Redazione scientifica
30 Agosto 2021

Il giudice che accerti un difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione è tenuto a promuovere la sanatoria (assegnando un termine alla parte che non vi abbia provveduto di sua iniziativa, con effetti ex tunc e senza il limite delle preclusioni derivanti dalle decadenze processuali) anche qualora la procura manchi del tutto, restando irrilevante la distinzione tra nullità e inesistenza della stessa.

A. ha impugnato per cassazione il decreto della Corte d'appello che ha dichiarato inammissibile il ricorso da lui proposto, rilevando un difetto di rappresentanza in capo al professionista che aveva sottoscritto il ricorso, l'avv. N.S., evidenziando come la procura ad litem fosse stata rilasciata non a lui, bensì all'avvocatessa G.T.

Con la prima doglianza, il ricorrente sostiene che la Corte territoriale avrebbe errato nel non rilevare come dal ricorso emergesse il conferimento di un mandato ad litem tanto all'avv. N.S. quanto all'avv. G.T. Con la seconda doglianza il ricorrente ha sostiene che il giudice di secondo grado avrebbe violato il disposto dell'art. 182 c.p.c., dichiarando l'inammissibilità del ricorso senza aver previamente sollecitato la parte a sanare il vizio di rappresentanza.

La Corte ha dichiarato la prima doglianza inammissibile, in quanto attiene all'interpretazione del mandato ad litem, compito riservato al «giudice del merito» e «la cui valutazione non è censurabile in sede di legittimità mediante la mera denunzia dell'ingiustificatezza del risultato interpretativo raggiunto» (Cass. civ., n. 11326/2004). I Giudici hanno, invece, dichiarato fondata la seconda doglianza, atteso che «il giudice che accerti un difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione è tenuto a promuovere la sanatoria (assegnando un termine alla parte che non vi abbia provveduto di sua iniziativa, con effetti ex tunc e senza il limite delle preclusioni derivanti dalle decadenze processuali) anche qualora la procura manchi del tutto, restando irrilevante la distinzione tra nullità e inesistenza della stessa» (in termini Cass. civ., n. 10885/2018).

Tratto da: www.dirittoegiustizia.it

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