Class Action

Barbara Tabasco
24 Settembre 2021

Il legislatore, con la l. 31/2019, ha introdotto una nuova disciplina dell'azione di classe, collocandola, non più nel Codice del Consumo (ex art. 140 bis del d.lgs. 206/2005), bensì nel codice di procedura civile, in particolare negli artt. 840-bis – 840-sexiesdecies c.p.c., del nuovo Titolo VIII-bis del Libro Quarto, così da generalizzare e regolare in modo compiuto questo istituto.
Premessa

La l. 31/2019 ha riformato l'istituto dell'azione di classe, originariamente previsto nel Codice del Consumo (d.lgs. 206/2005), collocandolo nel codice di procedura civile.

In particolare, l'art. 1 della suddetta legge ha introdotto nel codice di rito il titolo VIII-bis rubricato «Dei procedimenti collettivi», composto da 15 nuovi articoli (dall'art. 840-bis all'art. 840 sexiesdecies), contenenti le nuove disposizioni in materia di azione di classe, nonché quelle in materia di azione inibitoria, mentre l'art. 2 ha previsto l'inserimento di alcune nuove disposizioni (artt. 196-bis e 196-ter) all'interno delle norme di attuazione del codice di procedura civile al fine di disciplinare le modalità con cui la cancelleria dovrà procedere alle relative comunicazioni e il Ministero della giustizia alla pubblicazione degli avvisi e alla predisposizione di un elenco delle organizzazioni e associazioni legittimate alla proposizione dell'azione di classe.

Entrambi i suddetti istituti non sono del tutto nuovi al nostro ordinamento.

Infatti, l'azione collettiva risarcitoria è stata introdotta nel 2007 (l. 244/2007) e, poi, modificata nel 2009 (l. 99/2009) nel Codice del Consumo in riferimento ad alcuni specifici illeciti nei rapporti tra imprese e consumatori.

Le azioni collettive inibitorie, invece, sono state introdotte da una serie di disposizioni speciali settoriali (art. 2601 c.c. per la repressione degli atti di concorrenza sleale; art. 28 l. 300/1970, per le condotte antisindacali; art. 8, d. lgs. 231/2002 per le condizioni generali relative al pagamento e al ritardo nei pagamenti; art. 4, comma 1, l. 67/2006 per gli atti discriminatori posti in essere nei confronti dei disabili; art. 6, d.lgs. 215/2003 per la repressione delle discriminazioni a causa della razza o dell'origine etnica), tra le quali va ricordata l'azione inibitoria prevista dall'art. 140 cod. cons. che rappresenta il più frequente modello di tutela giurisdizionale degli interessi collettivi.

Ambito di applicazione

L'azione di classe mira a tutelare i «diritti individuali omogenei», ovvero quei diritti che pur essendo dei singoli, assumono una connotazione omogenea in quanto ci sono molti soggetti che vantano le medesime posizioni di interesse e le corrispondenti pretese risarcitorie nell'ambito di rapporti giuridici analoghi.

Dunque, la class action intende tutelare i diritti di più soggetti nei confronti di uno stesso soggetto. I diritti, pertanto, restano individuali, ma il procedimento è collettivo, con il vantaggio, oltre di ripartire le spese legali, di aumentare la forza probatoria e processuale.

Tuttavia, la nuova disciplina con l'inserimento dell'art. 840-bis ha ampliato l'ambito di applicazione sia dal punto di vista soggettivo che oggettivo.

L'azione, infatti, sarà esperibile non più dai consumatori e utenti(data la nuova collocazione della disciplina, sottratta al Codice del Consumo), ma dalle organizzazioni o associazioni senza scopo di lucro iscritte in un elenco pubblico istituito presso il Ministero della Giustizia e i cui obiettivi statutari comprendono la tutela dei suddetti diritti, oppure individualmente da ciascun componente della classe nei confronti di imprese ed enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, relativamente ad atti e comportamenti posti in essere nello svolgimento della loro attività, al fine di ottenere l'accertamento della responsabilità e la conseguente condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni.

Come si è già anticipato, non tutte le organizzazioni e le associazioni potranno agire in giudizio, ma solo quelle iscritte in un elenco pubblico costituito con decreto del Ministro della giustizia (da adottarsi entro 180 giorni dalla data di pubblicazione della legge), di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico e previo parere delle competenti commissioni parlamentari (art. 196-ter disp. att. c.p.c., introdotto dalla l. 31/2019).

In particolare, il decreto attuativo dovrà stabilire: 1) i requisiti per l'iscrizione nell'elenco, avuto riguardo alle «finalità programmatiche», all'«adeguatezza a rappresentare e tutelare i diritti omogenei azionati», alla «stabilità e continuità», nonché «alla verifica delle fonti di finanziamento utilizzate»; 2) i criteri per la sospensione e la cancellazione delle organizzazioni e associazioni iscritte; 3) le modalità di aggiornamento dell'elenco; 4) nonché la determinazione del contributo dovuto ai fini dell'iscrizione e del mantenimento della stessa.

Dunque, in seguito alla riforma non solo scompare la necessità di conferire mandato ad un'associazione o ad un comitato al fine di proporre l'azione di classe (anche se alcuni commentatori non precludono tale possibilità, [Malavasi M. – Ricciardi G., La nuova class action: analisi delle principali disposizioni,in www.dirittobancario.it]), ma la sua proponibilità viene estesa anche ai casi di responsabilità extracontrattuale.

Procedimento

L'art. 840-ter individua quale giudice competente la sezione specializzata in materia di impresa (c.d. Tribunale delle Imprese) del luogo ove ha sede la parte resistente e non più il tribunale ordinario del capoluogo della regione in cui ha sede l'impresa.

Il procedimento non è più suddiviso in due fasi aventi ad oggetto il giudizio di ammissibilità e il successivo giudizio sul merito, ma si divide in tre fasi, di cui le prime due sono affidate al tribunale delle imprese e hanno per oggetto, rispettivamente, l'ammissibilità dell'azione (art. 840-ter) e la successiva decisione sul merito (artt. 840-quinquies e sexies) e l'ultima al giudice delegato relativa alla verifica delle adesioni e alla liquidazione delle somme agli aderenti alla classe (artt. 840-septies e octies).

Quanto alla prima fase, l'art. 840-ter si limita a prevedere che la domanda si propone con ricorso e il procedimento, che è disciplinato dal rito sommario di cognizione (ex artt. 702-bis e ss. c.p.c.), si conclude con sentenza, che dovrebbe essere emessa nel termine di trenta giorni dalla discussione orale della causa, senza che sia possibile disporre il mutamento di rito.

Poi, aggiunge che, al fine di garantire idonea pubblicità alla procedura, il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, deve essere pubblicato, a cura della cancelleria ed entro dieci giorni dal deposito del ricorso, nell'area pubblica del portale dei servizi telematici gestito dal Ministero della giustizia.

Pertanto, applicandosi la disciplina prevista dagli artt. 702-bis e seguenti si desume che il ricorso unitamente al decreto di fissazione dell'udienza dovrà essere notificato alla controparte nel termine indicato dal giudice e il resistente si dovrà costituire con una memoria non oltre dieci giorni prima della prima udienza.

Inoltre, non essendo ammessa la conversione del rito, le istanze istruttorie e le prove precostituite dovrebbero essere contenute, a pena di decadenza, nell'atto introduttivo.

Dopodiché, una volta terminata la prima udienza, avente ad oggetto prevalentemente l'ammissibilità della domanda, il tribunale, al pari della disciplina prevista nel Codice del Consumo, dovrà, nel termine di trenta giorni dalla stessa, decidere sulla sua ammissibilità con ordinanza che dovrà, anch'essa, essere pubblicata, a cura della cancelleria, nel suddetto portale gestito dal Ministero della giustizia.

Al pari di quanto già previsto dal Codice del Consumo è data la possibilità al tribunale adito di sospendere il giudizio quando sui fatti rilevanti, ai fini della decisione, è in corso un'istruttoria davanti ad un'autorità indipendente o un giudizio davanti al giudice amministrativo.

Infine, la norma precisa che restano ferme le disposizioni del d. lgs. 3/2017, recante «Attuazione della Direttiva 2014/104/UE del Parlamento europeo del Consiglio, del 26 novembre 2014, relativa a determinate norme che regolano le azioni per il risarcimento del danno ai sensi del diritto nazionale per violazioni delle disposizioni del diritto della concorrenza degli Stati membri e dell'Unione europea».

Poiché tale decreto legislativo prevede all'art. 18, con riguardo al private enforcement del diritto antitrust, la competenza inderogabile a trattare queste controversie delle sole sezioni specializzate di Milano per il Nord Italia, di Roma per il Centro Italia e di Napoli per il Sud Italia, si desume che tale competenza vale anche per le azioni di classe basate su violazioni antitrust espressamente richiamate dal suddetto decreto legislativo (in tal senso Circolare Assonime n.17 del 29 luglio 2019 «Disciplina dell'azione di classe e dell'azione inibitoria collettiva nel Codice di procedura civile»; L. Caputo – M. Caputo, La nuova class action (l. 12 aprile 2019, n. 31), Milano, 2019, p. 23; A. Palmieri, Class Action in G.U.: nuovi orizzonti per la tutela collettiva, in www.quotidianogiuridico.it).

Inammissibilità della domanda

Come si è già detto, il tribunale, entro il termine di trenta giorni dalla prima udienza, decide con ordinanza sull'ammissibilità della domanda.

Ai sensi dell'art. 840-ter, l'azione di classe è dichiarata inammissibile quando:

- è manifestamente infondata: in questo caso, il ricorrente può riproporre l'azione di classe quando si verifichino mutamenti delle circostanze o vengano dedotte nuove ragioni di fatto o di diritto;

- il tribunale non ravvisa omogeneità dei diritti individuabili oggetto di tutela;

- il ricorrente versa in conflitto di interessi nei confronti del resistente;

- il ricorrente non appare in grado di curare adeguatamente i diritti individuali omogenei fatti valere in giudizio.

La disciplina, salvo un'inversione nell'ordine delle ipotesi di inammissibilità, ricalca prevalentemente la disposizione contenuta nell'art. 140 bis del Codice del Consumo.

Pertanto, ai fini di una corretta interpretazione della suddetta disposizione, potrebbe essere di aiuto l'elaborazione giurisprudenziale formatasi in riferimento alla corrispondente norma del Codice del Consumo, seppur tenendo conto del diverso ambito al quale la nuova normativa si riferisce.

La giurisprudenza, infatti, in tema di art. 140-bis del Codice del Consumo ha precisato che:

a) «l'omogeneità dei diritti soggettivi al risarcimento del danno fatti valere con l'azione ex art. 140 Codice del Consumo scaturisce dalla circostanza che essi sorgono da un identico fatto costitutivo, seppur plurioffensivo, e che le questioni che dovranno essere risolte per l'accertamento dell'esistenza del relativo diritto sono le medesime» (Trib. Venezia, 13 novembre 2017, n. 2696, in Diritto & Giustizia, novembre 2017);

b) «nell'azione di classe, la prevalenza di questioni personali relative all'accertamento del risarcimento del danno in capo ai potenziali consumatori aderenti pregiudica l'omogeneità dei diritti individuali e determina l'inammissibilità della domanda» (Trib. Milano, 9 dicembre 2013, in Foro it., 2014, 2, I, 590);

c) «nell'azione di classe l'omogeneità tra i diritti individuali del proponente e dei potenziali aderenti (…) si ravvisa nel caso in cui la fonte del danno sia comune per tutti e la quantificazione del risarcimento appaia effettuabile in base a criteri uniformi» (App. Milano, 3 marzo 2014, in Foro it., 2014, 5, I, 1619).

Inoltre, anche secondo questa nuova normativa l'ordinanza che decide sull'ammissibilità dell'azione di classe è reclamabile dalle parti entro trenta giorni (decorrenti dalla sua comunicazione o dalla sua notificazione, se anteriore) dinanzi alla Corte d'appello, che decide, in camera di consiglio, con ordinanza entro trenta giorni (non più quaranta) dal deposito del ricorso introduttivo.

Tuttavia, poiché la legge nulla dice in merito all'eventuale impugnazione di quest'ultima, i primi commentatori hanno prospettato la ricorribilità dell'ordinanza in cassazione, essendo il provvedimento definitivo, dal momento che a seguito della stessa non potrà farsi valere la medesima azione di classe in un successivo giudizio, salvo che «si siano verificati mutamenti delle circostanze o vengano dedotte nuove ragioni di fatto e di diritto» e avendo lo stesso contenuto decisorio (Scarselli G., La nuova azione di classe di cui alla legge 12 aprile 2019 n. 31, in www.judicium.it).

Ugualmente alla disciplina prevista nel Codice del Consumo, il reclamo alla corte d'appello avverso le ordinanze di ammissibilità non sospende il procedimento davanti al tribunale; il giudice con l'ordinanza di inammissibilità (e con quella che, in sede di reclamo, conferma l'ordinanza di inammissibilità) deve regolare le spese.

La regolazione delle spese, nel silenzio della norma, dovrebbe avvenire in base al principio della soccombenza di cui all'art. 91 c.p.c.

Inoltre, la disposizione, a differenza di quella corrispondente del Codice del Consumo, non fa riferimento alla possibilità per il giudice di emettere una condanna ai sensi dell'art. 96 c.p.c. per lite temeraria. Tuttavia, tale mancata previsione non dovrebbe impedire l'applicazione delle norme di cui all'art. 96 c.p.c. anche nell'azione di classe, trattandosi di disposizioni che intendono tutelare le imprese, la loro immagine e reputazione commerciale contro gli abusi del processo.

Infine, la norma, a differenza di quella contenuta nel Codice del Consumo, precisa che in caso di accertamento dell'ammissibilità della domanda, la corte d'appello trasmette gli atti al tribunale adito per la prosecuzione della causa.

Pluralità delle azioni di classe

Al fine di impedire la proposizione di molteplici azioni di classe deducenti gli stessi fatti illeciti e proposte nei confronti della medesima impresa, l'art. 840-quater c.p.c. dispone che decorsi sessanta giorni dalla pubblicazione del ricorso nell'area pubblica del portale dei servizi telematici gestito dal Ministero della giustizia non possono essere proposte ulteriori azioni di classe basate sui medesimi fatti e nei confronti del medesimo resistente, pena la cancellazione del ruolo e la non riassunzione.

Le azioni proposte tra la data del deposito del ricorso e il termine dei sessanta giorni sono riunite all'azione principale.

Tale divieto non opera se l'azione di classe originaria è dichiarata inammissibile con ordinanza definitiva, è cancellata dal ruolo ovvero è definita con provvedimento che non decide nel merito.

Inoltre, è fatta salva la proponibilità delle azioni di classe a tutela dei diritti che non potevano essere fatti valere alla scadenza del suddetto termine di sessanta giorni.

L'adesione all'azione di classe

La nuova disciplina, al pari di quella contenuta nel Codice del Consumo (art. 140-bis) esclude, nel caso in cui venga presentata un'azione di classe, l'intervento del terzo ai sensi dell'art. 105 c.p.c., mentre consente l'adesione.

Tuttavia, la riforma ha modificato sostanzialmente la procedura di adesione all'azione di classe, prevedendola, non solo dopo l'ordinanza che ammette l'azione, come dispone l'art. 140 del Codice del Consumo, ma anche a seguito della sentenza di merito.

Pertanto, ai sensi dell'art. 840-quinquies, nella fase immediatamente successiva all'ordinanza che dispone l'ammissibilità dell'azione, il tribunale, al pari della disposizione contenuta nel Codice del Consumo, con l'ordinanza con cui ammette l'azione di classe fissa un termine perentorio (non inferiore a sessanta e non superiore a centocinquanta giorni dalla data di pubblicazione dell'ordinanza nel portale dei servizi telematici di cui all'art. 840-ter, secondo comma) per l'adesione all'azione e definisce i caratteri dei diritti individuali omogenei che consentono l'inserimento nella classe.

Coloro che aderiscono, pur non assumendo la qualità di parte, hanno il diritto di accedere al fascicolo informatico, di ricevere tutte le comunicazioni a cura della cancelleria e possono riassumere il procedimento, al venir meno delle parti ricorrenti (art. 840-bis, 6° comma).

Tuttavia, i diritti di coloro che aderiscono saranno accertati successivamente alla pronuncia della sentenza che accoglie l'azione di classe (i.e. dopo la sentenza di merito).

Come accennato, l'adesione è possibile, ai sensi dell'art. 840-sexies, anche nella fase immediatamente successiva alla sentenza che accoglie l'azione di classe; in tal caso, il tribunale, con la sentenza, dichiara aperta la procedura di adesione e fissa, anche in questo caso, un termine perentorio (non inferiore a sessanta e non superiore a centocinquanta giorni dalla data di pubblicazione della sentenza nel portale dei servizi telematici di cui all'art. 840-ter, secondo comma) per l'adesione all'azione di classe da parte dei soggetti portatori di diritti individuali omogenei, nonché per l'eventuale integrazione degli atti e per il compimento delle attività da parte di coloro che, ex art. 840-quinquies, 1° comma, hanno aderito nella fase immediatamente successiva all'ordinanza che ha ammesso l'azione.

Le modalità di adesione sono indicate nel successivo art. 840-septies c.p.c., il quale, sebbene si riferisca solo a quella successiva alla sentenza sul merito, si ritiene applicabile, in quanto compatibile, anche a quella successiva alla pronuncia sull'ammissibilità, in forza del rinvio contenuto all'art. 840-quinquies.

In particolare, l'adesione si propone tramite l'inserimento della relativa domanda nel fascicolo informatico, avvalendosi del portale dei servizi telematici gestito dal Ministero della giustizia.

La domanda di adesione, che produce gli effetti della domanda giudiziale e non richiede l'assistenza del difensore, va inviata mediante posta elettronica certificata (PEC) o servizio elettronico di recapito certificato qualificato (SERC) dell'aderente o del suo difensore e deve contenere, a pena di inammissibilità, l'indicazione del tribunale, i dati relativi all'azione di classe a cui si chiede di aderire, i dati identificativi dell'aderente, l'oggetto della domanda, i fatti costituenti le ragioni della domanda di adesione, gli eventuali documenti probatori, l'attestazione di veridicità, il conferimento del potere di rappresentanza al rappresentante comune degli aderenti, i dati necessari per l'accredito delle somme che verranno eventualmente riconosciute e infine la dichiarazione di aver provveduto al versamento del fondo spese di cui all'art. 840-sexies, primo comma, lett. h).

Essa, inoltre, è strutturata sulla base di un modulo conforme ad un modello standard approvato con decreto del Ministro della giustizia, che stabilisce anche le istruzioni per la sua compilazione, ed è presentata a norma dell'art. 65 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al d.lgs. 82/2005.

L'attività istruttoria

L'attività istruttoria, che si svolge prevalentemente nella fase di merito, è disciplinata dall'art. 840-quinquies il quale, riprendendo la disposizione contenuta nell'art. 702-ter, 5 comma, c.p.c., laddove dispone che «il tribunale, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione», prevede un'istruttoria deformalizzata.

L'art. 840-quinquies contiene, poi, alcune disposizioni specifiche in riferimento a determinati mezzi di prova.

In particolare, in merito all'ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c., la legge, in deroga al meccanismo ordinario, dispone che il giudice, su istanza motivata del ricorrente, contenente l'indicazione di fatti e (delle) prove ragionevolmente disponibili dalla controparte, sufficienti a sostenere la plausibilità della domanda, può ordinare al resistente l'esibizione delle prove rilevanti che rientrano nella sua disponibilità.

«La parte nei cui confronti è rivolta l'istanza di esibizione» (rectius, il resistente) «ha diritto di essere sentita prima che il giudice provveda» (art.840-quinquies, comma 9, c.p.c.) e il giudice può ordinare l'esibizione «nei limiti di quanto è proporzionato alla decisione», tenendo conto, tra l'altro, della «portata» e dei «costi» dell'esibizione.

Inoltre, sono previste garanzie e specifiche misure a favore del resistente per tutelare la riservatezza di quest'ultimo e dei terzi. Infatti, quando la richiesta o l'ordine di esibizione hanno per oggetto informazioni riservate, il giudice può disporre specifiche misure di tutela tra le quali l'obbligo del segreto, la possibilità di non rendere visibili le parti riservate di un documento, la conduzione di audizioni a porte chiuse, la limitazione del numero di persone autorizzate a prendere visione delle prove, il conferimento ad esperti dell'incarico di redigere sintesi delle informazioni in forma aggregata o in altra forma non riservata.

Nell'ipotesi in cui la parte rifiuti senza giustificato motivo l'ordine di esibire le prove o non adempia allo stesso il giudice potrà applicare una sanzione amministrativa pecuniaria da €. 10.000 a €. 100.000, devoluta alla Cassa delle ammende.

Ugualmente nell'ipotesi in cui una parte o un terzo distrugga prove rilevanti ai fini del giudizio, salvo che il fatto costituisca reato.

Il giudice, inoltre, in questi casi, potrà ritenere provato il fatto al quale la prova si riferisce.

Infine, con riferimento alla consulenza tecnica d'ufficio, la legge, anche qui in deroga alla disciplina generale, pone l'obbligo di anticipare le spese e l'acconto sul compenso, salvo che sussistano specifici motivi, a carico del resistente.

Sentenza di accoglimento

La seconda fase del procedimento, avente ad oggetto il merito, si conclude con una sentenza che ha natura di accertamento della responsabilità del resistente e che deve essere pubblicata nell'area pubblica del portale dei servizi telematici gestito dal Ministero della giustizia ai fini, anche, della decorrenza del termine perentorio per l'adesione all'azione.

Il tribunale, infatti, con la sentenza che accoglie l'azione di classe accerta che il resistente, con la condotta addebitatagli dal ricorrente, ha leso «diritti individuali omogenei», «definisce i caratteri di questi ultimi, specificando gli elementi necessari per l'inclusione nella classe», nonché stabilisce la documentazione che dovrà essere prodotta dagli aderenti al fine di fornire la prova della titolarità degli stessi.

Pertanto, come si è già detto, la sentenza non solo dichiara aperta la procedura di adesione, ma fissa anche il termine (perentorio) per l'adesione all'azione di classe da parte dei soggetti portatori di diritti individuali omogenei, nonché per l'eventuale integrazione degli atti da parte di coloro che hanno già aderito nella precedente fase successiva all'ordinanza che ha ammesso l'azione ex art. 840-quinquies.

Il tribunale, inoltre, con quest'ultima, deve nominare un giudice delegato, per gestire la procedura di adesione (e decidere sulle liquidazioni), un rappresentante comune degli aderenti (che deve avere i requisiti per la nomina a curatore fallimentare), nonché determinare, ove necessario, gli importi eventualmente dovuti da ciascun aderente a titolo di fondo spese (il cui mancato versamento determina l'inefficacia dell'adesione stessa, la quale opera di diritto ed è rilevabile d'ufficio).

Infine, nell'ipotesi in cui l'azione sia proposta da un soggetto diverso da un'organizzazione o da un'associazione inserita nell'elenco di cui all'art. 840-bis, comma 2, il tribunale con la sentenza che accoglie l'azione «provvede in ordine alle domande risarcitorie o restitutorie proposte dal ricorrente».

La fase di liquidazione

La fase successiva dell'azione di classe - nella quale il giudice delegato accoglie le domande di adesione e condanna con decreto il resistente al pagamento delle somme dovute - è disciplinata dall'art. 840-octies c.p.c.

Si tratta di una fase introdotta dalla riforma: il Codice del Consumo, infatti, prevede attualmente che sia direttamente il tribunale, con la sentenza di condanna, a liquidare in via equitativa le somme dovute agli aderenti all'azione oppure a stabilire un criterio omogeneo di calcolo per la loro liquidazione, assegnando alle parti un termine di novanta giorni per raggiungere un accordo sull'entità del risarcimento. Laddove, in quest'ultimo caso, non si raggiunge un accordo sul quantum del risarcimento, il giudice, su istanza di almeno una parte, liquida le somme dovute ai singoli aderenti.

L'art. 840-octies delinea, invece, il seguente procedimento:

- entro 120 giorni dallo spirare del termine per aderire all'azione, e dunque dopo la presentazione delle domande di adesione, il resistente può depositare una memoria difensiva al fine di prendere posizione su ciascuna domanda. I fatti dedotti dall'aderente e non specificatamente contestati dal resistente entro tale termine si considerano ammessi.

- entro i successivi 90 giorni, il rappresentante comune degli aderenti predispone e deposita un progetto dei diritti individuali omogenei degli aderenti, rassegnando per ciascuno le sue conclusioni e lo comunica agli aderenti e al resistente.

- entro 30 giorni dalla comunicazione del progetto il resistente e gli aderenti possono depositare ulteriori osservazioni scritte e documenti.

- entro i successivi 60 giorni, il rappresentante comune può apportare le eventuali variazioni al progetto dei diritti individuali omogenei e depositarlo nel fascicolo informatico.

- infine, il giudice delegato decide, con decreto motivato, sul rigetto o sull'accoglimento, anche parziale, delle domande di adesione e condanna il resistente al pagamento delle somme o delle cose dovute ad ogni aderente a titolo di risarcimento o di restituzione.

Il decreto costituisce titolo esecutivo ed è comunicato al resistente, agli aderenti, al rappresentante comune, nonché all'avvocato del ricorrente e/o dei ricorrenti delle cause riunite risultati vittoriosi.

Se il resistente intende provvedere spontaneamente al pagamento delle somme stabilite dal decreto deve versarle su un conto corrente bancario o postale intestato alla procedura (aperto con la sentenza di cui all'art. 840-sexies) vincolato all'ordine del giudice.

Dopodiché il giudice delegato ordinerà il pagamento delle somme sulla base del piano di riparto predisposto dal rappresentante comune (art. 840-duodecies c.p.c.).

Se, al contrario, il resistente non adempie spontaneamente, anche la procedura di esecuzione forzata deve essere esercitata, in forma collettiva, dal rappresentante comune (ai sensi dell'art. 840-terdecies c.p.c.). Infatti, non è mai ammessa l'esecuzione forzata di tale decreto su iniziativa di soggetti diversi dal rappresentante comune.

È evidente che nell'ambito di un'azione di classe la contestazione specifica dei fatti potrebbe rivelarsi molto onerosa e/o difficoltosa, tenuto conto del numero delle controparti e degli aderenti e del tempo a disposizione.

Pertanto, è opportuno che le imprese migliorino il sistema di gestione dei reclami e/o delle contestazioni e che vi sia una proficua collaborazione tra il difensore incaricato della difesa dell'impresa e il legale interno dell'azienda.

A tal riguardo l'art. 840-quinquies, comma 10, c.p.c., nel trattare dell'ordine di esibizione anche di informazioni riservate, precisa che «resta ferma la riservatezza delle comunicazioni tra gli avvocati incaricati di assistere la parte e il cliente stesso».

Infine, il giudice delegato può dichiarare con decreto motivato, reclamabile a norma dell'art. 840-undecies, la chiusura della procedura di adesione all'azione quando le ripartizioni agli aderenti effettuate dal rappresentante comune raggiungono l'intero ammontare dei crediti dei medesimi aderenti o quando nel corso della procedura risulta che non è possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese degli aderenti, anche tenuto conto dei costi che è necessario sostenere (art. 840-quinquiesdecies c.p.c.).

In quest'ultimo caso, gli aderenti sono liberi di agire individualmente per la parte non soddisfatta dei loro crediti per capitale e interessi.

Spese del procedimento

L'art. 840-novies c.p.c. disciplina il compenso derivante dalla cd. quota lite, cioè una somma che, a seguito del decreto del giudice delegato, il resistente deve corrispondere al rappresentante comune degli aderenti, al difensore del ricorrente e/o ai difensori dei ricorrenti delle cause riunite risultati vittoriosi.

Si tratta di un compenso ulteriore rispetto alla somma che il resistente deve pagare a ciascun aderente come risarcimento.

Tale somma, che costituisce una percentuale calcolata sull'importo complessivo che il resistente deve pagare a tutti gli aderenti, è stabilita in considerazione del numero dei componenti la classe in misura inversamente proporzionale (la percentuale scende all'aumentare del numero dei componenti), sulla base di sette scaglioni.

Tali percentuali possono essere modificate con decreto del Ministro della giustizia o dall'autorità giudiziaria che può aumentare o ridurre, in misura non superiore al 50%, l'ammontare del compenso liquidato sulla base della complessità dell'incarico, del ricorso all'opera di coadiutori, della qualità dell'opera prestata, della sollecitudine con cui sono state condotte le attività e del numero degli aderenti.

I mezzi di impugnazione

Gli artt. 840-decies e 840-undecies c.p.c. disciplinano le impugnazioni, rispettivamente, della sentenza che decide sull'azione di classe e del decreto che liquida le somme dovute agli aderenti all'azione.

L'art. 840-decies si limita a prevedere che la sentenza può essere impugnata dagli aderenti per revocazione sia quando ricorrono i presupposti previsti dall'art. 395 c.p.c. sia quando quest'ultima sia l'effetto della collusione tra le parti, disponendo che, in quest'ultimo caso, il termine per proporre revocazione decorre dalla scoperta della collusione.

Inoltre, gli atti di impugnazione della sentenza che accoglie l'azione di classe e i provvedimenti che decidono sulle impugnazioni devono essere pubblicati nell'area pubblica del portale telematico del ministero della giustizia.

L'art. 840-undecies prevede, invece, che avverso il decreto del giudice delegato di liquidazione delle somme dovute a ciascun aderente (ex art. 840-octies, comma quinto) può essere proposta opposizione con ricorso depositato presso la cancelleria del tribunale.

L'opposizione può essere proposta, nel termine di 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento, dal resistente, dal rappresentante comune e dagli avvocati che hanno diritto alla quota lite in base all'art. 840-novies; questi ultimi, però, possono opporsi solo per motivi riguardanti i compensi e le spese liquidate.

L'aderente, invece, può proporre azione individuale a condizione che la domanda di adesione sia stata revocata prima che il decreto di liquidazione sia divenuto definitivo nei suoi confronti (art. 840-undecies, nono comma).

Pertanto, l'aderente, che se si è visto respingere la domanda, dovrà prendere tempestivi contatti con il rappresentate comune per accertarsi se quest'ultimo intenda proporre opposizione, poiché in caso contrario dovrà revocare l'adesione prima che il decreto diventi definitivo ovvero prima della scadenza del termine per proporre quest'ultima, altrimenti perderà la possibilità di agire in via individuale in separato giudizio.

L'opposizione, poi, si propone con ricorso, che deve contenere l'indicazione del tribunale competente, le generalità del ricorrente, l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui essa si basa con le relative conclusioni e non sospende l'esecuzione del decreto, salvo che il tribunale, su istanza di parte, disponga diversamente, in presenza di «gravi e fondati motivi».

Il presidente del tribunale, nei cinque giorni successivi al deposito del ricorso, designa il giudice relatore e fissa con decreto l'udienza di comparizione entro 40 giorni dal deposito.

Inoltre, il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, deve essere comunicato ai «controinteressati» entro 5 giorni dal deposito del decreto, in modo da consentire al resistente e a qualunque interessato di depositare una memoria contenente l'esposizione delle difese in fatto e in diritto, costituendosi almeno 5 giorni prima dell'udienza.

Non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti, salvo che la parte dimostri di non averli potuto indicare o produrre prima, per causa ad essa non imputabile.

Il tribunale deciderà con decreto motivato entro 30 giorni dall'udienza di comparizione delle parti confermando, modificando o revocando il decreto impugnato.

Gli accordi transattivi

L'art. 840-quaterdecies disciplinando gli accordi transattivi tra le parti, interviene su un altro aspetto non trattato dal Codice del Consumo.

In particolare, viene stabilito che:

- il tribunale, fino alla discussione orale della causa, può formulare una proposta transattiva o conciliativa alle parti. Sia la proposta che l'eventuale accordo concluso sono pubblicati nell'area pubblica del portale telematico e comunicati, tramite PEC o servizio elettronico di recapito certificato (SERC), a ciascun aderente, in modo da consentire a questi ultimi di aderire all'accordo mediante dichiarazione inserita nel fascicolo informatico nel termine indicato dal giudice.

Tuttavia, nell'ipotesi in cui non tutti gli aderenti all'azione di classe decidano di accedere all'accordo, l'art. 840-bis, stabilisce che la rinuncia al diritto fatto valere in giudizio o la transazione conclusa tra le parti non pregiudica i diritti di quanti abbiano aderito all'azione nella fase iniziale. Questi ultimi, anche se le parti venissero meno, hanno infatti la possibilità di proseguire la causa entro un termine (non inferiore a sessanta giorni e non superiore a novanta giorni) assegnato dal tribunale, mediante la costituzione in giudizio con l'assistenza di un difensore. (Se il termine decorre inutilmente, il tribunale dichiara l'estinzione del procedimento e ciascun soggetto aderente potrà eventualmente agire individualmente o avviare una nuova azione di classe).

- il rappresentante comune degli aderenti, dopo la pronuncia della sentenza che accoglie l'azione, può stipulare con l'impresa o con l'ente gestore di servizi pubblici o di pubblica utilità uno schema di accordo di natura transattiva.

Lo schema è inserito nell'area pubblica del portale telematico ed è comunicato all'indirizzo PEC ovvero al servizio elettronico di recapito certificato (SERC) indicato da ciascun aderente.

Nei successivi 15 giorni ciascun aderente può inserire nel fascicolo informatico le proprie motivate contestazioni allo schema di accordo. Pertanto, nei confronti degli aderenti che non formulano contestazioni lo schema di accordo si considera non contestato.

Nei successivi trenta giorni il giudice delegato, avuto riguardo agli interessi degli aderenti, può autorizzare il rappresentante comune a stipulare l'accordo transattivo.

Il provvedimento del giudice delegato è inserito nell'area pubblica del portale telematico ed è comunicato all'indirizzo PEC ovvero al servizio elettronico di recapito certificato (SERC) indicato da ciascun aderente, nonché al ricorrente, così che nei successivi 15 giorni l'aderente che ha formulato le contestazioni può privare il rappresentante comune della facoltà di stipulare l'accordo transattivo. In difetto, l'accordo avrà ad oggetto i diritti degli aderenti ed impegnerà anche questi ultimi.

L'accordo transattivo autorizzato dal giudice delegato e stipulato dal rappresentante comune, nonché l'accordo transattivo cui aderisca il ricorrente costituiscono titolo esecutivo e titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale.

La disposizione sugli accordi transattivi si applica anche quando l'azione è promossa da un'organizzazione o un'associazione inserita nell'elenco di cui all'art. 840-bis, secondo comma e l'accordo può riferirsi anche al risarcimento del danno o alle restituzioni in favore degli aderenti che abbiano accettato o non si siano opposti all'accordo medesimo.

Azione inibitoria collettiva

Infine, in chiusura del nuovo titolo del codice di procedura civile dedicato ai procedimenti collettivi, l'art. 840-sexiesdecies c.p.c. disciplina l'azione inibitoria collettiva (con conseguente abrogazione degli artt. 139 e 140 del Codice del consumo, che ne dettano oggi la procedura).

In base alla riforma, con l'azione inibitoria collettiva chiunque abbia interesse, nonché le organizzazioni e le associazioni senza scopo di lucro, iscritte nell'elenco del Ministero della giustizia, possono chiedere al giudice di ordinare a imprese o enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità la cessazione di atti o comportamenti, posti in essere in pregiudizio di una pluralità di individui o di enti, nello svolgimento delle rispettive attività, o il divieto di reiterazione della condotta commissiva o omissiva.

La competenza è attribuita alle sezioni specializzate in materia di impresa del luogo ove ha sede la parte resistente.

La domanda si propone con ricorso, che è notificato anche al pubblico ministero, e il procedimento segue, in quanto compatibili, le forme del rito camerale ex artt. 737 ss. c.p.c.

Inoltre, è consentita l'adesione all'azione collettiva nelle forme dell'art. 840-quinquies c.p.c. in quanto compatibili.

Nel procedimento il giudice, che può avvalersi di dati statistici e presunzioni semplici, può ordinare alla parte soccombente, con la condanna alla cessazione della condotta omissiva o commissiva:

- su istanza di parte, il pagamento di una penale in caso di ritardo nell'adempimento della sentenza ex art. 614-bis c.p.c.;

- su richiesta del pubblico ministero o delle parti, l'adozione delle misure idonee ad eliminare o ridurre gli effetti delle violazioni accertate;

- su istanza di parte, di dare diffusione al provvedimento, mediante l'utilizzo dei mezzi di comunicazione ritenuti più appropriati.

Se l'azione inibitoria è proposta congiuntamente all'azione di classe si prevede che il giudice disponga la separazione delle cause.

Entrata in vigore

L'art. 7 della l. 31/2019 prevedeva che le disposizioni contenute nella suddetta legge sarebbero entrate in vigore decorsi dodici mesi dalla pubblicazione della stessa nella Gazzetta ufficiale, ovvero il 19 aprile 2020.

Con il c.d. decreto Milleproroghe 2020 (art. 8 del d.l. 162/2019, in corso di conversione), tuttavia, è stato previsto il differimento al 19 novembre 2020, a causa della mancata realizzazione del portale dei servizi telematici a cura del ministero della Giustizia. A seguito di numerosi rinvii, la nuova disciplina è entrata in vigore il 19 maggio 2021.

Le disposizioni contenute nella nuova disciplina non si applicheranno retroattivamente ai giudizi in corso né alle condotte illecite poste in essere prima della data di entrata in vigore, ma ai sensi del suddetto art. 7 continueranno ad applicarsi le disposizioni vigenti prima della medesima data di entrata in vigore.

In questo periodo, il Ministero della giustizia si occuperà di adeguare i sistemi informativi per garantire la funzionalità del processo telematico, nonché ad emanare la normativa di attuazione concernente l'elenco delle associazioni e organizzazioni abilitate ad innescare le azioni collettive.

Conclusioni

La riforma, seppur ampliando i soggetti che possono agire, ha il merito di tutelare i soggetti più deboli del rapporto contrattuale, presenta alcuni punti deboli.

In particolare, in primo luogo, il legislatore, non ha non ha colto l'occasione per far chiarezza in merito alla nozione di «diritti omogenei», sulla quale si è soffermata gran parte della dottrina e della giurisprudenza nel vigore della disciplina dell'azione di classe consumeristica.

Escludere, poi, la possibilità di convertire il rito sommario in ordinario, allo scopo di accelerare il processo, potrebbe rendere più difficile la difesa della parte resistente, laddove quest'ultima avesse l'esigenza di dar luogo ad un'istruttoria deformalizzata.

La previsione di forme di pubblicità del ricorso, dell'ordinanza che decide sull'ammissibilità e della sentenza che decide il merito, se da un lato ha la funzione di rendere noto il procedimento ai fini delle eventuali adesioni, dall'altro potrebbe pregiudicare l'immagine e la reputazione dell'impresa destinataria dell'azione, soprattutto nel caso di azioni abusive o pretestuose;

Pertanto, in ossequio alla logica della parità delle armi, sarebbe opportuno che anche la comparsa di risposta dell'impresa convenuta soggiacesse al medesimo regime pubblicitario.

Ugualmente, la previsione del versamento di un fondo spese per la validità della domanda di adesione rappresenta un peggioramento rispetto alla nuova disciplina, soprattutto nei casi in cui la class action è proposta per la tutela di microlesioni, poiché il fondo spese potrebbe essere maggiore del risarcimento e, dunque, dissuadere la sua proposizione.

Infine, ma non meno importante, l'adesione all'azione di classe anche dopo la pronuncia della sentenza di accoglimento, come ha rilevato la società Assonime, con la circolare n. 17 del 2019, dando luogo ad un sistema definito «a doppio turno», pone notevoli perplessità dal punto di vista delle garanzie.

In particolare, si afferma che in tal modo si corre il rischio che i soggetti danneggiati utilizzino l'azione in modo strategico, aspettando l'adozione della sentenza e unendosi alla classe solo nei casi di pronuncia favorevole.

La conseguenza, pertanto, sarebbe quella di una situazione di incertezza per l'impresa resistente che in corso di causa non avrebbe la possibilità di effettuare una stima puntuale degli importi che potrebbe essere tenuta a corrispondere a titolo di risarcimento, nonché quella di ostacolare la conclusione di accordi transattivi.

Riferimenti

Dossier del Servizio Studi sull'A.S. n. 844 e n. 583 – Disposizioni in materia di azione di classe;

  • F. Agnino – Aspetti processuali della nuova class action, in Il processo civile.it;
  • C. Asprella - Il regime dell'ammissibilità dell'azione di classe nelle nuove disposizioni introdotte con la legge 12 aprile 2019, n. 31, in Il processo civile.it;
  • L. Caputo – M. Caputo, La nuova class action (l. 12 aprile 2019, n. 31), Milano, 2019;
  • C. Consolo – M. Stella, La nuova azione di classe, non più solo consumeristica, in una proposta di legga da non lasciar cadere, in Rivista di Diritto Bancario;
  • C. Consolo, La terza generazione di azione di classe fra giuste articolate novità e qualche aporia tecnica, in Rivista di Diritto Bancario;
  • Circolare Assonime n.17 del 29 luglio 2019 “Disciplina dell'azione di classe e dell'azione inibitoria collettiva nel Codice di procedura civile”;
  • M. Deodati – I diritti individuali omogenei nella nuova legge sull'azione di classe (class action), in www.segretaricomunalivighenzi.it;
  • R. Giordano – Brevi note sula nuova class action, in Il processo civile.it;
  • M. Malavasi – G. Ricciardi,La nuova class action: analisi delle principali disposizioni,in www.dirittobancario.it;
  • A. Palmieri, Class Action in G.U.: nuovi orizzonti per la tutela collettiva, in www.quotidianogiuridico.it;
  • V. Pisapia – L'azione di classe: strategie difensive per le imprese potenziali destinatarie. Prime considerazioni, in www.dirittobancario.it;
  • G. Scarselli – La nuova azione di classe di cui alla legge 12 aprile 2019 n. 31, inwww.judicium.it.

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