La nomina da parte dell'ABI garantisce l'indipendenza e la terzietà degli arbitri?

Redazione scientifica
20 Settembre 2021

In tema di arbitrato rituale, l'affidamento della nomina di componente del collegio arbitrale ad un terzo non estraneo alle parti, ovvero l'ABI, non comporta la nullità del compromesso o della clausola compromissoria, restando la posizione di terzietà ed imparzialità degli arbitri garantita dall'operatività dell'istituto della ricusazione, come disciplinato dall'art. 815 c.p.c.

L'ordinanza in esame trae origine da un giudizio promosso da una S.r.l. contro un istituto di credito per sentir dichiarare la nullità dell'accordo di interest rate swap stipulato con la Banca, conclusosi con una pronuncia declinatoria di competenza da parte del Tribunale adito in favore di collegio arbitrale - in virtù della previsione di una clausola compromissoria nell'art. 15 dell'accordo -. Avverso tale pronuncia promuoveva istanza di regolamento di competenza la società, rilevando, con l'unico motivo di impugnazione, che la sentenza impugnata aveva omesso di pronunciare in ordine alla nullità della clausola compromissoria.Detta clausola sarebbe stata nulla poiché prevedeva che, «in difetto di accordo tra le parti, la nomina del terzo arbitro sarebbe stata effettuata dal Presidente dell'ABI» e ciò non garantiva l'indipendenza e la terzietà del collegio arbitrale, «essendo la designazione affidata a sua volta ad un organo privo dei necessari requisiti di indipendenza, imparzialità e terzietà».

La Corte ha rigettato il ricorso. Premesso che «il tenore della clausola compromissoria contenuta nell'art. 15 dell'accordo stipulato tra le parti non lascia dubbi in ordine alla comune intenzione di queste ultime di avvalersi di un arbitrato rituale per la risoluzione delle relative controversie», i giudici hanno disatteso la tesi invocata dalla ricorrente circa l'applicabilità della disciplina dettata in tema di arbitrato societario - nella parte in cui prevede la nullità delle clausole compromissorie inserite negli atti costitutivi delle società, ove il potere di nomina degli arbitri non sia conferito ad un soggetto estraneo alla società - anche all'arbitrato disciplinato dal codice di procedura civile, in quanto espressione di un principio generale. La disciplina dettata in tema di arbitrato societario è infatti più stringente per la necessità che deve essere tutelata la posizione di coloro i quali non abbiano partecipato alla stipulazione della clausola compromissoria, di guisa che la scelta del terzo arbitro va demandata ad un soggetto estraneo alla società. Tale norma non ha portata generale e non si applica all'arbitrato previsto dal codice di procedura civile, nell'ambito del quale tale connotato di estraneità non ricorre poiché, di norma, tutti i litiganti concorrono a determinare la modalità di scelta dell'arbitro, ivi compresa l'individuazione di un eventuale terzo. Vieppiù, per l'arbitrato rituale il codice di rito civile ha previsto l'istituto della ricusazione (

art. 815 c.p.c.

), fruibile dalle parti che intendano contestare la terzietà ed imparzialità dei membri del collegio. In conclusione, la S.C. ha statuito che «al di fuori delle limitate ipotesi in cui si traduca nella violazione del principio secondo cui il meccanismo di designazione degli arbitri deve costituire espressione della volontà di tutti i contendenti, l'affidamento della nomina ad un terzo non estraneo alle parti non comporta la nullità del compromesso o della clausola compromissoria, restando la posizione di terzietà ed imparzialità degli arbitri garantita dall'operatività dell'istituto della ricusazione, come disciplinato dall'

art. 815 c.p.c.

».

Tratto da: www.dirittoegiustizia.it

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