La nuova composizione negoziata della crisi e il concordato liquidatorio semplificato

Fabio Cesare
19 Agosto 2021

Il 5 agosto 2021 il Consiglio dei Ministri ha approvato un d.l. di prossima pubblicazione che rinvia l'entrata in vigore del codice della crisi al 16 maggio 2022 e l'allerta al 31 dicembre 2023. Vengono poi anticipati ulteriori istituti del CCII per facilitare gli accordi di ristrutturazione e viene introdotta la composizione negoziata della crisi, condotta sotto l'egida di un esperto di nomina volontaria, all'esito della quale è possibile accedere a diverse soluzioni di regolazione della crisi. Tra di esse, il nuovo concordato liquidatorio semplificato, che non prevede l'adunanza dei creditori.
Uno sguardo di insieme al provvedimento

Con tempestività agostana, il Consiglio dei Ministri ha mantenuto le promesse annunciate dalla Commissione Pagni ed ha approvato un d.l. di prossima pubblicazione. In sintesi, il provvedimento fa slittare al 16 maggio 2022 l'entrata in vigore del CCII, salvo che per l'allerta, differita al 31 dicembre 2023.

La maggior parte delle disposizioni entreranno in vigore il 15 novembre 2021, pertanto dopo la legge di conversione che potrà ritoccare l'impianto dell'ennesima riforma ispirata alla semplificazione, alla flessibilità, alla velocità di intervento e al contenimento dei costi delle procedure.

Accanto ai ritocchi al concordato per il quale viene definitivamente recepito il cram down erariale anche in caso di voto negativo del fisco, al recepimento delle novità del codice della crisi in tema di accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa e accordi di moratoria, che ricalcano i corrispondenti istituti del Codice della Crisi, il decreto si impernia sul nuovo istituto della composizione negoziata della crisi.

La “controriforma” estiva si ispira ed amplia la composizione della crisi già prevista dall'art. 19 CCII, con l'obiettivo di armonizzare il corpus del D.Lgs. 14/2019 con la Direttiva 1023/2019. Quest'ultima all'art. 3 prevede che i debitori debbano accedere all'allerta precocemente con meccanismi chiari e trasparenti per individuare rischi di insolvenza, così che il debitore possa agire senza indugio. La direttiva prevedeva la possibilità di avvalersi di tecnologie informatiche per accedere agli strumenti messi a disposizione dal legislatore.

La nuova disciplina recepisce l'invito del diritto unionale con la predisposizione di una piattaforma informatica (verosimilmente già predisposta da Infocamere), messa a disposizione da ciascuna camera di commercio nella quale il debitore può inserire i suoi dati, verificare la concreta sussistenza di probabilità di risanamento in continuità e chiedere la nomina di un esperto (e non più di tre membri dell'OCRI), con il compito di individuare la migliore soluzione possibile senza spossessare il debitore.

All'esito delle trattative con i creditori, che hanno l'obbligo di partecipare attivamente e in buona fede, l'esperto redige una relazione da inserire nella piattaforma informatica, senza la necessità di informare né il tribunale né il pubblico ministero. Essa può condurre alla soluzione regolatoria sic et simpliciter vidimata dall'esperto stesso con gli effetti di cui all'art. 67, comma 3, lett. d) l.fall. , ovvero accompagna il debitore verso una soluzione regolatoria della crisi, dal piano attestato a uno degli strumenti previsti dalla legge fallimentare, che si arricchiscono di un concordato liquidatorio senza adunanza e senza soglia minima del venti percento.

La nuova composizione negoziata della crisi

Il compito di reagire all'early warning segnalato dalla piattaforma informatica viene affidato a un facilitatore “monocratico”, che detterà i tempi e le modalità delle trattative votate alle soluzioni negoziali di composizione della crisi. Il debitore e i suoi creditori potranno interloquire con professionisti di propria fiducia che saranno i veri motori del processo di ristrutturazione.

L'esperto verrà scelto tra gli avvocati e i commercialisti che abbiano maturato cinque anni di iscrizione all'albo e abbiano certificato una significativa esperienza in materia di risanamento, oltre ai consulenti del lavoro e ai manager, che abbiano collaborato in operazioni di ristrutturazione in continuità, che siano stati coronati dall'omologa. L'elenco degli esperti verrà formato dalla Camera di Commercio e l'iscrizione al relativo albo sarà subordinata ad un percorso di formazione da identificare con il Decreto del Ministero della Giustizia che istituirà la piattaforma informatica. Non sono previste al momento soluzioni per il “primo popolamento” dell'albo, sicché allo stato le iscrizioni degli esperti in Camera di Commercio non saranno possibili, e dovranno essere rinviate all'adozione del Decreto Ministeriale, che pure potrà prevedere norme per la prima iscrizione; per esempio, attribuendo ai gestori in regola con la formazione prevista dal D.M. 202/2014 il diritto di accedere all'albo almeno per le imprese minori.

La figura del negoziatore super partes viene scelta da una commissione composta da tre membri, designati per due anni: uno dal Presidente della Camera di Commercio, un magistrato designato dalla sezione specializzata imprese e uno designato dal Prefetto del capoluogo di Regione. La commissione deve decidere sulla nomina secondo criteri di trasparenza e rotazione, facendo in modo che non si cumulino più di due incarichi in contemporanea sul medesimo professionista, il quale deve autonomamente valutare la sua disponibilità di tempo per svolgere l'incarico (art. 5 comma 4). In caso di inerzia della commissione, il Presidente della Camera di Commercio procede alla nomina in via sostitutiva.

La nomina può avvenire anche al di fuori dell'ambito regionale. Insediatosi l'esperto, previa dichiarazione di indipendenza e di possesso dei requisiti di cui all'art. 2399 c.c., questi incontra il debitore e traccia una agenda di incontri per l'avvio delle negoziazioni.

Durante le trattative, condotte direttamente dal debitore con l'autorevole e maieutico supporto dell'esperto, sono tratteggiati i doveri delle parti coinvolte. Tutti devono collaborare lealmente e in modo sollecito con l'imprenditore e con l'esperto, rispettando l'obbligo di riservatezza, sulle iniziative da questi assunte o solo programmate e sulle informazioni acquisite nel corso delle trattative. Corre poi l'obbligo di riscontrare tempestivamente e motivatamente le proposte e le richieste emerse nel corso delle negoziazioni.

Si prevede che:

- l'imprenditore deve rappresentare la sua situazione con trasparenza e completezza, gestendo il patrimonio senza arrecare pregiudizi ingiusti ai creditori;

- i creditori finanziari sono non a caso destinatari di obblighi qualificati: sono tenuti a partecipare alle trattative in modo attivo e informato, ed è vietata la revoca degli affidamenti connessa soltanto all'avvio della fase di composizione.

Meritano di essere citate le consultazioni sindacali con i rappresentati dei lavoratori individuati a norma dell'art. 47, comma 1, L. 29 dicembre 1990, n. 428, che devono essere coinvolti, quando debbano assumersi determinazioni in grado di alterare i rapporti di lavoro di imprese che abbiano più di quindici dipendenti: i sindacati devono essere previamente coinvolti con una procedura dai tempi assai ridotti.

L'esperto può disporre immediatamente l'archiviazione se le prospettive di risanamento appaiono fin da subito troppo velleitarie; in questo caso non vi sono conseguenze, a differenza che nel procedimento di allerta esterna del CCII: in nessun caso si deve provvedere alla segnalazione dell'insolvenza, anche fosse manifesta, al pubblico ministero.

L'autorità giudiziaria viene invece coinvolta per ex art. 6 per misure protettive del patrimonio, ispirate al codice della crisi ma diversamente declinate, e richieste al tribunale della sede effettiva dell'impresa ex art. 9 l.fall. (e non più al tribunale delle imprese come nel CCII), previa iscrizione dell'istanza nella piattaforma che produce gli effetti dell'automatic stay sono inibite: le azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore e sui beni con i quali viene esercitata l'attività di impresa; ed è vietata la costituzione di cause di prelazione (eccetto che per i crediti di lavoro), così come la dichiarazione di fallimento. Il Tribunale dovrà poi confermare.

Nell'ottica di salvaguardare il complesso produttivo, i contratti “pendenti” vengono definiti sostanzialmente inalterabili e non passibili di rimedi risolutori per la semplice adozione di misure protettive, ancorché possano essere rimodulati in presenza di alterazioni del sinallagma connesse alla pandemia, su richiesta dell'esperto ovvero con l'autorizzazione del Tribunale, che nel caso può disporre un indennizzo in favore dell'altro contraente.

Oltre alle misure protettive, sono possibili misure cautelari anche atipiche strumentali alla conduzione delle trattative, tra le quali spicca quella della sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione ex artt. 2482 ter-2447 c.c., discendente da una mera dichiarazione del debitore senza la necessità di alcun provvedimento.

Il procedimento viene regolato dal rito cautelare uniforme ex art. 669 bis-terdecies c.p.c. e non più dal rito camerale, rimarcando in modo più netto la strumentalità delle misure richieste o da confermare rispetto all'obiettivo prefissato delle trattative. Va segnalato che nella procedura il tribunale può nominare un ausiliario ex art. 68 c.p.c.

Il Tribunale può confermare le misure protettive o concedere la misure cautelari per un periodo compreso fra trenta e centottanta giorni prorogabili. Il provvedimento può essere revocato su istanza dei creditori o su segnalazione dell'esperto, oppure può essere abbreviata la durata se non soddisfano l'obiettivo di preservare il buon esito delle trattative oppure appiano sproporzionate rispetto al pregiudizio arrecato ai creditori.

Un elemento caratterizzante la nuova composizione della crisi è dunque l'arretramento dell'intervento giurisdizionale che si conferma nella scelta di permettere il blocco delle azioni esecutive senza alcuna forma di spossessamento: il compimento di atti di straordinaria amministrazione, nonché l'esecuzione di pagamenti incoerenti rispetto alle trattative o alle prospettive di risanamento devono essere comunicati all'esperto, il quale può segnalare all'organo di controllo e all'imprenditore che l'atto è foriero di danno ai creditori. Se l'imprenditore intende compiere l'atto nonostante il dissenso, l'esperto può iscrivere il suo parere negativo nel registro delle imprese e informare il Tribunale che attiva il procedimento per l'eventuale revoca delle misure cautelari o protettive già disposte.

Il Tribunale è chiamato in causa, invece, per autorizzare attività negoziali particolarmente delicate: l'assunzione di finanziamenti prededucibili, anche dei soci o infragruppo, ovvero il trasferimento dell'azienda o di alcuni suoi rami senza l'accollo dei debiti ex lege previsto dall'art. 2560 c.c. (rimane salva invece in ogni caso la solidarietà ex art. 2112 c.c.).

Gli esiti della nuova composizione della crisi

La conclusione delle trattative può avvenire per il decorso del termine di centottanta giorni dall'accettazione dell'esperto, prorogabili su istanza di tutte le parti, ovvero se il differimento del termine finale si è reso necessario per l'accesso alle misure protettive, cautelari, o per altre richieste di autorizzazione rivolte al Tribunale.

Gli sbocchi della negoziazione sono quelli classici della legge fallimentare: dal piano attestato all'accordo di ristrutturazione o di moratoria, fino al concordato preventivo e all'istanza di fallimento in proprio.

Se ne aggiungono tre:

- la sottoscrizione di un accordo con uno o più creditori, idoneo ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a due anni secondo la relazione finale dell'esperto;

- un accordo sottoscritto da tutte le parti coinvolte nella negoziazione, compreso l'esperto, che produce gli effetti del piano attestato ex art. 67, comma 3, lett. d), l.fall., senza la necessità dell'attestazione;

- il nuovo istituto del concordato liquidatorio semplificato.

Una volta redatta la relazione finale, l'esperto la inoltra alla piattaforma, la invia all'imprenditore e al giudice che ha eventualmente adottato misure cautelari o protettive, in modo che possano immediatamente cessare.

Il concordato liquidatorio semplificato per le imprese maggiori

Qualora le trattative non abbiano avuto esito positivo e non siano possibili le soluzioni di cui all'art. 11, commi 1 e 2 (le soluzioni negoziate fino all'accordo di ristrutturazione del debito), l'imprenditore può presentare, nei sessanta giorni successivi alla relazione finale dell'esperto, un ricorso per l'omologa di un concordato liquidatorio con modalità affatto semplificate e senza passare per una fase di ammissione.

Si tratta, pertanto, di una soluzione che presuppone l'avvio delle trattative e l'inattuabilità degli strumenti regolatori minori: esso non potrà essere esperito senza un preventivo passaggio dalla composizione negoziata della crisi, né qualora le trattative non siano state nemmeno avviate nel caso in cui l'esperto non abbia ritenuto vi fossero concrete prospettive di risanamento.

A seguito del deposito del ricorso, che presenta gli effetti tipici del concordato preventivo, dall'automatic stay allo spossessamento attenuato con il consueto regime autorizzatorio di cui all'art. 167 l.fall., il tribunale verifica la sola ritualità della proposta e nomina non un commissario, ma un ausiliario che informerà i creditori della proposta e dell'udienza di omologa. L'ausiliario dovrà solo confermare la fattibilità del piano sulla base della relazione finale dell'esperto e vigilare sull'imprenditore, rimanendogli attribuito il potere di richiedere la revoca della procedura ex art. 173 l. fall.

Non sembra possibile la divisione dei creditori in classi, poiché funzionale all'acquisizione del consenso e perché non è richiamato l'art. 160 l.fall.

Sparisce l'adunanza dei creditori sull'altare della celerità e dell'economicità, così come l'attestazione del piano (invero sostituita dalla relazione finale dell'esperto); anche la percentuale minima di pagamento del venti percento per i creditori chirografari non è più un requisito.

Il Tribunale può omologare il piano di liquidazione, fermo l'ovvio giudizio di fattibilità (i) laddove siano offerte a tutti i creditori utilità di qualsiasi natura, anche non necessariamente un pagamento dunque (ii) se il concordato non reca pregiudizio rispetto alla soluzione fallimentare, e non più se è conveniente rispetto a essa.

I creditori possono poi proporre opposizioni all'omologa a prescindere dal peso del loro credito entro trenta giorni in Corte d'Appello.

Viene infine depotenziata la vendita competitiva: l'ausiliario autorizzato dal tribunale o, dopo l'omologa, il liquidatore giudiziale possono procedere alla vendita dall'azienda o di singoli beni verificata l'assenza di soluzioni migliori sul mercato, ad esempio, mediante l'esplorazione di offerte conseguenti a inviti a offrire appositamente divulgati.

Il concordato liquidatorio semplificato e gli altri istituti per le imprese minori

La composizione assistita della crisi riguarda anche le imprese minori e agricole minori secondo le disposizioni dell'art. 17 del Decreto Legge, con poche modifiche rispetto alla procedura riservata alle imprese sotto soglia.

Il legislatore ha ritenuto di optare per una scelta non riservata a tutte le imprese astrattamente soggette al sovraindebitamento: risultano escluse dalla composizione minore le imprese agricole e le start up innovative che abbiano superato i limiti di cui all'art. 1 l. fall., queste ultime esonerate dalle procedure maggiori ex art. 31 D.L. 179/2012. Esse dovranno letteralmente rivolgersi alla composizione maggiore, salvo che si tratti di una svista del legislatore da correggere in sede di conversione, poiché gli esiti dalla composizione della crisi quali il concordato in continuità “classico” non risultano di norma esperibili da queste imprese.

La procedura semplificata prevede che la nomina dell'esperto avvenga a seguito di una istanza depositata presso l'OCC o la Camera di Commercio territorialmente competenti. Si deve ipotizzare che la piattaforma informatica renderà più agevole l'accesso all'Organismo di Composizione della Crisi interno a quest'ultima, poiché gli altri organismi dovranno adattarsi ai contenuti informatici del sistema prima di potervi avere accesso e sempre che il software preveda in astratto la possibilità di coinvolgere terzi per la nomina dell'esperto.

La composizione della crisi “minore” prevede l'accesso agli stessi strumenti previsti per la composizione della crisi maggiore, alla quale si rinvia, ai quali si aggiungono l'accordo di ristrutturazione dei debiti (rectius, l'accordo di composizione della crisi), la liquidazione del patrimonio e il concordato semplificato, restando esclusi gli strumenti di regolazione della crisi previsti dalla legge fallimentare.

Potrebbe destare qualche perplessità l'inclusione del concordato liquidatorio semplificato tra le opzioni dell'imprenditore minore dopo la composizione assistita. In realtà a ben vedere, l'istituto potrebbe essere preferibile rispetto alla liquidazione del patrimonio, poiché quest'ultima non prevede l'esdebitazione e comporta il rischio che al termine di essa possano essere riattivate le procedure esecutive. L'accordo di composizione della crisi, se pure prevede una votazione con le forme del silenzio assenso, potrebbe non essere esperibile laddove i rapporti con creditori si siano deteriorati nel corso delle trattative, così da non lasciare alcuno spazio all'approvazione della proposta. Il concordato liquidatorio potrebbe efficacemente superare queste ultime difficoltà posto che non prevede alcuna necessità di approvazione da parte della massa, salve ovviamente le opposizioni all'omologa.

Per l'accesso alle procedure di sovraindebitamento, l'esperto svolge i compiti del gestore della crisi per intuibili ragioni di efficienza ed efficacia: di qui si potrebbe argomentare che quantomeno per gli esperti delle imprese sotto soglia il Decreto Ministeriale scelga i gestori già abilitati ai quali si potrebbe offrire una formazione limitata alla piattaforma informatica.

Conclusioni

L'ultimo intervento nel cantiere della riforma del diritto della crisi sposta il baricentro della tutela degli interessi verso una decisa privatizzazione rispetto al codice della crisi, dove l'intervento del tribunale e del pubblico ministero era assai più incisivo, soprattutto all'esito della composizione della crisi che si chiude senza alcuna notitia decoctionis all'autorità inquirente. Anche l'allerta viene rimodellata escludendo l'avvio della fase esterna ad opera dell'erario e degli istituti di previdenza con una virata che sembra tributare un eccessivo grado di fiducia all'imprenditore in crisi. Tuttavia, il florilegio di misure premiali di cui all'art. 14 del D.L., offerte al debitore che intenda affidarsi al percorso di composizione della crisi, insieme ai binari della piattaforma informatica di accesso potrebbe davvero costituire un incentivo per diffondere una responsabilizzazione dell'imprenditore in crisi, complice l'ombrello protettivo dalle revocatorie e dalle fattispecie di bancarotta, che scattano dopo l'accettazione dell'incarico da parte dell'esperto e lo scivolo nel concordato semplificato.

Quest'ultimo strumento può costituire una leva negoziale nella cassetta degli attrezzi dell'esperto, arbitro più che artefice delle trattative, per incentivare una convergenza di interessi nella massa dei creditori, che il legislatore ha compreso essere troppo spesso di ostacolo alla conservazione del valore aggregato dell'impresa per l'incapacità di superare la soglia degli interessi egoistici di ciascun creditore.

Anche le scelte sulle imprese sotto soglia sembrano delineare distinzioni estranee al tessuto normativo della riforma e della attuale legge fallimentare, escludendo letteralmente le imprese agricole e le start up innovative dalla composizione minore se prive dei requisiti di cui all'art. 1 l.fall. dal sovraindebitamento esaurita la composizione: quest'ultima l'opzione non è esclusa dalla L. n. 3/2012 e dovrà essere oggetto di attenta valutazione dal legislatore in fase di conversione per non generare incertezza applicative..

L'inversione di rotta sarà effettiva solo se gli operatori del diritto concorsuale, curatori, commissari e soprattutto i Tribunali, saranno in grado di recepire le scelte del legislatore, viceversa l'omologa del concordato liquidatorio semplificato sarà la sede per far rivivere molti formalismi e molte chiusure che hanno ostacolato una pronta liquidazione delle imprese in crisi, come imposto dalla direttiva Insolvency.

Vi è da chiedersi se un simile impianto sia poi compatibile con le scelte di fondo del codice della crisi: se le premesse sono queste, la riforma andrà sicuramente rivista prima dell'entrata in vigore per l'ennesima volta.