Cancellazione della società prima della presentazione del ricorso: l'ex liquidatore non può impugnare l'avviso di accertamento
23 Settembre 2021
Massima
Qualora l'avviso di accertamento sia stato notificato ad una società e la stessa risulti successivamente estinta mediante cancellazione volontaria dal registro delle imprese, vicenda che determina il venir meno del potere di rappresentanza del liquidatore, l'ex liquidatore della società non dispone della legittimazione ad impugnare l'atto impositivo, venendo in rilievo un vizio insanabile originario del processo che richiede, sin dal primo grado del giudizio, una pronuncia declinatoria di rito. Il caso
A seguito di Processo Verbale di Costatazione redatto dalla Guardia di Finanza il 29.9.2010, dal quale emergeva che i militari avevano imputato ad una società in accomandita semplice ricavi non dichiarati, accertati mediante analisi delle movimentazioni del conto corrente bancario del socio accomandatario, l'Agenzia delle Entrate notificava il 14.12.2010 alla società distinti avvisi di accertamento. Il 15 aprile 2011, a seguito della fase liquidatoria, la società si estingueva per effetto della cancellazione volontaria dal registro delle imprese. Avverso gli avvisi di accertamento, l'ex socio accomandatario, in data 27 maggio 2011, proponeva ricorso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, nella qualità dichiarata di liquidatore della s.a.s., producendo documentazione ed affermando che gli introiti contestati erano stati puntualmente dichiarati dalla società, in quanto derivanti da fatture regolarmente registrate, ed onorate con ritardo dai debitori. La Commissione Provinciale riteneva che le argomentazioni proposte dal ricorrente erano del tutto prive di documentazione probatoria di supporto. Infatti, non solo i verificatori evidenziavano una mancata corrispondenza negli importi tra le fatture e i dati emersi dal conto corrente, ma la controparte non aveva prodotto alcuna documentazione da cui emergeva che avesse proceduto al recupero dei crediti che sostiene di avere incassato con ritardo. Di conseguenza la Commissione Provinciale respingeva il ricorso. L'ex socio spiegava appello principale avverso la decisione sfavorevole, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, qualificandosi come “socio ed ex liquidatore della società s.a.s. cancellata dal registro delle imprese”. Produceva ulteriore documentazione volta a dimostrare che i redditi indicati dalla Guardia di Finanza nel Pvc quali ricavi “in nero” erano stati regolarmente dichiarati, e domandava l'accoglimento dell'originario ricorso presentato. Il Giudice di seconde Cure osservava che l'originario ricorso era stato proposto il 27.5.2011, a seguito della notifica dell'avviso di accertamento alla società, intervenuta il 6.12.2010, ma successivamente alla estinzione della stessa, per effetto della cancellazione volontaria dal registro delle imprese, intervenuta in data 15.4.2011. Il ricorrente veniva, pertanto, ritenuto privo della legittimazione a proporre ricorso, e dichiarava cessata la materia del contendere. Avverso la decisione assunta dalla CTR ha proposto ricorso per cassazione l'ex liquidatore, “in qualità di socio accomandatario della s.a.s.”. Col primo motivo di ricorso, era eccepita la violazione degli artt. 2945 c.c.., 40 D.Lgs. n. 546/1992, nonché 110 e 299 c.p.c., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., perché il giudizio era stato instaurato correttamente in quanto introdotto da soggetto in qualità di socio della s.a.s. cancellata dal registro delle imprese. Tale impugnazione non era condivisa dalla Suprema Corte. La Corte di Cassazione rilevava, in primo luogo, che il ricorso era stato proposto quando la società era già stata estinta: non vi era, quindi, alcun processo pendente all'epoca della cancellazione della società dal registro delle imprese. Il liquidatore, infatti, pur non essendo legittimato, aveva impugnato il ricorso, qualificandosi come tale, e solo successivamente, in secondo grado, aveva specificato anche la sua qualità di socio. Come evidenziava però la Corte di Cassazione, il difetto di legittimazione del ricorrente nel primo grado di giudizio non può essere sanato dalla sua costituzione in secondo grado invocando un diverso titolo di legittimazione. La questione
La questione giuridica sottesa nel caso in esame, verte nello stabilire se qualora l'avviso di accertamento sia stato notificato ad una società e la stessa risulti successivamente estinta mediante cancellazione volontaria dal registro delle imprese, l'ex liquidatore della società disponga o meno della legittimazione ad impugnare l'atto impositivo, venendo in rilievo un vizio insanabile originario del processo che richiede, sin dal primo grado del giudizio, una pronuncia declinatoria di rito. Le soluzioni giuridiche
Prima di fornire soluzione alla questione giuridica in premessa, occorre una breve disamina degli istituiti coinvolti nel caso in disamina. A mente dell'art. 163 Tuir, la stessa imposta non può essere applicata più volte in dipendenza dello stesso presupposto, neppure nei confronti di soggetti diversi. La norma postula l'operatività del divieto di doppia imposizione della medesima imposta in dipendenza dello stesso presupposto (v. Cass. 10793/2016). Ancora, l'art. 2495 c.c., come modificato dall'art. 40 comma 12-ter lett. b) del D.L. n. 76/2020 convertito, dispone che approvato (tacitamente o espressamente) il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal Registro delle imprese (modello S3), salvo quanto disposto dal secondo comma (comma 1). Il legislatore della riforma del diritto societario (d.lgs. n. 6/2003) ha inteso risolvere le questioni connesse all'individuazione del momento di estinzione della società, con particolare riferimento alla efficacia costitutiva della cancellazione della società dal Registro delle imprese. Il principio informatore della novella in materia di cancellazione di società di capitali è che l'iscrizione della cancellazione della società al registro delle imprese, eventualmente disposta d'ufficio ex art. 2490 c.c., ha efficacia costitutiva e comporta l'estinzione della società, restando irrilevante l'eventuale esistenza di rapporti giuridici ancora pendenti. Così come la società nasce a seguito della iscrizione, così cessa di esistere a seguito della cancellazione iscritta. Nell'ambito delle società di capitali la pubblicità così realizzata ha natura costitutiva. L'effetto estintivo si produce per tutte le società aventi autonomia patrimoniale, sia essa perfetta o imperfetta, come nelle società di persone, ove la pubblicità conserva natura dichiarativa. Ne consegue che una volta cancellata la società i creditori sociali possono far valere le proprie ragioni nei confronti dei soci, solo limitatamente a quanto essi abbiano percepito in sede di ripartizione dell'attivo. Laddove la condotta del liquidatore abbia causato il mancato soddisfacimento dei creditori pretermessi, questi potranno far valere le loro pretese nei confronti dei liquidatori, nella misura in cui essi possano considerarsi responsabili del dovuto. L'efficacia costitutiva della cancellazione delle società di capitali dal Registro delle imprese, è stata confermata anche dalle sentenze delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con le pronunzie nn. 4060, 4061 e 4062, rese in data 22.2.2010. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nelle sentenze nn. 6070, 6071 e 6072 rese in data 12.3.2013 hanno, anche, precisato che laddove l'estinzione di una società, conseguente alla sua cancellazione dal Registro delle imprese, abbia luogo nonostante la sussistenza di rapporti giuridici facenti capo alla medesima, ancora non definiti perché trascurati nella fase liquidatoria (c.d. residui non liquidati), ovvero scoperti soltanto dopo la chiusura di tale fase (c.d. sopravvenienze), si determina un fenomeno di tipo successorio. Stante tale rapporto successorio, le obbligazioni sociali si trasferiscono ai soci nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che gli stessi fossero o meno illimitatamente responsabili per i debiti sociali. Altresì, si trasferiscono ai soci, anche, i diritti e/o i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta: in tale circostanza stante il mancato riparto durante la liquidazione, verrà a costituirsi un regime di contitolarità o di comunione indivisa tra ex soci. La giurisprudenza, di legittimità e di merito, è, ormai, costante nel ritenere che, a seguito della cancellazione della società dal registro delle imprese, le eventuali situazioni riferibili alla società estinta debbano essere risolte attraverso l'applicazione delle regole successorie con subentro dei soci in ragione delle rispettive quote di partecipazione (v. Cass. 7168/2021, Cass. 16147/2020, Trib. Sassari 13.7.2020 e Trib. Milano 28.10.2019). Se, tuttavia, un ex socio voglia agire in ragione di una pretesa già spettante alla società, non è sufficiente che alleghi la sua qualifica di ex socio, ma è necessario che alleghi e dimostri di essere titolare della relativa pretesa creditoria e che la stessa, in base al bilancio finale di liquidazione, sia stata a lui attribuita (v. Cass. 8521/2021). Dal punto di vista processuale, venuta meno la capacità della società cancellata dal Registro delle imprese, in quanto estinta, di agire o essere convenuta in giudizio, è possibile distinguere le seguenti ipotesi. Laddove l'estinzione si verifichi in pendenza di un giudizio del quale la società sia parte, si determina un evento interruttivo del processo, disciplinato dagli artt. 110 e 299 ss. c.p.c., con possibile successiva prosecuzione o riassunzione del medesimo giudizio da parte o nei confronti dei soci. Laddove l'estinzione si verifichi tra un grado e l'altro di giudizio, a pena di inammissibilità l'impugnazione della sentenza pronunciata nei riguardi della società estinta deve provenire o essere indirizzata dai soci o nei confronti dei soci succeduti alla medesima. La legge non fissa un termine entro il quale i liquidatori devono procedere alla cancellazione della società una volta approvato il bilancio finale di liquidazione. Si ritiene, tuttavia, che l'obbligo di diligenza professionale ne imponga un'esecuzione immediata, tenendo conto esclusivamente dei tempi tecnici necessari a tal fine. In dottrina, inoltre, è stato evidenziato come legittimati a richiedere la cancellazione della società sarebbero anche i sindaci, in caso di inerzia dei liquidatori o il notaio che abbia redatto il verbale della riunione dei soci nell'ipotesi in cui l'approvazione del bilancio finale di liquidazione fosse demandata all'approvazione (all'unanimità) da parte dell'assemblea straordinaria. Ad ogni modo, la scelta di cancellare la società dal Registro delle imprese, una volta approvato il bilancio finale, anche in presenza di passività non soddisfatte, non appare sindacabile dal Conservatore del Registro delle imprese cui non è affidato un giudizio di merito sulla richiesta di cancellazione. Innanzitutto, si afferma che l'iscrizione non è rifiutata se il bilancio finale di liquidazione presenta solo crediti o poste attive, incluse somme di denaro, e nessun cespite passivo. Medesima circostanza laddove il bilancio finale di liquidazione rechi soltanto poste iscritte nel passivo, perché tutto ciò che poteva essere liquidato/monetizzato è stato utilizzato per il pagamento dei creditori sociali oppure poste debitorie e, all'attivo, solo somme liquide da distribuire (sufficienti o meno a pagare i debiti). In tal caso, neppure è di ostacolo il fatto che residui qualche attività materiale meramente esecutiva di quanto liquidato nel bilancio e illustrato in Nota integrativa. Sono invece problematici quei casi in cui il bilancio finale di liquidazione documenti la contemporanea presenza di poste debitorie e creditorie oppure di beni mobili o immobili non liquidati (e non utilizzati quali forma diretta di pagamento di creditori sociali). In tali casi, infatti, l'iter liquidatorio non può dirsi concluso e, in mancanza di adeguata regolarizzazione, l'iscrizione può essere rifiutata. Ciò detto e tornando al caso in premessa, una società era cancellata dal registro delle imprese prima che l'ex socio proponesse il ricorso introduttivo del giudizio in qualità di liquidatore della stessa. In conseguenza, all'epoca di proposizione del ricorso in primo grado, non vi era un giudizio pendente nei confronti della società. Nei due gradi merito il ricorso era dichiarato inammissibile ritenendo l'ex liquidatore non legittimato ad agire e, di conseguenza, era dichiarata cessata la materia del contendere. In seguito lo stesso socio promuoveva ricorso per cassazione, evidenziando che la volontaria estinzione di un ente collettivo non poteva comportare la cessazione della materia del contendere nei giudizi pendenti, in quanto, così argomentando, si avrebbe un ingiustificato sacrificio dei diritti dei creditori. Tale impugnazione non era condivisa dal Giudice di Legittimità, il quale rigettava il ricorso. La Corte di Cassazione rilevava, in primo luogo, che il ricorso era stato proposto quando la società era già stata estinta: non vi era, quindi, alcun processo pendente all'epoca della cancellazione della società dal registro delle imprese. Il liquidatore, infatti, pur non essendo legittimato, aveva impugnato il ricorso, qualificandosi come tale, e solo successivamente, in secondo grado, aveva specificato anche la sua qualità di socio. Conclusioni
La Corte di Cassazione con l'ordinanza in commento, richiamando alcuni precedenti (v. Cass. 10572/2020) ha confermato il principio secondo cui la cancellazione dal registro delle imprese, con estinzione della società dopo la notifica dell'avviso di accertamento e prima dell'instaurazione del giudizio di primo grado, determina il difetto della capacità processuale e il difetto di legittimazione dell'ex liquidatore a rappresentarla, ed ha enunciato, infine, il seguente principio di diritto: “in materia tributaria, qualora l'avviso di accertamento sia stato notificato ad una società, e la stessa risulti successivamente estinta mediante cancellazione volontaria dal registro delle imprese, vicenda che determina il venir meno del potere di rappresentanza del liquidatore, l'ex liquidatore della società non dispone alla legittimazione ad impugnare l'atto impositivo, venendo il rilievo un vizio insanabile originario del processo che richiede, sin dal primo grado del giudizio, una pronuncia declinatoria di rito”.
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