La composizione negoziata: trattative e gruppo di imprese

13 Settembre 2021

Nel rinviare l'entrata in vigore del “nuovo” Codice della Crisi , con il D.L. n. 118/2021, il legislatore ha introdotto alcune innovazioni nell'attuale impianto della legge fallimentare, in particolare istituendo una forma di composizione negoziata della crisi, basata su trattative sostanzialmente negoziali tra il debitore ed i suoi creditori, seppure sotto l'egida di una figura di esperto che anticipa alcune funzioni dei futuri OCRI. L'accesso a questo nuovo mezzo di soluzione della crisi per la prima volta - così confermando una volontà chiaramente espressa negli artt. 284 ss. CCI - viene aperto ai gruppi di società che potranno utilizzarlo in forma unitaria, pur se ancora con molti limiti legati ai possibili sbocchi concorsuali del procedimento compositivo.
Il quadro normativo: il rinvio dell'entrata in vigore del codice della crisi e dell'insolvenza

Come è noto, la Riforma concorsuale delineata dalla L. 19 ottobre 2017, n. 155 (Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza, pubblicata in G.U. il 30 ottobre 2017) ha trovato attuazione solo con il D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (denominato appunto “Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza”), che peraltro non ha ancora potuto spiegare i suoi effetti innovativi e svolgere la sua funzione, che dovrebbe essere quella di regolamentare in modo organico tutte le fattispecie di crisi, comprese quelle dei soggetti non imprenditori.

Ed invero, l'entrata in vigore di buona parte delle disposizioni del nuovo Codice - ad eccezione di talune norme di immediata applicazione, tra le quali spicca l'art. 2086 c.c. in tema di “assetti adeguati” imposti all'imprenditore collettivo - è stata dapprima differita (nell'ambito della legislazione d'urgenza per la situazione pandemica, con il D.L. 8 aprile 2020, n. 23, convertito con modificazioni in L. 5 giugno 2020, n. 40) al 1° settembre 2021 ed indi - dopo che è stata costituita con decreto del 23 aprile 2021 una apposita Commissione incaricata di revisionare il testo normativo (anche per armonizzarlo con le previsioni della Direttiva Europea n. 1023 del 30 giugno 2019) - con il D.L. 24 agosto 2021, n. 118, l'entrata in vigore del Codice è stata rinviata al 16 maggio 2022 ed addirittura la vigenza del Titolo secondo in tema di procedure di allerta e strumenti di composizione della crisi sino al 31 dicembre 2023 (pare si tratti, però, dell'ultimo rinvio, poiché la Relazione Illustrativa al D.L. si premura di precisare che il Codice della Crisi dovrà entrare in vigore prima della scadenza - prorogata a luglio 2022 - del termine per il recepimento della Direttiva 1023/2019, incompatibile con l'attuale legge fallimentare).

Il nuovo decreto, peraltro, non si limita a rinviare l'entrata in vigore del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, ma ne anticipa alcune previsioni (quali la convenzione di moratoria) - inserite a mo' di letto di Procuste nell'ambito della attuale legge fallimentare, nella quale avevano già trovato cittadinanza alcuni spunti innovativi legati alla situazione emergenziale pandemica - ed introduce anche una nuova modalità di trattamento preventivo della crisi: la composizione negoziata.

L'introduzione del nuovo istituto della composizione negoziata

La modifica con vigenza immediata apportata, come si accennava, all'art. 2086 c.c. già implicava l'operatività dell'“allerta interna”.

Si potrebbe, in tal senso, opinare che il nuovo istituto della composizione negoziata risponda all'esigenza di fornire all'impresa in crisi, che correttamente percepisca la propria crisi imminente, un primo mezzo “soft” per affrontarla, anche se si potrebbe anzitutto dubitare che quella introdotta dal D.L. n. 118/2021 sia definibile come vera e propria procedura concorsuale (in senso negativo, tra i primi commenti: S. Ambrosini, La nuova composizione negoziata della crisi: caratteri e presupposti, in Ilcaso.it, 2021), posto che la negoziazione si svolge di fronte ad un organismo indipendente - che per certi versi ricorda, più che il Commissario Giudiziale, la figura del “pre-Commissario” nominato nella fase “prenotativa” del concordato con riserva - e senza una fase giurisdizionale.

Pur essendo previsto l'intervento del tribunale (per autorizzare il compimento di taluni atti, per la definizione di modifiche non consensuali ai contratti e soprattutto per la concessione di una tutela protettiva), si tratta tuttavia di un controllo che non incide sullo sviluppo del tentativo di soluzione e che, soprattutto, si inserisce in un procedimento il cui esito non solo non viene sancito da un provvedimento che lo definisce, ma che può avere come sbocco soluzioni come un piano di risanamento ai sensi dell'art. 67 l.fall., che pacificamente non possono definirsi propriamente come procedure concorsuali e che comunque postulano un esito di risanamento.

Sotto tale profilo, quindi, la nuova procedura di composizione negoziata parrebbe appunto destinata più che altro a prevenire la crisi e per certo dovrebbe avere solo funzione di risanamento e non liquidatoria (anche se sono consentiti trasferimenti aziendali nell'ottica della “continuità indiretta”); tale vocazione parrebbe, in effetti, coerente con la scelta di un mezzo così marcatamente negoziale ed informale per risolvere una situazione di difficoltà che si potrebbe ritenere ancora solo ai suoi albori.

Tuttavia, dalla mera lettura dell'art. 2 D.L. n. 118/2021 si evince chiaramente che la possibilità di accedere alla nuova procedura è prevista anche in relazione alla probabilità di insolvenza e tra i dati che l'art. 5 prevede di comunicare per l'accesso alla procedura vi è anche (lett. d) la pendenza di ricorsi per la dichiarazione di fallimento; in tal senso, alla procedura parrebbe possano accedere non solo imprese in crisi, ma anche indistintamente imprese insolventi.

In realtà, poi, pare intuitivo che la soluzione meramente compositiva prevista dal D.L. n. 118/2021 mal si attagli ad una situazione che postula l'avvio di una procedura concorsuale canonica: ciò potrebbe comportare il rischio di un utilizzo dilatorio (o “abusivo” secondo un principio elaborato dalla più recente giurisprudenza: v. per tutte Cass., Sez. I, 23 novembre 2020, n. 26568, in Fallim., 2021, 1096 con nota di V. Zanichelli, Abuso del concordato per richiesta abusiva di autorizzazione ex art. 169 bis e ammissibilità dello scrutinio della Cassazione) del nuovo strumento compositivo con l'avvio di trattative velleitarie che condurrebbero evidentemente poi ad una relazione negativa dell'esperto, ma che comporterebbero un differimento dell'evento concorsuale in assenza, oltretutto, di disposizioni a tutela della par condicio (ad esempio con riguardo al computo dei termini a ritroso per l'esercizio di azioni revocatorie, in contrasto con gli spunti traibili dall'art. 166 del Codice della Crisi, che ne anticipa il decorso al momento del deposito della domanda di avvio della liquidazione giudiziale).

In particolare: la fase della trattativa

Si potrebbe dire che la fase di trattativa inizia con la convocazione dell'imprenditore avanti alla nuova figura dell'esperto, organo nominato da una commissione costituita presso le Camere di Commercio, in analogia con quanto previsto per gli OCRI dal titolo II del Codice della Crisi di (incerta) futura entrata in vigore. L'audizione del debitore e l'esame della documentazione da questi prodotta riveste una funzione prodromica di “convincimento” dell'esperto in merito alla effettiva esistenza di prospettive di risanamento, la cui concretezza costituisce il presupposto perché si apra il dialogo con le altre parti interessate.

Per altro verso, stando a quanto prescrive lart. 2 D.L. n. 118/2021, l'esperto si limita ad “agevolare” le trattative, espressione che fa pensare ad un ruolo super partes equidistante tra l'imprenditore ed i suoi creditori (imparziale ed indipendente, per citare il successivo art. 4)

Alla trattativa, tuttavia, non partecipano solo i creditori - ed anzi per talune categorie è stato imposto opportunamente un vero e proprio obbligo di interlocuzione, laddove l'art. 4 prevede che “Le banche e gli intermediari finanziari, i loro mandatari e i cessionari dei loro crediti sono tenuti a partecipare alle trattative in modo attivo e informato” (e ciò ad evitare l'atteggiamento apatico che spesso rende difficile gestire i crediti bancari, spesso “cartolarizzati” in capo a società disinteressate ad un dialogo) -, ma anche “altri soggetti interessati”, i quali dovrebbero identificarsi con coloro che vengono definiti con l'espressione stakeholders,che comprende sicuramente i lavoratori (soprattutto perché potrebbero essere coinvolti in operazioni di trasferimenti aziendali, ipotizzati dal secondo comma dell'art. 2 D.L. n. 118/2021), ma anche i soci e, nel caso di cui ci occupiamo della procedura di gruppo, i referenti di tutte le imprese coinvolte (che potrebbero anche non essere formalmente nella situazione di “crisi probabile” come definita dal primo comma dell'art. 2 D.L. n. 118/2021).

Non è chiaro, peraltro, quale sia il ruolo dei soggetti interessati, se cioè possano in qualche modo opporsi all'evolversi delle trattative o pretendere l'inserimento di determinate pattuizioni: i dipendenti saranno per certo tutelati dalla necessità di accordi sindacali nel caso di accordi compositivi che prevedano trasferimenti aziendali o più in generale sacrifici a carico dei lavoratori, secondo quanto previsto all'art. 4 D.L. n. 118/2021; le controparti negoziali troveranno tutela nella prosecuzione dei contratti pendenti e nella necessità del loro assenso ovvero nella previsione dell'art. 10 ai fini di una rimodulazione degli accordi necessitata dall'emergenza Covid-19; per gli altri soggetti, ed in particolare per i soci, è difficile comprendere quale possa esserne il ruolo, se cioè la partecipazione alle trattative possa essere unicamente informativa o se abbiano facoltà di interloquire fattivamente: forse l'unico sbocco per eventuali dissensi sarà la sollecitazione dell'esperto affinchè questi se ne faccia portatore (anche se la normativa non pare attribuire all'esperto un generale sindacato di convenienza, ma solo di verificare se la soluzione negoziata sia fattibile) o più propriamente i rimedi tipici impugnatori.

Nella fase della trattativa la gestione dell'impresa permane in capo al debitore, salva la necessità di informare l'esperto in merito ad atti di straordinaria amministrazione sui quali questo potrà esprimere il proprio dissenso e con la possibilità che nell'ambito della procedura si inserisca la richiesta di misure protettive, le quali hanno lo scopo di evitare iniziative che potrebbero ostacolare una prosecuzione regolare dell'attività, che è garantita anche dall'imposizione del mantenimento dei contratti (laddove l'art. 6 impedisce in sostanza l'eccezione di inadempimento) e degli affidamenti bancari (l'art. 4 prevede, infatti, che “l'accesso alla composizione negoziata della crisi non costituisce di per sè causa di revoca degli affidamenti bancari concessi all'imprenditore”).

Grande rilevanza viene attribuita dal legislatore al momento informativo, sia prevedendo all'art 3 una sorta di check-list sulla documentazione che il debitore deve apprestare a beneficio dei creditori, sia imponendo un preciso obbligo di fedele e compiuta rappresentazione dei dati necessari per valutare le proposte dell'impresa in crisi, laddove la compiuta informativa dei soggetti interessati viene garantita in modo innovativo con lo strumento telematico del deposito dei documenti in una piattaforma informatica.

Nell'ambito delle trattative potranno anche essere rinegoziati i termini dei contratti pendenti – e non solo in forma consensuale, ma anche con l'intervento autoritativo del Tribunale in caso di mancanza di accordo (previsione che un poco stona in un contesto negoziato in cui mancherebbe il presupposto per una imposizione giudiziale che superi la volontà delle parti) – e tale previsione richiama per certi versi il contenuto dell'attuale art. 169 l.fall. Si tratta, in ogni caso, di una previsione eccezionale, in quanto limitata alla perequazione dei soli contratti che siano divenuti troppo onerosi per situazioni legate all'attuale situazione emergenziale conseguente alla pandemia.

Tuttavia, il legislatore non si è premurato di definire precipuamente il contenuto delle trattative, preoccupandosi unicamente di disciplinarne le regole formali e l'esito finale, ma lasciando la massima libertà alle parti e soprattutto all'impresa in crisi (in seno a quella che non a torto S. Pacchi, Le misure urgenti in materia di crisi d'impresa e di risanamento aziendale (ovvero: i cambi di cultura sono sempre difficili), in Ilcaso.it, 2021 definisce una sorta di allerta “autogestita” particolarmente adatta per le PMI): dall'art. 11 lett. a) D.L. N. 118/2021 – che disciplina una delle modalità di chiusura positiva della negoziazione – si evince che le trattative potranno anche solo riguardare alcuni creditori, se ed in quanto tali definizioni parziali siano idonee e sufficienti per giungere ad una soluzione della crisi che, pervero, viene individuata anche solo nel mantenimento della continuità aziendale in una prospettiva temporale almeno biennale (sotto questo profilo, il nuovo istituto richiama alla mente la “provvisorietà” dell'ormai dimenticata amministrazione controllata), scelta che lascia un po' perplessi, posto che non sempre la possibilità di proseguire l'attività si coniuga con la soluzione di una crisi. Dall'art. 2 si evince, d'altro canto, che la soluzione della crisi potrebbe anche passare per accordi finalizzati al trasferimento di rami di azienda e qui vien da chiedersi se tale opzione non avvicini molto il procedimento negoziato ad una soluzione liquidatoria, anche se i recenti arresti giurisprudenziali (per tutte: Cass., Sez.I, 15gennaio 2020, n. 734) e l'interpretazione autentica che si evince dall'art. 84 del Codice della Crisi confermano che anche il trasferimento a terzi dell'azienda rientra in una procedura “in continuità” e dunque di risanamento non prettamente liquidatorio.

La prima “procedura concorsuale” di gruppo

Al di là del legittimo dubbio sul fatto che la composizione negoziata possa definirsi una procedura, uno degli aspetti più rilevanti del D.L. 118/2021 è quello di aver previsto l'accesso al nuovo istituto anche da parte dei gruppi di imprese in via unitaria.

Si tratta di un riconoscimento importante della necessità di apprestare - in conformità all'indirizzo del Codice della Crisi nelle quali esse sono più ampiamente sviluppate - forme concorsuali che consentano di tener conto del fenomeno – sino ad oggi mai trattato aseisticamente in sede concorsuale, se non in qualche norma speciale – del raggruppamento di imprese.

Ed invero, una delle maggiori criticità determinate dal rinvio dell'entrata in vigore del Codice della Crisi, è proprio costituita dall'impossibilità di applicare le disposizioni innovative dettate dagli artt. da 284 a 292 che consentono alle imprese che appartengono ad un gruppo la proposizione unitaria di concordati preventivi ed accordi di ristrutturazione: troppo innovative quelle disposizioni per poter essere applicate all''interno di un ordinamento in cui, a fronte di sporadiche aperture alla gestione concorsuale non atomistica delle insolvenze del gruppo, l'approccio dominante è comunque quello che impone una netta separazione delle masse attive e passive (v. per tutte Cass., Sez. I, 13 ottobre 2015, n. 20559).

Peccato che l'apertura si sia limitata all'applicazione ai gruppi della nuova composizione negoziata, senza che sia previsto alcun coordinamento (e men che meno un'anticipata applicazione) con la ben più ampia disciplina delle procedure di gruppo prevista dal Codice della Crisi: l'ipotesi di una procedura unitaria resta, pertanto, confinata appunto nel ristretto ambito specifico del nuovo istituto negoziale introdotto dal D.L. n. 118/2021.

Pervero, si deve anche riconoscere un apporto integrativo del D.L. n. 118/2021, laddove prevede quale sbocco della composizione negoziata la proposizione in via unitaria di una sorta di piano di risanamento di gruppo ai sensi dell'art. 67 terzo comma, lett. d), che si caratterizza per l'assenza dell'attestazione (evidentemente ritenuta superflua alla luce del precedente operato dell'esperto nominato): nel Codice della Crisi, invero, il termine piano attestato di gruppo è utilizzato solamente nella rubrica dell'art. 284; l'art. 56 che disciplina tale figura viene, invero, solo richiamato per stabilire il contenuto del piano o dei piani interconnessi, sicchè l'unica disposizione che confermava come il legislatore avesse ritenuto ammissibile la predisposizione di un piano attestato di gruppo era contenuta nella lett. d) del terzo comma dell'art. 166, ove si prevedeva un'esenzione da revocatoria per gli atti “posti in essere in esecuzione del piano attestato di cui all'articolo 56 o di cui all'articolo 284”. In tal senso, l'ultimo comma dell'art. 13 D.L. n. 118/2021 può essere considerato come un'utile conferma della possibilità di un piano attestato di gruppo, laddove si prevede che, all'esito della procedura di composizione della crisi, il gruppo possa adottare in via unitaria una delle soluzioni, definite genericamente nell'art. 13 come “contratti”, riconducibili ai “contratti”, “convenzioni” o “accordi” (di natura, quindi, preminentemente pattizia) previsti dal primo comma dell'art. 11, tra le quali la lett. c) contempla appunto “un accordo sottoscritto dall'imprenditore, dai creditori e dall'esperto che produce gli effetti di cui all'art. 67, comma 3, lett. d), R.D. n. 267 del 1942, senza necessità dell'attestazione prevista dal medesimo articolo 67, terzo comma, lettera d)”.

Vero è che, a complicare nuovamente l'interpretazione, il successivo terzo comma dell'art. 11 consente alle imprese in crisi - all'esito della composizione negoziata - di presentare un vero e proprio piano attestato proprio ai sensi dell'art. 67, comma 3, lett. d): se si considera che i gruppi di società possono accedere in forma unitaria solo agli istituti di cui al primo comma dell'art. 11 D.L. n. 118/2021, dalla lettura del successivo art. 13 sembra che quel piano attestato possa essere presentato solo “separatamente” dalle singole imprese. Tuttavia, considerata la natura informale e prettamente negoziale dell'istituto previsto dall'art. 67, comma 3, lett. d), si deve ritenere che l'ammessa possibilità di un piano unitario valga anche a supportare la redazione di un simile strumento ai fini della soluzione della crisi di gruppo, che tenga conto delle esigenze e delle sinergie connesse con l'appartenenza dei soggetti in crisi ad un'unica aggregazione imprenditoriale.

Segue: le disposizioni sulla composizione negoziata di gruppo

Venendo, poi, ad esaminare nel particolare la disposizione che consente ai gruppi di accedere alla composizione negoziata, si possono rilevare alcune peculiarità:

  • Come già accennavamo, l'accesso alla composizione negoziata di gruppo parrebbe estesa alle imprese del gruppo che presentino non solo situazioni di “pre-crisi”, ma anche a quelle non solo già in crisi “probabile”, ma addirittura in una fase che non potrebbe non essere definita come insolvenza; ciò accresce il rammarico per la mancata previsione della possibilità che le imprese del gruppo possano proseguire in forma unitaria il percorso così iniziato in una sede compositiva che per imprese insolventi difficilmente porterebbe a soluzioni diverse rispetto ad una vera e propria procedura concorsuale, proponibile solo atomisticamente;
  • Il gruppo viene individuato - seguendo in parte le linee del Codice della Crisi - come aggregazione di società, imprese ed enti (esclusi lo stato e gli enti territoriali) soggetti a direzione e coordinamento e, dunque, non è limitato al fenomeno del controllo societario, bensì si estende anche a tutte le imprese, senza però ricomprendere le persone fisiche non imprenditori: queste potranno assumere una rilevanza come soggetto apicale che esercita la direzione, ma dalla lettera della disposizione non pare rientrino nel novero dei soggetti ai quali è consentito l'accesso alla procedura compositiva;
  • Sotto il profilo soggettivo, il sesto comma dell'art. 13 propone una novità rispetto al Codice della Crisi: una delle perplessità suscitate da questa normativa, infatti, riguarda la limitazione all'accesso alle procedure di gruppo, riservata alle sole imprese in crisi, che impedisce di strutturare un piano che coinvolga sinergicamente anche imprese in bonis (le quali possono evidentemente “partecipare” al piano apportando finanziamenti o garanzie, ma non ne sono parte); viceversa, il D.L. n. 118/2021 consente che partecipino alle trattative anche le imprese del gruppo che non si trovano nella situazione di “pre-crisi” prevista dal primo comma dell'art. 2, anche se non è chiaro se poi le medesime possano essere parte degli accordi conclusivi (v'è da dire che l'ampliamento dell'ambito del presupposto per l'accesso alla composizione negoziata a situazioni prodromiche alla crisi dovrebbe consentire di estendere l'efficacia preventiva del nuovo istituto, includendo con ruolo attivo tutte le imprese del gruppo “toccate“ dalla crisi di quelle maggiormente in difficoltà);
  • L'accesso alla procedura negoziata è consentito solo alle imprese interne, ma si osserva come, in difetto di specificazione, si potrebbe teorizzare un'apertura alla mera partecipazione “esterna” anche alle imprese che non abbiano sede nel territorio dello stato (in tal senso, L. Panzani, Il D.L. “Pagni” ovvero la lezione (positiva) del Covid, in Dir.Crisi, 2021); considerato il tenore dell'art. 17 D.L. 118/2021, si potrebbe ritenere che - diversamente da quanto avverrà nelle altre procedure - possano rientrare nel piano per la composizione negoziata di gruppo anche imprese “sotto soglia”, oltre che gli imprenditori agricoli (che, del resto, a norma dell'art. 57 CCI, avrebbero accesso agli accordi di ristrutturazione);
  • A garantire la trasparenza, il quarto comma dell'art. 13 riprende in sintesi le prescrizioni contenute (pervero in modo anche ridondante) negli artt. 284 e 289 CCI, sotto il profilo dei precipui obblighi informativi che devono essere assolti nel chiedere la composizione negoziata di gruppo e che consistono nel fornire informazioni analitiche sulla struttura del gruppo e sui rapporti partecipativi e negoziali sottostanti, oltre alla precisazione circa i registri presso i quali sia stata effettuata la pubblicità prescritta dall'art. 2497bis c.c.; come nelle norme del futuro Codice della Crisi, il deposito del bilancio consolidato è previsto solo se questo sia stato redatto;
  • L'unicità di procedura comporta che per gestire la composizione negoziata di gruppo venga nominato un unico esperto e che questi svolga le trattative congiuntamente per il gruppo, salvo che l'impossibilità di tale trattazione unitaria comporti la necessità di trattative su singole imprese; non solo, ma anche qualora le imprese di un gruppo presentino domande di composizione separate, sono proprio gli esperti che possono richiedere la trattazione congiunta, nel qual caso la procedura viene “raggruppata” sotto l'egida dell'esperto designato tra quelli nominati o, in caso di mancata designazione, da quello incaricato per la prima procedura (criterio un po' sbrigativo che può comportare che la procedura sia gestita anche dall'esperto designato per un'impresa che svolge un ruolo marginale nel gruppo);
  • L'art. 13 contiene la previsione di finanziamenti interni al gruppo che anticipa in parte il secondo comma dell'art. 285 CCI (“Il piano o i piani concordatari possono altresì prevedere operazioni contrattuali e riorganizzative, inclusi i trasferimenti di risorse infragruppo, purché un professionista indipendente attesti che dette operazioni sono necessarie ai fini della continuità aziendale per le imprese per le quali essa è prevista nel piano e coerenti con l'obiettivo del miglior soddisfacimento dei creditori di tutte le imprese del gruppo”), laddove sono ammessi e non incorrono nella sanzione della postergazione di cui agli artt. 2467 e 2497quinquies c.c. - a condizione che “l'imprenditore abbia informato preventivamente l'esperto ai sensi dell'art. 9, comma 2, e che l'esperto, dopo avere segnalato che l'operazione può arrecare pregiudizio ai creditori, non abbia iscritto il proprio dissenso ai sensi dell'art. 9, comma 4” - finanziamenti intra-gruppo; alla stessa fattispecie si deve ritenere si riferisca anche la lett. c) dell'art. 10 D.L. n. 118/2021, che disciplina la prededucibilità dei finanziamenti a supporto degli accordi di composizione negoziata; poiché le precedenti lett. a) e b) già consentono i finanziamenti prededucibili di terzi e dei soci alle singole imprese, si deve ritenere che la lett. c) faccia riferimento implicito proprio ai finanziamenti previsti dal successivo nono comma dell'art. 13 che, dunque, assumono il rango prededucibile senza alcuna limitazione (nel Codice della Crisi, a norma dell'art. 102, i finanziamenti dei soci al concordato sono prededotti solo nei limiti dell'ottanta per cento).
Criticità nel raccordo tra l'esito della composizione e gli altri istituti concorsuali

Purtroppo, come si diceva poc'anzi, il legislatore ha limitato l'impatto innovativo della norma per quel che concerne le procedure diverse dalla composizione negoziata: ed invero, all'esito di tale tentativo è prevista una disciplina diversificata di possibili sbocchi:

• Qualora si profili una soluzione negoziale quale un piano di risanamento non attestato redatto a cura (rectius, con l'intervento) dell'esperto o la stipula di una convenzione di moratoria secondo il disposto del nuovo art. 182 octies l.fall., allora le imprese del gruppo potranno ricercare una soluzione unitaria. Si deve, peraltro, precisare che, al di là del supporto interpretativo in merito alla configurabilità di un piano attestato di gruppo di cui si è detto, neppure il nuovo D.L. ne disciplina specificamente i contenuti, che saranno, dunque, lasciati alla libertà di forme a disposizione dei proponenti, con l'unico vincolo del perseguimento dell'obiettivo del risanamento, il che non impedisce, tuttavia, di ipotizzare - anche in virtù di una lettura sistematica coordinata con la lett. a) del primo comma dell'art. 11 D.L. n. 118/2021 - di realizzare il piano grazie ad accordi privati con i creditori per la “sistemazione” (mediante stralci e dilazioni) dell'esposizione debitoria;

• Se, invece, le imprese del gruppo debbano optare per la proposizione di procedure formali (come il concordato preventivo o gli accordi di ristrutturazione, cui si aggiunge (con una certa contraddizione già segnalata), anche il deposito di un piano attestato redatto secondo la disciplina già vigente e quindi diverso da quello previsto dal primo comma, allora sarà necessaria una scissione tra le posizioni delle imprese del gruppo, che potranno promuovere tale procedura solo separatamente (situazione dettata dalla mancata entrata in vigore dei nuovi istituti di gruppo previsti dal Codice della Crisi e che quindi dovrebbe essere corretta quando quest'ultimo sarà finalmente vigente).

Non v'è dubbio che tale scelta risulti penalizzante per i gruppi di società, privati della possibilità di enfatizzare nell'ambito di una procedura che consegue ad un tentativo di composizione unitaria i benefici e le sinergie derivanti dalla trattazione aggregata della crisi.

Ad esempio, alla luce del limitato campo di applicazione dell'art. 13 D.L. n. 118/2021 - che non richiama le procedure indicate nel secondo comma dell'art. 11 tra quelle utilizzabili dalle imprese del gruppo in forma unitaria all'esito della composizione negoziata ed anzi prevede espressamente l'avvio di procedure separate - al momento non pare possibile ipotizzare che si possa applicare direttamente ai gruppi la disciplina del nuovo art. 182 novies l.fall. che consente di avviare una procedura concordataria semplificata.

Anche nell'ambito delle soluzioni “di gruppo” consentite, poi, il coordinamento tra l'ultimo comma dell'art. 13 e l'art. 11 non è chiarissimo: ci si chiede, infatti, se la stipula unitaria dei “contratti” comporti che gli sbocchi negoziali di cui all'art. 11 debbano riguardare tutte le imprese del gruppo (ed in tal caso, ad esempio, se la salvaguardia biennale della continuità aziendale debba riguardare tutte le imprese coinvolte) o se, viceversa, in mancanza di una soluzione contrattuale per alcune realtà, si possano applicare gli istituti previsti dal primo comma dell'art. 11 con efficacia ristretta alle imprese per le quali siano raggiunti gli accordi, abbandonando quelle per le quali l'esito fosse negativo al destino di una procedura concorsuale avviata separatamente.

Evidentemente, infine - considerato quanto or ora si osservava sui limiti connessi con l'assenza, sino a che non entrerà in vigore effettivamente il codice della Crisi (che consentirà l'avvio di procedure di liquidazione giudiziale di gruppo, nonché quantomeno un coordinamento di quelle eventuali procedure che si dovessero aprire in forma autonoma), di una disciplina concorsuale di gruppo, nel D.L. n. 118/2021 - non poteva trovare spazio (tant'è che non è neppure accennata) la possibilità di una influenza del fenomeno del gruppo sulla disciplina del fallimento che resta a tutti gli effetti procedura individuale.

In conclusione

Letto nel suo complesso, il recente D.L. pare forse più convincente nelle aspirazioni che nel suo contenuto: sicuramente l'introduzione della composizione negoziata e l'anticipazione dell'entrata in vigore di istituti come la convenzione di moratoria consentiranno non solo di avvicinare il sistema concorsuale alle raccomandazioni del legislatore comunitario, ma anche in concreto di verificare “sul campo” se effettivamente l'apprestare strumenti alternativi per affrontare la crisi, di natura contrattualistica e meno invasivi, sarà un incentivo (unitamente alle misure premiali) a convincere davvero l'imprenditore italico ad “allarmarsi” per tempo rispetto ai rischi di aggravamento di una crisi incipiente.

D'altro canto, però, l'aver rinviato ancora l'entrata in vigore di disposizioni innovative - e tra queste (trascurando il problema del rinvio forse sine die dell'introduzione degli istituti di allerta che sembra rispondere ad una precisa scelta) proprio la disciplina organica (pur con tutte le manchevolezze ed incertezze interpretative che presenta quella abbozzata dal Codice della Crisi) delle procedure di gruppo - impedisce di verificare sul campo la validità di tali soluzioni sicuramente più in linea con i tempi.

L'auspicio è che, preso atto della confermata volontà di dare finalmente dignità giuridica anche sotto il profilo concorsuale al fenomeno dei gruppi, il legislatore sfrutti i mesi che ci separano dall'entrata in vigore del Codice della Crisi per migliorare la disciplina delle procedure di gruppo (ad esempio, disciplinando il concordato di gruppo nella liquidazione giudiziale, inopinatamente “sparito” nel testo normativo finale, ovvero meglio individuando in concreto i contenuti dei piani attestati di gruppo a norma dell'art. 56 e fors'anche prevedendo una qualche forma di partecipazione estesa alle imprese del gruppo in bonis), anche in funzione della necessità che quella parte così “nuova” del Codice della Crisi possa effettivamente applicarsi a tutto beneficio della salvaguardia di realtà imprenditoriali complesse.

Guida all'approfondimento

Considerata la novità della materia al momento si registrano pochi commenti ed ovviamente manca una applicazione concreta in giurisprudenza; oltre ai commenti citati in narrativa, sulla disciplina dei nuovi istituti introdotti dal D.L. 118/2021 si vedano: F. Cesare, La nuova composizione negoziata della crisi e il concordato liquidatorio semplificato; D. Galletti, È arrivato il venticello della controriforma? Così è, se vi pare; A.I. Baratta, Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio. Brevi considerazioni introduttive; F. Lamanna, Nuove misure sulla crisi d'impresa del D.L. 118/2021: Penelope disfa il Codice della crisi recitando il "de profundis" per il sistema dell'allerta; D. Galletti, Breve storia di una controriforma "annunciata"; S. Morri, La composizione negoziata della crisi di cui alla bozza di decreto legge: un rapido quadro e alcune riflessioni critiche e M. Vitiello, L'enigma dell'entrata in vigore del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, tutti in questo portale, 2021.

Per un panorama della giurisprudenza in materia di tentativi di “organizzazione empirica” di procedure di gruppo nell'attuale ordinamento, che non le prevede espressamente e forse neppure le consente, si vedano le più risalenti Trib. Ivrea, 21 febbraio 1995, in Fallim., 1995, 969 e Trib. Crotone 28 maggio 1999, in Giust. Civ., 2000, I, 1533, nonchè più di recente Trib. Palermo 4 giugno 2014, in questo portale; pronunzie cui si contrappone, peraltro, il fermo diniego della Suprema Corte a difesa del principio di separazione in sede concorsuale delle masse attive e passive delle imprese che appartengono al gruppo: per tutte Cass., sez. I, 13 ottobre 2015, n. 20559 e Cass., Sez. I, 17 ottobre 2018, n. 26005.

In dottrina, sulla (ardua) configurabilità di precedure di gruppo nella vigenza dell'attuale legge fallimentare: Abete, Concordato preventivo “di gruppo”: presupposti ed opzioni alternative, in Fallim., 2018, 181; Arato, Regolazione della crisi e dell'insolvenza dei gruppi di imprese, in www. Ilcaso.it, 2018; Galardo, “Interesse di gruppo” e accordi di ristrutturazione (il caso “Gabetti”), in DF, 2011, 40; Patti, Gruppi di imprese e procedure concorsuali minori, in Fallim., 1998, 545; Poli, Ammissibilità e tecniche di proposizione del “concordato di gruppo” dopo l'intervento della S.C., in Fallim., 2016, 142; Santagata, Sulla ristrutturazione del gruppo mediante costituzione di una società in nome collettivo funzionale al concordato preventivo, in DF, 2016, II, 639.

In merito alla disciplina dettata dal Codice della Crisi di futura entrata in vigore in tema di procedure di gruppo, per tutti: L. Jeantet, Il concordato preventivo: dalla legge fallimentare al codice della crisi di impresa, Milano, 2021, 495 ss.; G. Lazoppina, Liquidazione giudiziale di gruppo e procedure di regolazione della crisi e dell'insolvenza di imprese appartenenti ad un gruppo, in questo portale, 2019; M. Miola, Crisi dei gruppi e finanziamenti infragruppo nel Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, in Riv. Soc, 2019, 306; S. Monti, La crisi e l'insolvenza dei e nei gruppi di imprese, in S. Sanzo - D. Burroni (a cura di) Il nuovo Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, Bologna, 2019, 305 ss.; L. Panzani, Il concordato di gruppo, in Fallim., 2020, 1342; G. Racugno, I gruppi di imprese nella regolazione della crisi e dell'insolvenza. Appunti, in DF, 2020, I, 1269; M. Sabbioni, Il concordato di gruppo tra prassi e Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, in GComm, 2019, II, 1036; D. Vattermoli, I gruppi nel Codice della Crisi, Pisa, 2020.

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