Finanziamenti del socio accomandante alla società, subentro del fallimento e applicabilità dell'art. 2467 c.c.

02 Settembre 2021

In tema di finanziamento dei soci alla società, l'obbligo di retrocessione al fallimento (dei finanziamenti originariamente effettuati dal socio alla società e poi restituiti dalla società al socio) opera anche al di fuori della disciplina dettata per la società a responsabilità limitata, in quanto l'art. 2467 c.c. è espressione di un principio generale di tutela dei creditori sociali ...
Massima

In tema di finanziamento dei soci alla società, l'obbligo di retrocessione al fallimento (dei finanziamenti originariamente effettuati dal socio alla società e poi restituiti dalla società al socio) opera anche al di fuori della disciplina dettata per la società a responsabilità limitata, in quanto l'art. 2467 c.c. è espressione di un principio generale di tutela dei creditori sociali contro iniziative dei soci volte a danneggiarli; con particolare riferimento alla società in accomandita semplice, la restituzione dalla società al socio accomandante dei finanziamenti precedentemente erogati dal socio è inefficace se posta in essere nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento.

Il caso

Il caso affrontato nella sentenza in commento può essere illustrato come segue. È corrente una società in accomandita semplice, e un socio accomandante effettua finanziamenti alla società - mediante una pluralità di bonifici - per un importo totale di € 43.900. Poi la società restituisce i finanziamenti erogati dal socio, estinguendo così il proprio debito verso il socio accomandante.

Nel giro di un anno dalla restituzione dei finanziamenti, la società in accomandita semplice viene dichiarata fallita. Il curatore, scoperta la restituzione dei finanziamenti poco prima del fallimento, agisce in giudizio contro il socio accomandante, chiedendo la restituzione al fallimento dei finanziamenti. Il Tribunale di Trani accoglie la domanda del fallimento e ordina al socio accomandante di restituire al fallimento gli importi dei finanziamenti.

La questione

Nella sentenza si tratta la questione dei finanziamenti soci. La peculiarità è che detti finanziamenti vengono posti in essere non nell'ambito di una società a responsabilità limitata, bensì all'interno di una società in accomandita semplice. Il Tribunale di Trani ritiene applicabile anche alla s.a.s. la disposizione dell'art. 2467 c.c., formalmente dettata per la sola s.r.l. Ne consegue che l'operazione di restituzione dei finanziamenti dalla società al socio nell'anno che precede la dichiarazione di fallimento è inefficace e le relative somme devono tornare al fallimento, il quale userà i fondi per la soddisfazione di tutti i creditori, nel rispetto delle regole sulla par condicio creditorum.

Osservazioni

L'art. 2467 c.c. disciplina i finanziamenti dei soci. La disposizione prevede che “il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori e, se avvenuto nell'anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito” (comma 1). La norma stabilisce altresì che “ai fini del precedente comma s'intendono finanziamenti dei soci quelli, in qualsiasi forma effettuati, che sono stati concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento”.

Per comprendere il senso della disposizione, bisogna considerare che ogni società ha bisogno di risorse per poter operare. Dette risorse vengono, all'inizio, apportate mediante i conferimenti dei soci. Successivamente è possibile per i soci effettuare dei meri finanziamenti. Le nuove somme così apportate non si considerano formalmente come capitale.

Il finanziamento soci configura un rapporto contrattuale che può essere qualificato come mutuo. Secondo la definizione legislativa (art. 1813 c.c.), “il mutuo è il contratto col quale una parte consegna all'altra una determinata quantità di danaro o di altre cose fungibili e l'altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità”. Si tratta esattamente di ciò che avviene nel contesto del finanziamento erogato dal socio alla società.

Generalmente l'erogazione del finanziamento è preceduto da un contratto scritto (o quantomeno da uno scambio di corrispondenza) fra socio e società, nel quale vengono indicate le condizioni del finanziamento. Molto spesso il finanziamento è infruttifero, ossia non produttivo di interessi, in quanto lo strumento del finanziamento soci viene usato proprio per evitare il ricorso al credito bancario, con gli oneri che ne deriverebbero in termini di interessi. Tuttavia, soprattutto nelle società più piccole e per i finanziamenti più agili, può capitare che il rapporto di finanziamento non riceva particolari formalizzazioni scritte.

Se ci si limitasse alla definizione di mutuo contenuta nel codice civile (art. 1813 c.c.), sussiste un obbligo di restituzione, e dunque un finanziamento erogato da un socio dovrebbe essere restituito dalla società al socio a fronte della mera richiesta di quest'ultimo. Se però così avvenisse, vi sarebbe un rischio di depauperamento della società e di conseguente mancata soddisfazione dei creditori sociali. Ecco che interviene, come disposizione speciale, l'art. 2467 c.c. Per evitare che le restituzioni dei finanziamenti dei soci possano andare a danno dei creditori sociali, l'art. 2467 c.c. statuisce la non restituibilità di detti finanziamenti se prima non sono soddisfatti gli altri creditori. Inoltre il medesimo art. 2467 c.c. prevede un meccanismo di restituzione automatica alla società dei finanziamenti retrocessi dalla società al socio nell'anno immediatamente precedente la dichiarazione di fallimento. Il legislatore considera con sospetto un'operazione effettuata poco prima del fallimento da parte della società, la quale – mediante i suoi amministratori – è certamente consapevole delle difficoltà finanziarie in cui versa. La restituzione dei finanziamenti avvantaggia i soci finanziatori, ma lede le prospettive di soddisfazione dei creditori sociali.

Il Tribunale di Trani osserva che l'azione esercitata dal curatore ai sensi dell'art. 2467 c.c., finalizzata a ottenere il ripristino dei finanziamenti, assomiglia a un'azione revocatoria. Nel caso di specie il fallimento attore chiede in via principale la restituzione dei finanziamenti ai sensi dell'art. 2467 c.c. e in via subordinata sempre la restituzione dei finanziamenti, ma ai sensi dell'art. 67 comma 2 l.fall. Quest'ultima disposizione prevede che “sono altresì revocati, se il curatore prova che l'altra parte conosceva lo stato d'insolvenza del debitore, i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili … se compiuti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento”.

Il Tribunale di Trani accoglie la domanda principale, quella fondata sull'art. 2467 c.c. Più ragioni militano in favore di questa soluzione:

  1. in primo luogo si consideri che l'art. 2467 c.c. è legge speciale rispetto all'art. 67 comma 2 l.fall., in quanto si riferisce proprio ai finanziamenti dei soci;
  2. in secondo luogo il termine previsto dall'art. 2467 c.c. è più lungo (12 mesi al posto di 6 mesi) di quello previsto dall'art. 67 comma 2 l.fall.;
  3. in terzo luogo il meccanismo restitutorio previsto dall'art. 2467 c.c. è automatico, mentre nell'ambito dell'art. 67 comma 2 l.fall. il curatore deve provare la conoscenza dello stato d'insolvenza della società in capo al socio che ottiene la restituzione del finanziamento.

L'art. 2467 c.c. è dettato in tema di società a responsabilità limitata per il fatto che, nel tessuto economico italiano, le s.r.l. si caratterizzano per essere società composte di pochi soci, spesso legati da rapporti di tipo familiare. In una società a compagine ristretta, i soci tendono a essere informati sulle vicende sociali. In alcuni casi i soci sono anche amministratori. Ma anche se così non fosse, il socio dispone del diritto di controllo, ai sensi dell'art. 2476 comma 2 c.c.: la disposizione statuisce che “i soci che non partecipano all'amministrazione hanno diritto di avere dagli amministratori notizie sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare, anche tramite professionisti di loro fiducia, i libri sociali ed i documenti relativi all'amministrazione”. Mediante l'esercizio del diritto di controllo, il socio è informato (o comunque può informarsi) sulle vicende della società. Si può dunque presumere che il socio venga subito a conoscenza delle difficoltà finanziarie della società. Se il socio, sapendo che non vi sono le risorse per soddisfare i creditori sociali, si fa restituire il proprio finanziamento, si anterga rispetto ai creditori e determina loro un danno, consistente nell'ammontare del credito che non riescono a recuperare.

La situazione è problematica, nell'ambito delle società a responsabilità limitata, anche in ragione della loro diffusa sottocapitalizzazione. Si ricorda che il capitale minimo per costituire una s.r.l. è di € 10.000. Anzi, a mente dell'art. 2463 comma 3 c.c. (come introdotto nel 2013), “l'ammontare del capitale può essere determinato in misura inferiore a euro diecimila, pari almeno a un euro”. Si comprende allora come una società a responsabilità limitata possa iniziare a operare in assenza quasi totale di risorse proprie. Di qui il diffuso ricorso ai finanziamenti dei soci, che però – diversamente dal capitale – sono liberamente restituibili. L'art. 2467 c.c. interviene proprio per porre un argine alla libera restituibilità dei finanziamenti dei soci, in un'ottica di tutela dei creditori.

Nel caso affrontato dal Tribunale di Trani, però, la società coinvolta non è una società a responsabilità limitata, bensì una società in accomandita semplice. L'art. 2467 c.c., dettato per la s.r.l., si può applicare anche a tipi societari diversi, e in particolare a una s.a.s.? Il Tribunale di Trani dà risposta positiva al quesito, sulla base essenzialmente di due argomentazioni:

  1. in primo luogo, il Tribunale di Trani parte dall'osservazione che, oltre all'art. 2467 c.c., vi è l'art. 2497-quinquies c.c., a mente del quale “ai finanziamenti effettuati a favore della società da chi esercita attività di direzione e coordinamento nei suoi confronti … si applica l'articolo 2467”. Questa disposizione fa riferimento genericamente a società finanziate, senza specificare il tipo di società coinvolta;
  2. in secondo luogo, il Tribunale di Trani afferma che l'art. 2467 c.c. - nonostante sia scritto nell'ambito della società a responsabilità limitata – è espressione di un principio generale del diritto societario. In forza di questo principio, le società devono essere finanziate dai soci e, soprattutto, il rischio d'impresa non può essere traslato sui creditori della società.

Il Tribunale di Trani affronta poi un altro profilo, più di dettaglio. Come è noto, nella società in accomandita semplice esistono due categorie di soci, gli accomandatari e gli accomandanti, con un regime differenziato di responsabilità. La legge prevede difatti che “nella società in accomandita semplice i soci accomandatari rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali, e i soci accomandanti rispondono limitatamente alla quota conferita” (art. 2313 comma 1 c.c.).

Si è visto sopra che la ratio della normativa sui finanziamenti dei soci è quella di evitare che i soci si possano sottrarre a responsabilità, adducendo che il versamento effettuato in società è un mero finanziamento (che si possono restituire) e non un conferimento. Questa ratio parrebbe non applicabile al socio accomandatario. Questi difatti risponde anche con il proprio patrimonio privato. Diversa è tuttavia la posizione del socio accomandante: l'accomandante risponde solo nei limiti della quota conferita. Gli accomandanti potrebbero dunque porre in essere le stesse condotte di azzardo morale che l'art. 2467 c.c. intende punire nella società a responsabilità limitata: essi potrebbero effettuare finanziamenti (al posto di conferimenti) e – appena le condizioni della società peggiorano – farseli restituire a tutto detrimento dei creditori sociali.

Il Tribunale di Trani ritiene che l'art. 2467 c.c. sia sì applicabile alla società in accomandita semplice, ma limitatamente ai finanziamenti effettuati dall'accomandante, poiché l'accomandatario risponde comunque in misura illimitata nei confronti dei creditori sociali.

Risolti questi articolati passaggi giuridici, il Tribunale di Trani analizza le peculiarità del singolo caso. Il giudice accerta che i complessivi € 43.900 di finanziamenti erano stati restituiti dalla società in accomandita semplice all'accomandante in più occasioni: si accertano addirittura 15 bonifici dalla società al socio, ripartiti nel periodo dal 15 gennaio 2016 al 9 dicembre 2016.

La sentenza di fallimento della società in accomandita semplice è stata pubblicata il 24 gennaio 2017. Andando a ritroso un anno da questa data (come prescrive l'art. 2467 c.c.), tutti i bonifici effettuati dalla società al socio sono ricompresi nel periodo sospetto, tranne il primo del 15 gennaio 2016. Questo primo bonifico (dell'importo di € 2.500) rimane escludo dall'obbligo restitutorio al fallimento, determinandosi così la somma da restituirsi in € 41.400 (€ 43.900 - € 2.500).

Si osservi peraltro che l'art. 2467 c.c. non riguarda tutti i finanziamenti effettuati da un socio alle società, bensì solo quelli fatti in un momento di eccessivo squilibrio dell'indebitamento. Se una società è florida quando viene concesso il finanziamento, ed è florida quanto il finanziamento viene restituito, l'art. 2467 c.c. non si applica. Del resto, in condizioni del genere, non sussiste alcun rischio per i creditori sociali, che verranno in ogni caso pagati. I problemi si pongono quando viene finanziata una società in difficoltà. Il criterio che usa l'art. 2467 comma 2 c.c. è quello, invero un po' generico, dell'“eccessivo squilibrio”.

Dal punto di vista pratico, il giudice deve valutare di volta in volta - nel singolo caso concreto - se il finanziamento era “normale” oppure “anomalo” (appunto in quanto fatto in una situazione di eccessivo indebitamento, che avrebbe invece richiesto un conferimento). Nella fattispecie trattata dal Tribunale di Trani, il giudice sente il socio accomandante, il quale confessa che i finanziamenti erano stati fatti alla società, poiché quest'ultima versava in difficoltà economica. Tanto basta al Tribunale di Trani per ritenere raggiunta la prova che si trattava di prestiti “anomali”, come tali assoggettati ai limiti previsti dall'art. 2467 c.c. A ciò si aggiunga che contro la società in accomandita semplice erano stati emessi decreti ingiuntivi per debiti non onorati. Infine, dalla sentenza di fallimento, risultavano altri ingenti debiti della società.

Il rimedio previsto dall'art. 2467 c.c. è quella della “inefficacia” delle restituzioni dei finanziamenti. È come se le restituzioni non fossero mai avvenute, e le corrispondenti somme devono essere restituite alla società (ora in fallimento), che userà i danari così recuperati per soddisfare tutti i creditori della società, nel rispetto delle regole sulla par condicio creditorum, e con osservanza delle prelazioni previste per legge. In conclusione, il Tribunale di Trani condanna il socio accomandante a pagare alla società € 41.400.

Conclusioni

L'art. 2467 c.c. è dettato per la società a responsabilità limitata. Tuttavia il principio per cui i soci non possono auto-restituirsi i finanziamenti nel periodo immediatamente anteriore alla dichiarazione di fallimento è espressione di un principio generale di tutela dei creditori sociali. L'art. 2467 c.c. si applica dunque anche alla società in accomandita semplice.

Nell'ambito della società in accomandita semplice, bisogna peraltro distinguere la posizione del socio accomandatario da quella del socio accomandante. Il primo (accomandatario) risponde già illimitatamente per le obbligazioni sociali, mentre il secondo (accomandante) risponde solo limitatamente alla quota conferita. Ai fini della tutela dei creditori sociali, dunque, sono proprio i finanziamenti del socio accomandante a non poter essere restituiti dalla società al socio nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento.

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