Redazione scientifica
31 Agosto 2021

Qualora, in primo grado, la prova testimoniale venga ammessa oltre i limiti sanciti dall'art. 2721 c.c., essa deve ritenersi acquisita, ove la parte interessata non ne abbia tempestivamente eccepito l'inammissibilità in sede di assunzione o nella prima difesa successiva, senza che la relativa nullità, oramai sanata, possa essere eccepita per la prima volta in appello o nel giudizio di legittimità.

Con ricorso ex art. 30 l. 794/1942, l'avv. A.S. chiedeva che venissero liquidati in suo favore i compensi relativi alle prestazioni professionali svolte nell'interesse dell'avv. M. nel procedimento da questi instaurato contro un Comune. L'avv. M., costituitosi, instava per il rigetto del ricorso, sul presupposto di aver concordato con il ricorrente un compenso inferiore e già interamente saldato. Il Tribunale condannava l'avv. M. al pagamento della somma di Euro 10.961,56 (mancando la prova dell'esistenza di un accordo tra le parti circa la quantificazione del compenso). Interposto gravame da parte dell'avv. M., la Corte territoriale, in parziale riforma dell'impugnata decisione, condannava l'appellante al pagamento della minor somma di Euro 6.508 (previa condivisione della valutazione del primo giudice sulla mancata prova dell'esistenza di un accordo tra le parti sulla quantificazione dei compensi, la Corte aveva ritenuto ammissibile la prova orale richiesta dall'appellante e ritenuto provato il versamento di acconti per l'importo di Euro 4.065,82). Avverso la citata decisione proponeva ricorso per cassazione l'avv. M., cui resisteva con controricorso l'avv. A.S.

Per quanto qui di interesse, l'avv. A.S., in sede di controricorso, ha sostenuto che l'impugnata sentenza avrebbe dovuto considerarsi illegittima nella parte in cui aveva ritenuto di ammettere le prove testimoniali richieste dall'Avv. M. in merito al pagamento dei compensi professionali a lui dovuti.

La Corte ha dichiarato infondato il ricorso incidentale dell'avv. A.S. Osserva infatti che correttamente la Corte d'appello ha ritenuto ammissibile la prova orale in appello, «ritenendo ricorrente la deroga prevista dal comma 2 dell'art. 2721 c.c. (e, quindi, l'ammissibilità del superamento del divieto stabilito dal comma 1 della stessa norma), avuto riguardo alla natura della causa e alle circostanze oggetto della deduzione della prova testimoniale». In ogni caso, l'avv. A.S. «non ha dedotto e dimostrato» di essersi tempestivamente attivato per far valere l'eventuale inammissibilità con riferimento all'assunto superamento illegittimo del limite di valore di cui al comma 1 di detto articolo. A tal proposito occorre rilevare che «in tema di prova testimoniale, i limiti di valore, sanciti dall'art. 2721 c.c., non attengono all'ordine pubblico, ma sono dettati nell'esclusivo interesse delle parti private, con la conseguenza che, qualora, in primo grado, la prova venga ammessa oltre i limiti predetti, essa debba ritenersi ritualmente acquisita, ove la parte interessata non ne abbia tempestivamente eccepito l'inammissibilità in sede di assunzione o nella prima difesa successiva, senza che la relativa nullità, ormai sanata possa essere eccepita per la prima volta in appello o, a maggior ragione, nel giudizio di legittimità» (Cass. n. 3959/2012; Cass. civ., n. 3956/2018).

Tratto da: www.dirittoegiustizia.it

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