Al vaglio della Consulta la sospensione dei provvedimenti di rilascio per morosità
31 Agosto 2021
Massima
E' sollevata questione di legittimità costituzionale in relazione agli artt. 3, 24, 42, 47, 77 e 117, comma 1, Cost., dell'art. 103, comma sesto, d.l. 18/2020 come conv. con l. 27/2020 e dell'art. 17-bis d.l. 34/2020 conv. con l. 77/2020, con cui è stata disposta la «sospensione» dell'esecuzione «dei provvedimenti di rilascio degli immobili» nonché dell'art.13, comma tredicesimo, d.l. 183/2020 come conv. con l. 21/2021, nella parte in cui analoga sospensione è stata disposta, sino al 30 giugno 2021, per i provvedimenti di rilascio adottati per il mancato pagamento del canone alla scadenza. ll caso
L'ordinanza di remissione proviene dal giudice dell'esecuzione del Tribunale di Trieste chiamato a dirimere - ex art. 610 c.p.c. - difficoltà insorte nella esecuzione di un provvedimento di sfratto per morosità convalidato il 25 gennaio 2021, cui aveva fatto seguito un precetto del 26 febbraio. In particolare, l'ufficiale giudiziario aveva ritenuto di non procedere all'esecuzione mediante la notifica del preavviso in ragione della sospensione dei provvedimenti di rilascio per morosità stabilita, sino al 30 giugno 2021, dall'art. 13, comma 13, d.l. 183/2020 convertito con l. 21/2021. La questione
Il rimettente ha sottoposto al vaglio della Consulta due norme: - l'art. 103, comma sesto, d.l. 18/2020, come conv. con l. 27/2020 con cui è stata disposta la «sospensione» dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, unitamente all'art.17-bis d.l. 34/2020, conv. con l. 77/2020 che, sostanzialmente, ha prorogato detta sospensione sino al 31 dicembre 2020; -l'art. 13, comma tredicesimo, d.l. 183/2020, come conv. con l. 21/2021, nella parte in cui sospendeva sino al 30 giugno 2021 i provvedimenti di rilascio adottati per il mancato pagamento del canone alla scadenza. Va detto che su entrambe le sospensioni è anche intervenuto il d.l. 183/2020 - c.d. Mille Proroghe - (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, Serie Generale n. 323 del 31 dicembre 2020) che, all'art. 13, comma 13, le ha prorogate sino al 30 giugno 2021, sia pure limitatamente ai provvedimenti di rilascio adottati per mancato pagamento del canone alle scadenze e a quelli «conseguenti all'adozione, ai sensi dell'art. 586, comma 2, c.p.c., del decreto di trasferimento di immobili pignorati ed abitati dal debitore e dai suoi familiari». A parere del Tribunale di Treviso le disposizioni censurate violerebbero: -l'art. 77 Cost., sia per l'inserimento nell'ambito di una decretazione d'urgenza dedicata a situazioni diverse – precisamente riferita a «termini legislativi», «realizzazione di collegamenti digitali», «esecuzione della decisione UE, EURATOM 2020/2053 del Consiglio del 14 dicembre 2020» e «recesso del Regno Unito dall'Unione Europea» – quindi, materie rispetto alle quali la disciplina del rilascio degli immobili è inconferente; sia con riferimento alla carenza dei presupposti di necessità ed urgenza, laddove le disposizioni di legge impugnate concorrerebbero a sospendere provvedimenti di rilascio per situazioni di morosità verificatesi anche anteriormente al manifestarsi dell' emergenza sanitaria per la Pandemia; -l'art. 3 Cost. sotto diversi profili. La disciplina sarebbe irragionevole ed intrinsecamente contraddittoria, da una parte, perché pretende di sospendere il rilascio degli immobili, in ossequio all'emergenza sanitaria anche per situazioni che, essendo preesistenti alla Pandemia, non potrebbero giustificarsi con detta calamità, dall'altra perché la disposizione di legge non distingue tra situazioni oggettive ed impreviste, che rendono oggettivamente insostenibile il pagamento dei canoni e situazioni derivanti da libera scelta, ancorchè illecita, dell'occupante con ciò assegnando indebitamente il medesimo trattamento a conduttori e (simmetricamente) a proprietari posti in situazioni diverse. La disposizione, inoltre, in violazione dell'invocato principio costituzionale, finirebbe per aggravare rispetto al conduttore la situazione del proprietario il quale subisce i contraccolpi della pandemia in misura maggiore; -l'art. 42 Cost in relazione al citato art. 3 della Cost. in quanto la disposta misura si tramuta in una fattispecie illegittima di esproprio in senso sostanziale e senza indennizzo. Il giudice rimettente ritiene incomprensibile perché la sola categoria dei proprietari di beni immobili debba vedere penalizzato il proprio legittimo investimento, destinatario anche di una esplicita tutela costituzionale (art. 47 Cost.) che lo incentiva, in ossequio ad esigenze solo presunte e non effettivamente verificate di un occupante il quale potrebbe anche avere subito dalla emergenza sanitaria un danno trascurabile e comunque minore; -l'art. 117, comma 1, Cost. atteso che la Corte Europea dei diritti dell'uomo ha già censurato, in relazione all'art. 1 del protocollo 1 e dell'art. 6 CEDU, quindi proprio con riferimento alla tutela della proprietà e della ragionevole tempistica per la realizzazione della tutela giurisdizionale, i ritardi e la dilazione dell'esecuzione di rilascio degli immobili in Italia, da cui la illegittimità della reiterata dilazione dell'esecuzione di provvedimenti giurisdizionali di rilascio. Le soluzioni giuridiche
La Corte Costituzionale viene nuovamente investita della legittimità di provvedimenti di sospensione delle procedure di rilascio in termini molto simili a quelli prospettati in precedenza da altri due giudici dell'esecuzione immobiliare, presso il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto e presso il Tribunale di Rovigo che, con ordinanze, rispettivamente del 13 gennaio 2021 il primo, e del 18 gennaio 2021 il secondo, avevano aveva rimesso alla Consulta la decisione in ordine alla legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 14 del d.l. 183/2020 disponente la (seconda) proroga della sospensione delle procedure esecutive immobiliari aventi ad oggetto l'abitazione principale del debitore esecutato dal 1 gennaio al 30 giugno 2021 (v. il contributo pubblicato su IlProcessoCivile.it). Come noto, in data 22 giugno 2021 con sentenza n. 128 la Corte Costituzionale si è pronunciata dichiarando l'illegittimità del citato art. 13 comma 14, del d.l. 18/20 per violazione degli artt. 3, comma 1, e 24 commi 1 e 2 Cost. (v. il contributo pubblicato su IlProcessoCivile.it). La Consulta ha dovuto verificare la ragionevolezza e proporzionalità della misura, posto che, scrivono i giudici delle leggi, «nel periodo dell'emergenza pandemica il legislatore ha voluto evitare che tanto l'esecuzione del rilascio degli immobili quanto le procedure esecutive aventi ad oggetto l'abitazione principale potessero costituire causa di aggravamento delle difficoltà economiche e fonte di preoccupazioni ulteriori per i debitori, ove esposti al rischio di perdere la disponibilità dell'abitazione principale». Per la Corte il blocco delle procedure esecutive, se inizialmente poteva giustificarsi «per rendere più agevole, rapida e immediatamente efficace la misura di protezione», successivamente è apparso «irragionevole e sproporzionato» in quanto realizza un bilanciamento «calibrato su tutti, indistintamente, i debitori esecutati» senza che nessun criterio selettivo sia stato previsto a giustificazione dell'ulteriore rinvio. Il legislatore, quindi, ha concluso la Corte, «ha prorogato una misura generalizzata e di extrema ratio, mentre avrebbe dovuto specificare i presupposti soggettivi e oggettivi della misura, anche eventualmente demandando al vaglio dello stesso giudice dell'esecuzione il contemperamento in concreto degli interessi in gioco». Il ragionamento calza perfettamente anche per le norme sottoposte all'esame della Consulta dal giudice triestino. In effetti, le disposizioni di legge censurate hanno l'effetto di sospendere l'esecuzione dei provvedimenti di rilascio «per mancato pagamento del canone alle scadenze» indipendentemente da quando si è verificato il mancato pagamento, dunque potenzialmente anche in relazione a fatti antecedenti all'emergenza sanitaria pandemica e ad essa completamente estranei. L'effetto - irragionevole e contrario ai principi di cui all'art. 3 Cost. - è stato quello di approntare tutela a situazioni di morosità che non hanno nulla a che vedere con la pandemia, perché la genesi dell'inadempimento è temporalmente antecedente o perché affonda le sue radici in fatti del tutto estranei alla calamità, pregiudicando gli interessi di quei proprietari, che traggono dai loro beni redditi necessari anche per la sopravvivenza (ad esempio per pagare un mutuo) e che , forse, proprio in ragione della pandemia hanno perso altra e diversa fonte di reddito. Come si legge nel provvedimento del giudice remittente, delle due l'una: «o il mancato pagamento alla base del provvedimento di rilascio è una scelta dell'occupante abusivo dell'immobile, e allora non si comprende il motivo per cui non debba prevalere il ripristino della legalità violata, oppure davvero l'occupante l'immobile è impossibilitato obiettivamente a sostenere i pagamenti, e allora andrebbe comunque presa in considerazione e delibata anche la situazione socio-economica del proprietario cui si impone il sacrificio della mancata disponibilità dell'immobile stesso, senza che sia verosimile un qualche recupero della corrispondente perdita economica al termine dell'emergenza pandemica». In particolare, la mancata considerazione delle rispettive e concrete situazioni del proprietario e dell'occupante abusivo è ritenuta tanto più grave allorquando si tratti di sospendere l'esecuzione di provvedimenti di rilascio degli immobili, proprio in quanto gli effetti socio-economici dell'emergenza possono avere maggiore o minore incidenza ed intensità. Peraltro, le disposizioni di legge impugnate non distinguono neanche fra situazioni obiettive e impreviste, tali da rendere obiettivamente insostenibile il pagamento dei canoni, e situazioni derivanti dalla scelta libera, ancorché illecita, dell'occupante dell'immobile che non corrisponde il canone finendo per «assegnare irragionevolmente e indebitamente lo stesso trattamento» alle due posizioni senza consentire al Giudice di effettuare una valutazione mettendo a confronto e comparando le contrapposte esigenze e situazioni, come postulato dal principio di ragionevolezza, e corollario dell'art. 42 Cost., in relazione all'art. 3 Cost. Suggestivo risulta, quindi, il richiamo, operato dal giudice rimettente alla fattispecie «di esproprio sostanziale senza indennizzo» che consegue anche e soprattutto all'ennesima proroga delle esecuzioni per rilascio ad opera del legislatore emergenziale. A proposito di proroghe, peraltro, da ultimo è intervenuta l'ennesima: la l. 69/2021, all'art. 40-quater dell'unico allegato, dispone i differimenti per i rilasci prorogando la sospensione degli sfratti per morosità fino al 30 settembre 2021, per i provvedimenti di rilascio adottati dal 28 febbraio al 30 settembre 2020, e fino al 31 dicembre 2021, per quelli adottati dal 1° ottobre 2020 al 30 giugno 2021. Risulta che recentemente il Tribunale di Savona con l'ordinanza del 3 giugno 2021 (giudice Tagliasacchi), ha sollevato dubbi di legittimità costituzionale della indicata norma. Osservazioni
I rilievi sollevati dal giudice Triestino non sembrano manifestamente infondati. Risulta non giustificabile, perché contraria all'art. 3 Cost., la sospensione indiscriminata della liberazione degli immobili, anche per quelli oggetto di sfratto convalidato prima della pandemia e per cui l'inadempimento del conduttore non ha relazione causale con l'emergenza e comunque nella parte in cui le norme prevedono una sospensione automatica e generalizzata dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili locati e precludono al giudice ogni margine di prudente apprezzamento del caso concreto, sotto il profilo della valutazione comparativa delle condizioni economiche di conduttore e locatore e della meritevolezza dei contrapposti interessi. E'evidente inoltre - come si legge nel provvedimento del Tribunale di Savona - che «il sacrificio imposto al proprietario locatore si aggrava progressivamente con la proroga della sospensione e diventa particolarmente significativo ove questi si trovi in stato di difficoltà economica». Si tenga conto che la Corte Costituzionale non è nuova ad affrontare il problema della legittimità delle proroghe legislative degli sfratti e il problema delle proroghe ripetute è stato già vagliato dalla Consulta. Nel 2003, con ordinanza del 3 gennaio il Tribunale di Firenze aveva sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, primo comma, 42, secondo comma, e 111, primo (recte: secondo) comma, Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, d.l. 122/2002 (Disposizioni concernenti proroghe in materia di sfratti, di edilizia e di espropriazione), convertito, con modificazioni, nella l. 185/2002. Nella sentenza n. 155 del 28 maggio 2004 (Pres. ZAGREBELSKY) come nella sentenza n. 310 del 2003 (Pres. Chieppa), la Corte ha osservato come il legislatore, pur dovendo farsi carico delle esigenze di coloro che si trovano in particolari situazioni di disagio, anche attraverso agevolazioni, non possa tuttavia «indefinitamente limitarsi, per di più senza alcuna valutazione comparativa, a trasferire l'onere relativo in via esclusiva a carico del privato locatore, che potrebbe trovarsi in identiche o anche peggiori situazioni di disagio» (cfr. anche la sentenza della Corte cost. n. 62/2004). In sostanza la Consulta già all'epoca aveva evidenziato che la sospensione può trovare giustificazione soltanto se incide sul diritto alla riconsegna dell'immobile «per un periodo transitorio ed essenzialmente limitato» ritenendo la violazione di alcune delle norme costituzionali evocate ed il pregiudizio dei diritti che esse tutelano tanto più gravi in quanto non soltanto non è prevista alcuna comparazione tra la condizione del conduttore e quella del locatore, ma neppure è stabilita alcuna congrua misura che, addossando alla collettività l'onere economico inerente alla protezione degli inquilini appartenenti alle categorie svantaggiate, allevii il sacrificio dei locatori. Riferimenti
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