Il giudizio di convenienza del piano del consumatore rispetto alla liquidazione dopo la mini-riforma della L. 176/2020

Francesca Monica Cocco
02 Settembre 2021

L'abolizione del giudizio di convenienza del piano del consumatore rispetto all'alternativa liquidatoria nella relazione particolareggiata dell'O.C.C., avvenuta a seguito della mini-riforma di cui alla L. n. 176/2020, che ha dunque modificato la L. n. 3/2012, va contemperata con l'esigenza del superamento di eventuali contestazioni da parte dei creditori in sede di omologa.
Premessa

È noto come la convenienza della proposta di ristrutturazione dei debiti, rispetto all'eventuale e denegata alternativa della liquidazione, sia un principio cardine immanente nelle procedure concorsuali, sia maggiori (concordato preventivo), che minori (accordo con i creditori e piano del consumatore), al fine del perseguimento del miglior soddisfacimento dei creditori.

Con particolare riguardo all'istituto del piano del consumatore (di cui agli artt. 7 ss. L. n. 3/2012), non può restare inosservato come tale principio sia stato rovesciato dapprima del legislatore del Codice della Crisi di Impresa e dell'Insolvenza (D. Lgs. n. 14/2019 e correttivo D.L.gs. n. 147/2020) e conseguentemente poi dal legislatore dell'emergenza sanitaria con la L. n. 176/2020, entrata in vigore il 25 dicembre 2020, mediante la quale la L. n. 3/2012 è stata ampiamente novellata con l'anticipazione di alcune norme del CCII (che, invece, entrerà in vigore nel 2022).

Il quadro previgente

Fino all'entrata in vigore della mini-riforma di cui alla L. n. 176/2020, la relazione particolareggiata dell'O.C.C., da allegare alla proposta di piano del consumatore, doveva espressamente contenere, inter alia, il “giudizio… sulla probabile convenienza del piano rispetto all'alternativa liquidatoria” (art. 9, comma 3 bis, lett. e), L. n. 3/2012).

Pertanto, passando, assai spesso, dalla valutazione economica dei cespiti eventualmente liquidabili, l'O.C.C. era tenuto ad esprimere il giudizio della convenienza della proposta di piano del consumatore per il ceto creditorio (il quale non è, in questo istituto, chiamato al voto), attestando che il miglior soddisfacimento è perseguito proprio dall'esecuzione del piano, piuttosto che dalla liquidazione dei beni.

La mini-riforma

Ad oggi, diversamente, la relazione la relazione particolareggiata dell'O.C.C., da allegare alla proposta di piano del consumatore, deve contenere esclusivamente: “a) l'indicazione delle cause dell'indebitamento e la diligenza impiegata dal debitore nell'assumere le obbligazioni; b) l'esposizione delle ragioni dell'incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte; c) la valutazione sulla completezza e sull'attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda; d) l'indicazione presunta dei costi di procedura; e) l'indicazione del fatto che, ai fini del finanziamento, il soggetto finanziatore abbia tenuto o meno conto del merito creditizio del debitore valutato, con deduzione dell'importo necessario a mantenere un dignitoso tenore di vita, in relazione al suo reddito disponibile…” (novellato art. 9, comma 3 bis, L. n. 3/2012).

È stata dunque espunta integralmente la locuzione previgente, circa il giudizio di convenienza del piano rispetto all'alternativa liquidatoria da parte dell'O.C.C.

Tra l'altro, vale la pena osservare che tale giudizio di convenienza è stato invece espressamente introdotto nella relazione dell'O.C.C. in sede di accordo con i creditori all'art. 9, comma 3 bis 1., lett. d), mentre prima era assente.

Quanto sopra, naturalmente, crea un fondamentale distinguo tra i due istituti: il giudizio di convenienza della proposta rispetto alla liquidazione è obbligatoria per l'O.C.C. in sede di accordo con i creditori; mentre non lo è (più) in sede di piano del consumatore.

Si tratta dunque, in via anticipata dalla L. n. 176/2020, di quanto già stabilito nel CCII per l'accordo con i creditori ovvero concordato minore (art. 76, comma 2, lett. d) CCII) e per il piano del consumatore ovvero ristrutturazione dei debiti del consumatore (art. 68, comma 2, CCII).

Il nuovo assetto

A fronte dell'espunzione del giudizio di convenienza del piano del consumatore rispetto all'alternativa liquidatoria da parte dell'O.C.C. nel predisporre la relazione particolareggiata, è assai utile, nella pratica, tenere a mente che “quando uno dei creditori o qualunque altro interessato contesta la convenienza del piano, il giudice lo omologa se ritiene che il credito possa essere soddisfatto dall'esecuzione del piano, in misura non inferiore all'alternativa liquidatoria” (art. 12 bis, comma 4, L. n. 3/2012, rimasto invariato anche dopo la L. n. 176/2020, in quanto conforme all'art. 70, comma 9, CCII).

L'asse del giudizio sulla convenienza viene spostato dunque, dal momento del deposito della proposta unitamente alla relazione particolareggiata dell'O.C.C. al momento in cui il giudice provvede all'omologa.

Non solo. Tale giudizio di convenienza cessa di essere generalizzato, per diventare eventuale e necessario solamente in caso di contestazioni da parte dei creditori.

In guisa che questi ultimi – orbi del diritto al voto – possano manifestare (almeno) in sede di omologa eventuale dissenso alla proposta; riequilibrando così il favor debitoris - di cui è permeato l'istituto - con il perseguimento del miglior soddisfacimento dei creditori.

La giurisprudenza si è allineata, non contemplando il giudizio di convenienza nel provvedimento di omologa del piano del consumatore ovvero rimarcandone la non necessità in assenza di contestazioni da parte dei creditori (Trib. Milano 1° giugno 2021, Trib. Milano 21 aprile 2021, Trib. Reggio Calabria 8 febbraio 2021, Trib. Trani 12 marzo 2021).

Particolarmente dibattuto in tema di contestazioni dei creditori in sede di omologa è se il giudizio di convenienza rispetto all'alternativa liquidatoria debba essere condotto avendo riguardo al credito del singolo creditore opponente oppure all'intera massa passiva.

Il riferimento testuale alla soddisfazione del "credito", contenuto tanto nell'art. 12 bis, comma 4, L. n. 3/2012, quanto nell'art. 180 l. fall., potrebbe indurre a ritenere che la verifica di convenienza debba essere effettuata avendo riguardo alla posizione del singolo creditore opponente; ed in effetti, in tal senso è orientata la dottrina pressoché unanime pronunciatasi sull'art. 180 l. fall. Occorre tuttavia domandarsi se la medesima conclusione possa ritenersi valida anche nell'ambito delle procedure "minori" e, per quanto qui rileva, ai fini dell'omologazione del piano del consumatore.

In giurisprudenza, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere del 2 dicembre 2020 ha stabilito che la valutazione di convenienza del piano del consumatore rispetto all'alternativa liquidatoria vada effettuata "non con riferimento al credito vantato da un singolo creditore ma all'intera massa passiva".

Purtuttavia, la dottrina ha evidenziato che tale interpretazione mal si concilierebbe, non solo con l'orientamento cristallizzato in tema di concordato preventivo, ma anche con la lettera dell'art. 70, comma 9, CCII in tema di ristrutturazione dei debiti del consumatore, e con la lettera dell'art. 80, comma 3, CCII in tema di concordato minore; nei quali si parla espressamente di credito dell'opponente”, ciò che farebbe propendere per la verifica di convenienza avendo riguardo alla posizione del singolo creditore opponente e non all'intera massa passiva.

Conclusioni

L'eventualità del giudizio di convenienza del piano del consumatore rispetto alla liquidazione, come conseguenza esclusiva di contestazioni da parte dei creditori in sede di omologa, pone un problema di ordine pratico: se procrastinare tale giudizio a future contestazioni, oppure giocare d'anticipo, ovvero inserirlo nella relazione particolareggiata sin dal deposito della proposta, indipendentemente da eventuali future contestazioni.

Questa seconda soluzione non risulta affatto peregrina, in quanto è stata espressamente caldeggiata nelle ultime Linee Guida al Sovraindebitamento, marzo 2021, emanate dalla sezione fallimentare del Tribunale di Livorno, dove, alla pagina 20, si legge: “si ritiene che la relazione del gestore allegata alla proposta di piano del consumatore debba contenere una comparazione tra le condizioni di soddisfacimento dei creditori previste dal ricorrente nel piano e l'ipotesi di soddisfacimento dei medesimi nell'alternativa liquidatoria. Infatti se è vero che il nuovo art. 9 comma 3 bis della l. 3/2012, come modificato dalla l. 176/2020, non prevede più che la relazione del Gestore debba prevedere tale confronto, non si può non rilevare, tuttavia, che è rimasta la previsione di cui all'art 12 bis co. 4 secondo la quale, nel caso di contestazione della convenienza del piano, il giudice può omologarlo solo ove ritenga che il credito possa essere soddisfatto dalla esecuzione del piano in misura non inferiore all'alternativa liquidatoria”.

Pertanto è opportuno che il gestore nella propria relazione, anche nella procedura del piano del consumatore, compia tale accertamento onde evitare ritardi nella definizione della stessa, conseguenti alla necessità di disporre integrazioni della relazione nel caso di contestazioni sulla convenienza del piano”.

Le Linee Guida pongono dunque l'accento innanzitutto sulla “comparazione”, ovvero sull'equilibrio, tra la proposta del debitore aderente ai propri interessi e possibilità e il soddisfacimento che i creditori potrebbero conseguire in sede di liquidazione.

Inoltre, viene rimarcato il principio (anche di buon senso) di celerità e speditezza della procedura, in guisa che, nel caso di eventuali contestazioni in sede di omologa da parte dei creditori, il giudice trovi già nella relazione particolareggiata il necessario strumento per superarle e provvedere all'omologa del piano.

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