Green pass: la lunga marcia del decreto-legge 21 settembre 2021, n. 127

27 Settembre 2021

Il 16 settembre 2021 il Consiglio dei Ministri ha approvato all'unanimità un decreto-legge che estende il Green pass a tutti gli ambiti lavorativi pubblici e privati; dopo alcune limature, il decreto è stato firmato dal Presidente della Repubblica e pubblicato come d.l. 21 settembre 2021, n. 127. La lunga marcia verso la vaccinazione più ampia possibile della popolazione italiana era iniziata con il d.l. 1° aprile 2021, n. 44, convertito in l. 28 maggio 2021, n. 76, il cui art. 4 ha sancito l'obbligo di vaccinazione degli esercenti le professioni sanitarie...
Il d.l. 17 settembre 2021 ed i suoi precedenti: il d.l. 44/2021, l'obbligo di vaccino per il personale sanitario: persone interessate, procedure, effetti, le integrazioni del d.l. 122/2021.

Il 16 settembre 2021 il Consiglio dei Ministri ha approvato all'unanimità un decreto-legge che estende il Green pass a tutti gli ambiti lavorativi pubblici e privati; dopo alcune limature, il decreto è stato firmato dal Presidente della Repubblica e pubblicato come d.l. 21 settembre 2021, n. 127.

La lunga marcia verso la vaccinazione più ampia possibile della popolazione italiana era iniziata con il d.l. 1° aprile 2021, n. 44, convertito in l. 28 maggio 2021, n. 76, il cui art. 4 ha sancito l'obbligo di vaccinazione degli esercenti le professioni sanitarie e degli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, farmacie, parafarmacie e studi professionali.

Il decreto presenta dei problemi sul piano interpretativo, per quanto riguarda la platea degli obbligati, e sul piano applicativo (sul tema vedi amplius DE MATTEIS, Prime notazioni sul d.l. 1° aprile 2021, n. 44 sull'obbligo di vaccino del personale sanitario, in questa Rivista, 6 aprile 2021).

Sotto il primo profilo la dottrina ha rilevato:

a) mentre la espressione “esercenti le professioni sanitarie” non presenta problemi, perché queste sono indicate da specifiche leggi a carattere nazionale, la espressione “operatori di interesse sanitario” non può essere intesa nel senso dell'unica sede legislativa che la menziona, l'art. 1, comma 2, legge 1 febbraio 2006, n. 43, perché questa ne demanda la disciplina alle autorità regionali, rinvio incompatibile con la competenza esclusiva dello Stato in materia di pandemia (da ultimo, sulla competenza esclusiva dello Stato nella lotta contro la pandemia, ex art. 117,lett. q) Cost., Corte cost. n. 37/2021 sulla Val d'Aosta);

b) si impone perciò una interpretazione teleologica, in relazione allo scopo del decreto, contenimento del rischio pandemico, che comprenda tutti coloro che lavorano in presenza nelle strutture indicate, come ad es. il personale di pulizia, anche se dipendente da aziende esterne. Non avrebbe senso obbligare i dipendenti, e lasciare liberi tutti gli altri che a vario titolo circolano per gli ospedali per motivi lavorativi (RIVERSO, Note in tema dei soggetti obbligati ai vaccini a seguito del decreto-legge n. 44/2021, in Conversazioni di San Cerbone, a cura di V.A. POSO, 12 aprile 2021).

Sulla prima obiezione rileviamo che il suo fondamento è confermato dall'art. 3, comma 2, inserito dalla legge 16 settembre 2021, n. 126 di conversione del decreto-legge 105, il quale prescrive che ogni nuovo o diverso utilizzo delle certificazioni verdi Covid 19 è disposto esclusivamente con legge dello Stato, con esclusione quindi di qualsiasi potestà regionale in materia di obbligo vaccinale. La circostanza che la legge 28 maggio 2021, n. 76 di conversione del decreto-legge 44 abbia precisato che per operatori di interesse sanitario si intendono proprio quelli della legge del 2006, costituisce una asimmetria incompatibile con i principi generali della materia, che va risolta in sede interpretativa.

Sulla seconda prospettazione rileviamo che essa è stata recepita dall'art. 2 del decreto-legge 10 settembre 2021, n. 122, il quale ha esteso l'obbligo vaccinale a tutti soggetti, anche esterni, che svolgono a qualsiasi titolo la propria attività lavorativa nelle strutture residenziali, socio-assistenziali e socio sanitarie. Non sono però menzionate le strutture sanitarie, creando così una contraddizione con l'art. 4 del d.l. 44. Per chi è cresciuto nel culto del principio di parità di tutela a parità di rischio, più volte enunciato dalla Corte costituzionale, è una opzione inaccettabile, successivamente risolta dal d.l. 127.

E sono significative della comune attesa sia la ordinanza 9 aprile 2021 del commissario straordinario per la campagna vaccinale nazionale, immediatamente successiva al decreto-legge, che pone sullo stesso piano delle priorità vaccinali il personale sanitario e tutti coloro che operano in presenza presso strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private; sia la ordinanza del Tribunale di Roma 28 luglio 2021, che ha dichiarato legittima la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per rifiuto del vaccino della dipendente di una RSA che non rivestiva la qualifica di personale sanitario o di interesse sanitario, così applicando una interpretazione teleologica del decreto-legge.

Risulta poi che nella prassi le strutture private menzionate nel d.l. 44 hanno applicato il criterio della vaccinazione universale del proprio personale, sanitario e non sanitario.

È stata criticata anche la procedura applicativa come estremamente farraginosa (POSO V.A., Dei vaccini e delle “pene” per gli operatori sanitari. Prime osservazioni sul D.L. 1° aprile 2021, n. 44, in Riv. Labor, 10 aprile 2021), e difatti i primi provvedimenti di sospensione sono stati comminati circa cinque mesi dopo dalla vigenza del decreto. Procedura contorta in omaggio al mito paralizzante della privacy che, secondo una FAQ della relativa Autorità, non consentirebbe al datore di lavoro di avere notizia diretta dei lavoratori renitenti ai vaccini verso i quali solo lui può prendere i provvedimenti di sospensione. Eppure un approccio meno totemico alla tutela della privacy ci sembra possibile, sulla base dell'art. 9, comma 2, del Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio 27 aprile 2016, n. 679 in tema di GDPR (General Data Protection Regulation), che esclude dai propri vincoli il trattamento di dati sensibili necessario per motivi di interesse pubblico nel settore della sanità pubblica, come le minacce per la salute a carattere transfrontaliero (lett. i), ed in genere di protezione sociale e sicurezza sociale (lett. b). E l'art. 17-bis inserito dalla legge 24.4.2020, n. 27 di conversione del d.l. 18/2020, proprio facendo riferimento all'art. 9, comma 2, del GDPR, consente per il periodo emergenziale che i titolari del trattamento comunichino a soggetti anche privati, quali i datori di lavoro (Gruppo di lavoro ISS bioetica covid-19, Protezione dei dati personali nell'emergenza covid-19, versione 28 maggio 2020), i dati sensibili necessari per la migliore gestione dei flussi informativi al fine della lotta alla pandemia. Un'altra via di soluzione, prevista in generale dallo stesso art. 9, è quella della prestazione del consenso all'utilizzo dei dati personali, largamente praticata nella vita di ogni giorno; i vaccinati non avrebbero difficoltà a rendere pubblico il loro stato, considerato normalmente in chiave positiva. Tanto vale allora consentire al datore di lavoro l'accesso diretto e rapido ai dati relativi alla vaccinazione, passaggio indispensabile per l'operatività del d.l. 44. La procedura farraginosa può solo ritardare, non eliminare la conoscenza del dipendente no vax. È questa la via seguita dal d.l. 111/2021, che affida il controllo del green pass direttamente al datore di lavoro, facendo tesoro dell'esperienza pregressa con il personale sanitario.

Il d.l. 52/2021: le basi del Green pass

L'art. 9 d.l. 22 aprile 2021, n. 52, conv. in l. 17 giugno 2021, n. 87, definisce le caratteristiche e le funzioni della certificazione verde Covid-19, c.d. Green pass. Esso consiste in un documento informatico o/e cartaceo che attesta uno dei seguenti tre stati: avvenuta vaccinazione, oppure guarigione con sviluppo di anticorpi, oppure test antigenico o molecolare con esito negativo. Il decreto non contiene disposizioni applicative. Appare dunque come il fondamento di un progetto espansivo che si costruirà con i provvedimenti successivi, tutti inseriti nella trama di questo unico art. 9, come suo sviluppo.

Il puzzle normativo può essere così ricostruito:

  • art. 9 d.l. 52: definizione del green pass;
  • art. 9-bis, aggiunto del d.l. 23 luglio 2021, n. 105, conv. in legge 16 settembre 2021 n. 126, pone il green pass come condizione per accedere a determinati servizi e attività: ristorazione, spettacoli, competizioni sportive, musei, etc.;
  • art. 9-ter, aggiunto dal d.l. 111, attacca il mondo del lavoro iniziando dal personale scolastico;
  • art. 9-ter-1, aggiunto dal d.l. 122, estende l'onere di green pass per chiunque acceda alle strutture delle istituzioni scolastiche;
  • art. 9-ter-2, aggiunto dal medesimo decreto 122, per chiunque acceda alle strutture della formazione superiore;
  • art. 9-quater, aggiunto dall'art. 2 del d.l. 111, per le attività di trasporto;
  • art. 4 d.l. 1° aprile 2021, n. 44 sull'obbligo di vaccino per il personale sanitario;
  • art. 4-bis, inserito dal d.l. 122, per l'obbligo di vaccino per chiunque acceda alle strutture residenziali, socio-assistenziali e socio-sanitarie;
  • art. 9-quinquies, aggiunto dall'art. 1 d.l. 127/2021 per tutto il personale delle amministrazioni pubbliche, nonché per tutti i soggetti che svolgono a qualsiasi titolo attività lavorativa, di formazione o volontariato presso le amministrazioni pubbliche;
  • art. 9-sexies, aggiunto dell'art. 2 del d.l. 127 per i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, gli avvocati e procuratori dello Stato, i componenti delle commissioni tributarie; non per gli avvocati e i difensori;
  • art. 9-septies, aggiunto dall'art. 3 d.l. 127 per chiunque svolge un'attività lavorativa nel settore privato nonché per tutti i soggetti che svolgono a qualsiasi titolo la propria attività lavorativa o di formazione o di volontariato nel settore privato.

Il Green pass non è un obbligo di vaccino mascherato, ma un documento che attesta l'avvenuta vaccinazione, che trova la sua fonte altrove, nella libera scelta, o in un onere, o in un obbligo; è vero però che il suo obiettivo è di incrementare la vaccinazione. Vi sono delle ragioni per la preferenza verso tale strumento incentivante, in luogo dell'obbligazione incondizionata ed assoluta della vaccinazione, autonomamente sanzionata. Come ricordato dalla Corte costituzionale, vi è oggi, in tutto il mondo occidentale, una più spiccata sensibilità per i diritti di autodeterminazione individuale anche in campo sanitario (sent. 5/2018, punto 8.2.3) che ha portato a prediligere politiche vaccinali basate sulla sensibilizzazione e sulla raccomandazione; ma ove lo strumento della persuasione risulti carente sul piano dell'efficacia, il ricorso alla dimensione dell'obbligo è costituzionalmente legittimo (idem, punto 8.2.4). Ne risulta una dimensione puramente opportunistica nella scelta dell'uno o dell'altro strumento, identici nella funzione, con la conseguenza che identica è la responsabilità risarcitoria dello Stato in caso di eventi avversi.

Peraltro, secondo autorevole dottrina (LA PECCERELLA (a cura di), Infortuni sul lavoro e malattie professionali, Pisa 2021, 141 segg.), l'art. 4 del d.l. 44 non costituisce attuazione dell'art. 32 Cost., perché non pone un obbligo incondizionato di vaccino, ma detta solo una condizione per la prestazione, con effetti solo sul rapporto. In tal modo le differenze tra obbligo e green pass si attenuano, e questo secondo strumento presenta i vantaggi di consentire soluzioni alternative al vaccino, quali i tamponi o la prova degli anticorpi sviluppati da pregressa infezione; consente un controllo diffuso della sua osservanza, per mano di una pluralità di soggetti, anche privati, quali i singoli datori di lavoro, o congiunta del responsabile della struttura e del datore di lavoro dell'agente esterno; rientra comunque nella responsabilità dello Stato per eventuali eventi esterni, come da legge 210/1992 (da cui risulta per tabulas la possibilità di eventi avversi per qualsiasi vaccino) estesa dalla Corte costituzionale anche ai vaccini semplicemente raccomandati, come è sicuramente quello contro il Covid 19 in esame.

Il d.l. 105: il Green pass per le attività libere

Il d.l. 23 luglio 2021 n. 105, convertito in legge 16 settembre 2021 n. 126, pone l'onere del green pass per una serie di attività libere. Il suo articolo 3, come integrato dalla legge di conversione, inserisce, come cennato, dopo l'art. 9 del d.l. 52, un articolo 9 bis in forza del quale a far data del 6 agosto 2021 è consentito in zona bianca l'accesso ai seguenti servizi e attività solo ai soggetti muniti di green pass:

a) servizi di ristorazione svolti da qualsiasi esercizio, di cui all'articolo 4, per il consumo al tavolo, al chiuso, ad eccezione dei servizi di ristorazione all'interno di alberghi e di altre strutture ricettive riservati esclusivamente ai clienti ivi alloggiati;

b) spettacoli aperti al pubblico, eventi e competizioni sportivi;

c) musei, altri istituti e luoghi della cultura e mostre;

d) piscine, centri natatori, palestre, sport di squadra, centri benessere, anche all'interno di strutture ricettive, limitatamente alle attività al chiuso;

e) sagre e fiere, convegni e congressi;

f) centri termali, salvo che per gli accessi necessari all'erogazione delle prestazioni rientranti nei livelli essenziali di assistenza e allo svolgimento di attività riabilitative o terapeutiche, parchi tematici e di divertimento;

g) centri culturali, centri sociali e ricreativi, di cui all'articolo 8-bis, comma 1, limitatamente alle attività al chiuso e con esclusione dei centri educativi per l'infanzia, compresi i centri estivi, e le relative attività di ristorazione;

g-bis) feste conseguenti alle cerimonie civili o religiose;

h) attività di sale gioco, sale scommesse, sale bingo e casinò, di cui all'articolo 8-ter;

i) concorsi pubblici.

Da notare che già nella disciplina del decreto-legge 105 sono i titolari o gestori dell'attività che hanno la responsabilità diretta del controllo.

Anche questo testo normativo contiene delle asimmetrie difficilmente spiegabili con il principio di parità di rischio, perché non pone un onere di green pass a carico di chi lavora nelle strutture per l'accesso alle quali è richiesto, ai clienti, il Green pass, asimmetria risolta ora con il d.l. 127.

Il d.l. 111/2021 e il mondo del lavoro; il personale scolastico e le attività di trasporto; il ruolo dei datori di lavoro

Con il d.l. 6 agosto 2021, n. 111, già approvato da un ramo del Parlamento per la sua conversione in legge, il Governo applica il metodo del green pass al mondo del lavoro, iniziando dal personale scolastico e inserendo un art. 9 ter dopo l'art. 9-bis del d.l 22 aprile 2021, n. 52, conv. in legge 17 giugno 2021, n. 87, ed un art. 9-quater per il mondo dei trasporti. La terminologia e metodologia è profondamente diversa da quella del d.l. 44, della cui esperienza fa tesoro:

  • qualifica le misure corrispondenti a quelle base dei protocolli come misure minime di sicurezza (art. 1), e così sancendone l'insufficienza e la necessità di misure ulteriori, più efficaci, come il vaccino;
  • non parla, come il d.l. 44, di obbligo vaccinale, ma solo di verifica delle condizioni di salute quale condizione per svolgere determinate attività, così inserendosi in un solco di consolidata tradizione del sistema di sicurezza sul lavoro, che conosce sia trattamenti sanitari predeterminati per legge (come ad es. la vaccinazione antitetanica per le categorie di lavoratori indicati nell'art. 1 della legge 5 marzo 1963, n. 292, o quella antitubercolare come da legge 1088/1970), sia trattamenti non predeterminati, come tutti quelli rimessi al prudente giudizio del medico competente, nell'ambito della sorveglianza sanitaria prevista dall'art. 41 t.u. 81/2008, che possono comprendere anche esami invasivi, che richiedano l'introduzione di liquidi di contrasto e sostanze estranee; l'interessato è ovviamente libero di rifiutare il trattamento prescritto dal medico, può fare anche ricorso, ma in mancanza di ricorso o in caso di conferma non otterrà l'idoneità alla mansione, perché atto libero non significa atto privo di conseguenze;
  • incarica della verifica e controllo di tali condizioni i dirigenti scolastici, i quali a norma dell'art. 2 d.lgs. 81 rivestono la qualità di datore di lavoro (art. 9-ter, comma 4), nonché i titolari, o loro delegati, delle aziende di trasporto (art. 9-quater, comma 3).
Il d.l. 122: estensione dell'obbligo di vaccino e del green pass a qualsiasi soggetto che acceda nei luoghi protetti

Il citato decreto-legge 10 settembre 2021, n. 122 è intervenuto su entrambi i fronti, quello dell'obbligo di vaccino e quello dell'onere del Green pass.

Sul primo fronte, l'art. 2 di detto decreto 122 ha integrato l'art. 4 del d.l. 44/2021 con un art. 4-bis, il quale pone l'obbligo di vaccino a carico di tutti i soggetti, anche esterni, che svolgono a qualsiasi titolo la propria attività lavorativa nelle strutture di cui all'art. 1-bis della legge di conversione n. 76/2021 e cioè le strutture residenziali, socio-assistenziali e socio sanitarie, a partire dal 10 ottobre 2021. Il controllo dell'obbligo è affidato ai responsabili di tali strutture nonché ai datori di lavoro dei soggetti che a qualunque titolo svolgono nelle predette strutture attività lavorativa sulla base di contratti esterni.

Lo stesso art. 2 dispone poi al comma 4 che agli esercenti le professioni sanitarie e agli operatori di interesse sanitario nonché ai lavoratori dipendenti dalle strutture di cui all'art. 1-bis si applicano le disposizioni di cui all'art. 4, ad eccezione del comma 8, cioè si salta la fase della ricerca di mansioni inferiori e si passa direttamente alla sospensione senza retribuzione. Ci sembra una presa d'atto della mappatura del rischio operata dalla circolare 13/2020 dell'Inail, secondo cui, in ragione della natura ubiqua del rischio, che risiede nell'aggregazione sociale, interna con altri colleghi di lavoro o esterna con clienti e simili (sul tema vedi DE MATTEIS, Art. 32 Cost.: diritti e doveri in tema di vaccinazione anti Covid, in questa Rivista, 15 febbraio 2021; dello stesso A., Tutela infortunistica: perché coronavirus sì e influenza no, ivi, 13 luglio 2020), è arduo reperire mansioni immuni da tale rischio.

Quanto al Green pass, l'art. 1 opera due tipi di estensioni: una in senso orizzontale, ampliando le strutture interessate, l'altra in senso soggettivo, ampliando in maniera universalistica le persone obbligate.

A tale scopo aggiunge dopo l'art. 9-ter della legge 87/2021 un art. 9-ter.1 che estende le disposizioni di cui all'articolo 9-ter al personale dei servizi educativi per l'infanzia, dei centri provinciali per l'istruzione degli adulti, dei sistemi regionali di istruzione e formazione professionale, dei sistemi regionali che realizzano i percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore e degli istituti tecnici superiori. Le verifiche sono effettuate dai dirigenti scolastici e dai responsabili delle istituzioni menzionate.

Al comma 2 applica il medesimo criterio universalistico che abbiamo visto per l'obbligo di vaccino nelle strutture socio-assistenziale al green pass, che deve essere esibito non solo dal personale scolastico, ma da chiunque accede alle strutture delle istituzioni scolastiche, educative e formative di cui all'articolo 9-ter, nonché alle strutture appartenenti alle istituzioni universitarie e dell'alta formazione artistica musicale coreutica nonché alle altre istituzioni di alta formazione collegate alle università (art- 9-ter.2).

Il controllo dei green pass compete ai dirigenti scolastici, nonché, per le persone esterne che accedono per motivi di servizio o di lavoro, anche ai rispettivi datori.

Il d.l. 127: il cerchio si chiude a tutti i lavoratori pubblici e privati

L'art. 1 del d.l. 127 ha inserito, dopo l'articolo 9-quater del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 87, un art. 9-quinquies, con il quale pone l'onere, ai fini dell'accesso nei luoghi in cui si svolge l'attività lavorativa, di possedere e di esibire, su richiesta, la certificazione verde Covid-19, a:

  • al personale delle amministrazioni pubbliche privatizzato, di cui all'art. 1, comma 2, d.lgs. 165/2001, al personale delle Autorità amministrative indipendenti, ivi comprese la Commissione nazionale per la società e la borsa e la Commissione di vigilanza sui fondi pensione, della Banca d'Italia, nonché degli enti pubblici economici e degli organi di rilievo costituzionale;
  • al personale del comma 3, quello c.d. a-contrattualizzato;
  • a tutti i soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa, o di formazione o di volontariato presso le amministrazioni, anche sulla base dei contratti esterni;
  • ai titolari di cariche elettive o di cariche istituzionali di vertice, eccetto gli organi costituzionali, pur sollecitandoli ad adeguarsi nell'ambito della loro autodichia (invito che risulta già accolto dalla Camera dei Deputati ed in corso di istruttoria al Senato);
  • non ai soggetti esenti dalla campagna vaccinale sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del Ministero della salute.
  • L'art. 2 ha inserito un art. 9-sexies che prevede l'onere del green pass per accedere ai rispettivi uffici per i magistrati ordinari, amministrativi, contabili, militari e i componenti delle commissioni tributarie, così specificando il riferimento contenuto già nell'art. 1 al personale a-contrattualizzato di cui all'art. 1, comma 3, legge 165/2001; l'onere non sussiste per gli avvocati, consulenti tecnici, periti, parti e testimoni. Il personale di cancelleria rientra nell'art. 9-quinquies.

L'art. 3 estende, con l'art. 9-septies, l'onere del green pass a chiunque svolga un'attività nel settore privato, come dipendente, autonomo, o a qualsiasi altro titolo.

E così il cerchio si chiude.

Disposizioni comuni:

  • il controllo è demandato a ciascun datore di lavoro; nel caso di soggetti esterni, altresì ai rispettivi datori di lavoro; a questo scopo i datori di lavoro definiscono (=devono definire), entro il 15 ottobre, le modalità operative per l'organizzazione delle verifiche del green pass, prevedendo prioritariamente, ove possibile, che dette verifiche siano effettuate nel momento del'accesso ai luoghi di lavoro, individuando con atto formale i soggetti incaricati dell'accertamento delle eventuali violazioni; l'inciso “ove possibile” consente modalità diverse;
  • per i lavoratori le conseguenze sono duplici: se il lavoratore non entra perché sfornito di green pass, è considerato assente senza diritto alla retribuzione ma con diritto alla conservazione del posto; non vi sono conseguenze di carattere disciplinare; se entra nonostante sia sfornito di green pass sanzione amministrativa da 600 a 1.500 euro, irrogata dal Prefetto, oltre sanzioni disciplinari se previste dai rispettivi ordinamenti. Sia per i dipendenti pubblici sia per i privati l'assenza ingiustificata scatta dal primo giorno (la stesura definitiva del d.l. 127 ha soppresso all'art. 1, comma 5, la precedente dizione “dal quinto giorno”). Rimane invece la decorrenza dal quinto giorno per i dipendenti delle aziende minori (art. 3, comma 7).

In sede di stesura finale, è stato soppresso qualsiasi riferimento preesistente alla sospensione del rapporto (comma 6: “sono sospesi”, comma 7 “la sospensione è comunicata al lavoratore”) probabilmente per eliminare possibili motivi di contenzioso. Rimane l'assenza ingiustificata e la privazione della retribuzione e di qualsiasi emolumento.

Per il datore di lavoro che non organizzi i controlli o non li effettui la sanzione amministrativa è determinata mediante rinvio all'art. 4 del d.l. 25 marzo 2020 n. 19, convertito in legge 22 maggio 2020 n. 35, e cioè da 400 a 1000 euro, raddoppiabili in caso di reiterazione.

I dubbi sulla legittimità delle disposizioni che precedono e le risposte della giurisprudenza

Una minoranza molto rumorosa, amplificata dai media, contesta la legittimità delle misure che precedono, sia in piazza, sia davanti all'autorità giudiziaria.

Davanti ai giudici ordinari vengono impugnate dai diretti interessati le misure di sospensione comminate a norma del decreto-legge 44; davanti alla giurisdizione amministrativa la legittimità della legge in sé o i provvedimenti amministrativi applicativi.

Sono ormai numerosi i provvedimenti dell'autorità giudiziaria ordinaria che respingono le doglianze dei sospesi. Rinviamo per la loro disamina agli scritti in altra sede (DE MATTEIS, Relazione al corso P21066 della Scuola Superiore della Magistratura, La copertura assicurativa dell'Inail ed il rischio di contagio da coronavirus; gli obblighi datoriali presso la sede produttiva e nei confronti dei lavoratori in smart working. di prossima pubblicazione sulla Riv. inf. mal. prof.). Notiamo solo che alcuni di questi provvedimenti confermano la legittimità della sospensione anche per il periodo antecedente al 1° aprile 2021, data di vigenza del decreto-legge 44, e quindi con un fondamento giustificativo diverso, costituito da diverse norme del d.lgs. 81 del 2008, secondo i suggerimenti della dottrina (per i quali rinviamo ai vari scritti citati; in sostanza si tratta di due percorsi: quello che consente la disponibilità dei diritti fondamentali da parte del titolare - capostipite Ichino -, e quello che individua nel testo unico sicurezza varie norme, in particolare, artt. 15, 20 e 279 che già prevedono la somministrazione di vaccini efficaci (capostipite Guariniello).

I TAR a loro volta hanno respinto i ricorsi o per difetto dell'urgenza, o, come nel caso del TAR Friuli Venezia-Giulia 10 settembre 2021, n. 262, confutando nel merito i singoli argomenti dei ricorrenti con motivazione estremamente articolata e approfondita.

Il Consiglio di Stato, con ordinanza del 17 settembre 2021 n. 5130, ha respinto l'appello avverso l'ordinanza cautelare del TAR Lazio 4281/2021.

Anche le giurisdizioni sovranazionali sono nello stesso senso.

Già la Corte europea dei diritti dell'uomo, con la sentenza della grande camera 8 aprile 2021 Vavřička contro Repubblica ceca (in Foro it. 2021, IV, 353, con nota di C. BIONDO, Obiezione di coscienza ai vaccini, solidarietà e margine di apprezzamento. A proposito della sentenza Vavricka contro Repubblica ceca.), aveva affermato il principio che gli Stati hanno l'obbligo di porre l'interesse superiore del bambino, ed anche dei bambini come categoria, al centro di tutte le decisioni che riguardano la loro salute ed il loro sviluppo. Per quanto riguarda l'immunizzazione, l'obiettivo deve essere quello di garantire che ogni bambino sia protetto contro le malattie gravi; per coloro che non possono ricevere questo trattamento la protezione risiede nella copertura indiretta derivante dall'immunità di gregge. Ha concluso che le misure denunciate dai ricorrenti, condanna al pagamento di un'ammenda e mancata ammissione alla scuola materna per non aver vaccinato i figli, valutate nel contesto del sistema nazionale, sono ragionevolmente proporzionate agli scopi legittimi perseguiti dallo stato ceco. Pertanto, tale pronuncia nutre il dovere di solidarietà sociale di cui agli artt. 2 e 32 della nostra Costituzione di un ulteriore specifico argomento: la vaccinazione spontanea generalizzata dei soggetti sani quale misura di protezione dei soggetti fragili che non possono vaccinarsi.

La stessa Corte, con decisione del 24 agosto 2021, ha respinto, per difetto di urgenza, la richiesta di misure ad interim di 672 vigili del fuoco francesi contro il green pass che in quel Paese coinvolge anche tali lavoratori. Si può ricordare che la Francia ha adottato, con legge del 21 luglio 2021, l'onere di green pass per varie attività, con modalità analoghe a quelle del nostro Paese; che l'art. 61 della Costituzione vigente del 4 ottobre 1958 attribuisce al Conseil Constitutionel un ruolo di verifica preventiva della legittimità costituzionale di una legge prima della sua promulgazione, e che detto organo costituzionale ha validato il 5 agosto la legge francese sul Green pass.

Conclusioni

Non si può non ammirare l'abilità strategica nel perseguire l'obiettivo della vaccinazione più diffusa possibile, in un contesto incerto ed in parte oppositivo, con successivi interventi parziali, frammentari e contraddittori, propedeutici dell' intervento risolutivo finale, come il governo ha infine operato con il decreto-legge 127, senza incontrare significativa resistenza nella propria maggioranza e nel Paese, proprio perché preparati dalla lunga marcia di avvicinamento all'obiettivo finale.

Questo intervento legislativo risolve molte delle questioni sulle quali la dottrina si era lacerata, in primis la posizione del datore di lavoro di fronte al vaccino: può egli pretendere che i propri dipendenti si vaccinino, ed in caso di risposta negativa, come si concilia essa con la sua obbligazione della massima sicurezza possibile nei confronti degli altri dipendenti e dei terzi? Ed ancora: il valore normativo dei protocolli condivisi alla luce dell'art. 2087 cod. civ., e dell'art. 29-bis legge 40/2020, a fronte di una nuova misura più efficace, come il vaccino, e tuttavia non prevista dall'accordo del 6.4.2021, proprio per il mancato accordo delle parti pur sempre private che concorrono ai protocolli?

A questi ed altri quesiti, cui il decreto 122 aveva dato una risposta parziale estendendo l'obbligo di vaccino, il decreto 127 dà una risposta nuova, composita e generale: onere di provare l'immunizzazione tramite la vaccinazione, il tampone o la guarigione. Ove si continuasse a ritenere che il personale di pulizia degli ospedali non rientri nella platea degli obbligati ex d.l. 44, comunque essi sarebbero obbligati a provare l'immunizzazione tramite green pass ex decreto 127 (si è già detto della posizione di RIVERSO sulla interpretazione teleologica del d.l. 44; è stato obiettato - BASILICO M., Il punto sulla disciplina dell'obbligo vaccinale nel rapporto di lavoro. Considerazioni all'indomani della conversione del decreto-legge 44/2021, in Giustiziainsieme, 15 giugno 2021 -, che la legge di conversione non consente interpretazioni estensive dell'espressione “operatori di interesse sanitario”. Lo stesso Autore però conviene che l'obbligo di vaccino deve sussistere anche nei confronti del personale non sanitario che operi negli ospedali, ed individua il fondamento giuridico dell'obbligo nell'art. 279 t.u. sicurezza).

Certo, poiché l'obiettivo rimane sempre quello della massima protezione tramite vaccino di tutti i lavoratori, bisogna fargli un trattamento preferenziale: viene esclusa la possibilità di licenziamento, prospettata da una parte della dottrina, secondo i principi generali, in caso di impossibilità prolungata della prestazione; esclusa la sospensione, con i suoi benefici effetti sull'anzianità di servizio; qualificazione dei lavoratori no green pass come assenti con diritto alla conservazione del posto; limitazione della mancata retribuzione, in difetto di controprestazione, dal 15 ottobre al 31 dicembre 2021; possibilità di rientro immediato in qualsiasi momento effettui il Green pass.

Di contro le esigenze organizzative e produttive del datore di lavoro vengono in parte sacrificate: impossibilità di assunzione di lavoratori in sostituzione, possibilità normale in caso di lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto; ammissibilità solo nelle imprese con meno di 15 dipendenti e per un periodo molto limitato, dieci giorni rinnovabili una sola volta. Avendo definito i lavoratori renitenti al green pass come lavoratori con diritto alla conservazione del posto, la conseguenza sistemica sarebbe stata il diritto del datore di lavoro di assumere lavoratori in sostituzione con contratto a tempo determinato o di somministrazione, per tutta la durata dell'assenza. È prevedibile che i contratti di sostituzione prevedano un termine mobile collegato alla volontà di rientro del sostituito, come quelli in sostituzione di lavoratrice in maternità; se il termine fosse fisso di 10 giorni, ed il sostituito rientrasse prima, il datore di lavoro dovrebbe tenerseli entrambi. A tacere della difficoltà pratica di trovare sostituti per un periodo così breve, tanto che vengono paventati dai commentatori accordi collusivi tra datore e lavoratore strategico per il suo mantenimento in servizio nonostante sia privo di Green pass. Ma questo esporrebbe il datore di lavoro a gravi responsabilità.

Si tratta evidentemente di una mediazione politica, ritenuta accettabile dal legislatore, a fronte dell'obiettivo dell'approvazione della misura.

Per altro verso, è cosi grande il vantaggio della raggiunta chiarezza sul piano delle responsabilità, che non si sono levate voci contrarie da parte imprenditoriale.

Certo non mancano anche nel decreto 127 le aporie e le resistenze.

Tra le prime si attendono chiarimenti soprattutto per quanto riguarda i lavoratori autonomi, anch'essi soggetti alla misura. Ma vale sempre l'insegnamento di Paolo Grossi, che nessuna legge può riflettere completamente la complessità del reale, e tocca all'interprete integrarla e dare coerenza al sistema.

Quanto alle resistenze, queste, come cennato, non vengono tanto dalle organizzazioni sociali interessate, ma da una parte minoritaria dell'opinione pubblica. Non può non colpire l'ampiezza del fronte, pur se minoritario, la qualificazione culturale dei resistenti, la partecipazione di eminenti intellettuali. Non troviamo altra spiegazione che nelle paure ataviche che hanno sempre afflitto l'umanità di fronte al male ignoto, quale è in fondo il meccanismo di azione del virus e del corrispondente vaccino. Queste paure, che appartengono alla componente predominante dell'irrazionale e dell'emotivo dell'animo di ciascuna persona, si sono scaricate nel passato sulle streghe, mandate al rogo a migliaia da giudici sinceramente convinti e con il plauso popolare. Poi sugli untori. Adesso sul vaccino anti Covid. Tutto sommato, ci sembra un progresso.

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