Le azioni a tutela del credito condominiale

Nicola Frivoli
23 Settembre 2021

L'amministratore di condominio ha, nei confronti dei partecipanti, una rappresentanza volontaria, talché i suoi poteri sono quelli di un comune mandatario, conferitigli come stabilito dall'art. 1131 c.c. Nell'ipotesi di condomini morosi, il medesimo, dopo la messa in mora, ha il potere di poter agire per il recupero con la richiesta dell'emissione di un decreto ingiuntivo all'Autorità giudiziaria competente ed espletare ogni susseguente azione esecutiva per provvedere a risanare la gestione condominiale.
Il quadro normativo

L'amministratore di condominio ha nelle sue attribuzioni, normate dall'art. 1130, comma 1, n.3), c.c., quella di provvedere alla riscossione degli oneri condominialinecessari per il funzionamento della gestione del condominio che rappresenta e per la manutenzione ordinaria delle parti e servizi comuni. Il mancato versamento dei contributi condominiali da parte di un condomino moroso legittima il capo condomino all'azione esecutiva nei confronti dello stesso, in virtù della legittimazione ad agire conferita dall'art. 1129, comma 9, c.c.,secondo cui: “Salvo che sia stato espressamente dispensato dall'assemblea, l''amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito esigibile è compreso, anche ai sensi dell'articolo 63, primo comma delle disposizioni per l'attuazione del presente codice”. La determinazione dell'onere contributivo individuale a carico di ciascun condomino è stabilita nel bilancio predisposto dall'amministratore ed approvato dall'assemblea con il relativo piano di riparto. L'art. 1135 c.c. indica, tra le competenze dell'assemblea, l'approvazione del bilancio preventivo delle spese occorrenti durante l'anno e la relativa ripartizione tra i condomini (l'approvazione del rendiconto annuale dell'amministratore). Alla redazione e stesura del bilancio, nella dizione dell'art. 1130-bis c.c. (“rendiconto condominiale”), deve provvedere l'amministratore che, quale mandatario dei condomini, con tale atto provvede anche, ai sensi dell'art. 1713 c.c., a rendere il conto della propria attività di gestione. Va, altresì, precisato che l'erogazione delle spese di manutenzione ordinaria e di quelle relative ai servizi comuni essenziali non richiede la preventiva approvazione dell'assemblea, trattandosi di esborsi cui l'amministratore provvede in base ai suoi poteri e non come esecutore delle delibere dell'assemblea; la loro approvazione è, invece, richiesta in sede di consuntivo, giacché solo con questo si accertano le uscite e si approva lo stato di ripartizione definitivo che legittima l'amministratore ad agire contro i condomini morosi per il recupero delle quote poste a loro carico (Cass. civ., sez. II, 11 gennaio 2017, n. 454). In attesa, poi, dell'approvazione del bilancio preventivo e per quel che concerne, nello specifico, il riparto delle spese condominiali, deve ritenersi che l'assemblea possa legittimamente autorizzare l'amministratore a richiedere, ai condomini, pagamenti provvisori, con riserva di successivo conguaglio sulla base del bilancio approvato e tenuto conto dei valori millesimali attribuiti a ciascuna proprietà individuale (Cass. civ., sez. II, 23 febbraio 2017, n. 4679).

In caso di morosità, da parte dell'amministratore è obbligatorio l'avvio delle azioni giudiziali di recupero nei confronti dei condomini morosi entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nell'àmbito del quale la morosità è maturata, preceduta da un sollecito di pagamento in capo al moroso, con l'assegnazione di un termine per il pagamento del debito, in mancanza provvederà al recupero del credito. Per completezza, si ritiene che non sia “condizione di procedibilità” l'invio al condomino moroso di uno o più solleciti da parte dell'amministratore o del legale incaricato, salvo che ciò sia previsto espressamente da apposita clausola di regolamento contrattuale.

Il ricorso per ingiunzione di pagamento

La norma fondamentale per l'ingiunzione condominiale e per il recupero degli oneri condominiali insoluti è l'art. 63, comma 1, disp. att. c.c. che prevede, “per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, l'amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo”.

Dunque, l'amministratore è legittimato ad agire in giudizio, per il recupero degli oneri arretrati, senza alcuna necessità di autorizzazione dell'assemblea anche in forza del solo bilancio preventivo approvato. L'amministratore può essere revocato qualora sia stata promossa azione giudiziaria per la riscossione delle somme dovute al condominio ed egli abbia omesso di curare diligentemente l'azione e la conseguente esecuzione coattiva. Così come può, del pari, essere revocato per aver acconsentito, per un credito insoddisfatto, alla cancellazione delle formalità eseguite nei registri immobiliari a tutela dei diritti del condominio. In tema di oneri condominiali dovuti dai singoli condomini, soggetto creditore è soltanto il condominio, che riscuote i contributi per il tramite dell'amministratore di condominio. Quest'ultimo, pertanto, laddove ne sussistono i presupposti, può ottenere dal giudice competente un provvedimento monitorio.

Nel dettaglio, il procedimento di ingiunzione è un procedimento speciale sommario, fondato su prova scritta, per la riscossione di un credito certo, liquido ed esigibile, si può ottenere, mediante presentazione di un ricorso dal giudice competente e avvertendo il debitore di pagare il credito ingiunto, e che, entro il termine di quaranta giorni dalla notificazione, può proporre opposizione, ex art. 645 c.p.c. (trasformando così il procedimento da sommario in ordinario) e che, in mancanza di opposizione, si procederà ad esecuzione forzata. Nelle dinamiche condominiale, il titolo che autorizza l'amministratore a chiedere il pagamento dei contributi è la delibera condominiale di approvazione del bilancio consuntivo e preventivo e la produzione degli stessi nel ricorso per ingiunzione di pagamento, da farsi depositare dal difensore incaricato, innanzi al giudice ordinario competente per territorio, ex art. 23 c.p.c., secondo cui per le cause tra condomini, o tra condomini e condominio, è competente il giudice del luogo dove si trovano i beni comuni o la maggior parte di essi, e per valore innanzi al Giudice di Pace, il quale è competente per cause relative a beni mobili di valore non superiore a cinquemila euro (art. 7, comma 1, c.p.c.). Quando il valore della domanda superi euro cinquemila euro, è competente il Tribunale (art. 9 c.p.c.) e l'istante per l'iscrizione a ruolo deve adottare la disciplina del processo telematico. Tale procedimento di natura sommaria non va preceduto dall'espletamento del procedimento di media-conciliazione (d.lgs. n. 28/2010) e dalla convenzione in negoziazione assistita (l. n. 162/2014).

L'opposizione a decreto ingiuntivo

Avverso il decreto ingiuntivo notificato, nei termini di quaranta giorni dalla notifica del provvedimento monitorio (art. 645 c.c.), è possibile opporsi e facendo aprire una fase di merito e di cognizione ordinaria, per rivedere il contenuto del decreto ingiuntivo opposto. Chiaramente è da considerarsi fase eventuale rimessa all'iniziativa del debitore ingiunto. Il debitore ingiunto, per quanto è attore in fase di opposizione, assume, nella sostanza, le vesti di convenuto poiché onerato di provare i fatti estintivi, modificativi ed impeditivi del credito.

Il creditore-opposto, viceversa, pur rivestendo formalmente la qualità di convenuto è, nella sostanza, onerato - alla stregua di un attore in una qualsiasi altra fase ordinaria - della prova del credito precedentemente azionato. È competente a pronunziare sull'opposizione a decreto ingiuntivo, in via esclusiva, il giudice che ha emesso l'ingiunzione. Il giudice che ha pronunziato l'ingiunzione opposta è tenuto a decidere sull'opposizione, anche in ordine alla preliminare eccezione di incompetenza. Nel caso in cui l'opponente spieghi domanda riconvenzionale eccedente i limiti di valore della competenza del giudice adito (in materia condominiale, eccedendo il limite di valore del Giudice di Pace), questi è tenuto a separare le due cause, trattando quella relativa all'opposizione e rimettendo al Tribunale competente la domanda riconvenzionale, il quale, per il caso in cui gli sia stata rimessa l'intera causa può richiedere nei limiti temporali fissati dall'art. 38 c.p.c. il regolamento di competenza di cui al successivo art. 45 c.p.c. L'opposizione proposta dal singolo condomino avverso il decreto ingiuntivo ottenuto dall'amministratore per il pagamento degli oneri condominiali deliberati dall'assemblea può avere ad oggetto la sussistenza del debito e la documentazione posta a fondamento dell'ingiunzione, o il verbale della delibera assembleare, ma non anche la validità della stessa, che può venire contestata esclusivamente in via separata con l'impugnazione della relativa delibera assembleare, tranne nel caso in cui se ne eccepisca la nullità radicale, non bastando la semplice annullabilità, oppure contestualmente all'opposizione a decreto ingiuntivo, affrontare anche la questione afferente l'invalidità della delibera posta a fondamento del decreto ingiuntivo opposto, come da pronuncia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite (Cass. civ.,sez. un., 14 aprile 2021, n. 9839). Ovviamente, il condomino dovrà provare fatti estintivi e modificativi del titolo posta a base dell'azione ingiuntiva del condominio che potrebbe anche afferire, ad esempio, alla prescrizione del credito ingiunto. Nel corso del giudizio di merito, il giudice adìto, nel corso della prima udienza di comparizione e trattazione, ex art. 183 c.p.c., innanzi al Tribunale, oppure la prima udienza innanzi al Giudice di Pace, ex art. 319 c.p.c. potrà il condomino-opponente formulare la richiesta di sospensione della provvisoria esecuzione del decreto o ingiuntivo opposto, ex art. 649 c.p.c., ed il giudicante competente pronunciarsi sul punto, valutando la sussistenza o meno della ricorrenza dei gravi motivi e provvedere con ordinanza non impugnabile ed assegnare termine alle parti costituite per l'espletare il procedimento di media-conciliazione, in maniera obbligatoria (d.lgs. n. 28/2010).

Il creditore opposto deve di promuovere il procedimento di mediazione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo

L'intervento delle Sezioni Unite (sent. n. 19596 del 18 settembre 2020) è scaturito dalla necessità di delineare gli oneri in capo alle parti opponente e opposta e di stabilire gli effetti del mancato assolvimento, nell'ambito del rapporto consequenziale tra il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e il procedimento di mediazione obbligatoria, alla quale sono assoggettate le controversie in applicazione del disposto di cui all'art. 5, comma 1-bis, d.lgs. n. 28/2010. In particolare, il massimo organo di nomofilachia è intervenuto a dirimere le contrapposte tesi di cui si la Sezione III, con l'ordinanza interlocutoria (ord. 18741 del 12 luglio 2019), aveva evidenziato che “costituisce questione di massima di particolare importanza tale da giustificare la rimessione alle Sezioni Unite quella diretta a stabilire su quale soggetto - debitore opponente o creditore opposto - in caso di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo relativo ad una controversia soggetta a mediazione obbligatoria, ricadano le conseguenze negative dell'improcedibilità della domanda nel caso di mancata proposizione dell'istanza di mediazione nel termine assegnato dal giudice ex art. 5 del d.lgs. n. 28/2010”.

Le Sezioni Unite hanno sancito che l'onere in capo all'opposto è coerente con la ricostruzione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo come processo di cognizione piena sulla pretesa fatta valore dal creditore (e non già come mero controllo della legittimità del decreto emesso); non è possibile assimilare la mancata attivazione della mediazione ad opera dell'opponente a quella mancata attivazione cui l'art. 647 c.p.c. determina come sanzione il passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo opposto. Infatti, per le Sezioni Unite - dovendo scegliere tra due contrapposte interpretazioni - non si può che “preferire quella che appare in maggiore armonia con il dettato costituzionale; porre l'onere di promuovere il procedimento di mediazione a carico dell'opponente si traduce, in caso di sua inerzia, nella irrevocabilità del decreto ingiuntivo come conseguenza del mancato esperimento di un procedimento che è non è giurisdizionale”. E ciò anche in coerenza con il principio per cui, “nel conflitto tra il principio di efficienza (e ragionevole durata) e la garanzia del diritto di difesa, quest'ultimo deve necessariamente prevalere”.

In conclusione, l'approdo ermeneutico espresso dalle Sezioni Unite ha condotto all'integrale riforma dell'impugnata sentenza discostandosi dall'orientamento tradizionale e maggioritario cui hanno fatto riferimento le decisioni conformi assunte dal Tribunale e dalla stessa Corte territoriale. Dunque, la Suprema Corte ha riconosciuto che è il creditore opposto quale attore in senso sostanziale, interessato a conseguire il positivo accertamento dei diritti soggettivi fondanti la pretesa creditoria cristallizzata nel provvedimento giurisdizionale, a dover promuovere il procedimento di mediazione, a pena d'improcedibilità del giudizio (monitorio e di opposizione) con conseguente revoca del decreto ingiuntivo opposto, suscettibile di essere riproposto.

La ricerca dei beni da pignorare in modalità telematica

Con la l.n. 162/2014, è stato introdotto un articolo ad hoc nel codice di procedura civile afferente la possibilità di ricercare, in modalità telematica, i beni da pignorare in capo al debitore. La disposizione è contenuta nell'art. 492-bis c.p.c., secondo cui è possibile per un creditore ricercare il patrimonio del debitore, espletando apposita procedura, di competenza del Presidente del Tribunale del luogo di residenza del debitore, con deposito di apposita istanza, indicando tutti i dati anagrafici dello stesso, e richiesta di autorizzazione alla ricerca nelle predette modalità telematiche. Presupposto per il deposito, è allegare il titolo esecutivo posto a base dell'azione (sentenza, decreto ingiuntivo), nonché atto di precetto, ritualmente notificate, dove il debitore non ha provveduto all'adempimento richiesto. Nell'istanza bisognerà indicare la pec del difensore che ha introdotto il procedimento, per via telematica, con contestuale versamento del contributo unificato nella misura di euro 43,00. Il Presidente adito analizzerà la domanda inoltrate e verificati i presupposti, autorizzerà alla ricerca richiesta dall'istante, rivolgendosi agli ufficiali giudiziari territorialmente competenti affinché possano accedere, mediante collegamento telematico diretto, ai dati contenuti nelle banche dati delle pubbliche amministrazioni o alle quali le stesse possono accedere.

L'istanza di fallimento come strumento processuale residuale

Anche nei confronti di condomino moroso che abbia accumulato notevoli debiti, per mancato versamento di contributi condominiali in capo al consesso-creditore, sussistendone i presupposti di legge sanciti nella legge fallimentare, è possibile inoltrare istanza di fallimento innanzi al Tribunale competente da parte del condominio. Ne consegue, che aver adottato la strada fallimentare, si sono già considerati gli ulteriori procedimenti previsti dal codice di procedura civile che non hanno prodotto alcun esito, come pignoramento mobiliare (art. 513 c.p.c.), pignoramento presso terzi (art. 543 c.p.c.) e pignoramento immobiliare (art. 555 c.p.c.), tutti preceduti dalla notifica dell'atto di precetto (ex art. 480 c.p.c.), atto prodromico all'azione esecutiva. Il condomino può fallire solo se è imprenditore, essendo tale colui che esercita professionalmente un'attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi (art. 2082 c.c.). Rispetto al passato, purtroppo, in una procedura fallimentare, il credito condominale non ha alcun privilegio, pertanto va inserito nell'alveo dei crediti chirografi, con delle serie difficoltà a recuperare i debiti che cadono in capo al fallito-condomino. Con la sentenza che dichiara il fallimento del condomino, l'interlocutore principale dell'amministratore è il curatore fallimentare; infatti, quest'ultimo, dovrà informare l'amministratore pro-tempore del condominio-creditore di inoltrare apposito istanza di ammissione al passivo, che attualmente viene effettuata nelle modalità telematiche, almeno trenta giorni prima dell'udienza fissata per l'esame del passivo (art. 93 legge fall.). Va precisato, altresì, che la legge fallimentare non prevede che il ricorrente debba essere necessariamente assistito da un legale, l'importante, però, che l'amministratore sia dotato di una pec. Tuttavia, vista la complessità della materia da affrontare, sarebbe opportuno incaricare un difensore per espletare tale insinuazione allo stato passivo. È possibile, sempre per la legge fallimentare, inoltrare anche tardivamente l'istanza di insinuazione al passivo, comunque oltre il termine di trenta giorni prima dell'udienza fissata per la verifica del passivo e non oltre quello di dodici mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo (art. 101, comma 1, legge fall.). Con la Riforma del 2012, gli oneri condominiali sorti durante la procedura sono stati espressamente previsti come crediti prededucibili da trattare secondo il disposto dell'art. 111, comma 1, del r.d. n. 267/1942. La natura di tale rango riguarda tutte le spese concernenti la manutenzione e conservazione dell'immobile, in considerazione del fatto che questo, indipendentemente dallo status di bene entrato nel compendio di un fallimento, è sempre soggetto alle obbligazioni concernenti la conservazione e manutenzione dell'edificio.

In conclusione

L'amministratore di condominio si deve adoperare, con tutti gli strumenti processuali esistenti, al fine di provvedere al recupero del credito in capo ai condomini morosi, espletando l'azione esecutiva in tutte le sue forme. Tale funzione è attribuita dal codice civile e rientra tra le sue attribuzioni. L'inerzia del capo condomino per l'attività di recupero va considerata una “grave irregolarità”, con la susseguente revoca assembleare e/o giudiziale. Le azioni a tutela del credito condominiale sono necessarie per la riscossione degli oneri condominiali impagati, atteso che la mancanza di liquidità nelle casse condominiali potrebbe comportare il blocco della gestione dei beni e servizi comuni da far fruire ai condomini, in base all'uso.

Riferimenti

Valerini, Opposizione a decreto ingiuntivo: l'onere della mediazione incombe all'opposto, in Dirittoegiustizia.it, 21 settembre 2020;

Nicoletti, Fallimento del condomino, in Condominioelocazione.it, 2019;

Frivoli - Tarantino, Il condomino moroso e le azioni a tutela del condominio, Milano, 2015.

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