Alle SS.UU. l'individuazione del giudice munito di giurisdizione ai fini della dichiarazione di adottabilità di un minore straniero residente in Italia
04 Ottobre 2021
Massima
Va rimessa alle Sezioni Unite la questione afferente all'individuazione del giudice munito di giurisdizione, anche con riferimento all'applicazione del criterio della residenza abituale del minore, in relazione all'accertamento dello stato di abbandono ed alla dichiarazione di adottabilità di una minore, cittadina moldava, residente con i genitori (di nazionalità straniera) in Italia. Il caso
Un Tribunale per i minorenni e, in sede di gravame, la competente Corte di Appello-sezione minorenni dichiaravano l'adottabilità di una minore di nazionalità moldava, nata e residente unitamente ai genitori (entrambi stranieri) in Italia. Nella sede di merito, veniva ritenuto accertato lo stato di abbandono della minore e veniva, conseguentemente, dichiarata l'adottabilità della stessa. Nella medesima sede, a) veniva affermato che non costituiva motivo di nullità l'omessa comunicazione da parte dell'autorità giudiziaria italiana dell'adozione del provvedimento che aveva riguardato lo status personale della minore, ex artt. 4, comma 7, d.lgs 286/1998 e 4 d.P.R. 394/1999, dal momento che l'ambasciata moldava era venuta comunque a conoscenza del procedimento tanto da intervenire in appello; b) veniva, altresì, ritenuto che la richiesta formulata in quest'ultima fase dalla predetta ambasciata di poter ottenere la consegna della minore nelle mani del Console moldavo per il rimpatrio in Moldavia non avesse fondamento giuridico «dal momento che l'adottanda è una minore in stato di abbandono in Italia e l'art. 38 prevede che si applichi il diritto italiano quando è richiesta al giudice italiano l'adozione di una minore idonea ad attribuirgli lo stato di figlio. La minore è nata e vissuta in Italia senza soluzione di continuità, con conseguente radicamento della giurisdizione italiana» (proposizione estratta dalla decisione in commento – n.d.r.). Avverso tale pronuncia proponevano ricorso per cassazione entrambi i genitori della minore. La questione
La questione che interessa in questa sede consisteva nello stabilire se, in relazione all'accertamento dello stato di abbandono ed alla dichiarazione di adottabilità di una minore, cittadina moldava ancorché residente, con i genitori di nazionalità non italiana, nel nostro Paese, il giudice munito di giurisdizione fosse quello italiano. Le soluzioni giuridiche
La Prima Sezione della Suprema Corte ha ritenuto di dover rimettere alle Sezioni Unite la soluzione della questione descritta nel precedente paragrafo, rilevando che in tema di individuazione del giudice munito di giurisdizione nei procedimenti de quibus non risultavano precedenti specifici anche in relazione all'applicazione del criterio della residenza abituale del minore. Osservazioni
i) Appare opportuno dare in premessa alcune indicazioni di carattere generale. a) L'art. 1, comma 3, della l. 184/1983 - testo attualmente vigente - attribuisce carattere prioritario al diritto del minore di crescere e di essere educato nell'ambito della propria famiglia d'origine, considerando questa l'ambiente più idoneo al suo armonico sviluppo psico-fisico, e mira a garantire tale diritto attraverso la predisposizione di interventi diretti a rimuovere situazioni di difficoltà e di disagio familiare (in tal senso, ex multis, Cass. civ., sez. I, 26 gennaio 2011 n. 1838; Cass. civ., sez. I, 29 marzo 2011, n. 7115; Cass. civ., sez. I, 15 luglio 2014, n. 16175; Cass. civ., sez. I, 24 novembre 2015, n. 23979; Cass. civ., sez. I, 27 settembre 2017, n. 22589). L'istituto dell'adozione del minore, recidendo ogni legame con la famiglia di origine, è da considerare una misura eccezionale (una extrema ratio), cui ricorrere solo allorché si siano dimostrate inadeguate o impraticabili le altre misure, positive e negative, anche di carattere assistenziale, ivi compreso l'affidamento familiare di carattere temporaneo, volte a favorire il ricongiungimento del minore con i genitori biologici (v., ex multis, fra le più recenti, Cass. civ., sez. I, 18 dicembre 2015, n. 25527; Cass. civ., sez. VI, 17 ottobre 2016, n. 20936; Cass. civ., sez. I, 27 settembre 2017, n. 22589; Cass. civ., sez. I, 16 febbraio 2018, n. 3915; Cass. civ., sez. I, ord. 27 marzo 2018, n. 7559). In tal senso si è più volte espressa anche la Corte EDU (Sez. II, 21 gennaio 2014, n. 33773 - caso Zhou c. Italia; Sez. IV, 13 ottobre 2015, n. 52557 - caso S.H. c. Italia; Sez. I, 22 giugno 2017, n. 37391 - caso Barnea e Calderaru c. Italia). b) La situazione di abbandono costituisce presupposto necessario per la dichiarazione dello stato di adottabilità del minore. Ai sensi dell'art. 8, comma 1, della l. 184/1983, la situazione di abbandono si configura quando i minori siano privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi (v., ex multis, Cass. civ., sez. I, 14 giugno 2016, n. 12259 e Cass. civ., sez. VI, ord. 5 giugno 2018, n. 14462). Più precisamente, la situazione di abbandono è configurabile non soltanto nei casi di materiale abbandono, ma ogniqualvolta i genitori (od i suddetti stretti congiunti) - ed a prescindere dall'imputabilità a costoro di detta situazione - non siano in grado di garantire al minore quel minimo di cure materiali, calore affettivo, aiuto psicologico indispensabile per lo sviluppo e la formazione della sua personalità e questa situazione non sia dovuta a cause di forza maggiore di carattere transitorio, inidonea, per la sua durata, a pregiudicare il corretto sviluppo psico-fisico del minore; in altri termini, la suddetta situazione ricorre ogniqualvolta la situazione familiare sia tale da compromettere in modo grave e irreversibile un armonico sviluppo psico-fisico del minore, considerato non in astratto ma in concreto, cioè in relazione al suo vissuto, alle sue caratteristiche fisiche e psicologiche, alla sua età, al suo grado di sviluppo e alle sue potenzialità (v., ex multis, Cass. civ., sez. I, 14 aprile 2006, n. 8877; Cass. civ., sez. I, 14 febbraio 2010, n. 4545; Cass. civ., sez. I, 19 maggio 2011, n. 11069; Cass. civ., sez. VI, ord. 26 marzo 2012, n. 4855; Cass. civ., sez. I, 20 settembre 2013, n. 21607; Cass. civ., sez. I, 6 agosto 2014, n. 17725; Cass. civ., sez. I, 20 febbraio 2018, n. 4097; Cass. civ., sez. I, ord. 23 gennaio 2019, n. 1883; Cass. civ., sez. I, ord. 23 aprile 2019, n. 11171). L'accertamento della situazione di abbandono deve avvenire in concreto, in base a riscontri obiettivi ed a valutazioni prognostiche che siano basate su fatti aventi carattere indiziario di sicura valenza probatoria, dovendosi tenere in conto la situazione presente e non, o non soltanto, quella passata (v., in ordine ai criteri di valutazione da seguire, ex multis, Cass. civ., sez. I, 4 maggio 2010, n. 10706; Cass. civ., sez. I, 26 maggio 2014, n. 11758; Cass. civ., sez. I, 1 dicembre 2015, n. 24445; Cass. civ., sez. I, 14 aprile 2016, n. 7391; Cass. civ., sez. I, 29 settembre 2017, n. 22934; Cass. civ., sez. I, 22 agosto 2018, n. 20954; Cass. civ., sez. I, ord. 18 ottobre 2018, n. 26302; Cass. civ., sez. I, 23 gennaio 2019, n. 1883). c) La nozione di «residenza abituale» non è fornita né dalla Convenzione fatta a L'Aja il 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori (resa esecutiva in Italia con legge n. 64/1994 e ratificata anche dalla Repubblica di Moldova), né dalla Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, fatta a l'Aja il 29 maggio 1993 (resa esecutiva in Italia con l. 476/1998 e ratificata anche dalla Repubblica di Moldova), né dalla Convenzione sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori fatta a L'Aia il 19 ottobre 1996 (resa esecutiva in Italia con legge n. 101/2015), né da altre Convenzioni, né dai Regolamenti comunitari n. 2201 del 27 novembre 2003 e n. 1111 del 25 giugno 2019, entrambi relativi alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, nonché alla sottrazione internazionale di minori, il primo attualmente in vigore e che continuerà ad applicarsi alle decisioni rese nelle azioni proposte anteriormente al 1° agosto 2022, mentre il secondo diverrà applicabile alle azioni proposte il 1° agosto 2022 o posteriormente a tale data. Nel 12° «considerando» del primo dei suddetti Regolamenti e nel 20° «considerando» del secondo, il criterio principale di determinazione della competenza giurisdizionale è costituito dalla «residenza abituale» del minore, giacché rispondente all'interesse superiore del medesimo, che può essere nella miglior guisa valutato ove vi sia rapporto di prossimità con le a.g. che devono decidere sulle sue modalità di vita. La Corte Suprema di Cassazione ha chiarito, con riguardo ai provvedimenti de potestate, ma con argomentazioni estensibili alle altre procedure riguardanti i minori, che l'art. 8 del Regolamento 2201/2003 dà rilievo, al fine di stabilire la competenza giurisdizionale di uno Stato membro, unicamente al criterio della residenza abituale del minore al momento della proposizione della domanda, intendendo come tale il luogo del concreto e continuativo svolgimento della vita personale e non quello risultante da un calcolo puramente aritmetico del vissuto (Cass. civ., sez. un. 18 marzo 2016, n. 5418), ribadendo quanto costantemente affermato con riguardo alla nozione di «residenza abituale», quale «luogo in cui il minore, in virtù di una durevole e stabile permanenza, anche di fatto, ha il centro dei propri legami affettivi, non solo parentali, derivanti dallo svolgersi in detta località della sua quotidiana vita di relazione» (v., ex multis, Cass. civ., sez. un., 2 agosto 2011, n. 16864; Cass. civ., sez. un., 13 febbraio 2012, n. 1984; Cass. civ., sez. un., 18 settembre 2014, n. 19664; nello stesso senso, successivamente, Cass. civ., sez. VI, ord. 31 ottobre 2018, n. 27741). E' consolidato nella giurisprudenza di legittimità il principio secondo cui l'accertamento della residenza abituale è riservato all'apprezzamento del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità, ove congruamente e logicamente motivato (Cass. civ., sez. I, 14 luglio 2006, n. 16092; Cass. civ., sez. I, 19 ottobre 2006, n. 22507). Secondo il costante pensiero Corte di Giustizia dell'Unione Europea, dato che gli articoli del Regolamento 2201/2003 che fanno riferimento alla «residenza abituale» non contengono alcun richiamo espresso al diritto degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione del senso e della portata della relativa nozione, tale determinazione deve essere effettuata alla luce del contesto nel quale si inseriscono le disposizioni del Regolamento e dell'obiettivo da esso perseguito, in particolare quello che emerge dal suo 12° «considerando» (v. sopra) (C.G.U.E., 22 dicembre 2010, in causa C-497/10; v., per aspetti generali, C.G.U.E., 2 aprile 2009, in causa C-523/07). Ciò posto, la C.G.U.E. ha stabilito che la nozione di«residenza abituale», ai sensi degli artt. 8 e 10 del Regolamento, «deve essere interpretata nel senso che tale residenza corrisponde al luogo che denota una certa integrazione del minore in un ambiente sociale e familiare» e che, a tal fine, si deve, in particolare, tenere conto della durata, della regolarità, delle condizioni e delle ragioni del soggiorno nel territorio di uno Stato membro e del trasloco della famiglia in tale Stato, della cittadinanza del minore, del luogo e delle condizioni della frequenza scolastica, delle conoscenze linguistiche nonché delle relazioni familiari e sociali del minore nel detto Stato. La C.G.U.E. ha, altresì, stabilito che è compito del giudice nazionale determinare la residenza abituale del minore «tenendo conto di tutte le circostanze di fatto specifiche di ciascuna fattispecie», procedendo ad una valutazione globale (v. decisioni della C.G.U.E. sopra citate) Tutte le considerazioni appena svolte valgono anche con riguardo ai dettati del Regolamento 1111/2019, che sul tema riproduce sostanzialmente il Regolamento 2201/2003. La nozione di «residenza abituale» come interpretata dalla C.G.U.E. deve essere tenuta ferma negli ordinamenti interni degli Stati membri dell'U.E., giacché definita da sentenze interpretative di norme comunitarie, come tali costituenti esse stesse fonte normativa. ii) Ovviamente, questa sede neppur da lungi è equiparabile a quella delle Sezioni Unite. Tuttavia, dovendosi esprimere un'opinione, sia pure sotto forma di «osservazione», deve ritenersi che sussistano molteplici «indizi» per formulare una «prognosi» di asseverazione della competenza giurisdizionale del giudice italiano nella procedura in questione. Il primo «indizio», grave e preciso, si rinviene sul piano normativo. L'art. 37-bis della l. 183/1984 (testo vigente, introdotto dalla l. 476/1998) detta che «Al minore straniero che si trova nello Stato in situazione di abbandono si applica la legge italiana in materia di adozione, di affidamento e di provvedimenti necessari in caso di urgenza». Il secondo «indizio», altrettanto grave e preciso ed appieno concordante con l'altro, si rinviene sul piano del concreto. Stando alle indicazioni date dall'ordinanza in commento, non appare dubitabile che la «residenza abituale» della minore adottanda si trovi in Italia, ove la medesima è nata e frequenta la scuola dell'infanzia ed ove risiedono anche i suoi genitori. iii) A dare supporto all'ipotizzata asseverazione possono essere richiamate Cass. civ., sez. un., 19 gennaio 1988, n. 392, Cass. civ. sez. I, 3 febbraio 1992, n. 1128 e Cass. civ., sez. I, 4 novembre 1996, n. 9576, secondo cui l'art. 37 (de cuius dell'attuale art. 37-bis) della l. 184/1983, ai sensi del quale, nei confronti del minore straniero che si trovi in stato di abbandono nel territorio dello Stato, è operante la legge italiana in materia di adozione, affidamento e relativi provvedimenti di urgenza, comporta non soltanto, sul piano processuale, la giurisdizione del giudice italiano, a prescindere dagli elementi di collegamento previsti dall'art. 4 c.p.c., ma anche, sul piano sostanziale, l'assoggettamento del rapporto alla normativa interna, in deroga alle comuni regole del diritto internazionale privato. |