Redazione scientifica
26 Agosto 2021

A seguito delle modifiche degli artt. 125 e 366 c.p.c. apportate dall'art. 25, l. 183/2011, la domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell'autorità giudiziaria, innanzi alla quale è in corso il giudizio, ai sensi dell'art. 82 r.d. 37/1934, consegue soltanto ove il difensore, non adempiendo all'obbligo prescritto dell'art. 125 c.p.c. per gli atti di parte e dall'art. 366 c.p.c. specificatamente per il giudizio di cassazione, non abbia indicato l'indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine.

La Corte d'appello dichiarava inammissibile, poiché tardivo, l'appello avanzato dalla società D. S.r.l. avverso la sentenza del Tribunale di Lanusei che aveva accolto le domande revocatorie proposte dal Fallimento di L.E. A sostegno della decisione, la corte di merito evidenziava che i) il procuratore costituitosi per D. S.r.l. risultava iscritto all'ordine professionale di Nuoro e, cioè, al di fuori del circondario dell'adito Tribunale di Lanusei; ii) che lo stesso aveva pertanto l'obbligo, ai sensi dell'art. 82 r.d. 37/1934, di eleggere domicilio ai sensi dell'art. 82 r.d. 37/1934, ovvero, - a seguito delle modifiche introdotte dall'art. 25 l. 183/2011 agli artt. 125 e 366 c.p.c. - di indicare l'indirizzo PEC comunicato al proprio ordine, altrimenti conseguendo la domiciliazione ex lege ex art. 82 cit.; ii) che lo stesso non aveva dato prova di aver comunicato il proprio indirizzo PEC alla cancelleria del Tribunale, né di aver comunicato l'indirizzo PEC alla controparte; iv) la sentenza appellata era stata pertanto ritualmente notificata dal Fallimento al procuratore costituito per D. S.r.l. presso la cancelleria del Tribunale, mentre l'atto di citazione in appello in appello era stato notificato tardivamente.

D. S.r.l. impugnava in sede di legittimità la decisione della Corte territoriale, lamentando che il giudice di secondo grado aveva posto alla base della decisione un accertamento contrastante con le risultanze del fascicolo d'ufficio del giudizio di primo grado, dal quale emergeva che la cancelleria aveva effettuato tutte le comunicazioni previste dalla legge all'indirizzo PEC del suo procuratore: da tale fatto, a dire della ricorrente, il giudice avrebbe dovuto trarre la prova non solo logica, ma financo documentale, che il difensore aveva provveduto ad indicare alla cancelleria il proprio indirizzo PEC.

La Corte di cassazione ha dichiarato il motivo inammissibile. Premesso l'inquadramento della fattispecie

sotto l'egida del previgente regime normativo di cui all'art. 82 r.d. 37/1934 – secondo cui gli avvocati, i quali esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del Tribunale al quale sono assegnati, devono, all'atto della costituzione nel giudizio stesso, eleggere domicilio nel luogo ove ha sede l'autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso, intendendosi, in caso di mancato adempimento di detto onere, lo stesso eletto presso la cancelleria dell'autorità giudiziaria adita – i giudici hanno precisato che, a partire dalla data di entrata in vigore delle modifiche degli artt. 125 e 366 c.p.c., apportate dalla l. 183/2011, esigenze di coerenza sistematica inducono a ritenere che, nel mutato contesto normativo, «la domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell'autorità giudiziaria presso la quale è in corso in giudizio, ai sensi dell'art. 82 r.d. 37/1934, consegue soltanto ove il difensore, non adempiendo all'obbligo prescritto dall'art. 125 c.p.c. per gli atti di parte e dall'art. 366 c.p.c. specificatamente per il giudizio di cassazione, non abbia indicato l'indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine» (Cass. civ., n. 10143/2012; Cass. civ., n. 21335/2017). Ebbene, nel caso di specie, se da una parte la sentenza della corte territoriale risulta conforme ai principi enunciati, il motivo proposto dal ricorrente risulta formulato in modo inammissibile, posto che – a fronte dell'esplicito accertamento compiuto dalla corte del merito della mancanza di prova, in sede di gravame, dell'avvenuta comunicazione alla cancelleria dell'indirizzo PEC del procuratore della ricorrente – lo stesso non chiarisce né dove, né quando la comunicazione sarebbe invece stata effettuata alla controparte, né specifica se la questione della presunzione (in tesi ricavabile), in senso contrario a detto accertamento, dalle comunicazioni effettuate in cancelleria, sia stata dibattuta in sede di merito.

Tratto da: www.dirittoegiustizia.it

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