Concordato preventivo in bianco e gare pubbliche: i principi di diritto dell'adunanza plenaria del Consiglio di Stato

Beatrice Armeli
12 Agosto 2021

Viene esaminata la pronuncia dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 27 maggio 2021, n. 9 che contiene alcuni principi di diritto in tema di partecipazione a gare pubbliche di imprese cha abbiano presentato domanda di concordato preventivo in bianco.
Massime

La presentazione di una domanda di concordato in bianco o con riserva, ai sensi dell'art. 161, comma 6, l.fall. non integra una causa di esclusione automatica dalle gare pubbliche, per perdita dei requisiti generali, essendo rimesso in primo luogo al giudice fallimentare in sede di rilascio dell'autorizzazione di cui all'art. 186-bis, comma 4, e al quale l'operatore che ha chiesto il concordato si deve tempestivamente rivolgere fornendo all'uopo le informazioni necessarie, valutare la compatibilità della partecipazione alla procedura di affidamento in funzione e nella prospettiva della continuità aziendale.

La partecipazione alle gare pubbliche è dal legislatore considerata, a seguito del deposito della domanda di concordato anche in bianco o con riserva, come un atto che deve essere comunque autorizzato dal tribunale, acquisito il parere del commissario giudiziale ove già nominato, ai sensi dell'art. 186-bis, comma 4, da ultimo richiamato anche dagli artt. 80 e 110 del Codice dei contratti; a tali fini l'operatore che presenta domanda di concordato in bianco o con riserva è tenuto a richiedere senza indugio l'autorizzazione, anche qualora sia già partecipante alla gara, e ad informarne prontamente la stazione appaltante.

L'autorizzazione giudiziale alla partecipazione alla gara pubblica deve intervenire entro il momento dell'aggiudicazione della stessa, non occorrendo che in tale momento l'impresa, inclusa quella che ha presentato domanda di concordato in bianco o con riserva, sia anche già stata ammessa al concordato preventivo con continuità aziendale.

Inquadramento

La regola generale, dettata dall'art. 80, comma 5, lett. b), d.lgs. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici), impone alle stazioni appaltanti l'esclusione dalla gara dell'operatore economico a carico del quale, non solo sia già stato aperto un concordato preventivo, ma anche penda il procedimento per la relativa dichiarazione di apertura, “fermo restando quanto previsto dall'articolo 110 del presente codice e dall'articolo 186-bis del regio decreto 17 marzo 1942, n. 267” (in generale, sulle novità introdotte dal Codice della crisi in materia di contratti pubblici, sia consentito rinviare a: B. Armeli, Le novità introdotte dal Codice della crisi e le modifiche previste dal Decreto “Sblocca-cantieri”, in questo portale, 22 luglio 2019. Cfr. altresì: ANAC, Atto di segnalazione, 2 dicembre 2020, n. 10, concernente la “Disciplina dei requisiti aggiuntivi per la partecipazione a nuove gare, l'affidamento di subappalti e la stipulazione dei relativi contratti da parte delle imprese in concordato”, con cui l'Autorità ha segnalato al legislatore l'opportunità di sospendere la vigenza dell'art. 110, comma 6, d.lgs. 50/2016 e di allineare la sua entrata in vigore con quella dell'art. 372, comma 1, d.lgs. 14/2019).

Detta regola viene però stemperata da un'eccezione al ricorrere delle condizioni previste dall'art. 186-bis l.fall. e dall'art. 110 d.lgs. 50/2016. Dalla lettura integrata di tali disposizioni, risulta in particolare che, in pendenza del procedimento per la dichiarazione di apertura del concordato preventivo, per la partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici occorrono:

i) l'avvalimento di tutti i requisiti (per cui, in sostanza, sarà necessaria la dichiarazione di altro operatore economico, in possesso dei requisiti richiesti per l'affidamento dell'appalto, con cui quest'ultimo si impegna nei confronti del concorrente e della stazione appaltante a mettere a disposizione, per la durata del contratto, le risorse necessarie all'esecuzione dell'appalto e a subentrare all'impresa ausiliata);

ii) l'autorizzazione giudiziale (la quale potrebbe intervenire finanche con il decreto di omologazione, ponendo il legislatore un termine iniziale per la sua adozione, ma non un momento finale: Cons. Stato, sez. V, 3 gennaio 2019, n. 69). La possibilità di partecipazione alla gara da parte dell'impresa che ha presentato domanda di concordato preventivo è dunque condizionata all'adempimento di precisi obblighi documentali (aggiungendosi ai suddetti anche la presentazione di una relazione favorevole del professionista abilitato in caso di ammissione alla procedura concorsuale richiesta), i quali vengono definitivamente superati solo con il decreto di omologazione(Cons. Stato, sez. V, 29 maggio 2018, n. 2235).

Le questioni rimesse all'Adunanza Plenaria

La medesima conclusione è a dirsi oggi con certezza, come tra poco si troverà conferma, pure nel caso in cui la domanda di concordato preventivo sia stata presentata, ai sensi dell'art. 161, comma 6, l.fall., quindi “con riserva”.

La giurisprudenza amministrativa, seppur con voci discordanti, aveva già più volte sostenuto la possibilità per l'impresa che ha presentato domanda di concordato c.d. “in bianco”, di partecipare ad una gara indetta per l'affidamento di un contratto pubblico di appalto, ovvero di rimanere parte del procedimento già in corso (Per una disamina più approfondita, v.: B. Armeli, RTI aggiudicatario con mandante istante “in bianco” per ammissione a concordato preventivo: le condizioni per evitare l'esclusione, in questo portale, 17 novembre 2020).

Da ultimo, è intervenuta l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza del 27 maggio 2021, n. 9. La pronuncia trae origine da un caso nel quale, nel corso di una procedura di gara, l'impresa mandante di un RTI concorrente presentava domanda di concordato in bianco. Tuttavia, solo ad aggiudicazione già intervenuta nei confronti del predetto RTI, il tribunale fallimentare autorizzava l'impresa concordataria (direttamente) alla stipula del contratto di appalto. Il concorrente secondo classificato presentava ricorso, lamentando la sussistenza del motivo di esclusione di cui all'art. 80, comma 5, lett. b), d.lgs. 50/2016, sopra citato, sul presupposto che la presentazione della domanda di concordato con riserva precludesse la partecipazione a procedure ad evidenza pubblica. In appello, rilevata la presenza di un contrasto di orientamenti sia sul rapporto tra domanda di concordato in bianco e partecipazione alle gare pubbliche, sia sulla legittimità della sostituzione di un componente del RTI, la sezione V del Consiglio di Stato, con ordinanza 8 gennaio 2021, n. 309, rimetteva all'Adunanza Plenaria quattro questioni (di cui le prime tre sono riportate anche nell'ordinanza 8 gennaio 2021, n. 313). In particolare, veniva richiesto:

a) se la presentazione di un'istanza di concordato in bianco ex art. 161, comma 6, l.fall. debba ritenersi causa di automatica esclusione dalle gare pubbliche, per perdita dei requisiti generali, ovvero se la presentazione di detta istanza non inibisca la partecipazione alle procedure per l'affidamento di commesse pubbliche, quanto meno nell'ipotesi in cui essa contenga una domanda prenotativa per la continuità aziendale;

b) se la partecipazione alle gare pubbliche debba ritenersi atto di straordinaria amministrazione e, dunque, possa consentirsi alle imprese che abbiano presentato domanda di concordato preventivo c.d. in bianco la partecipazione alle stesse gare, soltanto previa autorizzazione giudiziale nei casi urgenti, ovvero se detta autorizzazione debba ritenersi mera condizione integrativa dell'efficacia dell'aggiudicazione;

c) in quale fase della procedura di affidamento l'autorizzazione giudiziale di ammissione alla continuità aziendale debba intervenire onde ritenersi tempestiva ai fini della legittimità della partecipazione alla procedura e dell'aggiudicazione della gara;

d) se le disposizioni normative di cui all'art. 48, commi 17, 18, 19-ter d.lgs. n. 50/2016 debbano essere interpretate nel senso di consentire la sostituzione della mandante che abbia presentato ricorso di concordato preventivo c.d. in bianco ex art. 161, comma 6, cit. con altro operatore economico subentrante anche in fase di gara, ovvero se sia possibile soltanto la mera estromissione della mandante e, in questo caso, se l'esclusione del r.t.i. dalla gara possa essere evitata unicamente qualora la mandataria e le restanti imprese partecipanti al raggruppamento soddisfino in proprio i requisiti di partecipazione”.

La risposta ai primi tre quesiti (e dintorni)

Ebbene, dinanzi a tali questioni, l'Adunanza Plenaria fissa tra i principi di diritto, anzitutto, che la presentazione di una domanda di concordato in bianco, ai sensi dell'art. 161, comma 6, l.fall., non integra una causa di esclusione automatica dalle gare pubbliche, per perdita dei requisiti generali, essendo rimesso in primo luogo al giudice fallimentare valutare la compatibilità della partecipazione alla procedura di affidamento in funzione e nella prospettiva della continuità aziendale, in sede di rilascio dell'autorizzazione di cui all'art. 186-bis, comma 4, l.fall., il quale -così come modificato e integrato dal d.l. 18 aprile 2019, n. 32, c.d. “sblocca cantieri”, convertito con modificazioni dalla l. 14 giugno 2019, n. 55, a decorrere dal 18 giugno 2019 - testualmente prevede che “[s]uccessivamente al deposito della domanda di cui all'art. 161, la partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici deve essere autorizzata dal tribunale, e, dopo il decreto di apertura, dal giudice delegato, acquisito il parere del commissario giudiziale ove già nominato”.

A tal fine, dunque, l'operatore, che ha chiesto il concordato, si deve tempestivamente attivare, con istanza di autorizzazione al giudice, fornendo le informazioni necessarie. Precisa, infatti, il Consiglio di Stato che la partecipazione alle gare pubbliche, a seguito del deposito della domanda di concordato con riserva, è considerata dal legislatore come un atto che deve essere comunque autorizzato dal tribunale (a prescindere dalla sua qualifica di “atto di straordinaria amministrazione” e dal suo carattere “urgente” - cfr. art. 161, comma 7, l.fall. -), acquisito il parere del commissario giudiziale ove già nominato, essendo peraltro il citato art. 186-bis, comma 4, l.fall. richiamato anche dagli artt. 80 e 110 del Codice dei contratti. Per questo, l'operatore che presenta domanda di concordato in bianco è tenuto a richiedere senza indugio l'autorizzazione, anche qualora sia già partecipante alla gara, e ad informarne prontamente la stazione appaltante. Il Supremo Consesso della giustizia amministrativa chiarisce inoltre che l'autorizzazione giudiziale alla partecipazione alla gara pubblica deve intervenire entro il momento dell'aggiudicazione della stessa, non occorrendo invece che in tale momento l'impresa che ha presentato domanda di concordato (anche) con riserva, sia già stata ammessa al concordato preventivo con continuità aziendale.

Come espressamente chiarito dalla stessa sentenza (v. punti 7 e 8), inoltre, la conclusione, che subordina la partecipazione alle procedure di gara al prudente apprezzamento del tribunale, vale sia per l'ipotesi in cui l'impresa abbia già assunto la qualità di debitore concordatario nel momento in cui è indetta la procedura ad evidenza pubblica, sia per il caso in cui la domanda di concordato segua temporalmente quella già presentata di partecipazione alla gara. Pertanto, qualora l'impresa avanzi un'istanza di concordato (in bianco) dopo aver già presentato la domanda di partecipazione alla gara, essa dovrà chiedere al tribunale di essere autorizzata a (continuare a) partecipare alla procedura. Sebbene, peraltro, la legge non indichi un termine ad hoc per la presentazione dell'istanza di autorizzazione, è del tutto ragionevole - secondo il canone di buona fede oggettivo richiamato dal Consiglio di Stato - ritenere che l'istanza debba essere presentata senza indugio, anche per acquisire quanto prima l'autorizzazione ed essere nella condizione utile di poterla trasmettere alla stazione appaltante con la procedura ad evidenza pubblica ancora in corso. Anche in tal caso, infatti, dell'avvenuta presentazione della domanda di concordato, ai sensi dell'art. 161, comma 6, l.fall., l'operatore deve mettere prontamente a conoscenza la stazione appaltante, perché - come ricorda la stessa Adunanza Plenaria - qualora fosse omessa tale informazione, la stazione appaltante sarà tenuta a valutarne l'incidenza alla stregua di una condotta reticente, ancorché senza automatismi (alla luce di quanto chiarito da Cons. Stato, ad. plen., 2020, n. 16), facendo quindi applicazione dell'art. 80, comma 5, lett. c-bis) - anziché lett. f-bis) - d.lgs. 50/2016. Giova la riguardo, per di più, ricordare la pronuncia della Corte di giustizia UE, 28 marzo 2019, C-101/18, la quale si è espressa nel senso che, presentando ricorso per ammissione a concordato preventivo, l'operatore economico riconosce di trovarsi in uno stato di difficoltà finanziaria che può mettere in discussione la sua affidabilità economica. Infatti, proprio l'assenza di un piano e di una proposta di concordato (pre-)definiti depone verso una maggiore aleatorietà con riguardo alla capacità dell'impresa a far fronte alle prestazioni richieste, minando in definitiva l'affidabilità dell'operatore economico.

La sentenza n. 9/2021 dell'Adunanza Plenaria non affronta invece, direttamente, il caso in cui la domanda di concordato in bianco sia depositata dopo l'aggiudicazione, richiamando però per inciso - senza quindi formalizzare al riguardo un principio di diritto - quell'approdo interpretativo in base al quale “in tanto la partecipazione dell'impresa in concordato con riserva di presentazione della proposta e del piano è consentita, in quanto l'autorizzazione del Tribunale fallimentare che accerti la capacità economica della stessa di eseguire l'appalto intervenga nel corso della procedura di gara […], dal momento che solo nella gara è concepibile che sia fatta quella ‘valutazione in concreto circa l'affidabilità dell'impresa' invocata, e non quando la procedura si è oramai conclusa” (Cons. Stato, sez. V, 21 febbraio 2020, n. 1328; ANAC, Deliberazione 22 aprile 2020, n. 362). Tuttavia, per l'Adunanza Plenaria (v. punto 10 della sentenza), fermo restando che “il rilascio e il deposito di tale autorizzazione debbano intervenire prima che il procedimento dell'evidenza pubblica abbia termine e, dunque, prima che sia formalizzata da parte della stazione appaltante la scelta del miglior offerente attraverso l'atto di aggiudicazione”, è comunque rimesso alle stazioni appaltanti, nel singolo caso concreto, valutare se un'autorizzazione tardiva, ma pur sempre sopraggiunta in tempo utile per la stipula del contratto di appalto, possa avere efficacia integrativa o sanante.

Ad ogni modo, è evidente che si tratti di principi resi (e dunque valevoli) in relazione a casi in cui l'istanza di concordato in bianco risulti depositata in corso di gara, ma l'autorizzazione giudiziale intervenga solo successivamente all'aggiudicazione.

Quid iuris, dunque, nel caso di istanza successiva all'aggiudicazione? Parrebbe, in realtà, che nulla cambi, come del resto rilevato anche da TRGA Bolzano, 10 febbraio 2020, n. 42, che precisa come la disciplina sopra delineata non consenta di distinguere tra i diversi momenti della procedura di gara, pre e post aggiudicazione, che comunque si collochino in tempo antecedente la stipula del contratto.

La risposta all'ultimo quesito (con sintesi)

Venendo ora alla quarta questione sottoposta all'Adunanza Plenaria, deve preliminarmente osservarsi come le medesime condizioni attualmente prescritte per l'operatore economico instante ex art. 161, comma 6, l.fall., partecipante in forma singola (ovvero: avvalimento e autorizzazione giudiziale), restino ferme anche per il caso di partecipazione in forma aggregata. Semmai, in tale ipotesi, varranno pure le ulteriori due condizioni (ancorché) previste espressamente per il solo caso di concordato già aperto (ovvero: instante non mandataria e nessuna procedura concorsuale a carico degli altri raggruppati), non foss'altro alla luce della lettura dell'art. 186-bis l.fall. offerta dalla sentenza della Corte cost., 7 maggio 2020, n. 85, nel senso che la diversa modalità di partecipazione non è indifferente dal punto di vista dell'interesse della stazione appaltante, per la quale segnatamente la posizione dell'impresa mandataria di un RTI assume rilievo e valore differenziato.

Chiaro è quindi che la mandante, che ha chiesto l'ammissione a concordato preventivo, deve essere munita di avvalimento e che la stessa - ovvero la mandataria del RTI in nome e conto di essa - deve provvedere, con la comunicazione dell'intervenuto deposito dell'istanza con riserva, a documentare l'autorizzazione giudiziale. In assenza di tale riscontro, che la stazione appaltante è tenuta a rilevare in sede di verifica dei requisiti, dovrà propendersi per la sopravvenuta perdita del requisito di partecipazione ex art. 80, comma 5, lett. b), d.lgs. 50/2016.

Cionondimeno, detta assenza, sia essa determinata dalla mancanza di avvalimento e/o di autorizzazione giudiziale (che, come spiegato, potrebbe anche intervenire in sede di omologa del concordato - ove aperto - e quindi ben oltre i tempi più contingentati dell'affidamento della commessa pubblica), potrebbe non essere sufficiente a prospettare l'esclusione del RTI, nella misura in cui sia dato riscontrare la modifica soggettiva che l'art. 48 d.lgs. 50/2016, in deroga alla regola generale dell'immodificabilità del raggruppamento temporaneo rispetto alla composizione risultante dall'impegno presentato in sede di offerta, ammette tanto in fase di gara (comma 19-ter), quanto in fase esecutiva (comma 18).

Ecco che sul punto è intervenuta, proprio con l'ultimo principio di diritto affermato, anche la sentenza n. 9/2021 dell'Adunanza Plenaria, la quale, sollecitata dalla questione sottoposta al suo esame, si è in particolare interrogata se, per effetto del combinato disposto dei commi 17, 18, 19 e 19-ter dell'art. 48 Codice dei contratti pubblici, debba ritenersi ammessa, nelle ipotesi ivi contemplate, una modifica soggettiva di tipo anche additivo quindi in aumento, nella fase dell'esecuzione come in quella della gara. A riguardo, il Consiglio di Stato (superando di fatto lo stretto tenore letterale della legge) ritiene che “la deroga allʼimmodificabilità soggettiva dell'appaltatore costituito in raggruppamento, tale da evitare in fase esecutiva la riapertura dell'appalto alla concorrenza e, dunque, l'indizione di una nuova gara, sia solo quella dovuta, in detta fase, a modifiche strutturali interne allo stesso raggruppamento, senza l'addizione di nuovi soggetti che non abbiano partecipato alla gara (o, addirittura, che vi abbiano partecipato e ne siano stati esclusi) […], tuttavia senza incidere sulla capacità complessiva dello stesso raggruppamento di riorganizzarsi internamente, con una diversa distribuzione di diversi compiti e ruoli (tra mandante e mandataria o tra i soli mandanti), in modo da garantire l'esecuzione dell'appalto anche prescindendo dall'apporto del componente del raggruppamento ormai impossibilitato ad eseguire le prestazioni” (v. punto 15 della sentenza). A maggior ragione, prosegue il Supremo Consesso della giustizia amministrativa, la medesima conclusione si impone nella fase di gara, non essendo consentita l'ammissione di un soggetto esterno diverso da quello che ha presentato offerta. Pertanto, (anche) in sede di gara (come in fase esecutiva) deve ritenersi ammessa solo una modifica della composizione del raggruppamento c.d. per sottrazione ovvero per riduzione, in quanto la sola coerente con i principi di parità di trattamento e di concorrenza (v. punto 18), escludendosi quindi la sostituzione esterna per la figura della mandante, come anche logicamente per quella della mandataria.

Sul piano procedurale, l'Adunanza Plenaria non si risparmia poi nel precisare, ancora una volta, che l'evento che conduce alla sostituzione interna deve essere portato dal raggruppamento a conoscenza della stazione appaltante, qualora questa non ne abbia già avuto notizia, per consentirle, secondo un principio di c.d. sostituibilità procedimentalizzata a tutela della trasparenza e della concorrenza, di assegnare al raggruppamento un congruo termine per la riorganizzazione del proprio assetto interno tale da poter riprendere correttamente, e rapidamente, la propria partecipazione alla gara, anche - qui si aggiunge - dopo l'aggiudicazione, in vista della stipula del contratto.

In sintesi, dunque, qualora si dovesse riscontrare l'assenza di avvalimento e/o di autorizzazione giudiziale, perché possano sussistere i presupposti per l'esclusione del RTI - per la pendenza di un procedimento preordinato alla dichiarazione di concordato preventivo a carico di una delle mandanti, che ha instato ex art. 161, comma 6, l.fall.- dovrà altresì appurarsi, in subordine, che sia mancata la modifica soggettiva - permessa dalla Plenaria esclusivamente in riduzione - ai sensi dell'art. 48 Codice dei contratti pubblici ovvero che la stessa, qualora avvenuta, non risponda alle condizioni normative (perché ad esempio il diverso mandante indicato per la quota parte di lavori/servizi/forniture, assunta in seguito all'estromissione dell'impresa richiedente il concordato, non sia in possesso dei requisiti di qualificazione adeguati anche per l'esecuzione della predetta quota). Si badi, peraltro, che la modifica soggettiva del raggruppamento (che può ad esempio avvenire tramite accordo transattivo), per estromissione della mandante che ha chiesto l'ammissione al concordato preventivo con istanza presentata in bianco, necessita - anch'essa - di apposita autorizzazione giudiziale, qui ai sensi dell'art. 161, comma 7, l.fall. (si ritiene, quale atto urgente di straordinaria amministrazione).

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