Irregolarità negoziali e meccanismi di tutela ad hoc: il potere dispositivo dell'ispettorato subisce una limitazione?

Teresa Zappia
09 Agosto 2021

Il potere dispositivo di cui all'art. 14 D.lgs. n. 124/2004, come recentemente modificato dalla L. n. 120/2020, non può essere esteso alle irregolarità c.d. negoziali, ossia aventi fonte nel CCNL applicato dal datore, in particolar modo ove la fattispecie concreta configuri un'ipotesi di inadempimento contrattuale e la Legge prevede per la stessa uno specifico meccanismo di tutela...
Massima

Il potere dispositivo di cui all'art. 14 D.lgs. n. 124/2004, come recentemente modificato dalla L. n. 120/2020, non può essere esteso alle irregolarità c.d. negoziali, ossia aventi fonte nel CCNL applicato dal datore, in particolar modo ove la fattispecie concreta configuri un'ipotesi di inadempimento contrattuale e la Legge prevede per la stessa uno specifico meccanismo di tutela.

È abnorme, pertanto, la disposizione con la quale venga ad essere imposto al datore, pena l'applicazione di una sanzione pecuniaria, un determinato inquadramento professionale dei lavoratori, trovando applicazione l'art. 2103 c.c.

Il caso

Il potere dispositivo di cui all'art. 14 D.lgs. n. 124/2004, come recentemente modificato dalla L. n. 120/2020, non può essere esteso alle irregolarità c.d. negoziali, ossia aventi fonte nel CCNL applicato dal datore, in particolar modo ove la fattispecie concreta configuri un'ipotesi di inadempimento contrattuale e la Legge prevede per la stessa uno specifico meccanismo di tutela.

È abnorme, pertanto, la disposizione con la quale venga ad essere imposto al datore, pena l'applicazione di una sanzione pecuniaria, un determinato inquadramento professionale dei lavoratori, trovando applicazione l'art. 2103 c.c.

La questione giuridica

Il potere di disposizione di cui all'art. 14 D.lgs. n. 124/2004 può estendersi anche alle irregolarità “negoziali”, afferenti al mancato rispetto del CCNL applicato?

La soluzione giuridica

Sotto il profilo processuale. Il giudice amministrativo ha ritenuto legittimato passivo l'Ispettorato, essendo oggetto del giudizio un provvedimento amministrativo a contenuto ordinatorio (con previsione di una sanzione pecuniaria), espressione di un potere pubblicistico che, a prescindere dai soggetti nel cui interesse è esercitato, fa capo all'Ispettorato stesso.

Nel merito. Il TAR ha dichiarato fondato il ricorso nella parte in cui è stato contestato l'esercizio del potere di disposizione da parte dell'I.T.L., esorbitando esso dai limiti fissati dall'art. 14 D.lgs. n. 124/2004.

Secondo il g.a. il tipo di violazione contestata, rectius l'inquadramento dei lavoratori in una categoria contrattuale diversa da quella spettante in ragione delle mansioni esercitate secondo il C.C.N.L. applicabile, non poteva configurare una "irregolarità (...) in materia di lavoro e legislazione sociale" ai sensi dell'art. 14 prefato.

La diversa lettura della disposizione fatta propria dall'I.N.L. (circolare n. 5 del 30 settembre 2020), è stata pertanto criticata dall'organo giudicante, facendo leva su diverse argomentazioni.

In primis, ad avviso del g.a., il termine "irregolarità" di cui all'art. 14 indica una difformità, rispetto alla fattispecie legale, priva di espressa sanzione giuridica. Ai fini dell'applicazione della suddetta disposizione, quindi, la violazione deve interessare norme c.d. "imperfette", che al comando giuridico non accompagnino alcuna sanzione. La particolare natura dei contratti collettivi, precisa il TAR, avrebbe richiesto un'esplicita considerazione in seno alla disposizione in esame.

Nel caso specifico, invece, l'adibizione del lavoratore a mansioni non corrispondenti alla categoria di inquadramento di cui al C.C.N.L., integrava l'inadempimento di un obbligo di fonte legale (art. 2103 c.c.), presidiato da uno speciale meccanismo di tutela (comma 7), con conseguente inoperatività dell'art. 14.

L'eventuale estensione ad irregolarità contrattuali, sottolinea il TAR, dovrebbe comunque essere interpretata in conformità all'espresso principio di "residualità" del potere di disposizione, per cui esso potrebbe essere attivato solo in mancanza di rimedi tipici.

Nel caso di specie, tuttavia, l'adibizione di fatto a mansioni superiori rispetto al proprio inquadramento, prevede un particolare meccanismo di tutela davanti al g.o., fondato sul riconoscimento del diritto alla stabilizzazione della superiore categoria contrattuale.

Il TAR ha inoltre ritenuto che possibilità di riferire l'art. 14 alle irregolarità “negoziali”, in assenza di espressa specificazione legislativa, non si concilierebbe con il tenore testuale dell'art. 13 dello stesso Decreto Legislativo.

In ipotesi di irregolarità “negoziali”, d'altronde, la disposizione finirebbe per sindacare l'esercizio del potere direttivo del datore, imponendogli, sotto la minaccia della sanzione pecuniaria, una determinata e permanente conformazione del contratto, sicché un tale provvedimento dovrebbe ritenersi abnorme, configurando un intervento in via autoritativa su un rapporto negoziale, in supplenza della parte direttamente titolare dell'interesse (il lavoratore), pur non avendo tale interesse una diretta rilevanza pubblicistica.

Il TAR ha rilevato la sussistenza di criticità anche sotto il profilo pratico: il datore destinatario di un ordine ex art. 14, per evitarne il consolidamento e l'irrogazione della sanzione per inottemperanza, non potrebbe che contestarlo innanzi al TAR. Il giudice amministrativo si troverebbe, quindi, a dover pronunciare nel merito del rapporto di lavoro, senza efficacia di giudicato, trattandosi di questione incidentale ai sensi dell'art. 8, comma 1 c.p.a.

Ex altera parte, il lavoratore, non troverebbe adeguata tutela qualora il datore persistesse nell'inottemperanza e decidesse di assoggettarsi alla sanzione, senza modificare l'inquadramento contrattuale, sicché dovrebbe necessariamente agire di fronte al giudice del lavoro.

Il provvedimento di disposizione, applicato per contestare la categoria di inquadramento, si rileverebbe pertanto uno strumento privo di efficacia sul piano della tutela dell'interesse del lavoratore.

Per le ragioni suddette, il TAR ha dichiarato il provvedimento viziato da eccesso di potere, per avere l'Amministrazione agito oltre i limiti del potere di disposizione di cui all'art. 14 D.lgs. n. 124/2004, con conseguente annullamento dello stesso.

Osservazioni

Allo scopo di rendere più efficace lo strumento della disposizione – in precedenza scarsamente impiegato- il Legislatore ha riscritto completamente l'art. 14 D.lgs. n. 124/2004, estendendone il possibile impiego a tutti i casi in cui le irregolarità in materia di lavoro e legislazione sociale non comportino l'applicazione di una sanzione amministrativa o penale (cfr. art. 12-bis, co. 3, lett. b), L. n. 120/2020). Il “nuovo” provvedimento di disposizione è stato visto come un mezzo per assicurare una tutela sostanziale ai lavoratori, in particolar modo nel periodo attuale caratterizzato dalla crisi epidemiologica.

In ragione dell'ampiezza dell'attuale dettato normativo, l'I.N.L. ha fornito alcune indicazioni interpretative, in modo particolare con le circolari n. 5/2020 e n. 4539/2020. Ad avviso dell'Ispettorato, al fine di indirizzarne l'esercizio del potere dispositivo nel rispetto della ratio sottesa all'intervento del Legislatore, l'art. 14 farebbe riferimento non solo alle disposizioni normative sprovviste di una specifica sanzione, ma anche a quelle inserite nel contratto collettivo applicato dal datore (anche di fatto). È stata, invece, esclusa l'estensione agli obblighi aventi fonte esclusiva in una scelta negoziale delle parti (contratto individuale), rischiandosi altrimenti una sovrapposizione con l'art. 12 del medesimo Decreto Legislativo.

Pur sussistendo talune ipotesi in cui la violazione di clausole della contrattazione collettiva dà luogo a sanzioni amministrative, queste sono limitate a taluni specifici settori – es. i tempi di lavoro (D.lgs. n. 66/2003) - sicché la contrattazione collettiva non costituisce il contesto “ordinario” di applicazione del diritto punitivo. Proprio la superiorità numerica dei casi in cui le inosservanze negoziali sono sprovviste di sanzione risponderebbe, secondo l'I.N.L., all'esigenza di estendere alle stesse lo strumento della disposizione, coerentemente allo scopo della modifica legislativa, diretta al rilancio dell'istituto al fine precipuo di tutelare la posizione di tutti i lavoratori (vd. nota I.N.L. n. 1062/2020).

Sebbene l'art. 14 faccia espresso riferimento alle sole sanzioni amministrative e penali, l'I.N.L. ha ritenuto che il potere dispositivo possa essere esercitato anche nei casi in cui siano (già) previste sanzioni civili (nota n. 4539/2020). L'Ispettorato ha inoltre indicato alcune ipotesi esemplificative e, dunque non tassative, in cui l'articolo prefato può trovare applicazione, includendo tra queste anche l'“adibizione formale del lavoratore a mansioni inferiori (nonché superiori), al di fuori delle ipotesi derogatorie previste dall'art. 2103 c.c. “(Esemplificazioni art. 14 D.lgs. n.124/2004 – 15 dicembre 2020).

Tenuto a mente quanto sopra, l'art. 14 non può essere esaminato prescindendo da un'interpretazione sistematica del testo legislativo, sub specie degli artt. 12 e 13.

Diversamente dalla disposizione, la diffida accertativa (art. 12), afferente i casi di inosservanze alla disciplina contrattuale da cui scaturiscono crediti patrimoniali a favore del lavoratore, è suscettibile di acquisire essa stessa efficacia di titolo esecutivo, garantendo di fatto una più concreta tutela della posizione del dipendente.

L'art. 13, invece, prevede espressamente lo strumento della diffida ove venga accertata un'inosservanza delle norme di legge o del contratto collettivo in materia di lavoro e legislazione sociale (ovvero inadempimenti dai quali derivino sanzioni amministrative).

Ai fini interpretativi, il dato testuale nonché l'aspetto strettamente pratico dei suddetti strumenti non sembrano di poco conto: da un lato, ove il Legislatore ha ritenuto di estendere la disciplina anche alle “irregolarità” negoziali, è intervenuto con un'espressa previsione (art. 13); dall'altro, per le ipotesi in cui il lavoratore vanti dei crediti verso il datore, è stato predisposto un mezzo idoneo a garantirne una tutela effettiva, indipendente da un' “adesione” datoriale all'accertamento ispettivo.

Nel caso della disposizione, viceversa, l'art. 14 fa riferimento alla sola materia e non anche alla fonte (legislativa o negoziale), sebbene, come sopra riportato, l'ambito della contrattazione collettiva non rappresenti terreno d'elezione del diritto punito (sanzioni penali ed amministrative). La disposizione, inoltre, come precisato dal TAR, si presenta poco efficace ove il datore non ottemperi alla stessa e il lavoratore non abbia altra via se non quella di ricorrere innanzi al giudice competente, diversamente da quanto avviene in caso di diffida accertativa.

Per approfondire

- C. Santoro, Il nuovo potere ispettivo di disposizione, in D.R.L.,I,1 marzo 2021, pp. 253 ss.

- E. Massi, Potere di disposizione degli ispettori del lavoro: rischi e sanzioni per le aziende, in Ipsoa Quotidiano, 14 ottobre 2020.

- M. Pagano, Diffida e disposizione, nuovi poteri agli ispettori del lavoro, in La Consulenza del Lavoro, 2020, n. 11, pp. 12 ss.

- C. Santoro, La contrattazione collettiva nel diritto sanzionatorio del lavoro, ADAPT University Press, 2018

- C. Santoro, Legittimo il potere di disposizione ispettivo in materia di orario di lavoro, in Boll. ADAPT, 2015, n. 23.

- P. Rausei, M. Tiraboschi (a cura di), L'ispezione del lavoro dieci anni dopo la riforma. Il d.lgs. n. 124/2004 fra passato e futuro, ADAPT University Press, 2014, pp. 317 ss.

M. Pistoni, Poteri dispositivi degli ispettori e Libro unico del lavoro, in DPL, 2011, n. 35, pp. 2077 ss.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.