Possibile la trasformazione in crediti d'imposta delle imposte anticipate relative a perdite ed eccedenze ACE

Fabio Gallio
26 Agosto 2021

Con la Risoluzione del 28 giugno 2021, n. 44/E, l'Agenzia delle Entrate ha fornito alcuni chiarimenti sulla disciplina agevolativa in materia di conversione in crediti di imposta delle attività per imposte anticipate relative a perdite fiscali ed eccedenze ACE. In merito ricordiamo che, tra le misure di sostengo finanziario alle imprese per fronteggiare l'emergenza COVD-19 ed inserite nel D.L. c.d. “ Cura Italia” del 17 marzo 2020, n. 18, approvato dal Consiglio dei Ministri del 16 marzo 2020 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 17 marzo 2020, vi è quella contenuta nell'art. 55.
Premessa

Con la Risoluzione del 28 giugno 2021, n. 44/E, l'Agenzia delle Entrate ha fornito alcuni chiarimenti sulla disciplina agevolativa in materia di conversione in crediti di imposta delle attività per imposte anticipate relative a perdite fiscali ed eccedenze ACE.

In merito ricordiamo che, tra le misure di sostengo finanziario alle imprese per fronteggiare l'emergenza COVD-19 ed inserite nel D.L. c.d. “ Cura Italia” del 17 marzo 2020, n. 18, approvato dal consiglio dei ministri del 16 marzo 2020 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 17 marzo 2020, vi è quella contenuta nell'art. 55.

In particolare, tale disposizione sostituisce l'art. 44-bis del d.l. 30 aprile 2019, n. 34, convertito con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, che prevedeva un incentivo fiscale per promuovere la crescita dell'Italia meridionale.

In breve, il suddetto istituto permetteva la trasformazione in crediti d'imposta delle imposte anticipate (di seguito anche DTA) riferite a perdite fiscali ed eccedenze ACE, in caso di operazioni di aggregazione avvenute in determinate zone del Sud dell'Italia.

Con la sostituzione dell'art. 44-bis, tale norma di favore è più generale, perché si rivolge a tutte le imprese site nel territorio dello Stato, anche se non hanno partecipato a specifiche operazioni straordinarie.

Infatti, la norma (come da ultima modificata dall'articolo 19, comma 1, lettere a) e b), del d.l. 25 maggio 2021, n. 73, in corso di conversione), dispone che, qualora una società ceda a titolo oneroso, entro il 31 dicembre 2021, crediti pecuniari vantati nei confronti di debitori considerati inadempienti ai sensi del successivo comma 5 (secondo cui, in particolare, “si ha inadempimento quando il mancato pagamento si protrae per oltre novanta giorni dalla data in cui era dovuto”) può trasformare in credito d'imposta le DTA, anche se non iscritte in bilancio, alcune componenti di cui ci si soffermerà di seguito.

La normativa agevolativa

Anche in questa nuova versione dell'art. 44-bis di cui sopra, l'agevolazione consiste nella possibilità di trasformare in crediti d'imposta le DTA riferite a perdite fiscali ed eccedenze ACE.

Come sottolineato nella relazione illustrativa, l'intervento consiste di anticipare come credito di imposta l'utilizzo di tali componenti, di cui altrimenti si sarebbe potuto usufruirne in periodi successivi e solo in caso di realizzo di un reddito imponibile. La trasformazione in credito di imposta e il suo utilizzo, in sostanza, consentirebbero di ridurre il fabbisogno di liquidità connesso con il versamento di imposte e di contributi, aumentando così la disponibilità di cassa in un periodo di crisi, come quello attuale.

È necessario a questo punto sottolineare che generalmente le DTA vengono iscritte a bilancio, quando il processo di ammortamento contabile di un'attività patrimoniale si sviluppa su un arco temporale inferiore rispetto a quello ammesso dalla normativa fiscale, ovvero quando il valore contabile venga abbattuto a seguito di processi di svalutazione, senza che tale riduzione abbia immediata rilevanza fiscale.

Inoltre, le DTA vengono iscritte anche con riferimento a perdite fiscali utilizzabili negli esercizi successivi, quando la società ritiene di generare in futuro un reddito imponibile che permette il loro “assorbimento”. In tale caso, le perdite realizzate nei primi tre periodi di imposta dalla data di costituzione del soggetto sono utilizzabili per un importo pari al 100% del reddito di periodo, mentre quelle realizzate successivamente sono utilizzabili per un importo massimo pari all'80% dell'imponibile dell'esercizio.

Relativamente, invece, all'Ace (aiuto alla crescita economica), si ricorda che tale agevolazione è un incentivo alla capitalizzazione delle imprese, finalizzato a riequilibrare il trattamento fiscale tra le imprese che si finanziano con debito e quelle che si finanziano con capitale proprio.

La normativa, ripristinata dall'art. 1 co. 287 della L. 160/2019, la quale era stata abrogata dall'art. 1 co. 1080 della L. 145/2018, è disciplinata dall'art. 1 del d.l. 201/2011 e dal d.m. 3 agosto 2017 (che ha sostituito il DM 14.03.2012), e prevede la detassazione di una parte del reddito proporzionale agli incrementi del patrimonio netto.

L'agevolazione spetta alle imprese il cui capitale proprio viene incrementato mediante conferimenti in denaro e accantonamenti di utili a riserva.

In particolare, gli elementi che concorrono all'incremento della base imponibile sono:

  • conferimenti in denaro versati dai soci o partecipanti nonché quelli versati per acquisire la qualificazione di soci o partecipanti; si considera conferimento in denaro la rinuncia incondizionata dei soci al diritto alla restituzione dei crediti verso la società nonché la compensazione dei crediti in sede di sottoscrizione di aumenti del capitale.
    I conferimenti eseguiti in attuazione di una delibera di aumento di capitale rilevano se tale delibera è assunta successivamente all'esercizio di riferimento (cioè all'esercizio precedente quello in cui si registra la variazione in aumento rilevante ai fini ACE);
  • utili accantonati a riserva, ad esclusione di quelli destinati a riserve non disponibili.

La base imponibile viene decrementata, invece, oltre per le riduzioni del patrimonio netto con attribuzione, a qualsiasi titolo, ai soci o partecipanti, anche per altre operazioni, quali, ad esempio, i conferimenti in denaro a favore delle controllate, o le operazioni effettuate con soggetti del medesimo gruppo aventi ad oggetto l'acquisto di partecipazioni in società controllate o di rami d'azienda, ovvero l'incremento dei finanziamenti nei confronti delle società del gruppo.

La variazione in aumento (incrementi – decrementi) del capitale proprio non può essere superiore al patrimonio netto risultante dal relativo bilancio, ad esclusione delle riserve per acquisto di azioni proprie.

In generale, l'agevolazione consente alle imprese di dedurre dal reddito imponibile il componente negativo derivante dal rendimento nozionale attribuito al finanziamento delle imprese mediante capitale proprio.

Anche per tale istituto, è possibile riportare negli esercizi successivi le eccedenze non utilizzate.

Per completezza di esposizione, si ricorda che l 'articolo 19 del decreto-legge n. 73 del 25/5/2021 (cd. Sostegno bis) ha previsto un rafforzamento, per il solo 2021, dell'aliquota per il calcolo del rendimento nozionale dell'ACE.

L'aliquota del rendimento nozionale, progressivamente diminuita dalla sua introduzione fino all'attuale 1,3%, per il (solo) 2021 è elevata addirittura del 15%.

I soggetti interessati

La platea soggettiva dell'agevolazione include le società.

Come precisato dalla Risposta ad interpello dell'Agenzia Entrate del 18 marzo 2021 n. 193, si ritiene che, nonostante la norma sopra descritta menzioni, al primo comma, espressamente le "società", rientrino nel relativo ambito soggettivo di applicazione, per motivi di ordine logico e sistematico, anche gli enti commerciali, in quanto equiparati, ai fini fiscali, alle società di capitali.

In altri termini, come specificato dalla Risposta ad interpello dell' Agenzia Entrate dell'11 febbraio 2021, n. 96, si ritiene che tra i soggetti passivi IRES destinatari dell'agevolazione, rientrino anche i soggetti di cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 73 del TUIR (enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali).

Come rilevato da Assonime, nella circolare 7 del 2021, in caso di società di persone, per quanto la norma non lo precisi, è da ritenersi che la possibilità di avvalersi dell'agevolazione di cui si discute sia riservata ai soli soci che siano soggetti passivi IRES, con esclusione quindi dei soci persone fisiche. Deporrebbe a favore di tale conclusione, il fatto che il legislatore, nel disciplinare la fattispecie di adesione al regime di trasparenza fiscale, ha preso in considerazione solo quella di cui all'art. 115 del TUIR (in cui i soci sono società di capitali) e non anche quella contenuta nell'art. 116 del TUIR (cd. trasparenza a ristretta base societaria).

La lett. b) del comma 1-ter ha introdotto i commi da 1-bis a 1-quater nel richiamato art. 44-bis, volti a specificare la disciplina delle DTA, rispettivamente:

  • nel caso di consolidato nazionale;
  • nel regime di trasparenza fiscale e
  • qualora le cessioni di crediti siano effettuate da società di persone.

In ipotesi di consolidato nazionale, il comma 1-bis dell'art. 44-bis prevede che rilevano prioritariamente, ai fini della trasformazione in credito d'imposta delle DTA, ove esistano:

  1. le eccedenze del rendimento nozionale della società cedente e le perdite fiscali della stessa, relative agli esercizi anteriori all'inizio della tassazione di gruppo;
  2. a seguire, le perdite complessivamente riportate a nuovo dal soggetto controllante ai sensi dell'art. 118 del TUIR.

Come precisato da Assonime, nella Circolare 7 del 2021, il riferimento alle perdite complessive del consolidato implica che, a fronte della cessione effettuata da una società consolidata, è consentito convertire le DTA relative alle perdite riportate a nuovo dalla fiscal unit.

In base al tenore letterale della norma, sembra logico ritenere:

  • che non rilevi se le perdite residue del consolidato siano state apportate dalla stessa società cedente ovvero da altra società appartenente al medesimo consolidato;
  • che il soggetto presso il quale matura il credito derivante dalla trasformazione delle perdite della “fiscal unit” è quello che le riporta a nuovo e, cioè, il soggetto consolidante, il quale, come precisato da parte della dottrina, sarà il soggetto deputato ad esercitare l'opzione (cfr. Rota S., in Bollettino tributario n. 11 del 2021).

Quanto alla trasparenza, come riportato nella Circolare 7 del 2021, la società trasparente che ceda i crediti deteriorati può convertire prima le eccedenze ACE proprie e le perdite rimaste presso di sé (perché anteriori all'ingresso nel regime in questione ovvero non attribuibili ai soci perché eccedenti rispetto al patrimonio netto contabile). In subordine, possono essere convertite le perdite residue attribuite ai partecipanti. In questo caso, per evitare che la stessa cessione possa rilevare più volte per ciascun partecipante, la norma prevede che – una volta esaurite le perdite e l'ACE rimaste nella titolarità della società trasparente – il plafond derivante dalla cessione dei crediti debba essere ripartito tra i soci partecipanti nella medesima proporzione in cui siano state attribuite le perdite.

Analoghi criteri si applicano per le società di persone.

Il meccanismo di applicazione

Fatte queste doverose precisazioni, si ricorda che il presupposto per accedere al beneficio è rappresentato dalla cessione a titolo oneroso, entro il 31 dicembre 2021, di crediti pecuniari vantati verso debitori inadempienti.

Si intendono per tali i soggetti che non hanno effettuato un pagamento e tale inadempimento si protrae per oltre novanta giorni dalla data in cui era dovuto; i crediti pecuniari in esame possono essere, sia di natura commerciale, sia di natura finanziaria.

In altri termini, come riportato dalla Risoluzione 44/E del 2021, viene richiesto che si sia verificato, antecedentemente alla cessione, il fatto “storico” dell'omesso pagamento (per oltre 90 giorni dopo la scadenza) del credito, a prescindere dalle vicende successive (non estintive) che hanno interessato quel rapporto creditorio (come, ad esempio, la successiva modifica del termine di pagamento).

Secondo Assonime (Circolare 7 del 2021), in considerazione del fatto che ciò che rileva è il trasferimento giuridico del credito e non la liquidità acquisita tramite la dismissione, sotto altro profilo, dovrebbero assumere rilevanza, in linea di principio, non soltanto le cessioni con corrispettivo monetario, ma anche altre forme di smobilizzo come, ad esempio, l'apporto di crediti a fronte dell'attribuzione di partecipazioni o la datio in solutum di crediti a saldo di debiti preesistenti.

Naturalmente deve trattarsi di apporti non in favore di altre società appartenenti al medesimo gruppo e dovrebbero avare rilevanza anche dei trasferimenti dei crediti nell'ambito di una più ampia cessione di un ramo di azienda.

Come specificato dalla Risposta ad interpello dell'Agenzia Entrate dell'11 gennaio 2021, n. 35, ai fini del beneficio di cui si tratta, detti crediti possono essere ceduti anche a soggetti diversi da quelli iscritti in albi o elenchi disciplinati dal Testo Unico Bancario.

È possibile trasformare in credito d'imposta le DTA, anche se non iscritte in bilancio, riferite ai seguenti componenti:

  • perdite fiscali non ancora computate in diminuzione del reddito imponibile ai sensi dell'articolo 84 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), alla data della cessione;
  • importo del rendimento nozionale eccedente il reddito complessivo netto di cui all'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 (le c.d. eccedenze ACE), non ancora dedotto né fruito tramite credito d'imposta alla data della cessione.

La conversione spetta indipendentemente dal fatto che le DTA corrispondenti a tali perdite o eccedenze siano state iscritte in precedenza in bilancio. Qualora le DTA non siano state iscritte, la trasformazione in crediti di imposta determina l'imputazione a conto economico di un provento che, in base allo stesso art. 44 bis in commento, non rileva né ai fini dell'IRES né ai fini dell'IRAP (cfr Circolare Assonime n. 7 del 2021).

Ai fini della predetta trasformazione, la norma prevede i seguenti limiti:

  1. i componenti descritti possono essere considerati per un ammontare massimo non eccedente il 20 per cento del valore nominale dei crediti ceduti;
  2. i crediti ceduti possono essere considerati per un valore nominale massimo pari a 2 miliardi di euro (per ciascuno degli anni 2020 e 2021), determinato tenendo conto di tutte le cessioni effettuate (rispettivamente, entro il 31 dicembre 2020 e il 31 dicembre 2021) dalle società tra loro legate da rapporti di controllo, ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, e dalle società controllate, anche indirettamente, dallo stesso soggetto

Pertanto, come specificato dalla Relazione illustrativa al decreto, se avviene la cessione di un credito deteriorato al valore nominale di un miliardo di euro, la base di calcolo del credito sarebbe pari a 200 milioni (il 20% del valore nominale stesso) e il credito sarebbe pari a 48 milioni (24% di 200).

È opportuno precisare che il beneficio fiscale prescinde totalmente dall'entità del corrispettivo derivante dalla cessione dei crediti deteriorati come pure è irrilevante la circostanza che in precedenza i medesimi crediti siano stati in tutto o in parte svalutati con rilevanza fiscale.

Sempre a riprova di ciò, come riportato nella Circolare 7 del 2021 di Assonime, va considerato che l'ammontare delle DTA convertibili in credito di imposta è parametrato al valore nominale e non al valore contabile o fiscale del credito.

La trasformazione in credito d'imposta avviene alla data di efficacia della cessione dei crediti. A decorrere dalla data di efficacia della cessione dei crediti, per il cedente non è più possibile utilizzare le perdite e le eccedenze ACE relative alle attività per imposte anticipate complessivamente trasformabili in credito d'imposta.

Come specificato dalla risposta dell'interpello dell'Agenzia Entrate del 18 marzo 2021, n. 193, per la verifica del plafond di disponibilità, rilevano le perdite fiscali e le eccedenze ACE "maturate" alla data di cessione dei crediti, intendendosi per tali quelle relative all'ultimo periodo di imposta chiuso anteriormente alla data di cessione.

I crediti d'imposta derivanti dalla trasformazione non sono produttivi di interessi e possono essere utilizzati, senza limiti di importo, in uno dei seguenti modi:

  • in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241;
  • mediante cessione, ai sensi dell'articolo 43-bis o dall'articolo 43-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602;
  • mediante richiesta di rimborso.

Come sottolineato da Assonime nella circolare 7 del 2021 e prendendo spunto da chiarimenti effettuati in merito alla precedente disciplina (Cfr. la circolare dell'Agenzia delle entrate n. 37/E del 2012), qualora il credito sia ceduto ad altra società del gruppo ai sensi dell'art. 43 ter del d.p.r. n. 602 del 1973, il cessionario lo dovrebbe poter utilizzare in compensazione ai sensi dell' art. 17 del d.lgs. n. 241 del 1997 nei limiti di 700 mila euro (ovvero, per il 2020, di 1 milione di euro, ovvero di 2 milioni di euro per il 2021).

In caso di adesione al regime del consolidato fiscale, invece, il credito risultante dalla trasformazione dovrebbe essere trasferito dalla singola società al consolidato, senza tenere conto degli eventuali utilizzi effettuati in proprio – anche oltre il limite di 700.000 mila euro, purché entro il limite dell'IRES (ordinaria) corrispondente al proprio reddito imponibile in base alla dichiarazione dei redditi individuale, al netto di eventuali elementi trasferiti al consolidato (detrazioni, crediti per imposte pagate all'estero, ritenute alla fonte a titolo di acconto, versamenti in acconto e eccedenze) e, comunque, fino a concorrenza dell'IRES dovuta dalla fiscal unit.

L'Assonime, in ogni caso, rileva che, se fosse confermata la suddetta tesi e qualora per l'utilizzo in compensazione (cd. “orizzontale”) del credito ceduto operassero i suddetti limiti, si giungerebbe alla conclusione che una società consolidata, per effetto dell'opzione per il regime di tassazione di gruppo, verrebbe ad essere assoggettata ad un regime più sfavorevole rispetto a quello di cui avrebbe potuto godere stand alone, tenuto conto che in quest'ultimo caso la trasformazione delle imposte anticipate relative alle medesime perdite avrebbero generato un credito di imposta utilizzabile in compensazione senza limiti.

Inoltre, è previsto che i crediti d'imposta, da indicare nella dichiarazione dei redditi (quadro RU), non concorrono alla formazione del reddito d'impresa, né della base imponibile IRAP.

Secondo parte della dottrina e facendo riferimento a quanto sostenuto dall'Agenzia delle Entrate in altre occasioni (cfr. Circolare dell'Agenzia delle Entrate del 25 settembre 2014, n. 28, paragrafo 6), vi sarebbe l'obbligo del visto di conformità per l'utilizzo in compensazione di importi superiori ad Euro 5.000 (così Corso L. in Il quotidiano del commercialista del 5 luglio 2021).

Ai fini della compensazione tramite modello F24 dei crediti d'imposta di cui trattasi è necessario utilizzare il codice tributo "6834", istituito con la risoluzione n. 57/E del 24 maggio 2011, che con la risoluzione dell'Agenzia Entrate del 18 novembre 2020, n. 71, è ridenominato "Credito d'imposta derivante dalla trasformazione di attività per imposte anticipate".

Infine, è previsto che le disposizioni agevolative non si applicano alle cessioni di crediti tra società che sono tra loro legate da rapporti di controllo ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile e alle società controllate, anche indirettamente, dallo stesso soggetto, e non possono essere usufruire dai soggetti in stato di disseto e insolvenza.

Si deve precisare che, in caso di cessione di credito oggetto di precedente acquisto da società non appartenenti al medesimo gruppo, in virtù delle modifiche apportate in sede di conversione del d.l. n. 104 del 2020, assume rilevanza il valore di acquisto del credito anziché il suo valore nominale.

L'opzione per l'agevolazione

La trasformazione è condizionata all'esercizio dell'opzione di cui all'articolo 11, comma 1, deldecreto-legge 3 maggio 2016, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 giugno 2016,n. 119.

Al riguardo, la Risoluzione 44/E del 2021 precisa che il comma 3 dell'articolo 44-bis prescrive che:

  1. la trasformazione delle attività per imposte anticipate in crediti d'imposta è condizionata all'esercizio, da parte della società cedente, dell'opzione di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto-legge n. 59 del 2016;
  2. l'opzione, qualora non sia già stata esercitata, deve essere operata tramite la comunicazione di cui al punto 1 del Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate del 22 luglio 2016, entro la chiusura dell'esercizio in corso alla data in cui ha effetto la cessione dei crediti;
  3. ai fini dell'applicazione del citato articolo 11 del decreto-legge n. 59 del 2016, nell'ammontare delle attività per imposte anticipate sono comprese anche le attività per imposte anticipate trasformate in crediti d'imposta ai sensi del medesimo articolo 44-bis.

È necessario a questo punto ricordare che la norma fa riferimento ad un altro istituto che prevede la trasformazione di DTA in crediti di imposta: si tratta, in particolare, di quanto previsto dall'art. 2, commi 55 e ss., del D.L. n. 225/2010, il quale, in terminate condizioni, permette di trasformare in crediti d'imposta le DTA iscritte in bilancio in relazione:

  • alle svalutazioni di crediti la cui deduzione è stata rinviata a norma dell'art. 106, comma 3 del T.U.I.R. e degli artt. 6, comma 1, lett. c-bis) e 7, comma 1, lett. b-bis) del D.Lgs. n. 446/1997;
  • al valore dell'avviamento e delle altre attività immateriali i cui componenti negativi sono deducibili in più periodi d'imposta.

Per completare il quadro di riferimento va aggiunto che, nel corso del tempo, l'accesso alla disciplina in tema di conversione delle DTA è stato oggetto di alcune modifiche (Cfr. D.L. n. 83/2015 e D.L. n. 59/2016.) ed è stato previsto che:

  1. le DTA convertibili sono solo quelle relative a voci di avviamento e attività immateriali iscritte in bilancio - per la prima volta - in esercizi antecedenti rispetto a quello in corso alla data del 27 giugno 2015 (data di entrata in vigore del D.L. n. 83/2015);
  2. deve trattarsi di DTA in relazione alle quali siano state effettivamente versate maggiori imposte IRES/IRAP (c.d. DTA di tipo 1). Ai fini del computo di tali imposte si assumono anche le imposte sostitutive. Inoltre, in caso di adesione al regime del consolidato fiscale, per determinare se vi sia una corrispondenza tra DTA e imposte effettivamente versate si tiene conto della somma delle DTA iscritte dalle singole imprese che partecipano al consolidato e del coacervo delle imposte versate dalla consolidante e dalle singole imprese consolidate (Cfr. la circolare dell'Agenzia delle entrate n. 32/E del 22 luglio 2016).

Inoltre, per superare le criticità sollevate dalla Commissione Europea, che paventava un'incompatibilità con la disciplina dei c.d. aiuti di Stato rinvenibile nel D.L. n. 225/2010 di cui sopra, con il DL 59/2016 è stato prevista la possibilità di convertire anche DTA per le quali non vi era una copertura in maggiori imposte effettivamente versate (c.d. DTA di tipo 2), a condizione che l'impresa esercitasse l'opzione per mantenere il diritto alla conversione, versando un canone annuo, fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2030 . Si ricorda che tale scadenza è stata prevista dall'art. 26-bis, comma 4, lett. a), DL 23.12.2016 n. 237, convertito, con modificazioni, dalla L. 17.2.2017 n.15, mentre, precedentemente, si faceva riferimento al 31 dicembre 2029.

In altri termini, come stabilito dalla Relazione al provvedimento che ha introdotto il suddetto art. 11, la norma subordina il mantenimento della trasformabilità delle DTA di tipo 2 al pagamento di un canone pari all'1,5 per cento dell'ammontare delle stesse e stabilisce che le DTA di tipo 2 siano calcolate annualmente come differenza tra l'ammontare di DTA qualificate che si è creato dal 2008 all'anno di riferimento, incluse le DTA qualificate che sono state trasformate in credito d'imposta, e la somma delle imposte che sono state versate con riferimento agli stessi anni.

In merito all'esercizio dell'opzione, la Circolare dell'Agenzia delle Entrate, del 22 luglio 2016, n. 32, ha fornito importanti chiarimenti, rinviando a quanto previsto Provvedimento Agenzia Entrate 22.7.2016 n. 117661.

Nel punto 1.1. di tale Provvedimento, si legge chiaramente che l'opzione in esame si considera esercitata con il versamento del canone.

Nello stesso provvedimento, vengono anche disciplinati i casi in cui si può o si deve effettuare una comunicazione all'Agenzia delle Entrate per renderla edotta dell'esercizio dell'opzione.

Nel caso specifico, la Risoluzione 44/E del 2021 prevede che il diritto alla fruizione del credito d'imposta nasce, in ogni caso, “condizionato” all'esercizio dell'opzione di cui all'articolo 11 del decreto-legge n. 59 del 2016, da effettuare, come sopra evidenziato, “entro la chiusura dell'esercizio in corso alla data in cui ha effetto la cessione dei crediti”. Si ritiene, pertanto, sulla base del dato letterale della norma, che la trasmissione della PEC entro il termine previsto rientri tra quegli adempimenti che, sebbene abbiano “natura formale”, sono comunque richiesti al fine di dare attuazione alla misura in esame. Ne deriva che, in assenza dell'esercizio dell'opzione, sia in presenza dell'obbligo di versamento del canone, che in assenza di tale obbligo, la trasformazione delle attività per imposte anticipate in crediti d'imposta non si perfeziona, con la conseguenza che la società decade dal diritto a fruire dell'agevolazione.

In ogni caso è possibile usufruire dell'istituto della cd. remissione in bonis di cui all'articolo 2 del decretolegge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012 n. 44, sempreché risulti in possesso dei requisiti sostanziali richiesti dalle disposizioni di riferimento, alla data originaria di scadenza del termine previsto per il perfezionamento dell'opzione (vale a dire, nella versione attuale, il 31 dicembre 2021), ed abbia tenuto, successivamente alla cessione dei crediti, un comportamento coerente con quanto previsto dalle medesime disposizioni sopra richiamate

Pertanto, il contribuente può esercitare l'opzione prevista anche in un momento successivo al termine previsto, purché entro il termine di presentazione della prima dichiarazione dei redditi utile, mediante l'inoltro della comunicazione alla PEC della Direzione regionale dell'Agenzia delle entrate territorialmente competente, ed il versamento della sanzione in misura fissa pari a 250 euro, ai sensi dell'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 16 dicembre 1997, n. 471

In ogni caso, l'opzione comporta l'applicazione della disciplina di cui al medesimo articolo 11, con obbligo di pagamento di un canone annuo (qualora dovuto) per ciascun esercizio di applicazione, pari all'1,5 per cento della differenza tra l'ammontare delle attività per imposte anticipate e le imposte versate, come risultante alla data di chiusura dell'esercizio precedente (comma 2 dell'articolo 11).

Con riferimento all'ammontare delle attività per imposte anticipate di cui al comma 2, il successivo comma 3 prevede che sia determinato ogni anno sommando algebricamente:

  • la differenza, positiva o negativa, tra le “DTA qualificate” (cui si applicano i commi da 55 a 57 del citato art. 2 del decreto-legge n. 225/2010), iscritte in bilancio alla fine dell'esercizio per il quale si deve determinare il canone, e quelle iscritte alla fine dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2007;
  • l'importo delle DTA qualificate nel frattempo trasformate in crediti d'imposta.

Per attività per imposte anticipate che rientrano nell'ambito di applicazione dell'articolo 11, definite “DTA qualificate”, si intendono le attività per imposte anticipate iscritte in bilancio (di cui all'articolo 2, comma 55, del decreto-legge n. 225/2010) relative, cioè:

  • a svalutazioni e perdite su crediti non ancora dedotte dal reddito imponibile ai sensi del comma 3 dell'articolo 106 del TUIR;
  • alle rettifiche di valore nette per deterioramento dei crediti non ancora dedotte dalla base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive, ai sensi degli articoli 6 e 7 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446;
  • al valore dell'avviamento e delle altre attività immateriali, i cui componenti negativi sono deducibili in più periodi d'imposta ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive.

Inoltre, come previsto dal comma 3 del citato articolo 44-bis, ai fini dell'applicazione dell'articolo 11 del decreto-legge n. 59/2016, nell'ammontare delle attività per imposte anticipate vanno ricomprese anche le attività per imposte anticipate trasformate in crediti d'imposta ai sensi del medesimo articolo 44-bis, calcolate sulle perdite fiscali pregresse e sulle eccedenze ACE

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