Il decreto di trasferimento dell’immobile può essere annullato solo nell’ambito di un’opposizione esecutiva?
29 Settembre 2021
Un'esecuzione forzata per espropriazione immobiliare si concludeva con decreto di trasferimento dell'immobile agli aggiudicatari. A seguito della successiva scoperta dell'esistenza di una servitù d'uso gravante sul bene, gli aggiudicatari chiesero al giudice dell'esecuzione il 13 marzo 2007 di revocare il decreto di trasferimento. Il giudice dell'esecuzione rigettò l'istanza formulata dagli aggiudicatari e (evidentemente sul presupposto implicito che quell'istanza andasse qualificata come opposizione agli atti esecutivi) fissò il termine per l'inizio del giudizio di merito. Gli aggiudicatari non introdussero questo «giudizio di merito», ma con atto del 24 ottobre 2008 convennero il creditore procedente e il custode dell'immobile dinanzi al Tribunale di Roma e, premesso che non avevano nessun onere di riassumere «alcun giudizio oppositivo», chiesero al Tribunale che annullasse la vendita forzata dell'immobile. Il Tribunale di Roma ravvisava la propria incompetenza funzionale in favore del giudice dell'esecuzione del Tribunale di Roma. Proposto atto di riassunzione dell'originaria domanda al suddetto Tribunale, il giudice dell'esecuzione dichiarò inammissibile la domanda, in quanto «introdotta tardivamente rispetto al termine perentorio di cui all'art. 618 c.p.c.» e precisò che tale inammissibilità non poteva essere aggirata mediante la proposizione di una domanda in «via autonoma».
La suddetta sentenza veniva impugnata per cassazione dagli aggiudicatari, in quanto basata sull'erronea qualificazione delle domande da essi proposte come «introduzione della fase di merito» dell'opposizione ex art. 617 c.p.c.
La Corte di legittimità ha ritenuto il motivo di ricorso infondato. Nell'articolata motivazione i giudici evidenziano come dal tenore letterale del dispositivo della sentenza
impugnata emerge come i giudici abbiano inteso qualificare la domanda dei ricorrenti come «opposizione agli atti esecutivi». Di conseguenza, appare corretto il dispositivo di inammissibilità della sentenza impugnata, atteso che «gli opponenti che non rispettano il termine a tal fine fissato dal giudice dell'esecuzione, sono decaduti dalla facoltà di introdurre il giudizio di merito dell'opposizione». Ne, ovviamente, «è consentito all'opponente decaduto dalla facoltà di introdurre la fase di merito dell'opposizione, proporre in via autonoma le medesime domande: in caso di decadenza per tardiva per tardiva introduzione del giudizio di merito, infatti, all'opponente è consentito soltanto reiterare l'opposizione, riproponendola nelle forme e nei termini stabiliti dagli artt. 615 e 617 c.p.c.». Ma anche a voler prescindere dalla qualificazione operata dalla sentenza impugnata, e quindi a voler ritenere che l'istanza proposta dagli aggiudicatari non fosse un'opposizione esecutiva, ugualmente la domanda proposta davanti al Tribunale di Roma sarebbe inammissibile, sicchè il dispositivo della sentenza impugnata sarebbe coretto. Gli odierni ricorrenti hanno infatti formulato «in via autonoma» domande (annullare il decreto di trasferimento e condannare i creditori a restituire il prezzo dell'aggiudicazione) che non potevano essere proposte al di fuori del processo di esecuzione, e senza osservare le forme ed i termini previsti dal codice per sanare eventuali nullità verificatesi nel corso di quello: e ciò per l'evidente ragione che non è consentito ad un giudice annullare i provvedimenti di un altro giudice, se non all'interno del sistema delle impugnazioni e con le regole di esse. |