Un caso di conferimento abusivo

23 Agosto 2021

E' considerata abusiva la combinazione di un conferimento in una società appositamente costituita di partecipazioni di controllo, con la successiva scissione della conferente....
Introduzione

E' da considerarsi abusiva la combinazione di un conferimento, in una società appositamente costituita, di partecipazioni di controllo, con la successiva scissione della conferente. Tale tipo di operazione comporta infatti un numero superfluo di operazioni societarie, il cui perfezionamento non è coerente con le normali logiche di mercato, bensì è idoneo a permettere il conseguimento di vantaggi fiscali indebiti, con azzeramento della tassazione della plusvalenza da conferimento dei soci. Non è dunque motivata la scelta relativa alla combinazione di due negozi giuridici - conferimento di partecipazioni seguito dalla scissione totale della conferente - in luogo del fisiologico conferimento da parte dei soci riconducibili delle partecipazioni in favore di due holding neocostituite. Tale scelta risulta infatti finalizzata all'obiettivo dei soci persone fisiche di azzeramento del carico tributario. Ne consegue, quindi, l'assoggettamento a tassazione dell'intera plusvalenza derivante dalla differenza, positiva, tra il valore normale delle partecipazioni oggetto di conferimento ed il loro costo fiscalmente riconosciuto.

La struttura dell'operazione di conferimento di partecipazioni e scissione

Con la Risposta ad interpello n. 493 del 20 luglio 2021, l'Agenzia delle Entrate ha rilevato la natura elusiva di una complessa operazione di conferimento di partecipazioni seguito da scissione.

Nel caso di specie, i fratelli soci 'capostipiti" A e B, nonché i figli di quest'ultimo, ovvero il socio C, e il socio D, erano soci della società ALFA S.r.l., costituita nel 1988 ed esercente attività finanziaria ed immobiliare, nonché attività di prestazione di servizi alle imprese ed intermediaria di commercio.

Gli Istanti rappresentavano che ALFA S.r.l. era partecipata per il 50% (in piena proprietà) dal socio A, e per il restante 50% dai soci B, C e D nella seguente misura:

- il socio B deteneva diritti di usufrutto sul 48% del capitale sociale, mentre la nuda proprietà era detenuta dai figli soci C e D;

- il socio B deteneva il restante 2% del capitale sociale in piena proprietà.

Tale ripartizione delle partecipazioni costituiva il frutto di un patto di famiglia, a mezzo del quale il socio B (padre), titolare esclusivo del 50% del capitale sociale, donava, ai sensi degli articoli 768-bis e ss. del codice civile, pro-indiviso, ai figli C e D - riservandosi il diritto di usufrutto vitalizio ed il relativo diritto di voto – la nuda proprietà di quote, corrispondente al 48% del capitale sociale di ALFA S.r.l.

Gli Istanti precisavano che la donazione delle quote, effettuata, con il richiamato patto di famiglia, dal socio B in favore dei figli soci C e D, non aveva effetti irreversibili, posto che una clausola contenuta nel medesimo patto (c.d. clausola di recesso) attribuiva al disponente, finché in vita, il potere di sciogliere l'accordo con una dichiarazione di volontà unilaterale, di natura discrezionale, da comunicarsi agli altri contraenti.

In un tale contesto, il 14 dicembre 2020 ALFA S.r.l. costituiva ALFA Holding S.r.l., società unipersonale avente ad oggetto l'acquisto, la permuta, la vendita, e la gestione di titoli, di diritti di partecipazione e mobiliari in genere, nonché il coordinamento tecnico, amministrativo e finanziario delle società partecipate, conferendo in essa le partecipazioni di controllo detenute in società attive nel settore ceramico, ovvero della BETA S.p.A. e della GAMMA S.p.A.

Le partecipazioni conferite costituivano l'asset di maggior rilievo di ALFA S.r.l., unico socio di ALFA Holding S.r.l.

Il conferimento era avvenuto in regime di neutralità fiscale, ex articolo 175 del TUIR, ad un valore corrispondente al costo fiscale delle partecipazioni conferite.

Gli Istanti evidenziavano che la riorganizzazione del gruppo, disposta con la costituzione di una subholding unipersonale, rispondeva a precise ragioni economiche, emergenti anche dal verbale del Consiglio di amministrazione di ALFA S.r.l., e consistenti nell'opportunità di "meglio relazionarsi nei confronti dei terzi in senso ampio, incluso il mondo bancario ed eventuali partners" ed "in funzione di un potenziale coinvolgimento di nuove generazioni nel gruppo".

Ciò premesso, gli Istanti rappresentavano che la costituzione di ALFA Holding S.r.l. ed il conferimento in essa delle partecipazioni di controllo detenute da ALFA S.r.l. costituivano solo il primo step di un progetto di riorganizzazione complessiva del gruppo, che prevedeva, quale passaggio successivo al conferimento, la scissione totale della conferente ALFA S.r.l., in due società di capitali riconducibili ai due rami familiari, facenti capo ai capostipiti soci A e B (rispettivamente, la ALFA 1 unipersonale, interamente partecipata dal socio A, e la ALFA 2, partecipata dal socio B e dai suoi due figli, soci C e D).

Ai soci della scissa sarebbero state assegnate nuove partecipazioni al capitale delle società beneficiarie, corrispondenti al rispettivo ramo familiare, in proporzione alla partecipazione detenuta nella società scissa, con conseguente scioglimento di quest'ultima.

La scissione sarebbe avvenuta in regime di neutralità fiscale, ex articolo 173 del TUIR.

Obiettivo dell'operazione era, in sostanza, il mantenimento del controllo di ALFA S.r.l. nell'ambito della medesima famiglia, assicurando, nel contempo, attraverso la costituzione della propria holding di famiglia, la separazione dei due nuclei familiari, riconducibili ai fratelli capostipiti.

Ciò posto, gli Istanti chiedevano quindi un parere in ordine alla eventuale riconducibilità dell'operazione ad una fattispecie di abuso del diritto, ex articolo 10-bis della legge 212 del 2000.

Le questioni

Gli Istanti ritenevano che la sequenza di operazioni prospettate, articolata, come visto, nel conferimento in una NEWCO delle partecipazioni di controllo detenute da ALFA S.r.l., seguito dalla scissione totale della conferente ALFA S.r.l. in favore di due beneficiarie appositamente costituite, non rappresentasse una fattispecie elusiva, posto che non veniva in realtà realizzato alcun vantaggio fiscale indebito, né tanto meno, nel contesto della complessiva riorganizzazione, tale vantaggio, anche se ci fosse stato, appariva essenziale.

L'operazione, inoltre, affermavano gli Istanti, era supportata da valide ragioni di natura economico-gestionale, legate, come detto, al passaggio generazionale ed alla gestione delle partecipazioni nel settore.

Vero è, rilevavano gli stessi Istanti, che la separazione dei due rami familiari sarebbe stata astrattamente conseguibile anche attraverso la diretta costituzione di due holding (ALFA 1 e ALFA 2) di famiglia, nelle quali conferire le partecipazioni detenute rispettivamente da ciascun ramo in ALFA S.r.l.

In tal caso l'operazione straordinaria sarebbe avvenuta a c.d. realizzo controllato dal lato del socio A, per integrazione dei presupposti di cui al comma 2-bis dell'articolo177 del TUIR, ed a realizzo 'pieno' dal lato dei soci B C e D, per mancanza dei medesimi presupposti.

Per effetto di tale impostazione le due holding, riconducibili ai due rami familiari, avrebbero detenuto le rispettive partecipazioni in ALFA S.r.l., che sarebbe continuata ad esistere ed a detenere a sua volta il controllo delle partecipazioni del settore (detenute nelle società BETA S.p.A. e GAMMA S.p.A.)

Tale schema, pur consentendo la costituzione della propria holding di famiglia, non avrebbe tuttavia permesso di pervenire al medesimo assetto organizzativo dell'operazione precedentemente descritta, dato che, nella diversa operazione del conferimento seguito dalla scissione della conferente, le società beneficiarie divenivano titolari delle partecipazioni detenute in ALFA Holding S.r.l., società nella quale erano state previamente 'segregate' le partecipazioni del settore della ceramica, già detenute da ALFA S.r.l.

Il disegno imprenditoriale prefigurato costituiva dunque, secondo i contribuenti, l'unico in grado di soddisfare le esigenze di gestione di rapporti famigliari e delle partecipazioni, non configurando, per i motivi rappresentati, un aggiramento delle norme sul conferimento realizzativo ex art. 9 del TUIR, che sarebbe stato peraltro limitato al solo ramo familiare riconducibile al socio B.

Inoltre, gli Istanti rilevavano che l'operazione non comportava alcun salto di imposta, né alcun cambiamento di regime dei beni di impresa.

La posizione dell'Agenzia delle Entrate e la natura elusiva dell'operazione

Secondo l'Agenzia delle Entrate, invece, la riorganizzazione societaria prospettata costituiva una fattispecie di abuso del diritto, nei termini di seguito indicati.

Sotto il profilo fiscale, entrambe le operazioni - secondo gli Istanti – erano fiscalmente neutrali: il conferimento in ALFA Holding S.r.l, per effetto dell'applicato regime del c.d. realizzo controllato di cui all'articolo 175 del TUIR; e la scissione, per mezzo dell'articolo 173 del TUIR.

In linea generale, però, rileva l'Amministrazione finanziaria, la costituzione di holding (unipersonali o pluripersonali) da parte di persone fisiche non in regime d'impresa, che già detengono partecipazioni in società, può avvenire attraverso il conferimento delle suddette partecipazioni in società già costituite o di nuova costituzione.

Tramite il conferimento, il/i soggetto/i conferente/i apporta/no la/e partecipazione/i ad una società conferitaria, ricevendo quale corrispettivo, in luogo del denaro, le partecipazioni al capitale sociale della stessa società in cui è stato effettuato l'apporto.

A fronte del conferimento, la società conferitaria aumenta il proprio capitale sociale (con eventuale sovraprezzo), assegnando le nuove partecipazioni al/ai soggetto/i conferente/i. Conseguentemente ogni conferente sostituisce l'originaria partecipazione, conferita nella holding, con le partecipazioni ricevute in cambio dalla conferitaria medesima.

Dal punto di vista fiscale, i conferimenti in società sono quindi equiparati alle cessioni a titolo oneroso. Infatti, l'art. 9, comma 5, del TUIR stabilisce, come principio generale, che «ai fini delle imposte sui redditi le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso valgono anche per gli atti a titolo oneroso che importano costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento e per i conferimenti in società».

Pertanto, nel momento in cui una persona fisica non in regime di impresa conferisce la propria partecipazione già detenuta in una società operativa in una società holding unipersonale o pluripersonale (a seconda dei casi), realizza una plusvalenza, costituita dalla differenza tra il corrispettivo percepito ed il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione conferita, da quantificare avuto riguardo a quanto stabilito dall'art.9, comma 2, secondo periodo, del TUIR (secondo cui «in caso di conferimenti o apporti in società o in altri enti si considera corrispettivo conseguito il valore normale dei beni e dei crediti conferiti»).

A determinate condizioni, tuttavia, i commi 2 e 2-bis dell'art. 177 del TUIR (entrambi applicabili anche alle persone fisiche non in regime d'impresa) disciplinano lo scambio di partecipazioni realizzato mediante conferimento attraverso cui:

- la società conferitaria «acquisisce il controllo di una società, ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, n. 1 del codice civile, ovvero incrementa, in virtù di un obbligo legale o di un vincolo statutario, la percentuale di controllo» (così lo scambio declinato dal comma 2);

- un soggetto conferisce, in una società - di nuova costituzione o già costituita - da lui stesso interamente partecipata, partecipazioni che «rappresentano, complessivamente, una percentuale di diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria superiore al 2 o al 20 per cento ovvero una partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 5 o al 25 per cento, secondo che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati» (così lo scambio declinato dal comma 2-bis).

Le discipline dettate dai commi 2 e 2-bis non delineano dunque un regime di neutralità fiscale delle operazioni di conferimento ivi regolate, bensì prevedono un criterio di valutazione delle partecipazioni ricevute a seguito del conferimento ai fini della determinazione del reddito del soggetto conferente (il c.d. "regime a realizzo controllato"), laddove, in applicazione di tale criterio può non emergere alcuna plusvalenza solo qualora il valore di iscrizione delle partecipazioni conferite e, pertanto, l'incremento di patrimonio netto effettuato dalla conferitaria, risulti pari all'ultimo valore fiscalmente riconosciuto - presso il socio conferente - delle medesime partecipazioni conferite (c.d. "neutralità indotta").

Si osserva, peraltro, che nel conferimento disciplinato dal comma 2 l'elemento centrale (ed essenziale) è costituito dall'acquisizione del controllo (ai sensi dell'art.2359, comma 1, n. 1, c.c.) della società le cui partecipazioni sono oggetto di conferimento da parte della società conferitaria; controllo che può essere validamente integrato anche se tale acquisizione proviene da più soci titolari di quote della società conferita (purché l'acquisizione avvenga attraverso un progetto unitario, cfr. la Risoluzione Agenzia delle Entrate 22 marzo 2007, n. 57/E).

Nel regime delineato dal comma 2-bis, viene viceversa attribuita necessaria rilevanza all'oggetto del conferimento - che deve essere una partecipazione definibile come qualificata ai sensi della lettera a) del citato comma 2-bis, che rinvia ai medesimi requisiti indicati nell'art. 67, comma 1, lettera c-bis), del TUIR - e al requisito del controllo totalitario della società conferitaria in capo al conferente.

Con riferimento al caso di specie, pertanto, in caso di conferimento della sua partecipazione in una società di nuova costituzione unipersonale, l'unico socio di ALFA S.r.l. nei cui confronti avrebbe trovato applicazione il regime del c.d. realizzo controllato (e, dunque, la possibilità di effettuare l'operazione in neutralità indotta) di cui al citato art. 177, comma 2-bis, del TUIR era il socio A.

In particolare, per quest'ultimo, titolare di una partecipazione del 50% di ALFA S.r.l., la costituzione della propria holding unipersonale (ALFA 1) poteva avvenire direttamente, a determinate condizioni (quelle indicate dal citato comma 2-bis), in neutralità fiscale 'indotta', con un singolo atto, a prescindere dall'operazione di riorganizzazione prospettata nell'istanza.

Al contrario, per i soci persone fisiche B, C e D, la creazione di una propria holding (riconducibile al proprio ramo familiare), attraverso il conferimento delle partecipazioni (suddivise tra i diritti parziari di usufrutto e nuda proprietà) rappresentanti complessivamente il 50% del capitale sociale di ALFA S.r.l., non avrebbe potuto fruire del regime del realizzo controllato di cui al comma 2, né di quello di cui al comma 2-bis dell'art. 177 del TUIR, in quanto, per il comma 2, mancava l'acquisizione da parte di ALFA 2 di una partecipazione di controllo, ex art. 2359,comma 1, n. 1 c.c. della società scambiata (ALFA S.r.l.) e, per il comma 2-bis, la pluralità dei soggetti conferenti (e, quindi, dei titolari delle partecipazioni nella holding familiare conferitaria) costituiva un fattore ostativo (essendo il regime del comma 2-bis riservato dal legislatore alla costituzione di holding esclusivamente unipersonali per la detenzione di partecipazioni qualificate).

Ciò chiarito, l'Agenzia delle Entrate ha dunque ritenuto che il modello di riorganizzazione scelto nella fattispecie in esame fosse diretto al conseguimento di un indebito vantaggio fiscale in capo ai soci B, C e D.

Indebito vantaggio fiscale rinvenibile nel risparmio derivante dalla fruizione della neutralità fiscale (ottenuta grazie all'art. 175 del TUIR, nell'ambito del preliminare conferimento in ALFA Holding S.r.l. delle partecipazioni di BETA S.p.A. e GAMMA S.p.A. detenute da ALFA S.r.l. e all'art. 173 del TUIR nella successiva scissione totale della conferente ALFA S.r.l.), in luogo dell'applicazione del principio generale sul conferimento 'realizzativo' previsto dall'art. 9 del TUIR per i soggetti non imprenditori, titolari di partecipazioni al di fuori delle ipotesi di conferimento regolate dai commi 2 e 2-bis dell'art. 177 del TUIR.

Ne conseguiva quindi l'assoggettamento a tassazione dell'intera plusvalenza derivante dalla differenza (positiva) tra il valore normale delle partecipazioni oggetto di conferimento ed il loro costo fiscalmente riconosciuto.

Specificando ancora l'Agenzia che, in ordine agli ulteriori elementi che concorrono a costituire la fattispecie dell'abuso del diritto, rilevava poi che l'intera operazione rappresentata nell'istanza (il conferimento di partecipazioni seguito dalla scissione totale della conferente) appariva comunque priva di sostanza economica, essendo la stessa inidonea a produrre effetti significativi diversi dai sopra detti vantaggi fiscali.

Infatti, a fronte del fine ultimo della costituzione di due holding familiari (al fine di assicurare il passaggio generazionale), il medesimo assetto giuridico ed economico-aziendale poteva essere direttamente perseguito mediante il conferimento, a favore della propria holding, delle partecipazioni detenute da ciascun socio in ALFA S.r.l.

E, considerato che, per il socio A, come detto, le possibili modalità di realizzazione dell'obiettivo comune ai due fratelli (i.e. la costituzione di due holding familiari) erano "indifferenti" sotto il profilo impositivo, le concrete modalità attuative rappresentate nell'istanza rispondevano dunque alla sola finalità di consentire ai soci B, C e D - con il necessario concorso del socio detentore dei voti utili per le deliberazioni relative all'operazione prospettata - la costituzione della holding familiare, utilizzando operazioni fiscalmente neutrali.

La combinazione di un conferimento in una società appositamente costituita (ALFA Holding S.r.l.) delle partecipazioni di controllo detenute nel settore ceramico e della successiva scissione della conferente, conclude l'Amministrazione, comporta pertanto un numero superfluo di operazioni societarie, il cui perfezionamento non è coerente con le normali logiche di mercato, bensì è idoneo a permettere il conseguimento di un vantaggio fiscale indebito.

Tale vantaggio risulta altresì essenziale, perché la specifica sequenza di operazioni non è di per sé diretta al soddisfacimento di un interesse economico diverso dallo stesso vantaggio fiscale, laddove, nella sequenza superflua di operazioni poste in essere, non si ravvedeva altro "vantaggio" se non quello rappresentato dall'azzeramento della tassazione della plusvalenza da conferimento dei soci B, C e D.

Neppure erano infine rinvenibili ragioni extrafiscali non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che giustificassero l'insieme dei negozi prospettati, laddove, in relazione al prospettato fine della creazione di due holding riconducibili ai due capostipiti dei rispettivi rami familiari, consentendo così alle società beneficiarie della scissione di incidere in maniera autonoma sulle 'politiche' di ALFA Holding S.r.l., non era motivata la scelta relativa alla combinazione dei due negozi giuridici (conferimento di partecipazioni seguito dalla scissione totale della conferente) in luogo del fisiologico conferimento da parte dei soci riconducibili a ciascun 'ramo' delle partecipazioni detenute in ALFA S.r.l. in favore di due holding neocostituite.

In sostanza, l'intero disegno rispondeva quindi all'obiettivo dei soci persone fisiche (ossia, del socio B e dei suoi figli) di azzeramento del carico tributario.

Considerazioni conclusive

Al di là della specifica e complessa fattispecie, quando si discute di abuso del diritto, o meno, in riferimento ad un'operazione di riorganizzazione aziendale, tutto ruota introno al concetto di valide ragioni economiche, laddove, al fine di dimostrare l'insussistenza dell'elusione, le ragioni economiche che il contribuente adduce come giustificazione all'operazione devono essere «valide», ossia di carattere «non meramente marginale o teorico», perché in tal caso risulterebbero inidonee a fornire una spiegazione alternativa dell'operazione rispetto al mero risparmio fiscale.

In tal senso, possono, dunque, definirsi elusive le operazioni compiute essenzialmente, anche se non esclusivamente, per il conseguimento di un vantaggio fiscale. (cfr., Cass., n. 15583 del 22/07/2020).

Come da consolidato orientamento di legittimità, pertanto, «in materia tributaria, il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, che preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l'uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione normativa, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio d'imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l'operazione, la cui ricorrenza deve essere provata dal contribuente» (cfr., Cass., n. 30404 del 23/11/2018; Cass. n. 438/2015; n. 439/2015; n. 5155/2016).

Tale interpretazione, si sottolinea, appare del resto in linea con il disposto dell'art. 10-bis dello Statuto del contribuente, recante la disciplina dell'abuso del diritto, laddove due sono gli indici di mancanza di sostanza economica:

- la non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme e la non conformità degli strumenti giuridici a normali logiche di mercato,

- vantaggi fiscali indebiti, considerando tali i benefici realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali, o con i principi dell'ordinamento tributario.

In conclusione, giova evidenziare che nel procedimento di accertamento dell'abuso del diritto l'onere della prova della condotta abusiva grava sull'Amministrazione finanziaria, mentre il contribuente sarà tenuto a dimostrare la sussistenza delle valide ragioni extrafiscali che stanno alla base delle operazioni effettuate.

Il carattere abusivo va dunque escluso solo quando sia individuabile una compresenza, non marginale, di ragioni extrafiscali, che comunque non necessariamente si identificano in una redditività immediata, potendo esse consistere anche in esigenze di natura organizzativa ed in un miglioramento strutturale e funzionale dell'azienda.

Tali ragioni extrafiscali, oltre ad essere «valide», non devono però avere una rilevanza talmente ridotta da non potersi considerare quale attendibile giustificazione concorrente.

Nulla vieta, quindi, al contribuente di porre in essere attività di pianificazione fiscale, ossia di scegliere, tra più comportamenti consentiti dall'ordinamento, quello fiscalmente meno oneroso.

Tale attività però non deve portare a risparmi d'imposta “patologici”.

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