Imponibilità IVA dei rimborsi tra i retisti co-datori: note alla giurisprudenza unionista
04 Ottobre 2021
La sentenza “San Domenico Vetraria”, della Corte di giustizia UE dell'11 marzo 2020 (causa C-94/19) ha avuto notevoli ripercussioni in tema di IVA. La Corte UE, infatti, ha stabilito l'imponibilità delle somme versate, a titolo di mero rimborso, per i costi del lavoro, dal distaccatario al distaccante: ai fini IVA, il distacco è da considerarsi prestazione di servizi al pari della somministrazione di manodopera. Ciò ha portato alla disapplicazione dell'art. 8, co. 35 della l. n. 67/1988, che stabilisce: «Non sono da intendere rilevanti ai fini dell'IVA i prestiti o i distacchi di personale a fronte dei quali è versato solo il rimborso del relativo costo».
Oltre al distacco, l'ordinamento italiano conosce anche un ulteriore istituto che permette a diverse imprese di avvantaggiarsi delle prestazioni lavorative di dipendenti che non hanno assunto. Si tratta della codatorialità. Sebbene l'istituto non abbia ancora trovato uso diffuso, non è ozioso interrogarci se siano imponibili IVA anche le somme eventualmente versate a titolo di rimborso da parte di un codatore all'altro, per la fruizione della prestazione lavorativa di un dipendente in codatorialità.
Prima di addentrarci nel merito, è doverosa una breve introduzione a definizione della “codatorialità”, istituto che opera esclusivamente nell'alveo del contratto di rete. In particolare, all'art. 30, co. 4-ter, d.lgs. n. 276/2003 è statuito che, per le imprese impegnate in un contratto di rete «è ammessa la codatorialità dei dipendenti ingaggiati con regole stabilite attraverso il contratto di rete stesso».
Oltre a tale laconica definizione, il legislatore non delinea con più precisione i contorni dell'istituto, che viene quindi rimesso alla libertà contrattuale delle parti, nel rispetto dei principi dell'ordinamento.
Mentre alcuna dottrina ricostruisce l'istituto sul fenomeno della coassunzione - ossia quel rapporto di lavoro che è plurisoggettivo dal lato datoriale - la maggioranza degli interpreti ritiene che la contitolarità si sostanzi nella condivisione strutturale dei poteri direttivi, nei confronti dei lavoratori assoggettati a tale regime, da parte delle imprese retiste codatrici. Sempre secondo questa interpretazione, qualsiasi altro aspetto della vita (e della patologia) del rapporto di lavoro attiene alla relazione bilaterale tra l'impresa che ha assunto e il lavoratore.
Alla luce di ciò, nella codatorialità il datore di lavoro e i codatori sono perfettamente parificati nell'esercizio del potere direttivo: le eventuali formalizzazioni di richiesta di prestazioni di lavoratori rispondo a necessità operative.
È bene precisare che la codatorialità si perfeziona con la firma del contratto di rete, tuttavia, per la sua piena efficacia nei confronti dei lavoratori, la dottrina ritiene necessaria l'accettazione scritta del lavoratore e che, diversamente, nulla sarebbe opponibile al lavoratore che non avesse accettato la situazione di codatorialità. L'accettazione del lavoratore si necessita per il mutamento strutturale del rapporto di lavoro, posto che il potere direttivo diviene strutturalmente condiviso anche con le società codatrici.
La Corte di cassazione, con ordinanza, n. 2385/2019, ha chiesto alla Corte di giustizia UE di pronunciarsi in merito all'imponibilità IVA del mero rimborso del costo del lavoro in caso di distacco. Nello specifico, la fattispecie verteva su un distacco avvenuto da una società controllante (distaccante) verso una società controllata (distaccataria).
Il giudice a quo si interrogava della compatibilità tra l'art. 8 della l. n. 67/1988 e l'art. 6 della direttiva n. 2006/112/CE, disposizione che considera «”prestazione di servizi” ogni operazione che non costituisce cessione di un bene ai sensi dell'art. 5». La Corte italiana pondera sulla portata della norma europea, affermando come non sia necessario, ai fini IVA, che lo scambio sia lucrativo, posto che ai sensi della normativa UE, «è irrilevante la qualificazione, contenuta nel diritto nazionale, di una corresponsione di somme come rimborso e non già come corrispettivo» (Cass. ord. n. 2385/2019.).
Adita, la Corte di giustizia ha fornito la propria interpretazione nella citata sentenza C-94/19 dell'11 marzo 2020. Il giudice unionista ha confermato i dubbi della Cassazione, affermando l'irrilevanza, sia della qualificazione, che dell'importo del “corrispettivo” versato dal distaccatario al distaccante: «Se pertanto dovesse essere dimostrato […] che il pagamento da parte della San Domenico Vetraria [distaccataria] degli importi che le sono stati fatturati dalla sua società controllante [distaccante] costituiva una condizione affinché quest'ultima distaccasse il dirigente [il lavoratore], e che la controllata [distaccataria] ha pagato tali importi solo come corrispettivo del distacco, si dovrebbe concludere per l'esistenza di un nesso diretto tra le due prestazioni. Di conseguenza, si dovrebbe ritenere che l'operazione sia stata effettuata a titolo oneroso ed essa sarebbe soggetta all'IVA» (C. giust. UE, C-94/19).
Il ragionamento della Corte UE verte (a) sull'esistenza di un “nesso diretto” tra somma versata e operazione, con la conseguente (b) onerosità dell'operazione che si qualificherebbe come prestazione di servizi.
Centrale appare dunque la definizione di “nesso diretto”, qualificabile quale inscindibile relazione tra il versamento della somma di denaro e l'operazione (nel caso in giudizio, il distacco); «così, quando l'attività di un prestatore consista nel fornire esclusivamente prestazioni senza corrispettivo diretto, non vi è base imponibile e tali prestazioni non sono, quindi, soggette all'IVA. Ne risulta che una prestazione di servizi è effettuata “a titolo oneroso”, […] soltanto quando tra il prestatore e il beneficiario intercorra un rapporto giuridico nell'ambito del quale avvenga uno scambio di reciproche prestazioni, e il compenso ricevuto dal prestatore costituisca il controvalore effettivo del servizio prestato al beneficiario» (C. giust. UE, C-94/19).
A ben vedere, pertanto, ciò che è centrale per l'imponibilità IVA è la configurabilità di un rapporto sinallagmatico, pur non necessariamente lucrativo.
A postilla, è interessante segnalare come la Commissione UE abbia argomentato in senso contrario a quanto deciso dalla Corte di Giustizia, avendo affermato che «in mancanza di pattuizione di una retribuzione superiore agli oneri sostenuti […] il distacco di cui al procedimento non ha avuto luogo allo scopo di ricevere un corrispettivo» (C. giust. UE, C-94/19).
Alla luce di quanto precisato, è più che legittimo interrogarsi sulla possibilità che il ragionamento della Corte UE, pensato sul caso del distacco, possa aderire in via analogica anche all'istituto della codatorialità.
È dunque necessario indagare le differenze ontologiche tra i due istituti: il distacco prevede la delega temporanea dei poteri direttivi nei confronti del lavoratore distaccato, che deve essere considerato, pertanto, «effetto dell'esercizio di un potere specificativo del datore di lavoro» (M. Marazza, L'interesse tipico del creditore di lavoro subordinato e le due ipotesi di dissociazione tra titolarità del contratto ed esercizio dei poteri di organizzazione del lavoro, in ADL, 1 / 2004, p. 103); il rapporto di lavoro codatoriale, per taluni sinonimo di coassunzione (cfr. I. Alvino, Il lavoro nelle reti d'impresa: profili giuridici, Giuffrè, Milano, 2014), invece, prevede una condivisione paritaria dei poteri direttivi nei confronti dei lavoratori interessati. Nel secondo caso, pertanto, i poteri direttivi sono originari e strutturali, non già delegati e temporanei. A rimarcare ulteriormente questo concetto, si consideri che nel distacco non è richiesto il consenso del prestatore di lavoro (cfr. Cass. 27 febbraio 2007, n. 4003) mentre nella codatorialità non è necessaria l'accettazione perché l'istituto sia pienamente efficace. Con ciò si evidenzia come nella codatorialità si abbia una vera e propria mutazione genetica del rapporto. A ben vedere, pertanto, nella codatorialità le eventuali formalizzazioni di richiesta di prestazioni di lavoratori da un codatore all'altro rispondono semplicemente a necessità operative.
Un'altra sostanziale differenza è da identificarsi nelle diverse cause negoziali tra i due istituti. Nel distacco, il datore di lavoro modifica le modalità di svolgimento dell'attività lavorativa – attraverso la delega dei poteri direttivi – al fine di soddisfare un proprio autonomo interesse. Invece, i lavoratori in regime di codatorialità prestano la propria attività lavorativa con profitto sia del datore di lavoro, che delle società retiste tutte.
Ciò premesso, è possibile ragionare sull'applicabilità analogica di quanto affermato dalla Corte di giustizia UE. Come visto, l'IVA sarà dovuta qualora sia possibile definire il rapporto tra le due società come sinallagmatico. In tale situazione, secondo la sentenza in oggetto, deve ricomprendersi anche la somma rimborsata dal distaccatario al distaccante – indipendentemente dalla sua quantificazione – purché la somma trasferita sia unica condizione per la realizzazione del distacco.
Alla luce di quanto evidenziato, pertanto, si deve ritenere che i rimborsi tra i codatori non possano ritenersi “prestazioni di servizi”, nemmeno secondo l'ampia accezione fornita dalla Corte UE. È, infatti, impossibile ravvedere alcun sinallagma nel contesto della codatorialità, poiché:
1) non vi è alcuna controprestazione rispetto al rimborso delle spese, posto che non vi è alcuna delega dei poteri direttivi;
Da quanto argomentato, pare potersi escludere l'esistenza di un “nesso diretto”, indicatore di rapporto sinallagmatico, nel caso del rimborso dei meri costi del lavoro dei lavori che prestino la propria attività per una impresa codatrice. La conseguenza è la non imponibilità IVA dei rimborsi corrisposti tra i codatori per le prestazioni di lavoro svolte dai lavoratori nel contesto del contratto di rete con regime di codatorialità.
A chiusura, si solleva un'ultima osservazione: se la giurisprudenza – nazionale o unionista – dovesse ritenere anche la codatorialità imponibile IVA, naturalmente, non si potrà che prenderne atto, tuttavia la conseguenza sarà l'asfissia dell'istituto, spogliato di qualsiasi senso e vantaggio operativo. |