificazione di fattispecie alla luce delle disposizioni tributarie applicabili;
  • interpello qualificatorio, che differisce da quello interpretativo ordinario, per il rilievo che assume la valutazione della fattispecie obiettivamente incerta rispetto all'interpretazione delle norme di legge invocate dal contribuente nel caso concreto.
  • interpello probatorio: riguarda la sussistenza delle condizioni e la valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l'adozione di specifici regimi fiscali nei casi espressamente previsti (come ad esempio le istanze presentate dalle società non operative);
  • interpello antiabuso: riguarda l'applicazione della disciplina sull'abuso del diritto ad una specifica fattispecie con riferimento a qualsiasi settore impositivo;
  • interpello disapplicativo: riguarda la disapplicazione di norme che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti di imposta se viene fornita la dimostrazione che detti effetti elusivi non potevano verificarsi.

La fattispecie in esame potrebbe dunque rientrare nella disciplina dell'interpello ordinario o qualificatorio, laddove l'istanza deve essere presentata prima di porre in essere il comportamento rilevante ai fini tributari.

L'istanza è ammissibile solo qualora riguardi questioni per le quali sussistano obiettive condizioni di incertezza, laddove l'incertezza non riguarda la norma in sé (incertezza assoluta), ma dipende dalla esistenza o meno di un'interpretazione da parte dell'Agenzia (incertezza relativa): se dunque l'Agenzia non si fosse già pronunciata sul punto oggetto di istanza l'interpello dovrebbe essere ammissibile.

Legittimati a presentare l'istanza di interpello sono del resto, in questo caso, anche i soggetti non residenti, e coloro che, in base alla legge, sono obbligati a porre in essere gli adempimenti tributari per conto dei contribuenti.

Altra fattispecie su cui interrogarsi riguarda poi il cosiddetto ruling internazionale (articolo 31-ter nel d.p.r. n. 600/1973), che è ipotesi particolare di interpello, prevista in materia di prezzi di trasferimento, interessi, dividendi e royalties e si conclude con un accordo tra l'Amministrazione finanziaria ed il contribuente.

Tale istituto si applica, in via esclusiva, alle imprese residenti in Italia con attività internazionale, ovvero alle imprese non residenti in Italia, ma che operano nel territorio dello Stato mediante una stabile organizzazione.

Il contribuente deve presentare istanza al competente ufficio di Milano o di Roma dell'Agenzia delle Entrate, con la chiara indicazione dell'oggetto di ruling. Il competente ufficio dell'Amministrazione finanziaria, entro 30 giorni dalla presentazione dell'istanza, invita il legale rappresentante dell'impresa a comparire per definire il procedimento in contraddittorio.

La procedura di ruling deve perfezionarsi con la sottoscrizione dell'accordo tra Amministrazione finanziaria ed impresa, entro 180 giorni dal ricevimento dell'istanza. Tale accordo ha efficacia vincolante, sia per l'Amministrazione finanziaria che per l'impresa, per il periodo d'imposta nel quale è stato sottoscritto e per i due successivi, e limita i poteri di accertamento dell'Amministrazione finanziaria a materie diverse da quelle di oggetto di ruling, per il suo periodo di efficacia, «salvo che intervengano mutamenti nelle circostanze di fatto o di diritto rilevanti al fine delle predette metodologie e risultanti dall'accordo sottoscritto dai contribuenti». In ottemperanza alla normativa comunitaria, l'Amministrazione invia copia dell'accordo all'autorità fiscale competente degli Stati di residenza delle imprese con i quali i contribuenti hanno concluso le relative operazioni.

Gli accordi preventivi per le imprese con attività internazionale possono dunque essere conclusi dalle imprese che intendano pervenire ad una ad una valutazione condivisa con l'Agenzia delle Entrate in relazione:

  • alla determinazione dei metodi di calcolo del valore normale delle transazioni infragruppo;
  • alla definizione dei valori di uscita e di ingresso in caso di trasferimento della residenza;
  • alla preventiva valutazione circa la sussistenza dei requisiti che configurano, in Italia, una stabile organizzazione di un soggetto non residente;
  • all'applicazione ad un caso concreto di norme, anche di origine convenzionale, concernenti l'erogazione o la percezione di dividendi, interessi e canoni, e altre componenti reddituali, a o da soggetti non residenti;
  • all'applicazione ad un caso concreto di norme, anche di origine convenzionale, concernenti l'attribuzione di utili o perdite alla stabile organizzazione in un altro Stato di un soggetto residente ovvero alla stabile organizzazione in Italia di un soggetto non residente.

L'Agenzia delle Entrate, con Provvedimento del 21 marzo 2016, ha fornito le indicazioni operative.

La fattispecie della DST non sembra però poter rientrare nella gran parte delle fattispecie sopra indicate:

  1. non nel transfer pricing, dato che non si tratta del calcolo del valore normale;
  2. non nell'attribuzione di utili o perdite, dato che con la DST si tassano i ricavi;
  3. non nella stabile organizzazione, dato che, ai fini dell'imposta, si prescinde da tale sussistenza.

Potrebbe semmai poter rientrare, anche in via interpretativa, nella fattispecie relativa alla erogazione di dividendi, interessi o royalties e altri componenti redditualia o da soggetti non residenti, riferendosi all'attribuzione di ricavi a soggetti non residenti, quali appunto quelli poi soggetti alla DST. Resta però il fatto che, come visto, l'impresa richiedente deve essere residente in Italia, o operarvi tramite stabile organizzazione.

L'adempimento collaborativo

Infine, bisogna fare un accenno anche al regime di adempimento collaborativo, che prevede modalità di interlocuzione costante e preventiva con l'Agenzia delle Entrate, con la possibilità di pervenire a una comune valutazione delle situazioni suscettibili di generare rischi fiscali prima della presentazione delle dichiarazioni fiscali.

Tale previsione offre l'opportunità di gestire le situazioni di incertezza attraverso un confronto preventivo su elementi di fatto e si presta, pertanto, a prevenire e a risolvere anticipatamente le potenziali controversie fiscali.

Nell'ambito di tale dialogo, può essere formalizzato un accordo, denominato appunto “accordo di adempimento collaborativo”. Il contenuto dell'accordo vincola le parti per il periodo di imposta nel corso del quale è stata definita la soluzione condivisa e per i periodi di imposta successivi, salvo mutamenti nelle circostanze di fatto o di diritto rilevanti ai fini della comune valutazione.

Il “regime di adempimento collaborativo” è stato istituito con il d.lgs. 5 agosto 2015, n. 128 e possono aderirvi i contribuenti dotati di un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale, inteso quale rischio di operare in violazione di norme di natura fiscale o in contrasto con i principi o con le finalità dell'ordinamento tributario.

Quanto ai requisiti soggettivi (art. 7 del d.lgs. n. 128/2015 e punto 2 del Provvedimento Agenzia Entrate del 14 aprile 2016), in fase di prima applicazione, il regime era riservato:

  • ai soggetti residenti e non residenti (con stabile organizzazione in Italia) che realizzavano un volume di affari o di ricavi non inferiore a dieci miliardi di euro;
  • ai soggetti residenti e non residenti (con stabile organizzazione in Italia) che realizzavano un volume di affari o di ricavi non inferiore a un miliardo di euro e che abbiano presentato istanza di adesione al Progetto pilota sul Regime di Adempimento Collaborativo;
  • alle imprese che intendevano dare esecuzione alla risposta dell'Agenzia delle Entrate, fornita a seguito di istanza di interpello sui nuovi investimenti (art. 2 del d.lgs. 14 settembre 2015, n. 147) indipendentemente dal volume di affari o di ricavi.

Successivamente alla fase di prima applicazione, terminata il 31 dicembre 2019, possono essere ammessi ulteriori contribuenti che conseguono un volume di affari o di ricavi non inferiore a cento milioni di euro o appartenenti a gruppi di imprese.

L'articolo 6 del d.lgs. 128/2015 prevede diversi effetti di natura premiale per le imprese che intendono aderire al regime, quali:

  • Procedura abbreviata di interpello preventivo, nell'ambito della quale l'Agenzia delle Entrate si impegna a rispondere ai quesiti delle imprese entro quarantacinque giorni, decorrenti dal ricevimento dell'istanza o della eventuale documentazione integrativa richiesta.
  • Applicazione di sanzioni ridotte alla metà, e comunque in misura non superiore al minimo edittale, con sospensione della riscossione fino alla definitività dell'accertamento, per i rischi comunicati in modo tempestivo ed esauriente, laddove l'Agenzia delle entrate non condivida la posizione dell'impresa.
  • Esonero dal presentare garanzie per i rimborsi delle imposte dirette ed indirette per tutto il periodo di permanenza nel regime.

I contribuenti che intendono aderire al regime di adempimento collaborativo devono inoltrare domanda in via telematica utilizzando l'apposito modello, disponibile sul sito istituzionale.

Verificata la sussistenza dei requisiti richiesti, l'Agenzia comunica l'ammissione entro i successivi 120 giorni. Il regime si applica al periodo d'imposta nel corso del quale viene trasmessa la richiesta di adesione e si intende tacitamente rinnovato se non viene espressamente comunicata dal contribuente la volontà di non permanere nel regime di adempimento collaborativo. Dopo l'ammissione al regime, la procedura si articola in una serie di passaggi tutti caratterizzati dal costante dialogo tra Agenzia e contribuente, ispirato al principio del contraddittorio.

Per i soggetti non residenti i riscontri vengono effettuati in capo alla stabile organizzazione presente nel territorio dello Stato, facendo riferimento, per i ricavi, a quanto indicato nel rendiconto economico e patrimoniale relativo all'esercizio precedente a quello in corso alla data di presentazione della domanda o ai due esercizi anteriori e per il volume di affari, a quanto indicato nella dichiarazione ai fini IVA relativa all'anno solare precedente o ai due anni solari anteriori.

Tale tipo di istituto potrebbe dunque essere utilizzato anche ai fini della soluzione di eventuali questioni interpretative attinenti alla nuova Dst, ma, come visto, richiede comunque che la società non residente abbia una proposta stabile organizzazione sul territorio italiano, cosa non richiesta nel caso della “web tax”.

Conclusioni

Volendo tirare le conclusioni di quanto fin qui evidenziato, la fattispecie in esame potrebbe dunque eventualmente rientrare nella disciplina dell'interpello ordinario o qualificatorio. Legittimati a presentare l'istanza di interpello sono del resto, come visto, anche i soggetti non residenti, e coloro che in base alla legge sono obbligati a porre in essere gli adempimenti tributari per conto dei contribuenti.

Per l'applicazione del ruling internazionale, ci vorrebbe invece probabilmente una modifica dell'attuale disciplina. La fattispecie della DST potrebbe rientrare nella fattispecie relativa alla erogazione di dividendi, interessi o royalties e altri componenti reddituali a o da soggetti non residenti. Resta però il fatto che, come visto, l'impresa richiedente deve essere residente in Italia, o operarvi tramite stabile organizzazione. E dunque sul profilo soggettivo, se la si volesse estendere anche ai soggetti non residenti tout court (laddove la DST non richiede la presenza della stabile organizzazione), ci vorrebbe eventualmente una modifica normativa in tal senso.

Infine il regime di adempimento collaborativo prevede la possibilità di pervenire a una comune valutazione delle situazioni suscettibili di generare rischi fiscali prima della presentazione delle dichiarazioni fiscali.

L'articolo 6 del d.lgs. 128/2015 prevede diversi effetti di natura premiale per le imprese che intendono aderire al regime, tra i quali anche la possibilità di accedere ad una procedura abbreviata di interpello preventivo, nell'ambito della quale l'Agenzia delle Entrate si impegna a rispondere ai quesiti delle imprese entro quarantacinque giorni. Tale tipo di istituto potrebbe dunque essere utilizzato anche ai fini della soluzione di eventuali questioni interpretative attinenti alla nuova Dst, ma, come visto, richiede comunque che la società non residente abbia una stabile organizzazione sul territorio italiano, cosa non richiesta nel caso della “web tax”.

In conclusione, per poter accedere anche a tali strumenti di “chiarimento” in relazione alla nuova imposta, o si utilizza l'interpello ordinario/qualificatorio, oppure si dovrebbe intervenire sull'istituto del ruling internazionale (o anche dell'adempimento collaborativo), estendendoli anche ai soggetti non residenti privi di stabile organizzazione (e a quel punto chiarendone anche l'ambito oggettivo, esteso ai presupposti DST).

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