L'accertamento della violazione delle norme in tema di distanze

Redazione scientifica
29 Settembre 2021

«Ove il giudice accerti l'avvenuta realizzazione di una costruzione in violazione delle distanze ex art. 873 c.c. deve ordinarne la riduzione in pristino con demolizione delle parti che superano tali limiti e non può, viceversa, soltanto disporre l'esecuzione di accorgimenti idonei ad impedire l'esercizio della veduta sul fondo altrui, consistenti in opere che rendano impossibile il “prospicere” e “l'inspicere in alienum” […]».

La I.V. s.r.l. chiedeva al Tribunale di Pavia l'accertamento della violazione delle norme in tema di distanze per la costruzione di un edificio di proprietà della S. s.r.l. eretto al confine con la proprietà dell'attrice e dell'annesso balcone. Ma il Tribunale rigettava le domande proposte.

La Corte d'Appello di Milano accoglieva parzialmente il ricorso limitatamente al balcone.

La I.V. s.r.l. ricorre in Cassazione deducendo, tra i vari motivi, la nullità della sentenza, in quanto la Corte d'Appello di Milano non avrebbe rispettato il principio sancito dall'art. 112 c.p.c. di corrispondenza tra chiesto e pronunciato e avrebbe omesso di pronunciare sulla domanda di risarcimento dei danni.

La doglianza è fondata. Infatti, «ove il giudice accerti l'avvenuta realizzazione di una costruzione in violazione delle distanze ex art. 873 c.c. (…) deve ordinarne la riduzione in pristino con demolizione delle parti che superano tali limiti e non può, viceversa, soltanto disporre l'esecuzione di accorgimenti idonei ad impedire l'esercizio della veduta sul fondo altrui, consistenti in opere che rendano impossibile il “prospicere” e “l'inspicere in alienum”. L'azione in tema di distanze tra costruzioni è chiaramente volta ad evitare il formarsi di intercapedini tra fabbricati, potenzialmente dannose per gli interessi generali all'igiene, al decoro ed alla sicurezza degli abitanti, mentre diversa è l'azione concernente l'apertura di vedute sul fondo del vicino, la quale tutela gli interessi esclusivamente privati del proprietario del bene dall'indiscrezione del vicino, impedendo a quest'ultimo di affacciarsi e di guardare nella proprietà del primo» (Cass. n. 30761/2018 e n. 5698/2001).

Inoltre, «un'opera di modifica che si traduce non soltanto nella realizzazione “ex novo di un fabbricato, ma anche in un aumento della volumetria e della superficie di ingombro rispetto all'edificio preesistente non può qualificarsi come risanamento conservativo o ricostruzione dei volumi edificabili preesistenti, i quali hanno solo lo scopo di conservarne i precedenti valori» (Cass. n. 5049/2018).

La Corte di Cassazione ha già avuto modo di precisare che «la costruzione in aderenza alla fabbrica altrui postula l'assenza di qualsiasi intercapedine rispetto al preesistente muro del vicino e la piena autonomia (statica e funzionale) nei riguardi dello stesso e, quindi, è consentita, salvo l'obbligo di pagamento nascente dall'eventuale occupazione di suolo altrui, anche quando tale muro presenti irregolarità (rientranze, sporgenze, riseghe e simili) nel suo ulteriore sviluppo in altezza, purchè l'intercapedine possa ugualmente colmarsi mediante opportuni accorgimenti tecnici a cura del costruttore prevenuto, al di fuori dei cui obblighi resta, invece, qualsiasi opera intesa ad eliminare dette irregolarità, che fa carico al preveniente» (Cass. n. 3229/1984).

Per tutti questi motivi il Collegio accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d'Appello di Cagliari in diversa composizione.

Fonte: dirittoegiustizia.it

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