L'assegnazione delle partecipazioni sociali

18 Agosto 2021

L'azione esecutiva avente ad oggetto le partecipazioni sociali è tema reso complesso dallo scarno tessuto normativo che ha contribuito, nel tempo, al succedersi, in via interpretativa, di soluzioni eterogenee tra loro.
Profili generali

L'azione esecutiva avente ad oggetto le partecipazioni sociali è tema reso complesso dallo scarno tessuto normativo che ha contribuito, nel tempo, al succedersi, in via interpretativa, di soluzioni eterogenee tra loro. Il tema è stato fortemente influenzato, in esordio, dalle diverse opzioni esegetiche in punto di natura giuridica della quota (oggi partecipazione sociale): diritto di credito, posizione contrattuale, bene mobile, bene immateriale.

Ognuna di queste opzioni ha enfatizzato uno dei plurimi aspetti che connotano la quota così rivelandosi, tuttavia, ciascuna insufficiente in considerazione del tessuto composito della partecipazione sociale, bene cui si accompagnano innegabilmente una pluralità di prerogative sociali, economiche e contrattuali. L'esegesi in punto di natura giuridica della partecipazione sociale, d'altra parte, non ha rilevanza solo teorica in quanto aderire all'una o all'altra opzione porta con sé una serie di ricadute applicative: dall'individuazione delle modalità esecutive all'individuazione del giudice competente, dagli interrogativi in punto di custodia alle modalità di vendita coattiva, e, non ultimo, in punto di percorribilità dell'assegnazione della quota.

Il novellato art. 538, comma 2, c.p.c.

Con specifico riguardo a quest'ultimo tema, i dubbi interpretativi dipendono, da un lato, dall'infelice novella dell'art. 538, comma 2, c.p.c. nella parte in cui è stato espunto il pregresso riferimento all'assegnazione nonché, dall'altro, dalla tradizionale ritrosia rispetto all'aggredibilità, in sede esecutiva, delle partecipazioni sociali, attesa la diffidenza di fronte alla possibilità del subingresso di un terzo nella compagine sociale spesso caratterizzata da una componente fiduciaria.

Nella sua originaria formulazione, l'art. 538 c.p.c. prevedeva la possibilità che i beni rimasti invenduti potessero essere assegnati al creditore che ne facesse istanza avendo la novella eliminato l'inciso «se delle cose rimaste invendute nessuno dei creditori chiede l'assegnazione».

La modifica normativa predetta ha condotto taluni interpreti a ritenere che l'assegnazione sia oggi percorribile soltanto quando avente ad oggetto beni in oro ed argento (art. 539 c.p.c.) o titoli di credito (art. 529, comma 2, c.p.c.).

Con specifico riguardo all'assegnazione delle quote sociali, già nel vigore del precedente impianto normativo, la giurisprudenza si era espressa in senso favorevole alla percorribilità di tale istituto (così Cass. civ., n. 9577/1997 con nota di Rossi).

L'assegnazione, al pari della vendita forzata, è funzionale alla soddisfazione delle pretese creditorie e, pertanto, il riferimento dell'art. 2480 c.c. solo alla vendita all'incanto non è stato ritenuto un ostacolo all'ammissibilità anche dell'assegnazione tenuto conto della portata generale dell'istituto quale si ricava dall'art. 505 c.p.c.

In questo contesto normativo si è inserita la novella del 2006 che, espungendo il riferimento testuale, come detto, all'assegnazione, ha condotto gli interpreti a sostenere tesi opposte. In particolare, secondo un primo orientamento, il nuovo dettato normativo dovrebbe portare a ritenere l'inapplicabilità dell'assegnazione nel caso in cui i beni rimangono invenduti all'esito di un primo incanto. La seconda opzione invece, nonostante l'infelice intervento normativo, reputa tutt'oggi percorribile la possibilità e l'ammissibilità dell'istanza di assegnazione dopo il primo incanto andato deserto, stante la portata generale dell'assegnazione, funzionale, al pari della liquidazione del bene pignorato, a soddisfare le pretese creditorie.

La dottrina ha recentemente sottolineato come tale conclusione troverebbe fondamento normativo nell'art. 164-bis disp. att. c.p.c. come riscritto dal d. l. 132/2014 e, segnatamente, nella possibilità di una conclusione «utile» dell'esecuzione forzata (così D'Alonzo secondo cui «(…) in un sistema normativo di tal fatta, dinanzi alla concreta possibilità che la procedura si concluda per il creditore non solo con un nulla di fatto, ma addirittura con l'inutile esborso dei costi che essa ha comportato, l'istituto dell'assegnazione consente invero di recuperare all'esecuzione forzata quella sua capacità di assicurare una, seppure residuale, tutela del diritto di credito, diritto nel quale riposa la sua primordiale ragion d'essere»).

Sempre sul piano della fruttuosità dell'esecuzione forzata è stato evidenziato come «(…) l'infruttuosità della vendita non può dare luogo ad una chiusura anticipata della procedura esecutiva alla luce dei nuovi artt. 532, 538 e 540-bis c.p.c.; si profilerebbe, altrimenti, l'ipotesi per cui, nonostante il debitore possegga dei beni ed il creditore sia disponibile ad accettarli con l'assegnazione, il primo rimarrebbe debitore ed il secondo rimarrebbe insoddisfatto, con conseguente violazione dei principi della ragionevole durata e della efficienza ed effettività dell'ordinamento processuale. Infine, per la Corte di legittimità, il processo esecutivo non ha come scopo necessario quello della fruttuosità della vendita o comunque del soddisfacimento del creditore, ma quello della massima fruttuosità possibile; cosa che si desume sia dai principi generali dell'ordinamento sia da previsioni normative espresse, quali l'art. 164-bis disp. att. c.p.c.», così Cerrato).

Il quadro giurisprudenziale

Nella giurisprudenza di merito si sono registrati orientamenti disomogenei: da un lato pronunce contrarie all'ammissibilità dell'assegnazione (Trib. Roma, 5 febbraio 2015) e, dall'altro, la tesi dell'ammissibilità dell'istanza di assegnazione nonostante il novellato disposto dell'art. 538 c.p.c. (Tribunale di Milano, 8 ottobre 2014).

La giurisprudenza di merito più sensibile (Trib. Milano, 8 ottobre 2014) ha diffusamente argomentato le ragioni sistematiche che sono a fondamento dell'ammissibilità dell'assegnazione della partecipazione sociale, pur nel novellato impianto normativo, sottolineando la funzione dell'istituto dell'assegnazione nonché il carattere generale dell'assegnazione nell'architettura dell'espropriazione forzata, non trattandosi perciò di un istituto eccezionale.

In questo quadro interpretativo si colloca un'interessante pronuncia della Corte di legittimità (Cass. civ., n. 15596/2019).

Ancora una volta, nelle argomentazioni della Suprema Corte, si sottolinea e pone l'accento sulla portata generale dell'istituto dell'assegnazione del bene pignorato in quanto funzionale a rendere effettiva la garanzia patrimoniale ai sensi dell'art. 2740 c.c. (in motivazione «(…) l'istituto dell'assegnazione forzata non è stato affatto espunto dall'ordinamento per effetto della modifica dell'art. 538 c.p.c., né l'applicazione di esso è limitata alle sole ipotesi dell'espropriazione di titoli di credito, merci quotate, oro o gioielli. Stabilisce l'art. 505 c.p.c. che «il creditore pignorante può chiedere l'assegnazione dei beni pignorati, nei limiti e secondo le regole contenute nei capi seguenti». Che la previsione contenuta in tale norma costituisca un istituto generale, teoricamente suscettibile di applicazione in qualsiasi tipo di esecuzione, è conclusione desumibile da due considerazioni. La prima è la collocazione sistematica della norma appena trascritta. Essa compare nel Capo I, Titolo II, Libro III, del codice di rito, dedicato per l'appunto alla «espropriazione forzata in generale». Una collocazione che non avrebbe avuto senso, se il legislatore avesse davvero voluto, nell'ambito dell'espropriazione mobiliare, perimetrare l'istituto alle sole ipotesi in cui ad essere espropriati siano titoli di credito, oro e gioielli. La seconda considerazione è che un fitto reticolo di norme generali sull'espropriazione forzata richiama l'istituto dell'assegnazione, senza limiti di sorta»).

Vi sono una serie di indici normativi a fondamento della portata generale dell'istituto, quali, a titolo esemplificativo, l'art. 492 c.p.c. che individua, quale limite preclusivo alla proponibilità dell'opposizione, la vendita o l'assegnazione del bene, l'art. 495 c.p.c. che, ancora una volta, individua, quale sbarramento temporale per l'utile proposizione dell'istanza di conversione, sempre il momento in cui sia disposta la vendita o l'assegnazione del bene pignorato, l'art. 497 c.p.c. che accorda medesima portata a vendita ed assegnazione in relazione al tempo di efficacia del pignoramento.

Ancora, la Cassazione supera l'argomento fondato sul novellato disposto dell'art. 538 c.p.c. non ritenendolo ostativo alla percorribilità dell'assegnazione dovendosi intendere, piuttosto, quale scelta normativa tesa ad ampliare i margini di valutazione del giudice dell'esecuzione in funzione della fruttuosità della vendita coattiva così consentendogli di disporre un nuovo incanto anche laddove siano state proposte istanze di assegnazione.

La scelta della Corte di legittimità merita consenso ed è coerente con la portata generale dell'istituto dell'assegnazione del bene staggito. Si reputa ad ogni modo condivisibile la percorribilità dell'assegnazione solo quando la vendita abbia avuto esito negativo.

Riferimenti
  • Acone, Note in tema di pignoramento di quote di società a responsabilità limitata, REF 4/2004, 62;
  • Bonsignori, Espropriazione della quota di società a responsabilità limitata, Milano, 1961, 74 ss.;
  • Casali, L'espropriazione forzata della quota di s.r.l. dopo le riforme, in Giurisprudenza Commerciale, fasc.5, 1 ottobre 2018, 815;
  • Cerrato, L'assegnazione nell'espropriazione forzata mobiliare alla luce del nuovo art. 538 c.p.c., in Ilprocessocivile.it, fasc., 12 dicembre 2019;
  • Corsini, in Il nuovo processo societario, 2004, Zanichelli, Espropriazione della partecipazione;
  • Cottino, Diritto commerciale, I, 2, Padova, Cedam, 1994, 696;
  • D'Alonzo, in Processo di esecuzione, Cedam, 2017, L'espropriazione di partecipazioni societarie, 346;
  • Gasperini, in Arieta De Santis, UTET, Le espropriazioni delle partecipazioni in società di capitali, 2305;
  • Gasperini, in Il pignoramento e sequestro di partecipazioni sociali, UTET, 2007, 131;
  • Parmiggiani, Natura e pignoramento della quota di s.r.l., in Giur. comm., fasc.6, 2010, pag. 1116;
  • Rossi, Sull'espropriazione di quote di società a responsabilità limitata, Giur. comm., 1999, II, 531 e ss.

(Fonte: IlProcessoCivile.it)

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