Responsabilità professionale dell'avvocato negligente e quantificazione del danno al cliente

Redazione Scientifica
07 Settembre 2021

In tutte le ipotesi in cui l'avvocato sia rimasto inerte, il giudice per la quantificazione del danno cagionato al cliente deve fornire adeguata motivazione, dando conto delle circostanze di fatto da lui considerate nel compimento della valutazione equitativa e del percorso che lo ha condotto al risultato finale della liquidazione.

Risarcimento del danno per negligenza professionale. Gli attori convenivano in giudizio, dinanzi al GdP, un avvocato per ottenere la condanna al risarcimento del danno per negligenza professionale in relazione ad un mandato avente ad oggetto un sinistro stradale. Il GdP rigettava la domanda, interveniva così il Tribunale territorialmente competente che riteneva provata la negligenza nell'espletamento del suddetto mandato ed inoltre dall'istruttoria risultava accertata sia la dinamica del sinistro che escludeva la colpa degli assistiti che i danni fisici e materiali. L'avvocato ricorre dunque in Cassazione denunciando violazione dell'art. 115 c.p.c. e dell'art. 2697 c.c.

Oneri del giudice in sede di motivazione. Per la Suprema Corte la quantificazione del danno necessita di adeguata motivazione, con il dovere del giudice di merito di dar conto delle circostanze di fatto da lui considerate nel compimento della valutazione equitativa e del percorso che lo ha condotto al risultato finale della liquidazione, rispetto al quale egli deve considerare tutte le circostanze del caso concreto, l'attività espletata, le condizioni sociali e familiari del danneggiato, la gravità delle lesioni e gli eventuali postumi permanenti.

Il Tribunale invece si è limitato a richiamare la giurisprudenza in tema di responsabilità professionale dell'avvocato per omesso svolgimento di un'attività da cui sarebbe potuto derivare un vantaggio personale o patrimoniale per il cliente. In questa ipotesi, infatti, opera la regola della preponderanza dell'evidenza o del "più probabile" da applicarsi «non solo all'accertamento del nesso di causalità fra l'omissione e l'evento di danno, ma anche all'accertamento del nesso tra quest'ultimo, quale elemento costitutivo della fattispecie, e le conseguenze dannose risarcibili, atteso che, trattandosi di evento non verificatosi proprio a causa dell'omissione, lo stesso può essere indagato solo mediante un giudizio prognostico sull'esito che avrebbe potuto avere l'attività professionale omessa».

Una volta stabilito che il danno da risarcire corrispondeva al probabile esito positivo della richiesta di risarcimento del danno per l'incidente stradale di cui al mandato professionale, il Tribunale aveva l'obbligo di motivare la liquidazione equitativa, indicando i criteri adoperati e gli elementi di fatto valorizzati. Cosa che non è avvenuta.

A ciò consegue l'accoglimento del ricorso.

(Fonte: Diritto e Giustizia)

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