Optio legis e inderogabilità delle norme sul salario minimo
20 Settembre 2021
Il salario minimo applicabile in base alla normativa nel paese in cui il lavoratore dipendente svolge abitualmente la propria attività, diversa da quella oggetto della optio legis delle parti, rientra nell'ambito delle “disposizioni alle quali non è permesso derogare convenzionalmente”?
In vi preliminare sarebbe necessario accertare se il lavoratore possa definirsi come distaccato ai sensi della Direttiva 96/71/CE, trovando in tal caso applicazione la Direttiva n. 2018/95 in forza della quale, relativamente alla retribuzione, ai lavoratori distaccati si applicano le stesse regole operanti per i dipendenti del paese ospitante.
Diversa è la soluzione per quei lavoratori che, pur non avendo suddetta qualità, svolgono abitualmente la loro attività in un paese diverso da quello in cui ha sede il datore di lavoro.
L'art. 8 del regolamento Roma I stabilisce norme speciali di conflitto di leggi operanti qualora, in esecuzione del contratto, il lavoro sia svolto in almeno uno Stato diverso da quello della legge scelta. Il giudice nazionale deve in primis identificare la Legge che sarebbe stata applicata in mancanza della optio legis e determinare le regole alle quali, conformemente a quella stessa Legge, non è permesso derogare convenzionalmente, procedendo al confronto del livello di protezione di cui beneficia il lavoratore in forza di tali norme con quello previsto dalla Legge scelta dalle parti.
Qualora il livello di tutela previsto dalla normativa “non scelta” sia superiore, dovrà trovare applicazione questa.
Circa la possibilità di definire le disposizioni sul salario minimo come “inderogabili convenzionalmente” è necessario valutare tale carattere conformemente alla stessa Legge che sarebbe stata applicata in mancanza di scelta e ove essa disponga che talune norme contenute in convenzioni – ad esempio CCNL, per l'Italia – hanno carattere imperativo, il giudice è tenuto a rispettare tale scelta.
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