La chiusura anticipata del processo esecutivo per mancato versamento del fondo spese al professionista delegato

Pasqualina Farina
09 Settembre 2021

L'inottemperanza al termine fissato dal g.e. per il versamento del fondo spese al professionista delegato impedisce al processo di raggiungere il suo scopo e ne legittima la chiusura anticipata, ove il creditore non abbia tempestivamente e preventivamente instato, allegando e provando i relativi presupposti, per la rimessione in termini.
Massima

L'inottemperanza al termine fissato dal g.e. per il versamento del fondo spese al professionista delegato impedisce al processo di raggiungere il suo scopo e ne legittima la chiusura anticipata, ove il creditore non abbia tempestivamente e preventivamente instato, allegando e provando i relativi presupposti, per la rimessione in termini, neppure potendo giovargli l'invocazione successiva di dubbi o incertezze non sottoposti al g.e. prima della scadenza di quelli.

Il caso

Il debitore ha promosso ricorso per Cassazione nei confronti della sentenza con cui il Tribunale di Catania accoglieva l'opposizione agli atti esecutivi proposto dal creditore nei confronti del provvedimento di improseguibilità dell'espropriazione immobiliare.

Segnatamente, in data 9 gennaio 2008 il creditore aveva formulato istanza di riassunzione stante la sospensione ex art. 624-bis c.p.c. e di rifissazione della vendita; tuttavia un coesecutato aveva depositato - il 16 marzo 2009 - istanza di riduzione del pignoramento, istanza che veniva successivamente accolta il 7 novembre 2011, con esclusione dei beni di proprietà esclusiva dell'istante e con invito al professionista delegato a riferire sullo stato delle operazioni di vendita. In data 21 dicembre 2011 il debitore aveva proposto opposizione agli atti esecutivi ed il g.e. aveva dichiarato, con ordinanza del 25 luglio 2013, l'improseguibilità del processo esecutivo nei confronti di detto debitore, per l'inerzia del creditore procedente nel versamento del fondo spese al delegato.

La questione

La questione sottesa alla sentenza in commento attiene alle condizioni che reggono la chiusura anticipata dell'esecuzione, vale a dire l'ipotesi di inequivoca e colpevole violazione di un preciso termine assegnato dal giudice per il versamento del fondo spese, in difetto di cause di giustificazione ragionevoli.

A questo riguardo va invero precisato, come rilevato dal Tribunale di Catania,che: a) le richieste di versamento da parte del professionista erano tutte anteriori al provvedimento di sospensione dell'esecuzione adottato dal g.e. con ordinanza 3 aprile 2006 (sospensione disposta fino al 31 dicembre 2007); b) dopo il marzo 2009 vi era stata l'istanza di riduzione del coesecutato e, quindi, si profilava l'interesse del creditore a non vendere i beni di tale soggetto e a non dare impulso alla procedura nel suo complesso; c) il mancato versamento del fondo spese al delegato non avrebbe potuto qualificarsi colpevole, apparendo giustificata l'inerzia del creditore dal deposito di «un'istanza di riduzione del pignoramento non palesemente infondata e quindi tale da imporre idonea istruttoria prima dell'individuazione del concreto esatto e residuo oggetto della procedura».

La Cassazione ha, invece, accolto il ricorso ed affermato che il mancato versamento del fondo spese nel termine – sia pure ordinatorio e, dunque, non più prorogabile se inutilmente spirato - fissato dal g.e. non consente il raggiungimento dello scopo del processo esecutivo. A riprova di tale assunto il Supremo Collegio ha, difatti, rilevato come lo stesso giudice - che quel termine ordinatorio ha imposto - sia privo del potere di modificarlo o revocarlo ulteriormente ex post, risultando le disposizioni impartite vincolanti sia per le parti, sia per l'autorità giudiziaria che le ha individuate.

Le soluzioni giuridiche

La soluzione adottata dalla Suprema Corte muove, dunque, dall'applicazione della disciplina sui termini processuali. Sicché, sarebbe stato onere del creditore instare preventivamente per una proroga del termine, la cui osservanza era da intendersi indispensabile per la stessa prosecuzione del processo esecutivo.

Non solo. Conformemente ad analoghi principi generali il creditore avrebbe potuto richiedere una rimessione in termini, a condizione di aver tempestivamente ed adeguatamente, allegato e provato tutti i presupposti. A questo specifico riguardo il Collegio ha rilevato «come non rientri tra le cause non imputabili al creditore l'incertezza interpretativa sull'ambito di prosecuzione del processo e sulla convenienza ad una anticipazione complessiva, sul punto restando onere del creditore ottemperare nella sua integralità al provvedimento che l'acconto o fondo spese ha determinato, finché non sia stata conseguita, prima della scadenza del relativo termine ed a suo impulso e nel suo interesse, una sua modifica od interpretazione».

Alla luce di tali precisazioni, la Cassazione ha disatteso il Tribunale di Catania, laddove aveva ritenuto «più che ragionevole un'inerzia da parte del creditore nel dare impulso alle operazioni di vendita dell'intero compendio pignorato». Ciò in quanto è esclusivamente rimessa al giudice dell'esecuzione, che abbia fissato quel termine, ogni ulteriore valutazione prima della scadenza ed incombe alla parte “l'onere di darvi corso, senza spazi per autonomi sindacati, che si risolvono in una inottemperanza al provvedimento del giudice”. Da tanto emerge che l'inerzia nel versamento del fondo spese al professionista delegato, giustificava l'ordinanza di improseguibilità della procedura adottata dal giudice dell'esecuzione (25 luglio 2013); pertanto, la sentenza del Tribunale di Catania va cassata.

Osservazioni

A noi pare, in linea con la dottrina più attenta, che la vendita costituisca un atto del processo esecutivo sollecitato dal creditore procedente; pertanto, le spese indispensabili al suo esperimento vanno da questi anticipate ex art. 8, d.P.R. 115/2002. Siffatto onere deriva, a ben guardare, non solo dalla stringente connessione con quello di chiedere la vendita, ma direttamente dall'art. 631-bis, c.p.c., per il quale è causa di estinzione il difetto di pubblicità per causa imputabile al creditore.

Analogamente, l'estinzione deve essere pronunciata quando il creditore non abbia anticipato le spese occorrenti alla pubblicità aggiuntiva, quella cioè da espletarsi sui quotidiani locali o nazionali; a causa del provvedimento del giudice, anche questa pubblicità assurge a condizione di validità della vendita, come previsto per quella da effettuare sul Portale delle vendite (Cass. civ., 7 maggio 2015, n. 9255).

Tale impostazione ci permette di raggiungere un primo, ma non per questo trascurabile, punto fermo. Laddove nonostante la scadenza del termine, il creditore abbia pagato le spese in modo da consentire l'attuazione della dovuta pubblicità, la disciplina dell'estinzione consente la prosecuzione del processo. Tant'è che – ove nessuna delle parti la eccepisca – il g.e. non è tenuto al rilievo d'ufficio senza alcuna conseguenza sul procedimento, atteso il limite della «prima udienza successiva al suo verificarsi» (art. 630, comma 2, c.p.c.).

Conclusioni diverse ci sembra vadano raggiunte per la mancata anticipazione delle spese per la custodia o la conservazione del bene pignorato, trattandosi - in questo specifico caso - di spese che incidono sul valore del bene e, talvolta, sulla commerciabilità dello stesso. In queste peculiari fattispecie, il g.e. dovrebbe, dunque, limitarsi a verificare se l'omessa anticipazione delle spese di conservazione/custodia determini l'infruttuosità dell'espropriazione. Ove sussista tale ipotesi, egli è tenuto ad ordinare la chiusura anticipata ex art. 164-bis c.p.c.; in caso contrario il g.e. dispone la vendita per un prezzo congruo rispetto al valore attuale ed effettivo del bene. Sul punto v. però la precedente e contraria interpretazione raggiunta dalla Corte e richiamata dalla sentenza in commento (Cass. civ., 22 giugno 2016, n. 12877), per cui il creditore ha l'onere di anticipare le spese necessarie al mantenimento in esistenza del bene pignorato, eccezion fatta per quelle di manutenzione ordinaria e straordinaria e delle spese condominiali. Ciò in quanto quelle «necessarie al mantenimento in esistenza del bene pignorato» andrebbero assimilate alle spese «per gli atti necessari al processo» che, ai sensi dell'art 8 del d.P.R. 115/2002, il g.e. può porre in via di anticipazione a carico del creditore procedente. A noi pare che il potere del giudice di porre a carico di una delle parti l'onere di anticipare le spese, ex art. 8 surrichiamato, non sia esente da limiti (altrimenti sarebbe violata la riserva di legge in materia di giurisdizione) dovendo esercitarsi nel rispetto del diritto di azione e di proprietà e conformemente con l'art. 23 Cost., (nessuna prestazione personale o patrimoniale può imporsi se non in forza di legge e nessuna norma obbliga il creditore insoddisfatto ad anticipare somme per riparazioni e lavori sui beni del debitore).

Riferimenti

Per queste ed altre considerazioni:

  • G. Olivieri, La chiusura atipica del processo esecutivo, in Rivista dell'esecuzione forzata, 1, 2020, 80 ss.

Si sono altresì occupati della questione:

  • D. Amadei, Spese condominiali e custodia nel pignoramento immobiliare, in Rivista dell'esecuzione forzata, 2017, 371 ss.;
  • S. Ziino, Il creditore deve sostenere le sole spese necessarie per mantenere in esistenza il bene pignorato, in www.eclegal.it , del 19 luglio 2016.

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