Impugnazione inviata ad un indirizzo PEC assegnato al Tribunale ma non destinato alla ricezione di tali atti: è ammissibile?

12 Agosto 2021

La violazione dei provvedimenti organizzativi adottati dal dirigente dell'ufficio giudiziario in ordine alla destinazione dei singoli indirizzi PEC assegnati all'ufficio medesimo per il deposito degli atti difensivi non costituisce causa di inammissibilità dell'impugnazione cautelare...
Massima

La violazione dei provvedimenti organizzativi adottati dal dirigente dell'ufficio giudiziario in ordine alla destinazione dei singoli indirizzi di posta elettronica certificata (PEC) assegnati all'ufficio medesimo per il deposito degli atti difensivi non costituisce causa di inammissibilità dell'impugnazione cautelare, in quanto tale sanzione processuale è prevista dall'art. 24, c. 6-sexies, lett. e), D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, esclusivamente per il caso del mancato rispetto delle indicazioni contenute nel provvedimento del Direttore Generale dei Sistemi Informativi Automatizzati del Ministero della giustizia (DGSIA), emesso ai sensi del precedente comma 4 della medesima disposizione, pubblicato il 9 novembre 2020 (e, dunque, solo in caso di utilizzo di indirizzi PEC di destinazione non ricompresi nell'Allegato 1 del citato provvedimento direttoriale).

Fonte: ilprocessotelematico.it

Il caso

Il Tribunale del riesame di Genova ha dichiarato inammissibile l'appello cautelare proposto dall'imputato avverso l'ordinanza con cui la Corte d'Appello aveva rigettato l'istanza di sostituzione della custodia cautelare in carcere in atto nei suoi confronti per più reati furto aggravato. L'inammissibilità si fonda sulla constatazione dell'utilizzo di due indirizzi di posta elettronica certificata, non abilitati alla ricezione degli atti destinati al Tribunale del riesame, perché diversi da quello indicato a tale scopo dal provvedimento del Presidente del Tribunale di Genova del 18/11/2020, in ossequio alle direttive contenute nell'art. 24, comma 4, del d.l. n. 137 del 2020, e nel successivo provvedimento del Direttore generale dei servizi informativi e automatizzati del 9 novembre 2020.

Avverso questo provvedimento, l'imputato ha proposto ricorso per cassazione, rappresentando che l'atto di appello è stato inviato a due indirizzi di PEC del Tribunale di Genova, entrambi ricompresi nell'elenco allegato al provvedimento del Direttore Generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della Giustizia contenente l'individuazione degli indirizzi PEC degli uffici giudiziari destinatari dei depositi di cui all'art. 24, comma 4, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137.

L'art. 24, comma 6 bis, del medesimo d.l. stabilisce che l'impugnazione è inammissibile in alcuni casi da ritenersi tassativi, tra i quali non rientra quello che la Corte d'Appello ha ritenuto sussistente, cioè l'invio dell'impugnazione ad un indirizzo di PEC diverso da quello che il Presidente del Tribunale di Genova aveva individuato, tra i tre indirizzi indicati dal DGSIA, per l'inoltro delle impugnazioni in materia cautelare. Il fatto che il ricorrente non avesse utilizzato quest'ultimo indirizzo per l'invio dell'appello ex art. 310 c.p.p., pertanto, non poteva determinarne l'inammissibilità, stante l'irrilevanza del provvedimento del Presidente del Tribunale di Genova a tal fine.

La Procura Generale ha chiesto l'annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.

La questione

La questione posta al vaglio della Suprema Corte può essere sintetizzata nel modo seguente: è inammissibile l'impugnazione inviata ad un indirizzo di PEC, che rientra tra quelli assegnati all'ufficio giudiziario destinatario dell'atto, ma non destinato, in base al provvedimento del Dirigente di tale ufficio, alla ricezione di questi specifici atti?

Le soluzioni giuridiche

1. La Corte ha ritenuto fondato il ricorso, annullando con rinvio il provvedimento impugnato.

Il decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137 - convertito in legge 18 dicembre 2020, n. 176 e recante "Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19" - nel testo seguito all'approvazione della legge di conversione, stabilisce, all'art. 24, comma 4, la possibilità di deposito con valore legale, mediante invio dall'indirizzo di posta elettronica certificata inserito nel Registro generale degli indirizzi certificati di cui all'art. 7 del regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44, di tutti gli atti, documenti e istanze comunque denominati diversi da quelli indicati nei commi 1 e 2 (e cioè diversi da quelli per i quali è previsto il deposito in via esclusiva mediante portale del processo penale telematico, per la durata del periodo emergenziale), fino alla scadenza del termine di cui al D.L. 25 marzo 2020, n. 19, art. 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 maggio 2020, n. 35.

In particolare, è stato previsto, tra l'altro, che il deposito con le modalità di cui al periodo precedente deve essere effettuato presso gli indirizzi PEC degli uffici giudiziari destinatari ed indicati in apposito provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati, pubblicato nel portale dei servizi telematici, segnalando anche che, con il medesimo provvedimento, sono indicate le specifiche tecniche relative ai formati degli atti e alla sottoscrizione digitale, nonché le "ulteriori modalità di invio" e disposizioni per messaggi che eccedono la dimensione massima stabilita (art. 24, comma 4, seconda parte).

La legge di conversione del predetto d.l. ha aggiunto, tra l'altro, all'art. 24 suddetto, i commi da 6 bis a 6 undecies, con i quali sono state previste disposizioni specifiche relative alla digitalizzazione del deposito e della ricezione degli atti di impugnazione penale.

Più precisamente, l'art. 24, comma 6-ter, citato stabilisce che l'impugnazione è trasmessa tramite posta elettronica certificata dall'indirizzo di posta elettronica certificata del difensore a quello dell'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato, individuato ai sensi del comma 4, con le modalità e nel rispetto delle specifiche tecniche ivi indicate, espressamente escludendo l'applicazione, in tal caso, della disposizione di cui all'art. 582, comma 2, c.p.p. (e cioè le specifiche possibilità di deposito "fisico" dell'impugnazione in ufficio diverso da quello del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato).

Il successivo art. 24, comma 6-quinquies, poi, ha disposto l'applicazione generalizzata delle disposizioni emergenziali a tutti gli atti di impugnazione, comunque denominati - e, in quanto compatibili, alle opposizioni di cui agli artt. 410 e 461 c.p.p., e art. 667 c.p.p., comma 4, e ai reclami giurisdizionali previsti dalla L. 26 luglio 1975, n. 354.

La stessa disposizione appena richiamata ha stabilito altresì che, per le richieste di riesame o di appello contro ordinanze in materia di misure cautelari, l'atto di impugnazione, in deroga a quanto disposto dal precedente comma 6-ter, è trasmesso all'indirizzo di posta elettronica certificata del Tribunale di cui all'art. 309,comma 7, c.p.p., e cioè, del Tribunale sede distrettuale.

La disciplina emergenziale ha una chiara finalità di alleggerimento del sistema complessivo di deposito degli atti giudiziari, comprese le impugnazioni, al fine di rispondere all'emergenza sanitaria in corso. A tale scopo si è favorita la "dematerializzazione" del sistema di deposito anche degli atti di impugnazione, qualsiasi essi siano, proponendo l'utilizzo di modalità informatiche certificate, come possibilità per le parti (inequivoca l'espressione "è consentito il deposito...").

Successivamente all'intervento di legislazione primaria, il 9.11.2020, il Direttore Generale dei Sistemi Informativi Automatizzati del Ministero della giustizia ha emanato il proprio provvedimento attuativo, contenente l'individuazione degli indirizzi PEC degli uffici giudiziari destinatari dei depositi di cui all'art. 24, comma 4, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, e le specifiche tecniche relative ai formati degli atti e le ulteriori modalità di invio, ed il relativo Allegato 1, contenente gli indirizzi PEC degli uffici giudiziari destinatari dei depositi di cui al D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 24, comma 4.

2. In tale contesto di disciplina, il legislatore, al medesimo D.L. n. 137 del 2020 cit., art. 24, comma 6-sexies, ha previsto anche cause espresse di inammissibilità dell'impugnazione, che operano qualora essa venga proposta al di fuori degli schemi legali emergenziali predetti, le quali costituiscono, dunque, cause ulteriori di inammissibilità, rispetto a quelle sancite in via generale dall'art. 591 c.p.p. (fatte esplicitamente salve).

Stando al tenore del testo normativo richiamato l'impugnazione è inammissibile:

a) quando l'atto di impugnazione non è sottoscritto digitalmente dal difensore;

b) quando le copie informatiche per immagine di cui al comma 6 bis, non sono sottoscritte digitalmente dal difensore per conformità all'originale;

c) quando l'atto è trasmesso da un indirizzo di posta elettronica certificata che non è presente nel Registro generale degli indirizzi certificati di cui al comma 4;

d) quando l'atto è trasmesso da un indirizzo di posta elettronica certificata che non è intestato al difensore;

e) quando l'atto è trasmesso a un indirizzo di posta elettronica certificata diverso da quello indicato per l'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato dal provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati di cui al comma 4 o, nel caso di richiesta di riesame o di appello contro ordinanze in materia di misure cautelari personali e reali, a un indirizzo di posta elettronica certificata diverso da quello indicato per il tribunale di cui all'art. 309 c.p.p., comma 7, dal provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi ed automatizzati di cui al comma 4.

3. Secondo la Corte, la specifica causa di inammissibilità declinata dalla lett. e) del comma 6-sexies, per il suo tenore letterale, è di applicazione limitata ai soli casi nei quali il deposito dell'atto di impugnazione avvenga tramite una casella di posta elettronica non indicata nel provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi ed automatizzati.

Così come per ogni causa di inammissibilità relativa al diritto di impugnazione nel processo penale, del resto, in relazione alle ipotesi previste dall'art. 24, c. 6-sexies, d.l. n. 137 del 2020, deve ritenersi operante il principio di tassatività, che ne impedisce l'estensione ad ipotesi analoghe di irregolarità delle modalità di trasmissione, non contemplate esplicitamente dal dettato legislativo.

L'inammissibilità prevista dalla lett. e) della disposizione citata non fa richiamo alcuno ad una sanzione processuale collegata alla trasmissione ad un indirizzo diverso da quello indicato dal dirigente dell'ufficio destinazione per le impugnazioni avverso determinati provvedimenti piuttosto che altri.

Anzi, la normativa primaria neppure contempla il potere di successiva specificazione-integrazione del provvedimento del Direttore DGSIA da parte dei capi degli uffici giudiziari.

Se, pertanto, i dirigenti degli uffici giudiziari ritengono di individuare, tra quelli loro assegnati dal provvedimento del Direttore DGSIA, degli indirizzi "dedicati" da destinare alla ricezione di talune categorie di atti - possibilità legittima, non vietata dal punto di vista normativo - tali disposizioni assumono valenza solo organizzativa interna, benché resa pubblica con modalità di comunicazione esterne da parte degli uffici, e non possono assurgere a disciplina integrativa di quella di legge in materia di deposito delle impugnazioni con valore legale, né tantomeno essere causa di inammissibilità, ai sensi del citato comma 6 sexies.

4. Nel caso di specie, il difensore del ricorrente ha inviato la propria richiesta di appello cautelare a due dei tre indirizzi PEC attribuiti all'ufficio competente dal provvedimento del Direttore DGSIA del 9 novembre 2020 (ricompresi nell'Allegato 1) e, dunque, in conformità a quanto prescritto dall'art. 24, comma 4, sicché erroneamente è stata dichiarata l'inammissibilità ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 24, comma 6 sexies, lett. e), convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, solo perchè gli indirizzi utilizzati non corrispondevano a quello, tra i tre, individuato dal Presidente del Tribunale di Genova per essere dedicato specificamente a ricevere le PEC relative alle impugnazioni in materia cautelare.

Osservazioni

1. La sentenza illustrata si segnala per la completa analisi del tema per la cui illustrazione appare utile fare un passo indietro.

L'indirizzo giurisprudenziale assolutamente consolidato, come è noto, esclude la possibilità del ricorso alla PEC per la spedizione di una impugnazione (cfr., tra le altre, Cass. Sez. 3, n. 50932 del 11/07/2017; Cass. Sez. 4, n. 21056 del 23/01/2018; Cass. Sez. 5, n. 24332 del 5/03/2015; Cass. Sez. 6, n. 55444 del 5/12/2017; Cass. Sez. 4, n. 18823 del 30/03/2016; Cass. Sez. 4, n. 52092 del 27/11/2019; Cass. Sez. 1, n. 27127 del 8/9/2020; Cass. Sez. 5, n. 12347 del 13/12/2017, dep. 2018; Cass. Sez. 1, n. 2020 del 15/11/2019, dep. 2020; Cass. Sez. 4, n. 21056 del 23/01/2018; Cass. Sez. 3, n. 50932 del 11/07/2017; Cass. Sez. 1, n. 18235 del 28/01/2015; Cass. Sez. 1, n. 320 del 05/11/2018, dep. 2019), sulla base di una serie di argomenti costituiti:

  • dalla tassatività delle modalità di presentazione dell'impugnazione, disciplinate dall'art. 583 c.p.p., che permettono soltanto la spedizione dell'atto mediante lettera raccomandata o telegramma in alternativa alla presentazione in cancelleria ex art. 582 cod. proc. pen.;
  • dal fatto che nessuna norma prevede la trasmissione mediante PEC dell'atto di impugnazione;
  • dal fatto che l'art. 16 del d.l. n. 179 del 2012 consente l'utilizzo della PEC alla sola cancelleria e per le sole notificazioni a persone diverse dall'imputato;
  • della previsione di cui all'art. 16, comma 4, del d.P.R. n. 68/2005, regolamento emanato su delega dell'art. 27, c. 8, l. n. 3/2003, che, pur estendendo l'uso della PEC nell'ambito delle pubbliche amministrazioni, ha escluso tale estensione al processo penale (cfr. Sez. 3, n. 38411 del 13/04/2018).
  • dalla considerazione che, non essendo stato istituito un fascicolo telematico, mancherebbe lo strumento di ricezione – il contenitore – dell'atto, che potrebbe ricevere l'atto e renderlo fruibile al giudice ed alle altre parti del processo.

2. Sul tema, nell'ambito della normativa emergenziale, è intervenuto l'art. 24, comma 4, del d.l. n. 137 del 2021, secondo il quale “Per tutti gli atti, documenti e istanze comunque denominati diversi da quelli indicati nei commi 1 e 2 (cioè, per tutti gli atti diversi dalle memorie, documenti, richieste ed istanze indicate dall'art. 415-bis, c. 3, c.p.p. da depositare presso gli uffici delle procure della repubblica presso i tribunali esclusivamente mediante l'inserimento nel portale del processo penale telematico), fino alla scadenza del termine di cui all'art. 1 d.l. 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, è consentito il deposito con valore legale mediante posta elettronica certificata inserita nel Registro generale degli indirizzi di posta elettronica certificata di cui all'art. 7 del decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44”.

Questa stessa norma ha aggiunto che “Il deposito con le modalità di cui al periodo precedente deve essere effettuato presso gli indirizzi PEC degli uffici giudiziari destinatari ed indicati in apposito provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati e pubblicato sul Portale dei servizi telematici. Con il medesimo provvedimento sono indicate le specifiche tecniche relative ai formati degli atti e le ulteriori modalità di invio”.

Il successivo comma 5 della stessa disposizione ha stabilito che “Ai fini dell'attestazione del deposito degli atti dei difensori inviati tramite posta elettronica certificata ai sensi del comma precedente, il personale di segreteria e di cancelleria degli uffici giudiziari provvede ad annotare nel registro la data di ricezione e ad inserire l'atto nel fascicolo telematico. Ai fini della continuità della tenuta del fascicolo cartaceo provvede, altresì, all'inserimento nel predetto fascicolo di copia analogica dell'atto ricevuto con l'attestazione della data di ricezione nella casella di posta elettronica certificata dell'ufficio”.

L'art. 24, c. 1, del d.l. n. 137/2020, come convertito dalla legge n. 176 del 2020, ha delimitato l'ambito temporale delle disposizioni emergenziali richiamando il termine previsto dall'art. 1 d.l. n. 19 del 2020, convertito nella l. n. 35/2020 e poi è stato fissato 31 luglio 2021 dall'art. 6 del d.l. n. 44 del 2021.

3. Per l'attuazione delle norme indicate, in data 9 novembre 2020, è stato adottato il “Provvedimento del Direttore Generale dei sistemi Informativi Automatizzati del Ministero della Giustizia contenente l'individuazione degli indirizzi PEC degli uffici giudiziari destinatari dei depositi di cui all'art. 24, c. 4, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, e le specifiche tecniche relative ai formati degli atti e le ulteriori modalità di invio”.

Con questo provvedimento, quindi, sono stati individuati gli indirizzi PEC degli uffici giudiziari destinatari dei depositi di cui all'art. 24, c. 4, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, e sono state dettate le specifiche tecniche relative ai formati degli atti e le ulteriori modalità di invio (art. 1).

È stato stabilito che l'atto del procedimento in forma di documento informatico, da depositare per mezzo del servizio di posta elettronica certificata presso gli uffici giudiziari debba essere in formato PDF; debba essere ottenuto da una trasformazione di un documento testuale, senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti; non è pertanto ammessa la scansione di immagini; è sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata.

4. A seguito dell'introduzione del d.l. n. 137/2020 era stato prospettato, anche su questa rivista, che, almeno “fino alla scadenza del termine di cui all'art. 1 d.l. 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla l. 22 maggio 2020, n. 35” – e dunque, al momento fino al 31 luglio 2021 ex art. 6 del d.l. n. 44 del 2021 – potesse essere spedita un'impugnazione a mezzo PEC.

Era stato ritenuto, infatti, che, nel periodo emergenziale, gli argomenti addotti a sostegno dell'inammissibilità della spedizione dell'impugnazione a mezzo PEC fossero ormai superati.

La formulazione adottata dall'art. 24, c. 4, del d.l. n. 137/2020 – “atti, documenti, istanze, comune denominate” – era parsa di tale ampiezza da poter ricomprendere anche l'impugnazione che si propone con “atto scritto” (art. 581 c.p.p.).

I dubbi sulla autenticità della provenienza dell'atto, inoltre, sembravano dissolti perché la norma prevede che l'atto debba provenire dalla posta elettronica certificata inserita nel Registro generale degli indirizzi di posta elettronica certificata di cui all'art. 7 del decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44. Con il provvedimento del Direttore Generale dei sistemi informativi in precedenza illustrato, inoltre, è stato disposto che “l'atto del procedimento in forma di documento informatico, da depositare attraverso il servizio di posta elettronica certificata … è sottoscritto con firma digitale o elettronica qualificata”.

Secondo la norma in esame, poi, la cancelleria è tenuta ad inserire nel fascicolo cartaceo copia “analogica” dell'atto digitale, cioè a stampare una copia cartacea dell'atto (oltre ad essere disposto che la stessa cancelleria debba inserire l'atto nel “fascicolo digitale” che, allora, deve essere istituito quanto meno come raccolta degli atti digitali afferenti ad un certo procedimento).

In tal modo anche l'obiezione relativa alla mancanza dell'istituzione di un fascicolo telematico del processo penale, ai fini dell'ammissibilità della presentazione di impugnazioni a mezzo PEC, sembrava superata.

La Corte di cassazione, tuttavia, ha avallato questa prospettiva, perché ha affermato che l'art. 24, c. 4, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, trova applicazione esclusivamente in relazione agli atti di parte per i quali il codice di procedura penale non disponga specifiche forme e modalità di presentazione, stante la natura non derogatoria del suddetto comma rispetto alle previsioni sia del codice di procedura penale, sia del d.l. 29 dicembre 2009, n. 193, convertito con modificazioni dalla l. 22 febbraio 2010, n. 24, e sia anche del regolamento delegato adottato con decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44, concernente le regole tecniche per il processo civile e penale telematici (Cass. Sez. 1, n. 32566 del 03/11/2020.

5. La legge 18 dicembre 2020, n. 176, di conversione con modificazioni del d.l. n. 137/2020, pertanto, è intervenuta sul tema, introducendo una specifica disciplina per la spedizione in via telematica dell'impugnazione, dissipando in tal modo i dubbi sull'ammissibilità di tale modalità nel periodo emergenziale.

L'art. 24, c. 6-bis, del d.l. n. 137/2020, come introdotto dalla legge di conversione, infatti, ha stabilito che “Fermo quanto previsto dagli articoli 581, 582, comma 1, e 583 del codice di procedura penale, quando il deposito di cui al comma 4 ha ad oggetto un'impugnazione, l'atto in forma di documento informatico è sottoscritto digitalmente secondo le modalità indicate con il provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati di cui al comma 4 e contiene la specifica indicazione degli allegati, che sono trasmessi in copia informatica per immagine, sottoscritta digitalmente dal difensore per conformità all'originale”.

La nuova norma, dunque, ha chiarito che tra “gli atti, documenti e istanze”, di cui all'art. 24, comma 4, dello stesso d.l. devono ricomprendersi anche gli atti di impugnazione.

Per tali atti, tuttavia, è necessario rispettare una forma minima così determinata:

  • l'atto in forma di documento informatico deve essere sottoscritto digitalmente secondo le modalità indicate con il provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati di cui al comma 4 (cioè, con firma digitale o firma elettronica qualificata, secondo le tipologie PAdES e CAdES; gli atti che sono proposti da più soggetti possono essere firmati digitalmente da più soggetti purché almeno uno sia il depositante (art. 3, c. 3, del provvedimento DGSIA citato).
  • l'impugnazione deve contenere la specifica indicazione degli allegati, che sono anche essi trasmessi in copia informatica per immagine. La copia deve essere sottoscritta digitalmente dal difensore per conformità all'originale.

Questa disciplina, inoltre, si applica “fermo quanto previsto dagli articoli 581, 582, comma 1, e 583 del codice di procedura penale”:

  • occorre, pertanto, rispettare la forma dell'impugnazione disciplinata dall'art. 581 c.p.p.;
  • in ogni caso, il ricorso allo strumento telematici costituisce una alternativa offerta dalla legge nel periodo emergenziale alla presentazione dell'impugnazione secondo le modalità previste dall'art. 582 c. p.p. o la spedizione ex art. 583 c.p.p.. L'art. 24, c. 4, de d.l. n. 137 del 2020 prevede che “è consentito il deposito con valore legale mediante posta elettronica certificata” per tutti gli atti, documenti e istanze comunque denominati, riconoscendo una facoltà che non preclude l'utilizzo delle modalità ordinarie.

6. Il successivo art. 24, c. 6-ter, del d.l. n. 137 del 2020, poi, prevede che “L'impugnazione è trasmessa tramite posta elettronica certificata dall'indirizzo di posta elettronica certificata del difensore a quello dell'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato, individuato ai sensi del comma 4, con le modalità e nel rispetto delle specifiche tecniche ivi indicate. Non si applica la disposizione di cui all'art. 582, c. 2, c.p.p.”.

Tale norma, quindi, ha chiarito che:

  • l'atto di impugnazione deve provenire dall'indirizzo di posta elettronica certificata del difensore, come individuato dall'art.24, comma 4, d.l. n. 137 del 2020, è quello “inserito nel Registro generale degli indirizzi certificati di cui all'articolo 7 del regolamento di cui al decreto del Ministro della Giustizia 21 febbraio 2011, n. 44”;
  • l'atto deve essere inviato all'indirizzo PEC dell'Autorità giudiziaria che ha emesso il provvedimento che è quello indicato nell'apposito provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati, pubblicato nel portale dei servizi telematici.

La sottoscrizione con firma digitale e l'esclusivo utilizzo dell'indirizzo PEC del legale vale ad escludere qualsiasi incertezza sulla provenienza dell'atto, permettendo la verifica necessaria ai fini della valutazione della legittimazione del proponente.

7. La legge di conversione, inoltre, ha opportunamente esteso anche ai motivi nuovi e alle memorie la disciplina dell'invio telematico degli atti di impugnazione, evitando qualsiasi dubbio potesse ingenerarsi al riguardo.

L'art. 24, c. 6-quater, del d.l. n. 137 del 2020, infatti, ha stabilito che “I motivi nuovi e le memorie sono proposti, nei termini rispettivamente previsti, secondo le modalità indicate nei commi 6-bis e 6-ter, con atto in formato elettronico trasmesso tramite posta elettronica certificata dall'indirizzo di posta elettronica certificata del difensore a quello dell'ufficio del giudice dell'impugnazione, individuato ai sensi del comma 4”.

8. L'art. 24, c. 6-quinquies, del d.l. n. 137 del 2020, quindi, ha previsto che “Le disposizioni di cui ai commi 6-bis, 6-ter e 6-quater si applicano a tutti gli atti di impugnazione, comunque denominati, e, in quanto compatibili, alle opposizioni di cui agli articoli 410, 461 e 667, c. 4, c.p.p. e ai reclami giurisdizionali previsti dalla legge 26 luglio 1975, n. 354.

Tale norma, dunque, ha definito l'area operativa della presentazione dell'impugnazione in via telematica, prevedendo che essa si applichi:

  • a tutti gli atti di impugnazione, comunque denominati;
  • alle opposizioni di cui agli artt. 410, 461 e 667,c. 4, c.p.p.;
  • ai reclami giurisdizionali previsti dalla legge 26 luglio 1975, n. 354, che disciplina l'ordinamento penitenziario.

La stessa norma appena indicata, poi, ha stabilito che, nel caso di richiesta di riesame o di appello contro ordinanze in materia di misure cautelari personali e reali, l'atto di impugnazione non vada inviato all'indirizzo PEC dell'Autorità giudiziaria che ha emesso il provvedimento, ma, in deroga a quanto disposto dal comma 6-ter, debba essere trasmesso all'indirizzo di posta elettronica certificata del tribunale distrettuale per il riesame di cui all'art. 309, c. 7, c.p.p..

La formulazione di questa disposizione, invero, non pare felice.

Essa, difatti, fa riferimento alla spedizione in via telematica di una richiesta di riesame o di appello contro ordinanze in materia di misure cautelari non solo personali, ma anche reali. È tuttavia indicato come ufficio giudiziario destinatario il solo tribunale di cui all'art. 309, c. 7, c.p.p. (cioè, come è noto, il tribunale del luogo nel quale ha sede la Corte di appello o la sezione distaccata della Corte di appello nella cui circoscrizione è compreso l'ufficio del giudice che ha emesso l'ordinanza) e non quello di cui all'art. 324, c. 5, c.p.p. (il tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l'ufficio che ha emesso il provvedimento).

Tra le soluzioni ipotizzabili per porre rimedio a quella che sembra una svista del legislatore pare preferibile ritenere che, in tema di impugnazione di provvedimenti cautelari reali, non possa trovare applicazione l'art. 24, c. 6-quinquies, d.l. n. 137 del 2020.

Non avrebbe senso far trasmettere ad un Tribunale incompetente tali impugnazioni, quanto meno nei casi in cui il tribunale di cui all'art. 309, c. 7, c.p.p. non coincida con quello previsto dall'art. 324, c. 5, c.p.p., competente in tema di impugnazione avverso i provvedimenti cautelari reali.

9. L'art. 24, comma 6-sexies, del d.l. n. 137 del 2020, ha introdotto una specifica disciplina dei casi di inammissibilità, stabilendo che “Fermo quanto previsto dall'art. 591 c.p.p., nel caso di proposizione dell'atto ai sensi del comma 6-bis l'impugnazione è altresì inammissibile:

a) quando l'atto di impugnazione non è sottoscritto digitalmente dal difensore;

b) quando le copie informatiche per immagine di cui al comma 6-bis non sono sottoscritte digitalmente dal difensore per conformità all'originale;

c) quando l'atto è trasmesso da un indirizzo di posta elettronica certificata che non è presente nel Registro generale degli indirizzi certificati di cui al comma 4;

d) quando l'atto è trasmesso da un indirizzo di posta elettronica certificata che non è intestato al difensore;

e) quando l'atto è trasmesso a un indirizzo di posta elettronica certificata diverso da quello indicato per l'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato dal provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati di cui al comma 4 o, nel caso di richiesta di riesame o di appello contro ordinanze in materia di misure cautelari personali e reali, a un indirizzo di posta elettronica certificata diverso da quello indicato per il tribunale di cui all'art. 309, c. 7, c.p.p. dal provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati di cui al comma 4”.

Questa norma, dunque, ha integrato la disciplina di casi di inammissibilità dell'impugnazione previsti dal codice di rito, garantendo il rispetto degli obblighi formali che sono imprescindibili per il funzionamento del sistema posto in essere, con particolare riguardo alla certezza della provenienza dell'impugnazione e della conformità all'originale degli atti inviati a sostegno del gravame.

Tra i casi di inammissibilità, come ha rilevato la Corte di cassazione nella sentenza illustrata, non è stato previsto quello integrato dalla violazione dei provvedimenti organizzativi adottati dal dirigente dell'ufficio giudiziario in ordine alla destinazione dei singoli indirizzi di posta elettronica certificata (PEC) assegnati all'ufficio medesimo per il deposito degli atti difensivi.

La Corte, in particolare, ha osservato che il Dirigente dell'Ufficio giudiziario, nell'ambito dell'esercizio della potestà organizzativa dello stesso, può disporre che ognuno degli indirizzi di PEC abbia una specifica destinazione. La violazione di tale provvedimento, tuttavia, non comporta l'inammissibilità dell'impugnazione, prevista, invece, esclusivamente per il caso dell'utilizzo di un indirizzo non ricompreso nell'allegato 1 al provvedimento del Direttore Generale dei Sistemi Informativi Automatizzati del Ministero della giustizia (DGSIA), emesso ai sensi del precedente comma 4 della medesima disposizione, pubblicato il 9 novembre 2020.

La soluzione offerta dalla Corte appare corretta, anche perché conforme alprincipio generale della tassatività delle cause di inammissibilità dell'impugnazione previste dall'art. 591 c.p.p. (cfr. Sez. 1, n. 24433 del 29/4/2015)

D'altra parte, la stessa Corte di legittimità aveva già affermato l'inammissibilità dei motivi nuovi del ricorso in cassazione, se trasmessi a una casella di posta elettronica certificata diversa da quella individuata dal citato provvedimento del 9 novembre 2020 emesso dal DGSIA e, dunque, non ricompresa nell'Allegato 1, situazione di fatto ben distinta dall'uso di una casella PEC destinata con provvedimento organizzativo del Presidente del Tribunale alla ricezione di atti diversi (Cass. Sez. 1, n. 9887 del 26/1/2021).

10. Il giudice che riceve l'impugnazione a mezzo PEC, nei casi dapprima illustrati, deve dichiarare l'inammissibilità della stessa.

L'art. 24, c. 6-septies, del d.l. n. 137 del 2020, infatti, ha previsto che “Nei casi previsti dal comma 6-sexies, il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato dichiara, anche d'ufficio, con ordinanza l'inammissibilità dell'impugnazione e dispone l'esecuzione del provvedimento impugnato”.

L'espressione adoperata da questa disposizione (“anche d'ufficio”) lascia presumere che possa essere accolta una segnalazione della controparte (o che possa essere provocata una interlocuzione con le altre parti).

Come è stato indicato, peraltro, la richiesta di riesame o di appello contro ordinanze in materia di misure cautelari, in deroga a quanto disposto dal comma 6-ter, va trasmessa all'indirizzo di posta elettronica certificata del tribunale distrettuale per il riesame di cui all'art. 309, c. 7, c.p.p..
In forza della clausola che limita l'applicazione dell'art. 24, c. 6-octies, del d.l. n. 137/2020, agli atti indicati al comma 6-quinquiesin quanto compatibili” e della stretta connessione della previsione dell'art. 24, comma 6-sexies, al comma precedente, pare corretto ritenere che sia lo stesso tribunale distrettuale a dover dichiarare l'eventuale inammissibilità (limitatamente alle ipotesi in cui, ai sensi dell'art. 24, c. 6-quinquies, d.l. n. 137/2020, in deroga al comma 6-ter della stessa norma, è destinatario dell'atto di impugnazione trasmesso a mezzo PEC).

11. L'art. 24, comma 6-novies, del d.l. n. 137 del 2020, poi, ha stabilito che “Ai fini dell'attestazione del deposito degli atti trasmessi tramite posta elettronica certificata ai sensi dei commi da 6-bis a 6-quinquies e della continuità della tenuta del fascicolo cartaceo, la cancelleria provvede ai sensi del comma 5”.

Questa disposizione, sul piano pratico, impone alla cancelleria di provvedere:

  • ad annotare nel registro la data di ricezione e ad inserire l'atto nel fascicolo telematico (alludendosi, evidentemente, al sistema TIAP-Document@);
  • all'inserimento nel predetto fascicolo di copia analogica dell'atto ricevuto con l'attestazione della data di ricezione nella casella di posta elettronica certificata dell'ufficio e dell'intestazione della casella di posta elettronica certificata di provenienza.

Anche nel caso di impugnazione presentata secondo le forme “tradizionali”, del resto, l'art. 164 disp. att. c.p.p. impone a coloro che propongono impugnazioni alcuni oneri. Le parti devono depositare le copie dell'atto di impugnazione occorrenti per la notificazione prevista dall'art. 584 del codice (comma 1), oltre a due copie dello stesso atto nel caso di appello e cinque copie nel caso di ricorso per cassazione (comma 2). Se questo onere non è rispettato, la cancelleria provvede a realizzare le copie necessarie dell'atto pervenuto “a spese di chi ha presentato l'impugnazione”, come è testualmente previsto (art. 164, c. 3, disp. att. c.p.p.).

12. Pare il caso di aggiungere, che la disciplina introdotta dalla legge di conversione del decreto-legge n. 137 del 2020potrebbe aprire la strada a modifiche di sistema”, volte, evidentemente, a permettere anche oltre il periodo emergenziale, la presentazione dell'impugnazione a mezzo PEC (così Cass. Sez. 2, n. 3436 del 1/12/2020, dep. 2021).

Ed infatti, la Commissione di studio costituita con decreto ministeriale 16 marzo 2021 per elaborare proposte di riforma in materia di processo e sistema sanzionatorio penale nonché in materia di prescrizione del reato, attraverso la formulazione di emendamenti al Disegno di legge A.C. 2435, recante Delega al Governo per l'efficienza del processo penale e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti presso le corti d'appello, nella relazione finale, all'art. 2, ha previsto che, nell'esercizio della delega, il decreto o i decreti legislativi recanti disposizioni in materia di processo penale telematico sono adottati nel rispetto di principi e criteri direttivi tra cui quello di “prevedere che nei procedimenti penali di ogni stato e grado il deposito di atti e documenti … siano effettuate con modalità telematiche”, garantendo che “le trasmissioni e ricezioni in via telematica assicurino al mittente e al destinatario certezza, anche temporale, dell'avvenuta trasmissione e ricezione, nonché circa l'identità del mittente e del destinatario”.

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