Mance incluse nella nozione di reddito: legittima la tassazione

Attilio Ievolella
01 Ottobre 2021

Riprende solidità l'avviso di accertamento dell'Agenzia delle Entrate nei confronti di un manager di un hotel di lusso. In ballo il recupero a tassazione per il 2005 di quasi 80mila euro come redditi da lavoro non dichiarati e corrispondenti a mance versate dai clienti della struttura.

Riprende solidità l'avviso di accertamento dell'Agenzia delle Entrate nei confronti di un manager di un hotel di lusso. In questione il recupero a tassazione per il 2005 di quasi 80mila euro come redditi da lavoro non dichiarati e corrispondenti a mance versate dai clienti della struttura.

Legittimo tassare anche le mance.

All'origine della controversia c'è «l'avviso di accertamento con cui l'Agenzia delle Entrate recupera a tassazione per l'anno 2005 oltre 77mila euro come redditi da lavoro dipendente non dichiarati» e «corrispondenti a mance percepite dall'uomo, dipendente di un hotel di lusso, nello svolgimento delle proprie mansioni di ‘capo ricevimento' della struttura alberghiera».

Per i Giudici di primo grado, difatti, «non sono tassabili le somme percepite a titolo di mance, poiché non comprese nella previsione di reddito da lavoro dipendente, stante la loro natura aleatoria ed in quanto versate direttamente dai clienti e senza alcuna relazione con il datore di lavoro».

Nel contesto della Cassazione, però, l'Agenzia delle Entrate prova a fornire una diversa chiave di lettura, sostenendo che «le somme oggetto della tassazione in questione sono state comunque percepite dal contribuente in relazione al rapporto di lavoro, per cui rientrano pienamente nella nozione di lavoro dipendente, che sottolinea la natura onnicomprensiva del reddito da lavoro dipendente non più limitato al salario versato dal datore di lavoro».

Queste osservazioni sono ritenute logiche e fondate dai Giudici della Cassazione.

In premessa, viene ricordato che il Testo unico delle imposte sui redditi, nella versione post-riforma del 2004, prevede che «il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere a qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro». E allo stesso tempo viene anche richiamata la definizione di redditi da lavoro dipendente, secondo cui «sono redditi di lavoro dipendente quelli che derivano da rapporti aventi per oggetto la prestazione di lavoro, con qualsiasi qualifica, alle dipendenze e sotto la direzione di altri, compreso il lavoro a domicilio quando è considerato dipendente secondo le norme della legislazione sul lavoro».

Alla luce del quadro normativo, vi è «un'unica nozione di reddito da lavoro dipendente, tanto ai fini fiscali che contributivi», e deve essere condiviso, spiegano i Giudici, «l'assunto dell'amministrazione finanziaria, secondo cui l'onnicomprensività del concetto di reddito di lavoro dipendente giustifica la totale imponibilità di tutto ciò che il dipendente riceve, anche, quindi, come in questo caso, non direttamente dal datore di lavoro, ma sulla cui percezione il dipendente può fare, per sua comune esperienza, ragionevole, se non certo affidamento».

In conclusione, dunque: «il nesso di derivazione delle somme che comunque promanino dal rapporto di lavoro ne giustifica la totale imponibilità», chiosano i Giudici, che per ulteriore chiarezza fissano anche un principio di diritto, secondo cui «in tema di reddito da lavoro dipendente, le erogazioni liberali percepite dal lavoratore dipendente, in relazione alla propria attività lavorativa, tra cui le cosiddette mance, rientrano nell'ambito della nozione omnicomprensiva di reddito – fissata dall'art. 51, comma 1, d.P.R. n. 917/1986 – e sono pertanto soggette a tassazione».

Fonte: Diritto e Giustizia

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