Osservatorio sulla Cassazione – Luglio/Agosto 2021

La Redazione
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09 Settembre 2021

Torna l'appuntamento mensile con l'Osservatorio, una selezione delle più interessanti sentenze di legittimità depositate nei mesi di Luglio e Agosto.

Impossibilità di raggiungere i ricavi ed esclusione del regime delle società di comodo

Cass. Civ. – Sez. V – 23 agosto 2021, n. 23384, ord.

In tema di società di comodo e in coerenza con la ratio antielusiva che informa l'intera disciplina sulle società non operative, la nozione di impossibilità di raggiungere i ricavi cui fa riferimento l'art. 30 l. n. 724/1994, va intesa in senso elastico, identificandosi con uno specifico fatto, non dipendente dalla scelta consapevole dell'imprenditore, che impedisca lo svolgimento dell'attività produttiva con risultati reddituali conformi agli standards minimi legali ovvero ne ritardi l'avvio oltre il primo periodo di imposta. Può costituire elemento rilevante, ai fini della sussistenza di una circostanza oggettiva idonea a superare la presunzione relativa derivante dal mancato superamento del test di operatività, il fatto che l'attività economica non sia stata posta in essere a causa della impossibilità di utilizzare un immobile per lo svolgimento dell'attività, a causa della protrazione dei lavori di realizzazione o di ritardi nel rilascio delle necessarie autorizzazioni, qualora il contribuente dimostri che le ragioni della protrazione o del ritardo non siano dipesi da un proprio comportamento, ma da ragioni estranee alla propria volontà.

Accantonamenti per TFM degli amministratori deducibili solo se preventivamente deliberati

Cass. Civ. – Sez. V – 12 agosto 2021, n. 22760, ord.

Gli accantonamenti effettuati da una società in favore dei propri amministratori, relativi al trattamento di fine rapporto, sono deducibili quali componenti negativi solo se il diritto all'indennità risulta da atto di data certa anteriore all'inizio del rapporto: si ritiene necessaria la preventiva formazione del verbale assembleare di nomina degli amministratori e la successiva accettazione da parte di costoro ovvero, in alternativa, una preventiva comunicazione sociale al singolo amministratore, avente data certa e contenente l'indicazione della volontà assembleare di nominare il destinatario della missiva come componente dell'organo di gestione, riconoscendogli il diritto al trattamento di fine mandato.

Fallimento di società di persone e decorso del termine annuale per dichiarare il fallimento del socio

Cass. Civ. – Sez. I – 11 agosto 2021, n. 22661, sent.

Il fallimento di una società di persone, avente quale effetto lo scioglimento della società, non comporta anche la sua estinzione, che si verifica invece quale conseguenza della cancellazione della società dal registro delle imprese dopo l'approvazione del bilancio finale di liquidazione. Pertanto, il rapporto sociale fra la società e il suo socio, anche di fatto, non si estingue, con la conseguenza che il termine annuale previsto dall'art. 147, comma 2, l.fall., oltre il quale il socio non può più essere dichiarato fallito in conseguenza della dichiarazione di fallimento della società, decorre solo dall'iscrizione nel registro delle imprese dei fatti determinanti la perdita della qualità di socio illimitatamente responsabile e non dall'eventuale cessazione dell'attività d'impresa.

Abuso di informazioni privilegiate: sanzionabile anche l'insider di se stesso

Cass. Pen. – Sez. V – 11 agosto 2021, n. 31507, sent.

Risponde del reato di abuso di informazioni privilegiate anche l'insider di se stesso, quando l'informazione sfruttata non coincide genericamente con un mero proposito dell'agente, ma ha ad oggetto un insieme di circostanze quantomeno di ragionevole verificazione e sufficientemente specifiche da poter influire sui prezzi dei valori oggetto dell'attività negoziale dell'autore: ciò che rileva, infatti, non è lo sfruttamento di una mera decisione interna, ma una condotta che, rispetto ad un progetto ormai ragionevolmente prevedibile come destinato ad essere attuato, mira ad alterare la condizione di parità degli investitori, consentendo di conseguire prezzi di acquisto non altrimenti più ottenibili. È del tutto ragionevole che non sia configurato un "abuso" di informazioni privilegiate quando la condotta rappresenti la mera attuazione di una decisione economica dell'operatore, ossia quando venga in rilievo la realizzazione della preliminare decisione di acquisizione o la cessione di strumenti finanziari, ma altro è la decisione di procedere ad un'OPA, altro è il rastrellamento - operato con le caratteristiche sopra ricordate - dei titoli, una volta assunta la decisione menzionata e iniziate le trattative per definirne le modalità operative e prima che essa divenisse di pubblico dominio, provocando le indicate alterazioni del corso dei titoli, al fine di lucrare il differenziale di prezzo.

S.a.s: il criterio temporale rilevante per la liquidazione della quota del socio escluso

Cass. Civ. – Sez. VI-1 – 5 agosto 2021, n. 22346, ord.

In tema di esclusione del socio di una società di persone, il diritto di credito del socio corrisponde al valore della quota in base alla situazione patrimoniale esistente al momento in cui il relativo rapporto viene a cessare, essendo irrilevanti le successive vicende societarie. Dal giorno stesso in cui si verifica lo scioglimento del rapporto, infatti, l'ex socio non partecipa più all'impresa societaria e agli affari della stessa, con la conseguenza che lo stesso non ha più titolo né per lucrare guadagni, né per sopportare perdite.

È riciclaggio l'utilizzo dei fidi indebitamente concessi dalla banca

Cass. Pen. – Sez. II – 3 agosto 2021, n. 30304, sent.

È configurabile il reato di appropriazione indebita nel caso in cui il dipendente dell'istituto bancario, assumendo arbitrariamente i poteri dell'organo di amministrazione competente ad autorizzare il superamento dei limiti del fido o della provvista del conto corrente di corrispondenza, abbia concesso un fido al cliente violando, in collusione con lo stesso, le norme sugli affidamenti stabilite dagli istituti in modo da realizzare sostanzialmente un'arbitraria disposizione di beni della banca a profitto di terzi. La successiva movimentazione delle somme frutto di appropriazione indebita può certamente configurare la fattispecie di riciclaggio.

La società incorporata si estingue con la fusione e non è legittimata a instaurare un giudizio

Cass. Civ. – Sez. Unite – 30 luglio 2021, n. 21970, sent.

La fusione per incorporazione estingue la società incorporata, la quale non può dunque iniziare un giudizio in persona del suo ex amministratore, avendo facoltà della società incorporante di spiegare intervento in corso di causa, ai sensi dell'art. 105 c.p.c., nel rispetto delle regole che lo disciplinano.

Società cancellata, ma l'azione di responsabilità prosegue

Cass. Civ. – Sez. I – 23 luglio 2021, n. 21241, sent.

La cancellazione d'ufficio di una società dal registro delle imprese, per mancato deposito dei bilanci, ex art. 2490 c.c., non estingue l'azione di responsabilità già instaurata ex art. 2476 c.c., ma rende i soci uniche parti del giudizio, sia in proprio, sia quali successori a titolo universale della società, verificandosi la successione dei soci nei crediti sociali, ivi compreso il diritto al risarcimento del danno ex art. 2476 c.c.,

Ferma l'estinzione della società, a norma dell'art. 2495 c.c., il credito controverso, esistente al momento della cancellazione, non può ritenersi automaticamente rinunciato, dal momento che la regola è la successione in favore dei soci dei residui attivi, mentre la non sopravvivenza delle "mere pretese" è l'eccezione.

Impugnazione della delibera di approvazione del bilancio: l'interesse ad agire del socio è ampio

Cass. Civ. – Sez. I – 23 luglio 2021, n. 21238, ord.

L'interesse ad agire del socio per l'impugnazione delle delibere di approvazione del bilancio, ex art. 2379 c.c., non deve essere circoscritto alla mera aspettativa di un più favorevole risultato economico dell'esercizio cui il bilancio si riferisce, potendo attenere anche soltanto alla corretta informazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'impresa. Né la perdita di capitale sociale né l'azzeramento del valore economico della singola partecipazione valgono ad escludere il diritto del socio ad una chiara, corretta e veritiera rappresentazione di bilancio.

La rinuncia al compenso dell'amministratore deve risultare in modo espresso

Cass. Civ. – Sez. Lav. – 23 luglio 2021, n. 21172, ord.

La rinuncia al compenso da parte dell'amministratore può trovare espressione in un comportamento concludente del titolare che riveli in modo univoco una sua volontà dismissiva del relativo diritto; a tal fine è pertanto necessario che l'atto abdicativo si desuma non dalla semplice mancata richiesta dell'emolumento, quali che ne siano le motivazioni, ma da circostanze esteriori che conferiscano un preciso significato negoziale al contegno tenuto.

Fallimento in estensione del socio accomandatario e termini per l'impugnazione

Cass. Civ. – Sez. I – 19 luglio 2021, n. 20615, ord.

L'impugnazione autonoma della dichiarazione del proprio fallimento, da parte del socio illimitatamente responsabile, è circoscritta ai relativi presupposti, quali la sussistenza del vincolo sociale e la responsabilità illimitata - attuali o non cessati da oltre un anno -, l'inerenza all'insolvenza finale (anche solo in parte) dei debiti esistenti alla cessazione della predetta responsabilità, senza che l'oggetto del giudizio possa estendersi ai presupposti del fallimento sociale; la relativa e già emessa dichiarazione, ben può infatti dal medesimo socio, che non sia stato dichiarato fallito unitamente alla società, essere comunque impugnata alla stregua di soggetto interessato, dunque nei diversi termini di decorrenza, cioè dalla iscrizione nel registro delle imprese, secondo il sistema previsto per i terzi dagli artt. 17 e 18 l.fall.

Cessione di quote: alle Sez. Specializzate il decreto ingiuntivo per il pagamento

Cass. Civ. – Sez. VI – 16 luglio 2021, n. 20365, ord.

Una volta intervenuta la cessione di partecipazioni sociali, il diritto del cedente al pagamento del prezzo costituisce un diritto inerente al relativo atto e la relativa controversia è riconducibile alla competenza per materia della sezione specializzata in materia d'impresa, ai sensi dell'art. 3, comma 2, lett. b) d.lgs. n. 168/2003. Tale norma, infatti, allude anche ai diritti conseguenti agli atti di trasferimento delle partecipazioni sociali e da ogni altro negozio che le abbia ad oggetto, per cui la competenza della sezione specializzata in materia d'impresa sussiste tutte le volte in cui la controversia abbia ad oggetto non solo la validità e l'efficacia dell'atto di cessione della partecipazione sociale (ovvero i diritti sociali ad essa inerenti) ma anche il credito del venditore della partecipazione societaria al pagamento del relativo prezzo. Una volta intervenuta la cessione di partecipazioni sociali, il diritto del cedente al pagamento del prezzo lì convenuto costituisce un diritto inerente al relativo atto e che la controversia ad esso relativa è senz'altro riconducibile alla competenza per materia della sezione specializzata in materia d'impresa.

Intermediari in conflitto di interessi: il principio del disclore or abstain

Cass. Civ. – Sez. I – 15 luglio 2021, n. 20251, sent.

L'intermediario che intenda promuovere la conclusione di un'operazione in conflitto di interessi deve informarne previamente il cliente: l'operazione posta in essere dall'intermediario in una situazione di conflitto di interessi del quale egli non abbia previamente informato l'investitore e rispetto al compimento della quale, sia pure nella vista forma del consenso tacito, egli non sia stato perciò autorizzato, qualora si riveli pregiudizievole, è fonte di indubbia responsabilità dell'intermediario, dato che solo l'adesione ad essa dell'investitore recide il nesso di causalità altrimenti sussistente tra la violazione dello specifico obbligo informativo a cui è tenuto l'intermediario nel dar corso ad un'operazione in conflitto di interessi e il danno che ne patisce l'investitore.

Quantificazione del danno in caso di abuso della maggioranza nell'aumento di capitale

Cass. Civ. – Sez. I – 2 luglio 2021, n. 18770, sent.

In materia societaria, in caso di illecito consistente nell'abuso di maggioranza, concretatosi in un aumento del capitale sociale non sottoscrivibile dal socio di minoranza per il suo preesistente stato di impotenza finanziaria, il danno risarcibile si produce, prima dell'alienazione dei titoli ad un terzo a prezzo inferiore al loro valore reale, nel momento e per effetto della deliberazione di aumento del capitale sociale, in conseguenza della sostanziale svalutazione del valore delle partecipazioni societarie dal medesimo detenute, derivante dall'aumento di capitale sociale deliberato dalla maggioranza.