L'affievolimento delle garanzie partecipative nei procedimenti di rimborso e di autotutela

18 Agosto 2021

L'Amministrazione finanziaria non è parte attiva solo dei procedimenti finalizzati al recupero della pretesa erariale, ma anche di quelli funzionali alla restituzione di somme indebitamente versate dal contribuente all'Erario.
Il procedimento di rimborso delle somme indebitamente versate

L'Amministrazione finanziaria non è parte attiva solo dei procedimenti finalizzati al recupero della pretesa erariale, ma anche di quelli funzionali alla restituzione di somme indebitamente versate dal contribuente all'Erario.

In caso di versamento indebito, come accade per qualunque tipo di pagamento, è possibile la ripetizione del quantum versato secondo la disciplina prevista all'art. 2033 c.c. a tenore del quale “chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha il diritto di ripetere ciò che ha pagato”. La disciplina civilistica, dunque, intreccia quella tributaria dando luogo al procedimento cd. di rimborso. Quest'ultimo può essere avviato d'ufficio (in forma automatica) o su istanza di parte. Il procedimento di rimborso automatico è avviato direttamente dall'Amministrazione finanziaria in sede di liquidazione, attraverso verifiche meramente cartolari (art. 42-bis, d.p.r. n. 602/1973). Se la domanda proviene dal contribuente, quest'ultimo è tenuto a presentare l'istanza entro quarantotto mesi dalla data del versamento, nel caso di errore materiale, duplicazione ed inesistenza totale o parziale dell'obbligo di versamento. L'istanza di rimborso va presentata, all'Ufficio territoriale facente capo alla Direzione Provinciale dell'Agenzia delle Entrate competente in cui ha il domicilio fiscale il contribuente, specificando le ragioni sulle quali si fonda la richiesta, provvedendo all'allegazione delle ricevute dei versamenti o delle ritenute che sono state effettuate in modo indebito.

L'Amministrazione finanziaria può decidere di accogliere la richiesta, rigettarla oppure adottare una condotta silente ed in tal caso si configura il cd. silenzio rigetto (Per un approfondimento sul procedimento di rimborso si rinvia a G. M. Esposito, Il sistema amministrativo tributario italiano, Padova, 2021). Oltre alla disciplina settoriale, il procedimento di rimborso trova fondamento e giustificazione causale nell'art. 53 Cost., laddove, impone che il prelievo fiscale sia conforme alla capacità contributiva dell'interessato. Il predetto enunciato normativo può ben essere interpretato in modo elastico, prevedendo il diritto del contribuente alla piena reintegrazione patrimoniale delle somme corrisposte senza una valida ragione economica. Inoltre, il mancato riconoscimento del diritto alla reintegrazione determinerebbe una disparità di trattamento tra il cittadino che vanti un credito nei confronti dell'Amministrazione finanziaria, rispetto a colui che versi in stato creditorio rispetto ad un soggetto privato di altro ramo della Pubblica amministrazione (art. 3 Cost.) (M. Miscali, Capacità contributiva e disciplina del rimborso della imposta indebita, in Riv. dir. trib., fasc.2, 2000, 117).

La natura impositiva della funzione amministrativa non deve, pertanto, determinare un pregiudizio ai diritti del contribuente, ivi compreso, quello alla ripetizione dell'indebito. Il principio di supremazia, rectius, di preminenza dell'Amministrazione finanziaria non può giustificare il prelievo superiore al dovuto. L'interesse al rimborso delle somme indebitamente versate non è solo del contribuente che reclami la restituzione, ma anche dell'Amministrazione finanziaria, atteso che sarebbe contrario al pubblico interesse versare somme superiori a quelle effettivamente dovute. La giurisprudenza prevalente ammette l'impugnabilità del diniego di rimborso, in quanto il rifiuto incide sull'attuazione del credito (Cass. Civ. Sez. V., sent. 06/11/2013 n. 24916, in Fisco, 2013, 44, 6857) e deve, pertanto, essere consentito al contribuente l'esercizio del diritto di difesa.

Il procedimento di autotutela a garanzia della correttezza dell'azione amministrativa

L'ordinamento giuridico consente all'Amministrazione finanziaria di rivalutare le scelte adottate ed espungere dal mondo giuridico un atto illegittimo.

La logica sottesa all'istituto dell'autotutela va ricercata nella necessità di garantire a pieno il buon andamento e l'imparzialità della Pubblica Amministrazione (art. 97 Cost.), anche laddove ciò comporti l'attivazione di un procedimento di secondo grado funzionale alla rimozione dell'atto illegittimo. Anche per il procedimento di autotutela, al pari di quello di rimborso l'attivazione può avvenire ex officio o ad istanza di parte. Nella prima ipotesi è l'Ufficio a decidere di rimuovere l'atto “sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge” (art. 21, nonies, l. n. 241/90). La rimozione non può, tuttavia, avvenire sic et simpliciter, atteso che l'Ufficio deve considerare anche altri valori quali l'affidamento riposto dal destinatario, nonché la stabilità degli effetti prodotti dall'atto (D. Mendola, La rimozione dell'atto illegittimo. Il procedimento di autotutela a presidio del buon andamento dell'azione amministrativa, in Il tributario, Giuffrè).

Si attiva un meccanismo di bilanciamento degli interessi in gioco che comporta una valutazione delle conseguenze che possono prodursi sul mondo giuridico. L'interesse pubblico deve essere bilanciato con quello del privato cittadino alla conservazione dell'atto e ciò sulla base del principio di proporzionalità. Alla disciplina generale di cui alla L. n. 241/90, va ad integrarsi la disciplina speciale di cui al d.m. 12.2.1997, n. 37 che all'art. 2, precisa che l'Amministrazione finanziaria può procedere in tutto o in parte all'annullamento o alla rinuncia all'imposizione, in caso di autoaccertamento senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in caso di non impugnabilità, nei casi in cui sussista l' illegittimità dell'atto o dell'imposizione quali: errore di persona, evidente errore logico o di calcolo, errore sul presupposto dell'imposta, doppia imposizione, mancata considerazione mancata considerazione di pagamenti di imposta, regolarmente eseguiti, mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini di decadenza, sussistenza di requisiti per usufruire di deduzioni, o regimi agevolativi, precedentemente negati, errore materiale del contribuente facilmente riconoscibile dall'amministrazione. Il procedimento può, come detto, essere attivato anche su istanza della parte interessata, la legge non prescrive alcuna forma per la presentazione della richiesta che può avvenire anche in carta semplice, purché il contribuente indichi le ragioni di fatto e di diritto per cui richiede l'intervento eliminatorio da parte dell'Ufficio (B. Patrizi, G. Marini, G. Patrizi, Accertamento con adesione, conciliazione ed autotutela, Milano, 1999, passim).

Se il procedimento è attivato su richiesta di parte, le conseguenze della mancata rimozione sono più complesse. L'Ufficio, infatti, su richiesta del contribuente e sussistendone le ragioni è tenuto a rimuovere l'atto, in mancanza sarà obbligato al risarcimento del danno, per il mancato o ritardato annullamento qualora l'atto sia annullato in sede giudiziale e tale condotta abbia generato un pregiudizio al contribuente (D. Mendola, Autotutela sostitutiva: l'A.F. può emettere nuovo atto modificativo in aumento della pretesa di un precedente atto, nota a Cass. Civ. n. 31467/2019, in Il tributario, Giuffrè, 2020). Tale regola è disciplinata dall'art. 30 del c.p.a. a tenore del quale “può essere chiesta la condanna al risarcimento del danno ingiusto derivante dall'esercizio illegittimo dell'attività amministrativa o del mancato esercizio di quella obbligatoria”. L'annullamento soddisfa l'interesse alla corretta riscossione dei tributi, che costituisce una sintesi tra l'interesse fiscale dello Stato - comunità e il principio della capacità contributiva, tutelati dall'art. 53, primo comma, Cost. (M. Allena, F. Goisis, Facoltatività e discrezionalità dell'annullamento d'ufficio? Riflessioni sull'autotutela tributaria e amministrativa, in Diritto Processuale Amministrativo, fasc.2, 2018, 691, nota a Corte Costituzionale, 13 luglio 2017, n.181).

La non giustiziabilità del diniego di autotutela. I profili di criticità

Il legislatore tributario all'art. 19, D. lgs. n. 546/92, ha predeterminato gli atti che il contribuente può autonomamente impugnare, tra i quali, tuttavia, non è incluso il cd. diniego di autotutela. In caso di mancato accoglimento della istanza di autotutela, pertanto, il contribuente non avrebbe alcuna possibilità di agire in giudizio per ottenere la tutela della propria situazione giuridico - soggettiva, salvo l'impugnazione cd. differita. In tale ultima ipotesi il contribuente può impugnare il diniego di autotutela solo unitamente all'atto originario o mediante motivi aggiunti, se questo è stato già impugnato (Tar, Torino (Piemonte) sez. I, 1801/2021, n. 54, in Redazione Giuffrè, 2021). La ragione dell'esclusione dell'autonoma impugnabilità sarebbe ravvisabile nella considerazione secondo la quale il diniego di autotutela non contiene un contenuto precettivo autonomo, sia pur di conferma del precedente avviso, né determina una “effettiva innovazione lesiva degli interessi del contribuente, rispetto al quadro a lui già noto” (Cass. Civ. 15 aprile 2016, n. 7511, Sez. Trib. con nota di P. Piantavigna, Riflessioni sull'autotutela parziale alla luce dell'ondivaga nomofilassi della Cassazione, in Rivista di Diritto Finanziario e Scienza delle Finanze, fasc.3, 2016, 77).

In altre parole, secondo la giurisprudenza, il diniego di autotutela è privo di una portata lesiva autonoma e, pertanto, difetta di un interesse concreto ed attuale a contestarlo. La lesione, infatti, discende già dal provvedimento originario in relazione al quale viene invocata l'autotutela. Il diniego di autotutela è meramente confermativo di un precedente provvedimento e, pertanto, non comporta una nuova valutazione degli interessi in gioco (Cfr. Cons. St. Sez. V sent. n. 2550/2012, in Massima Redazionale 2012). Eppure, l'adozione di un atto illegittimo determina la violazione di una posizione sostanziale di diritto soggettivo del tutto indipendente dal rapporto tributario che merita, dunque, di essere tutelata. L'art. 19, d.Lgs. n. 546/1992, raccoglie tutti gli atti che producono effetti cd. diretti e immediati a carattere lesivo nei confronti del contribuente ed è indubbio che anche il diniego di autotutela sia idoneo a produrre effetti pregiudizievoli.

Alla luce di tale assunto dovrebbe ritenersi applicabile la disciplina della impugnabilità degli atti anche al rifiuto di autotutela. L'atto finale del procedimento di autotutela dovrebbe, infatti, essere impugnato, proprio in ragione del fatto che viene effettuata una attività cd. istruttoria di recupero di informazioni e dati che determina l'insorgere dell'interesse ad agire da parte del destinatario del provvedimento di rifiuto. È opportuno evidenziare che la giurisprudenza di legittimità avalla la possibilità di impugnare il diniego, ma “il sindacato sull'atto di diniego dell'Amministrazione finanziaria di procedere ad annullamento del provvedimento impositivo in sede di autotutela può riguardare soltanto eventuali profili di illegittimità del rifiuto e non la legittimità della pretesa tributaria” (Cass. Civ. ord. n. 29874/2020). Resta, dunque, esclusa l'impugnazione per ragioni di fondatezza con inevitabile pregiudizio al diritto di difesa del contribuente che potrebbe avere interesse a promuovere eccezioni anche nel merito della pretesa.

Le garanzie partecipative affievolite

L'esigenza di garantire la partecipazione al procedimento amministrativo tributario emerge non solo quando l'Amministrazione finanziaria proceda al recupero delle somme dovute, ma anche nel corso dei procedimenti di secondo grado, quali l'autotutela o di ripetizione come quelli di rimborso.

Attualmente, tuttavia, non sembra ammettersi la partecipazione del contribuente ai suddetti procedimenti. Il mancato riconoscimento del diritto al contraddittorio nei procedimenti di autotutela è strettamente connesso all'assenza di giustiziabilità dell'atto finale di diniego, in un rapporto di causa - effetto. Eppure, è indubbio che la partecipazione del contribuente al procedimento sia funzionale al recupero di informazioni utili ai fini della determinazione finale, tanto più se dall'intervento possa derivare la rimozione dell'atto. D'altronde l'autotutela non opera solo a favore del contribuente, ma anche dell'Ufficio se si considera che gli atti amministrativi sono dotati di una presunzione di legittimità (art. 97 Cost.). A tal proposito, appare pienamente condivisibile l'orientamento di una certa giurisprudenza amministrativa che prescrive l'obbligatorietà della comunicazione di avvio del procedimento di cui all'art. 7, l. n. 241/90, “al fine di consentire l'instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale che possa fornire all'amministrazione, con la rappresentazione di fatti e la proposizione di osservazioni da parte del privato, elementi utili o indispensabili all'esercizio del potere discrezionale” (Cons. St., sez. V, 22 luglio 2019, n. 5168, in www.dejure.it).

L'intervento in fase procedimentale consente di addivenire ad una decisione giusta ed evitare che il contribuente proceda all'impugnazione del provvedimento di accertamento che, in quanto partecipato, risulta anche “condiviso”. Ai fini della economicità dell'azione amministrativa sarebbe, allora, un presupposto indefettibile la partecipazione del contribuente fin dall'origine dell'attivazione del procedimento amministrativo, che consentirebbe di risolvere la quaestio in fase preventiva, evitando un contenzioso dispendioso. Il mancato riconoscimento del diritto di partecipazione suscita diverse perplessità, se si tien conto che dal procedimento di autotutela origina un'attività istruttoria a cui il contribuente deve avere il diritto di partecipare fornendo all'Ufficio gli elementi utili a decidere.

Una timida apertura si è avuta, invece, sul fronte dei procedimenti di rimborso, per i quali la giurisprudenza di merito ha asserito che “il contraddittorio endoprocedimentale deve essere instaurato anche per i provvedimenti di diniego di rimborso Iva” (CTR Lazio, sentenza n. 6608/2019). L'assunto muove dalla considerazione che il procedimento di rimborso è espressione della volontà impositiva dell'Ufficio, al pari di quanto accade per i procedimenti di accertamento. I giudici di merito, però, nel riconoscere il diritto di partecipazione ai procedimenti di rimborso aventi ad oggetto i tributi armonizzati finisce per “circoscriverne” la portata creando un discrimen tra i contribuenti. Il diritto di partecipazione non dovrebbe, tuttavia, essere riconosciuto ai soli procedimenti di rimborso aventi ad oggetto i tributi armonizzati, per i quali opererebbero comunque le regole dell'ordinamento comunitario in tema di contraddittorio endoprocedimentale. Sarebbe, tuttavia, necessario riconoscere il suddetto diritto anche per i procedimenti relativi ai tributi non armonizzati in considerazione della funzione cui assolve la parte attiva dell'obbligazione tributaria.

La piena attribuzione delle garanzie partecipative, inoltre, consente di risolvere diverse problematiche.

Si pensi, ad esempio, al diniego implicito di rimborso che si manifesta attraverso un tacito riconoscimento del diritto alla ripetizione che si concretizza mediante l'accredito su conto corrente del contribuente. Tale prassi non desterebbe, di per sé, alcun problema, salvo le ipotesi in cui l'ufficio proceda al rimborso di una somma inferiore a quella spettante all'interessato. Al di là delle questioni sull'impugnabilità o meno del diniego implicito (non previsto, quest'ultimo, nell'alveo degli atti autonomamente impugnabili), ciò che interessa maggiormente è l'aspetto contributivo. In altre parole, se il contribuente fosse stato reso partecipe sin dall'inizio del procedimento, l'Amministrazione non sarebbe giunta ad una decisione errata con conseguente minor dispendio. Lo snellimento della procedura, mediante accredito su conto corrente dell'interessato, non deve in alcun modo arrecare un pregiudizio alle garanzie costituzionali ovvero operare in danno alla effettiva capacità contributiva dell'interessato. Di converso, è necessario trovare un punto di equilibrio tra i diritti costituzionali e l'economicità dell'azione amministrativa conseguibile mediante la partecipazione.

L'indebolimento delle garanzie partecipative è ravvisabile anche in relazione ai procedimenti sanzionatori. In tale ipotesi, infatti, la giurisprudenza di legittimità esclude il coinvolgimento del contribuente, in particolare la Corte di Cassazione ha asserito che “nei procedimenti di irrogazione delle sanzioni amministrative, non trovano applicazione le disposizioni di cui alla l. n. 241/90 art. 7 e 8, in quanto prevale la legge speciale n. 689/1981” (Cass. civ. Sez. VI - 2 Ord. 502/2021). I giudici di legittimità si soffermano sulla natura “speciale” del procedimento sanzionatorio da cui discende la deroga alla normativa generale. Tale assunto non appare, tuttavia, condivisibile se si tien conto della circostanza secondo la quale la normativa speciale nulla prevede in merito alla partecipazione del contribuente al procedimento sanzionatorio, salvo prescrivere un contraddittorio difensivo attivabile mediante la notifica dell'atto di contestazione che consente al contribuente di presentare “memorie e difese” ed assolvendo, in tal modo, ad una funzione propulsiva (V. Ficari, Prime considerazioni su partecipazione e procedimento nell'applicazione delle sanzioni amministrative tributarie, in Rass. Trib., 2000, 5, 1413; R. Miceli, Il contraddittorio precontenzioso nei procedimenti di irrogazione delle sanzioni, in Riv. Dir. Trib. fasc. 11, 2002, 1095; G. Ragucci, La partecipazione del privato all'irrogazione della sanzione tributaria, in Riv. dir. fin. fasc. 2, 2001, 251).

Da ciò discende quale logico corollario l'applicazione dell'art. 13, l. n. 241/90, che contiene la disciplina applicabile a qualsivoglia procedimento, laddove manchi una norma speciale regolatrice. D'altronde, il procedimento di accertamento del tributo e il procedimento di accertamento dell'illecito, presentano un nesso comune, ravvisabile nel giusto procedimento che trova la sua espressione massima nel buon andamento ed imparzialità della Pubblica Amministrazione.

Conclusioni

La partecipazione, dunque, è rilevante per qualsivoglia tipologia di procedimento in quanto consente al contribuente di offrire elementi di valutazione utili ai fini della determinazione finale.

Quanto detto vale non soltanto per i procedimenti di accertamento finalizzati al prelievo fiscale, ma per tutte le tipologie di procedimenti di cui sia parte l'Amministrazione finanziaria anche quando siano funzionali a riconoscere al contribuente la qualità di creditore (come nell'ipotesi di rimborso).

La legge generale sul procedimento non distingue, infatti, tra le tipologie di procedimenti prevedendo la partecipazione del cittadino come baluardo del buon andamento e dell'imparzialità dell'azione amministrativa. D'altronde se l'azione amministrativa deve essere improntata ai principi di efficacia, efficienza, effettività ed economicità, un ruolo di particolare rilievo è rivestito dalla partecipazione al procedimento amministrativo.

Emerge uno stretto collegamento tra attività istruttoria e partecipazione del contribuente. L'una non può svolgersi correttamente senza il supporto dell'altra. E non basta che si tratti di “difese”, dovendo, invece, essere privilegiata una partecipazione cd. collaborativa. Il mancato riconoscimento delle garanzie partecipative finirebbe, inoltre, per generare una disparità di trattamento tra i contribuenti destinatari di un processo verbale di constatazione o di accertamenti cd. a tavolino (nei casi in cui è riconosciuto espressamente il diritto al contraddittorio) ed i contribuenti coinvolti in procedimenti di rimborso, di autotutela o sanzionatori.

Occorre, tuttavia, disancorarsi dalla concezione del procedimento come insieme di atti e fatti strumentali all'adozione del provvedimento finale, ma valorizzare la concezione sostanzialistica del procedimento quale momento di incontro tra le parti del rapporto obbligatorio. Il focus, dunque, è incentrato sul rapporto d'imposta, prima ancora che sull'atto amministrativo in linea con una amministrazione di scopo. La partecipazione al procedimento amministrativo tributario consente di attribuire al provvedimento amministrativo per sua natura unilaterale la validità di atto concordato tra le parti, la cui attività istruttoria è stata condotta di concerto tra l'Amministrazione finanziaria ed il contribuente.

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