La giurisdizione in caso di proposizione di domande subordinate riguardanti crediti tributari
26 Agosto 2021
Massima
Il rigetto della domanda principale incentrata sull'asserita impignorabilità del bene staggito dall'agente della riscossione per crediti di natura tributaria esclude la giurisdizione ordinaria sulla domanda subordinata rientrante nell'ambito della giurisdizione del giudice tributario. Il caso
S.L. impugna l'avviso di vendita forzata dell'immobile, che assume adibito a propria abitazione principale, staggito da Equitalia, a cui subentra l'Agenzia delle entrate-Riscossione, in forza di un credito di natura tributaria, eccependo la carenza di legittimazione ad agire in executivis di Equitalia, l'impignorabilità del bene, perché adibito ad abitazione dell'esecutato; la prescrizione e la decadenza dei crediti vantati, in quanto l'opposizione sarebbe stata iniziata quando era già decorso l'anno dalla notificazione delle cartelle di pagamento prodromiche al pignoramento, in mancanza di notificazione dell'avviso d'intimazione previsto dall'art. 50 del d.P. R. 602/1973, ed attesa altresì la già maturata prescrizione dei crediti portati dalle stesse cartelle. La pronuncia del Tribunale dichiarativa del proprio difetto di giurisdizione con riguardo all'opposizione recuperatoria concernente atti prodromici all'avviso di vendita proposta nei confronti di Equitalia in relazione alle formulate pretese di natura tributaria, viene confermata in appello, e successivamente gravata di ricorso per cassazione. La questione
Il ricorrente impugna la declaratoria di difetto di giurisdizione, perché l'opposizione concernente l'impignorabilità dei beni è devoluta alla cognizione del giudice ordinario. Le soluzioni giuridiche
I giudici di legittimità rigettano il ricorso, perché nel caso in esame la censura proposta in via principale, non identifica una ragione d'impignorabilità del bene staggito, atteso che l'art. 76, comma 1, lett. a) del d.P.R. 602/1973, nel testo novellato dal d.l. 69/2013 non introduce un'ipotesi di impignorabilità sopravvenuta ma regola l'improcedibilità dell'azione esecutiva dell'agente della riscossione, circostanza quest'ultima di fatto non ricorrente nella fattispecie scrutinata, mancando la prova che l'immobile staggito fosse non soltanto nel luogo di residenza del debitore, ma anche l'unico bene di sua proprietà. Osservazioni
I giudici di legittimità con la pronuncia in epigrafe ribadiscono il principio di diritto già affermato dalle Sezioni unite, secondo cui a fronte di più domande che non si possono considerare equi-ordinate, la contestazione che riguardi in via principale e pregiudiziale un atto dell'esecuzione comporta il radicamento della giurisdizione del giudice ordinario e della competenza di quello dell'esecuzione (Cass. civ., sez. un., 23 febbraio 2021, n. 4846). Il conseguente corollario è che la domanda subordinata rientrante nell'ambito della giurisdizione del giudice tributario assume rilevanza nel solo caso in cui non sia accolta la domanda principale o sia comunque sciolto dal giudice ordinario – indicato come munito di giurisdizione - il vincolo di subordinazione. In particolare, in Cass. civ., sez. un., 23 febbraio 2021, n. 4846 - quanto alla pretesa creditoria in astratto spettante alla giurisdizione del giudice tributario - in base al più recente approdo a cui erano pervenute le Sezioni unite (Cass. civ., sez.un., ord., 4 aprile 2020, n. 7822) al fine di armonizzare la precedente giurisprudenza di legittimità, culminata nei principi sanciti da Cass. civ., sez. un., 5 giugno 2017, n.13913, e, successivamente, dalla stessa Consulta (Corte cost., 31 maggio 2018, n.114, in cui dopo avere premesso l'inammissibilità dell'opposizione ai sensi dell'art. 615 c.p.c., quando è esperibile la tutela davanti al giudice tributario, in particolare escludendo che, proprio per l'azionabilità di tale tutela, l'opposizione ex art. 615 c.p.c. possa assumere una sorta di funzione recuperatoria e comunque concorrente con la tutela dinanzi alla giustizia tributaria, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 57, comma 1, lett. a), d.P.R. 602/1973 limitatamente alla parte in cui non prevede che, nelle controversie che riguardano gli atti dell'esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento o all'avviso di cui all'art. 50 del d.P.R. 602/1973, sono ammesse le opposizioni regolate dall'art. 615 c.p.c., comprendendovi l'ipotesi dell'intervenuto adempimento del debito tributario o di una sopravvenuta causa di estinzione dello stesso per essersi il contribuente avvalso di misure di favore per l'eliminazione del contenzioso come la rottamazione delle cartelle di pagamento, od altresì, quando l'opposizione si fondi su fatti estintivi o comunque incidenti sulla pretesa tributaria oggetto di esecuzione forzata che si verifichino in una situazione di mancanza, inesistenza o nullità della notifica della cartella e, dunque, di avvenuta conoscenza di tali atti solo a seguito del compimento di un atto esecutivo, allorquando, però, il contribuente per dedurre detti fatti non abbia bisogno, al fine di dimostrarne la verificazione, di sostenere che essa dipenda dalla mancata notificazione della cartella, inesistenza o nullità della sua notificazione. In tale caso il contribuente deduce un fatto che non suppone la deduzione e, dunque, l'impugnazione della cartella in quanto non notificata, o notificata in modo invalido od inesistente e che, dunque, non suppone l'attivazione della giurisdizione tributaria. Ciò – come rilevato in Cass. civ., sez. un., 14 aprile 2020, n.7822, cit. – perchè il fatto non si è, o meglio non si deduce verificato in ragione ed a causa di quella mancanza, invalidità od inesistenza. Si pensi alla prescrizione: l'opposizione ai sensi dell'art. 615 c.p.c. non è data se essa si assume verificata perchè la notifica della cartella o dell'intimazione mancò, fu nulla od eseguita in modo inesistente e, quindi, non si potè verificare un effetto interruttivo del corso della prescrizione, perché in tali ipotesi, il preteso fatto estintivo della prescrizione suppone, per essere apprezzato, l'accertamento dei suddetti vizi della notifica e, dunque, si risolve in una censura il cui esame risulta riservato alla giurisdizione tributaria tramite l'impugnazione della cartella o dell'intimazione, in quanto conosciute per il tramite ed in forza dell'atto esecutivo che ne rivela l'esistenza. A diversa conclusione si perviene invece se la prescrizione si assume verificata per il decorso del tempo dopo una valida notifica o comunque per il decorso del tempo a prescindere dalla mancanza della notifica o dalla sua inesistenza o dalla sua nullità: si pensi al caso in cui un pignoramento sia compiuto in un momento che si colloca oltre il termine di prescrizione ancorchè calcolato dalla valida notifica della cartella o dell'intimazione oppure dal momento in cui si sarebbe collocata la notifica nulla, mancante od inesistente dei suddetti atti) – si era affermato che il discrimine fra la giurisdizione tributaria e quella ordinaria in ordine all'attuazione della pretesa tributaria che si sia manifestata con un atto esecutivo, comporta che alla giurisdizione tributaria spetta la cognizione di ogni questione con cui si reagisce di fronte all'atto esecutivo adducendo fatti incidenti sulla pretesa tributaria che si assumano verificati, e, dunque, rilevanti sul piano normativo, fino alla notificazione della cartella esattoriale o dell'intimazione di pagamento, se validamente avvenute, o fino al momento dell'atto esecutivo, qualora la notificazione sia mancata, sia avvenuta in modo inesistente o sia avvenuta in modo nullo, e ciò, tanto se si tratti di fatti inerenti ai profili di forma e di contenuto degli atti in cui è espressa la pretesa, quanto se si tratti di fatti inerenti all'esistenza ed al modo di essere di tale pretesa in senso sostanziale, cioè di fatti costitutivi, modificativi od impeditivi di essa, precisando in questo secondo caso, che ove sia dedotta una situazione di nullità, mancanza, inesistenza di detta notifica, essa non si assume rilevante ai fini della verificazione del fatto dedotto. Pertanto, alla giurisdizione ordinaria spetta la cognizione delle questioni inerenti alla forma e dunque alla legittimità formale dell'atto esecutivo come tale, sia se esso sia conseguito ad una valida notifica della cartella o dell'intimazione, non contestate come tali, sia se conseguito in una situazione di mancanza, inesistenza o nullità della notificazione di tali atti, nonchè dei fatti incidenti sulla pretesa sostanziale tributaria azionata in executivis successivi al momento della valida notifica della cartella o dell'intimazione, o successivi nell'ipotesi di nullità, mancanza od inesistenza dell'anzidetta notifica all'atto esecutivo che avesse assunto la funzione di mezzo di conoscenza della cartella o dell'intimazione, e, dunque, avesse legittimato ad impugnarli davanti alla giurisdizione tributaria. Anche in tale occasione, le Sezioni unite avevano affermato come corollario il principio che in caso di plurime domande, in astratto spettanti alla giurisdizione di diversi giudici, anche se proposte in via subordinata o tali dovendo qualificarsi, la pronuncia prioritaria sulla giurisdizione in ordine alla questione principale, non esclude quella sulle questioni proposte in via subordinata, con la precisazione però che la statuizione sulla relativa giurisdizione verrà in rilievo soltanto laddove il giudice indicato come munito di giurisdizione sulla domanda principale la definisca e sciolga – o faccia comunque venire meno – il vincolo di subordinazione. Le Sezioni unite hanno così inteso enunciare il principio di diritto che quando vengono proposte domande con nesso di subordinazione, in sede di esame, il giudice adito deve interrogarsi e decidere sulla giurisdizione con riferimento alla domanda proposta in via pregiudiziale, atteso che la questione di giurisdizione sulla domanda subordinata può venire in rilievo solo quando egli abbia deciso sulla domanda pregiudiziale in modo da rendere necessario, in conformità alla richiesta della parte e, dunque, restando sciolto il nesso di subordinazione, l'esame della domanda subordinata. Il che accade se la domanda principale venga rigettata nel merito o per ragioni di rito, e, in questo secondo caso, la decisione lasci la controversia per la domanda subordinata davanti al giudice adito, in quanto il processo non si chiuda davanti al giudice per effetto della pronuncia di rito, si pensi ad una pronuncia impediente ogni decisione perchè travolgente per motivi formali tutto l'atto introduttivo del processo oppure ad una declinatoria di competenza sulla domanda principale, la quale, di per sè non scioglie il nesso di subordinazione. In precedenza, le Sezioni unite – sulla scorta di quanto affermato dalla Consulta in ordine alla giurisdizione tributaria che deve ritenersi imprescindibilmente collegata alla natura tributaria del rapporto – avevano precisato che la giurisdizione va regolata con la separazione delle domande e la devoluzione di ciascuna al giudice rispettivamente fornito della giurisdizione (Cass. civ., sez. un., 20 novembre 2012, n.20323). Riferimenti
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